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Uno scritto del 1969, poco prima di essere ordinato sacerdote
Titolo Articolo
La «confessione» di padre Bergoglio

I gesti, accompagnati dalle parole, con i quali papa Francesco ci ha portati in quest’ultima settimana alla Pasqua di oggi, rimandano alla vivezza della Biblia pauperum, le medioevali raccolte di immagini sulla vita di Gesù destinate a coloro che, non avendo ricevuto un’istruzione e non sapendo leggere, potevano così, solo guardandole, imparare da esse.

I ripetuti gesti di Papa Francesco sono per il suo stesso carattere un: «uscire», «uscire da se stessi, da un modo di vivere la fede stanco e abitudinario, dai propri schemi che finiscono per chiudere l’orizzonte che è di Dio». Un andare e un chinarsi senza fatica. Giornate senza invecchiamento, per così dire. Contravvenendo alla legge universale dell’invecchiamento, direbbe Charles Péguy, come scrive in Veronique. Dialogue de l’histoire et de l’âme charnelle: «Contravvenendo a questa perpetua abitudine, a questo invecchiamento dominatore, a questo smussamento. Qui appare, qui sboccia, qui sgorga la virtù che abbiamo chiamato la bambina speranza. È essenzialmente l’anti-abitudine e per questo è l’anti-morte. È la sorgente e il germe. È lo sgorgare e la grazia. È il cuore della libertà. E soprattutto è quella che garantisce alla Chiesa di non soccombere sotto il proprio meccanismo. Senza la speranza la fede si abituerebbe a credere al mondo, a Dio, e senza la speranza la carità si abituerebbe all’amore, al povero, a Dio».

Avere «un cuore giovane che in Cristo non invecchia mai» è stato l’augurio che papa Francesco ci aveva rivolto la domenica delle Palme. Una sorta di riinizio della vita temporale non fiaccata nel tempo, dal tempo.
Una vita "trapassata" dallo sguardo d’amore di Dio.

Come testimonia questa personale confessione di fede di padre Bergoglio, scritta nel 1969, in un momento "di grande intensità spirituale", poco prima di essere ordinato sacerdote; e che, lasciandola in copia autografa a mio marito e me, ha detto di sottoscrivere oggi come allora: «Voglio credere in Dio Padre, che mi ama come un figlio, e in Gesù, il Signore, che ha infuso il suo spirito nella mia vita per farmi sorridere e portarmi così al regno di vita eterna. / Credo nella mia storia, che è stata trapassata dallo sguardo di amore di Dio e, nel giorno di primavera, 21 settembre, mi ha portato all’incontro per invitarmi a seguirlo. / Credo nel mio dolore, infecondo per l’egoismo, nel quale mi rifugio. / Credo nella meschinità della mia anima, che cerca di inghiottire senza dare… senza dare. / Credo che gli altri siano buoni, e che devo amarli senza timore, e senza tradirli mai per cercare una sicurezza per me. / Credo nella vita religiosa. / Credo di voler amare molto. / Credo nella morte quotidiana, bruciante, che fuggo, ma che mi sorride invitandomi ad accettarla. / Credo nella pazienza di Dio, accogliente, buona come una notte d’estate. / Credo che papà sia in cielo insieme al Signore. / Credo che anche padre Duarte (*)  stia lì intercedendo per il mio sacerdozio. / Credo in Maria, mia madre, che mi ama e mai mi lascerà solo. E aspetto la sorpresa di ogni giorno nel quale si manifesterà l’amore, la forza, il tradimento e il peccato, che mi accompagneranno fino all’incontro definitivo con quel volto meraviglioso che non so come sia, che fuggo continuamente, ma che voglio conoscere e amare. Amen».


(*) il sacerdote che lo confessò il 21 settembre


Stefania Falasca (da Avvenire 31.3.2013)

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2013-04-13 Radio Vaticana

Di fonte ai problemi della vita, il cristiano non prenda scorciatoie ma si affidi sempre a Dio, che non gli farà mancare il suo aiuto. È questo, in sintesi, il messaggio che Papa Francesco ha tratto dalla liturgia della Messa di oggi, celebrata questa mattina a Casa Santa Marta. Presenti alla celebrazione gli uomini della Gendarmeria Vaticana, dei Vigili del Fuoco vaticani e le religiose Figlie della carità.

La vita non va “truccata” quando le cose vanno male, perché questo vuol dire non avere fiducia in Dio, che della vita è il Signore. Un cristiano, viceversa, sa accettare ciò che gli accade. È una profonda lezione di vita quella che Papa Francesco desume dalla lettura degli Atti degli Apostoli, che la liturgia propone in questi giorni dopo la Pasqua. All’omelia della Messa, il Pontefice continua a riflettere sulle vicende della prima comunità cristiana. Nel brano odierno, la situazione vede i nuovi fratelli di fede discutere tra loro – greci contro ebrei – a causa di alcune necessità pratiche, come l’assistenza alle vedove, giudicata trascurata.
Papa Francesco si sofferma sulla scena e osserva: “La prima cosa che fanno è mormorare: chiacchierare uno contro l’altro”:

“Ma questo non porta ad alcuna soluzione, questo non dà soluzione. Gli apostoli, con l’assistenza dello Spirito Santo, hanno reagito bene: hanno convocato il gruppo dei discepoli e hanno parlato. E quello è il primo passo: quando ci sono difficoltà, bisogna guardarle bene e prenderle e parlarne. Mai nasconderle”.

Ed è quello che gli Apostoli fanno. Non si nascondono ma, afferma il Papa, valutano e decidono, senza tergiversare. Avendo compreso che il loro primo dovere “era la preghiera e il servizio della Parola”, optano per dei diaconi che li assistano in tali servizi. E qui – legando questa vicenda dei primi cristiani alla lettura del Vangelo che vede Gesù rassicurare i Discepoli sul lago in tempesta – Papa Francesco chiosa: “Quando ci sono i problemi, bisogna prenderli e il Signore ci aiuterà a risolverli”:
“Non dobbiamo avere paura dei problemi: Gesù stesso dice ai suoi discepoli: ‘Sono io, non abbiate paura. Sono io’. Sempre. Con le difficoltà della vita, con i problemi, con le nuove cose che dobbiamo prendere: il Signore è là. Possiamo sbagliare, davvero, ma Lui è sempre vicino a noi e dice: ‘Hai sbagliato, riprendi la strada giusta (…) Non è un buon atteggiamento quello di truccare la vita, di fare il maquillage alla vita: no, no. La vita è come è, è la realtà. E’ come Dio vuole che sia o come Dio permette che sia, ma è come è, e dobbiamo prenderla come è. E lo Spirito del Signore ci darà la soluzione ai problemi”.

“Non abbiate paura, sono io!”. Questa, ribadisce Papa Francesco, “è la parola di Gesù, sempre”: nelle difficoltà, “nei momenti dove tutto è oscuro” e “non sappiamo cosa fare”. Dunque, ha concluso, “prendiamo le cose come vengono, con lo Spirito del Signore e l’aiuto dello Spirito Santo.
E così andiamo avanti, sicuri su una strada giusta”:

“Chiediamo al Signore questa grazia: di non avere paura, di non truccare la vita, di prendere la vita come viene e cercare di risolvere i problemi come hanno fatto gli Apostoli, e cercare pure l’incontro con Gesù che sempre è di fianco a noi, anche nei momenti più oscuri della vita”.

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2013-04-15 Radio Vaticana
“La calunnia distrugge l’opera di Dio nelle persone”. Lo ha affermato questa mattina Papa Francesco all’omelia della Messa presieduta nella cappella della Casa “S. Marta”, alla presenza, fra gli altri, di personale dei Servizi telefonici vaticani e dell’Ufficio Internet vaticano. Il Pontefice ha invitato a pregare per i tanti martiri che anche oggi sono falsamente accusati, perseguitati e uccisi in odio alla fede.

Stefano, il primo martire della Chiesa, è una vittima della calunnia. E la calunnia è peggio di un peccato: la calunnia è un’espressione diretta di Satana. Non usa mezzi termini Papa Francesco per stigmatizzare uno dei più spregevoli comportamenti umani. La lettura degli Atti degli Apostoli presenta Stefano, uno dei diaconi nominati, dai Discepoli, che viene trascinato davanti al Sinedrio per via della sua testimonianza al Vangelo, accompagnata da segni straordinari. E davanti al Sinedrio – si legge nel testo – compaiono ad accusare Stefano dei “falsi testimoni”.

Sul punto, Papa Francesco è netto: poiché – nota – “non andava bene la lotta pulita, la lotta tra uomini buoni”, i nemici di Stefano hanno imboccato “la strada della lotta sporca: la calunnia”:

“Noi tutti siamo peccatori: tutti. Abbiamo peccati. Ma la calunnia è un’altra cosa. E’ un peccato, sicuro, ma è un’altra cosa. La calunnia vuole distruggere l’opera di Dio; la calunnia nasce da una cosa molto cattiva: nasce dall’odio. E chi fa l’odio è Satana. La calunnia distrugge l’opera di Dio nelle persone, nelle anime. La calunnia utilizza la menzogna per andare avanti. E non dubitiamo, eh?: dove c’è calunnia c’è Satana, proprio lui”.

Dal comportamento degli accusatori, Papa Francesco sposta l’attenzione su quello dell’accusato. Stefano, osserva, non ricambia menzogna con menzogna, “non vuole andare per quella strada per salvarsi. Lui guarda il Signore e obbedisce alla legge”, rimanendo nella pace e nella verità di Cristo. Ed è quanto, ribadisce, “succede nella storia della Chiesa”, perché dal primo martire a oggi numerosissimi sono gli esempi di chi ha testimoniato il Vangelo con estremo coraggio:
“Ma il tempo dei martiri non è finito: anche oggi possiamo dire, in verità, che la Chiesa ha più martiri che nel tempo dei primi secoli. La Chiesa ha tanti uomini e donne che sono calunniati, che sono perseguitati, che sono ammazzati in odio a Gesù, in odio alla fede: questo è ammazzato perché insegna catechismo, questo viene ammazzato perché porta la croce… Oggi, in tanti Paesi, li calunniano, li perseguono… sono fratelli e sorelle nostri che oggi soffrono, in questo tempo dei martiri”.

La nostra, ha ripetuto Papa Francesco”, “è un’epoca con più martiri che non quella dei primi secoli”. E un’epoca di così “tante turbolenze spirituali” ha richiamato alla mente del Pontefice l’immagine di un’icona russa antica di secoli, quella della Madonna che copre con il suo manto il popolo di Dio:
“Noi preghiamo la Madonna che ci protegga, e nei tempi di turbolenza spirituale il posto più sicuro è sotto il manto della Madonna. E’ la mamma che cura la Chiesa. E in questo tempo di martiri, è lei un po’ – non so se si dice così, in italiano – la protagonista, la protagonista della protezione: è la mamma. (…) Diciamole con fede: ‘Sotto la tua protezione, Madre, è la Chiesa. Cura la Chiesa’”.

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[Modificato da Caterina63 15/04/2013 17:51]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)