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[SM=g1740758] 1.4 Dimensione ecclesiologica

"Nella" e "di fronte" alla Chiesa

13. Cristo, origine permanente e sempre nuova della salvezza, è il mistero fontale da cui deriva il mistero della Chiesa, suo Corpo e sua Sposa, chiamata dal suo Sposo ad essere segno e strumento di redenzione. Per mezzo dell'opera affidata agli Apostoli e ai loro Successori, Cristo continua a dare vita alla sua Chiesa. È in essa che il ministero dei presbiteri trova il suo locus naturale ed adempie la sua missione.

Attraverso il mistero di Cristo, il sacerdote, esercitando il suo molteplice ministero, è inserito nel mistero della Chiesa, la quale «prende coscienza, nella fede, di non essere da se stessa, ma dalla grazia di Cristo nello Spirito Santo». In tal modo, il sacerdote, mentre è nella Chiesa, si trova anche di fronte ad essa.

L'espressione eminente di questa collocazione del sacerdote nella e di fronte alla Chiesa, è la celebrazione dell'Eucaristia dove «il sacerdote invita il popolo a innalzare il cuore verso il Signore nella preghiera e nell'azione di grazie, e lo associa a sé nella solenne preghiera, che egli, a nome di tutta la comunità, rivolge a Dio Padre per mezzo di Gesù Cristo nello Spirito Santo».

Partecipe della sponsalità di Cristo

14. Il sacramento dell'Ordine, infatti, fa partecipe il sacerdote non solo del mistero di Cristo Sacerdote, Maestro, Capo e Pastore ma, in qualche modo, anche di Cristo «Servo e Sposo della Chiesa». Questa è il «Corpo» di Lui, che l'ha amata e l'ama al punto da dare se stesso per lei (cf. Ef 5,25); la rigenera e la purifica continuamente per mezzo della Parola di Dio e dei sacramenti (cf. ibid. 5,26); si adopera per renderla sempre più bella (cf. ibid. 5,27) e, infine, la nutre e la tratta con cura (cf. ibid. 5,29).

I presbiteri, che – collaboratori dell'Ordine Episcopale – costituiscono con il loro Vescovo un unico presbiterio e partecipano, in grado subordinato, dell'unico sacerdozio di Cristo, in qualche modo partecipano pure, a somiglianza del Vescovo, a quella dimensione sponsale nei riguardi della Chiesa che è bene significata nel rito dell'ordinazione episcopale con la consegna dell'anello.

I presbiteri, che «nelle singole comunità locali di fedeli rendono, per così dire, presente il Vescovo, cui sono uniti con animo fiducioso e grande», dovranno essere fedeli alla Sposa e, quasi icone viventi del Cristo Sposo, rendere operante la sua multiforme donazione alla sua Chiesa. Chiamato con atto d'amore soprannaturale, assolutamente gratuito, il sacerdote ama la Chiesa come Cristo l'ha amata, consacrando ad essa tutte le sue energie e donandosi con carità pastorale fino a dare quotidianamente la sua stessa vita.

Universalità del sacerdozio

15. Il comando del Signore di andare a tutte le genti (cf. Mt 28,18-20) costituisce un'altra modalità dello stare del sacerdote di fronte alla Chiesa. Inviato – missus – dal Padre per mezzo di Cristo, il sacerdote appartiene «in modo immediato» alla Chiesa universale, che ha la missione di annunziare la Buona Novella fino «ai confini della terra» (Atti 1,8).

«Il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto nell'or-dinazione, li prepara ad una vastissima e universale missione di salvezza». Per l'Ordine ed il ministero ricevuto, infatti, tutti i sacerdoti sono associati al Corpo Episcopale e, in comunione gerarchica con esso, secondo la loro vocazione e grazia, servono al bene di tutta la Chiesa. Il fatto dell'incardinazione non deve rinchiudere il sacerdote in una mentalità ristretta e particolaristica, ma aprirlo al servizio dell'unica Chiesa di Gesù Cristo.

In questo senso, ciascun sacerdote riceve una formazione che gli permette di servire la Chiesa universale e non solo specializzarsi in un unico luogo o in un compito particolare. Questa "formazione per la Chiesa universale" significa essere pronto ad affrontare le più varie circostanze, con la costante disponibilità a servire, senza condizioni, la Chiesa intera.

Missionarietà del sacerdozio per una Nuova Evangelizzazione

16. Il presbitero, partecipe della consacrazione di Cristo, viene coinvolto nella sua missione salvifica secondo il suo ultimo comandamento: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,19-20; cf. Mc 16,15-18; Lc 24,47-48; At 1,8). La tensione missionaria è parte costitutiva dell'esistenza del sacerdote – che è chiamato a farsi "pane spezzato per la vita del mondo"–, perché «la prima e fondamentale missione che ci viene dai santi Misteri che celebriamo è di rendere testimonianza con la nostra vita. Lo stupore per il dono che Dio ci ha fatto in Cristo imprime alla nostra esistenza un dinamismo nuovo impegnandoci ad essere testimoni del suo amore. Diveniamo testimoni quando, attraverso le nostre azioni, parole e modo di essere, un Altro appare e si comunica».

«I presbiteri in forza del sacramento dell'Ordine sono chiamati a condividere la sollecitudine per la missione: "Il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto nell'ordinazione non li prepara a una missione limitata e ristretta, bensì a una vastissima e universale missione di salvezza " (Presbyterorum Ordinis, 10). Tutti i sacerdoti debbono avere cuore e mentalità missionaria, essere aperti ai bisogni della Chiesa e del mondo». Questa esigenza della vita della Chiesa nel mondo contemporaneo dev'essere sentita e vissuta da ogni presbitero. Per questo ogni sacerdote è chiamato ad avere spirito missionario, cioè uno spirito veramente "cattolico" che partendo da Cristo si rivolge a tutti perché «siano salvati e giungano alla conoscenza della verità» (1Tm 2,4-6).

Perciò è importante che egli abbia piena coscienza di questa realtà missionaria del suo sacerdozio, e la viva in piena sintonia con la Chiesa che, oggi come ieri, sente il bisogno di inviare i suoi ministri nei luoghi dove più urgente è la loro missione, specialmente presso i più poveri. Da ciò deriverà anche una più equa distribuzione del clero. A questo proposito, bisogna riconoscere come questi sacerdoti che si rendono disponibili a prestare il loro servizio in altre diocesi o paesi siano un grande dono tanto per la Chiesa particolare dove sono stati inviati quanto per quella che li invia.

17. «Si verificaoggi, tuttavia, una crescente confusione che induce molti a lasciare inascoltato ed inoperante il comando missionario del Signore (cf. Mt 28,19). Spesso si ritiene che ogni tentativo di convincere altri in questioni religiose sia un limite posto alla libertà. Sarebbe lecito solamente esporre le proprie idee ed invitare le persone ad agire secondo coscienza, senza favorire una loro conversione a Cristo ed alla fede cattolica: si dice che basta aiutare gli uomini a essere più uomini o più fedeli alla propria religione, che basta costruire comunità capaci di operare per la giustizia, la libertà, la pace, la solidarietà. Inoltre, alcuni sostengono che non si dovrebbe annunciare Cristo a chi non lo conosce, né favorire l'adesione alla Chiesa, poiché sarebbe possibile esser salvati anche senza una conoscenza esplicita di Cristo e senza una incorporazione formale alla Chiesa».

Il Servo di Dio Paolo VI si rivolge anche ai sacerdoti nell'affermare: «Non sarà inutile che ciascun cristiano e ciascun evangelizzatore approfondisca nella preghiera questo pensiero: gli uomini potranno salvarsi anche per altri sentieri, grazie alla misericordia di Dio, benché noi non annunziamo loro il Vangelo; ma potremo noi salvarci se, per negligenza, per paura, per vergogna – ciò che San Paolo chiamava "arrossire del Vangelo" (cf. Rm 1,16) – o in conseguenza di idee false, trascuriamo di annunziarlo? Perché questo sarebbe allora tradire la chiamata di Dio che, per bocca dei ministri del Vangelo, vuole far germinare la semente; dipenderà da noi che questa diventi un albero e produca tutto il suo frutto». Mai come oggi, perciò, il clero deve sentirsi apostolicamente impegnato a unire tutti gli uomini in Cristo, nella sua Chiesa. «Tutti gli uomini sono quindi chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio, che prefigura e promuove la pace universale».

Non sono, pertanto, ammissibili tutte quelle opinioni che, in nome di un malinteso rispetto delle culture particolari, tendono a snaturare l'azione missionaria della Chiesa, chiamata a compiere lo stesso ministero universale, di salvezza, che trascende e deve vivificare tutte le culture. La dilatazione universale è intrinseca al ministero sacerdotale e pertanto irrinunciabile.

18. Dagli inizi della Chiesa, gli Apostoli hanno obbedito all'ultimo comandamento del Signore risorto. Sulle loro orme, la Chiesa attraverso i secoli «evangelizza sempre e non ha mai interrotto il cammino dell'evangelizzazione».

Essa «tuttavia, si realizza diversamente, secondo le differenti situazioni in cui avviene. In senso proprio c'è la "missio ad gentes" verso coloro che non conoscono Cristo. In senso lato si parla di "evangelizzazione", per l'aspetto ordinario della pastorale». L'evangelizzazione è l'azione della Chiesa che proclama la Buona Notizia in vista della conversione, dell'invito alla fede, dell'incontro personale con Gesù, del diventare un suo discepolo nella Chiesa, dell'impegnarsi a pensare come Lui, a giudicare come Lui e a vivere come Lui è vissuto. L'evangelizzazione comincia con l'annuncio del Vangelo e trova il suo ultimo compimento nella santità del discepolo che, quale membro della Chiesa, è diventato evangelizzatore. In tale senso, l'evangelizzazione è l'azione globale della Chiesa, «il compito centrale e unificante del servizio che la Chiesa e, in essa, i fedeli laici sono chiamati a rendere alla famiglia degli uomini».

«Il processo evangelizzatore, di conseguenza, è strutturato in tappe o "momenti essenziali": l'azione missionaria per i non credenti e per quelli che vivono nell'indifferenza religiosa; l'azione catechetico-iniziatica per quelli che optano per il Vangelo e per quelli che necessitano di completare o ristrutturare la loro iniziazione; e l'azione pastorale per i fedeli cristiani già maturi, nel seno della comunità cristiana. Questi momenti non sono però tappe concluse: si reiterano, se necessario, giacché daranno l'alimento evangelico più adeguato alla crescita spirituale di ciascuna persona o della stessa comunità».

19. «Tuttavia osserviamo un processo progressivo di scristianizzazione e di perdita dei valori umani essenziali che è preoccupante. Gran parte dell'umanità di oggi non trova nell'evangelizzazione permanente della Chiesa il Vangelo, cioè la risposta convincente alla domanda: Come vivere? Tutti hanno bisogno del Vangelo; il Vangelo è destinato a tutti e non solo a un cerchio determinato e perciò siamo obbligati a cercare nuove vie per portare il Vangelo a tutti». Pur preoccupante, tale scristianizzazione non può portarci a dubitare circa la capacità del Vangelo di toccare il cuore dei nostri contemporanei: «Forse, qualcuno si domanderà se l'uomo e la donna della cultura post-moderna, delle società più avanzate, sapranno ancora aprirsi al kerigma cristiano. La risposta deve essere positiva. Il kerigma può essere compreso ed accolto da qualsiasi essere umano, in qualsiasi tempo o cultura. Anche gli ambienti più intellettuali o quelli più semplici possono essere evangelizzati. Dobbiamo, perfino, credere che anche i cosiddetti post-cristiani possano, di nuovo, essere toccati dalla persona di Gesù Cristo».

Già Papa Paolo VI affermava che «le condizioni della società ci obbligano tutti a rivedere i metodi, a cercare con ogni mezzo di studiare come portare all'uomo moderno il messaggio cristiano, nel quale soltanto egli può trovare la risposta ai suoi interrogativi e la forza per il suo impegno di solidarietà umana». Il Beato Giovanni Paolo II ha così presentato il nuovo millennio: «Oggi si deve affrontare con coraggio una situazione che si fa sempre più varia e impegnativa, nel contesto della globalizzazione e del nuovo e mutevole intreccio di popoli e culture che la caratterizza». É quindi iniziata una "nuova evangelizzazione", la quale tuttavia non è una «rievangelizzazione» perché l'annuncio «è sempre lo stesso. La croce sta alta sul mondo che volge». É nuova in quanto «cerchiamo, oltre l'evangelizzazione permanente, mai interrotta, mai da interrompere, una nuova evangelizzazione, capace di farsi sentire da quel mondo, che non trova accesso all'evangelizzazione "classica"».

20. La nuova evangelizzazione fa riferimento, soprattutto ma non esclusivamente, «alle Chiese di antica fondazione», laddove sono tanti coloro che, «sebbene battezzati nella Chiesa cattolica, hanno abbandonato la pratica dei sacramenti o persino la fede». I sacerdoti hanno «il dovere di annunciare a tutti il Vangelo di Dio seguendo il mandato del Signore: "Andate nel mondo intero e predicate il Vangelo a ogni creatura" (Mc 16,15)». Sono «ministri di Cristo Gesù fra le nazioni», «debitori verso tutti, nel senso che a tutti devono comunicare la verità del Vangelo di cui il Signore li fa beneficiare», tanto più quanto «il numero di coloro che ignorano Cristo e non fanno parte della Chiesa è in continuo aumento, anzi dalla fine del Concilio è quasi raddoppiato. Per questa umanità immensa, amata dal Padre che per essa ha inviato il suo Figlio, è evidente l'urgenza della missione». Il Beato Giovanni Paolo II affermava solennemente: «Sento venuto il momento di impegnare tutte le forze ecclesiali per la nuova evangelizzazione e per la missione ad gentes. Nessun credente in Cristo, nessuna istituzione della Chiesa può sottrarsi a questo dovere supremo: annunziare Cristo a tutti i popoli».

21. I sacerdoti impegnano tutte le loro forze per questa nuova evangelizzazione le quali caratteristiche sono state definite dal Beato Giovanni Paolo II: «nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nelle sue espressioni».

In primo luogo, «occorre riaccendere in noi lo slancio delle origini, lasciandoci pervadere dall'ardore della predicazione apostolica seguita alla Pentecoste. Dobbiamo rivivere in noi il sentimento infuocato di Paolo, il quale esclamava: «Guai a me se non annunciassi il Vangelo!» (1Cor 9,16)». Infatti, «chi ha incontrato veramente Cristo, non può tenerselo per sé, deve annunciarlo». Ad immagine degli Apostoli, lo zelo apostolico è frutto dell'esperienza sconvolgente che scaturisce dalla vicinanza con Gesù. «La missione è un problema di fede, è l'indice esatto della nostra fede in Cristo e nel suo amore per noi». Il Signore non cessa di inviare il suo Spirito dalla cui forza dobbiamo lasciarci rigenerare in vista di quel «rinnovato slancio missionario, espressione di una nuova generosa apertura al dono della grazia». «É essenziale ed indispensabile che il presbitero si decida, molto coscientemente e con determinazione, non soltanto ad accogliere ed evangelizzare coloro che lo cercano, sia nella parrocchia sia altrove, ma ad "alzarsi ed andare" in cerca, prima di tutto, dei battezzati che, per motivi diversi, non vivono l'appartenenza alla comunità ecclesiale, e anche di tutti coloro che poco, o per niente, conoscono Gesù Cristo».

I sacerdoti si ricordino che non possono impegnarsi solo nella missione. Quali pastori del loro popolo, formino le comunità cristiane alla testimonianza evangelica e all'annuncio della Buona Novella. La «nuova missionarietà non potrà essere demandata ad una porzione di "specialisti", ma dovrà coinvolgere la responsabilità di tutti i membri del Popolo di Dio. Occorre un nuovo slancio apostolico che sia vissuto quale impegno quotidiano delle comunità e dei gruppi cristiani». La parrocchia non è soltanto luogo ove si fa la catechesi, essa è anche ambiente vivo che deve attuare la nuova evangelizzazione, concependosi in "missione permanente"». Ogni comunità è ad immagine della stessa Chiesa, «chiamata, per sua natura, ad uscire da se stessa in un movimento verso il mondo, per essere segno dell'Emmanuele, del Verbo fattosi carne, del Dio con noi». «Nella parrocchia i presbiteri avranno bisogno di convocare i membri della comunità, consacrati e laici, per prepararli adeguatamente ed inviarli in missione evangelizzatrice alle singole persone, alle singole famiglie, anche attraverso visite domiciliari, ed a tutti gli ambienti sociali che si trovano sul territorio». Ricordandosi che la Chiesa è «mistero di comunione e di missione», i pastori porteranno le comunità ad essere testimoni con la loro «fede professata, celebrata, vissuta e pregata» e con il loro entusiasmo. Papa Paolo VI esortava alla gioia: «Possa il mondo del nostro tempo, che cerca ora nell'angoscia, ora nella speranza, ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo, la cui vita irradii fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo». I fedeli hanno bisogno di essere incoraggiati dai loro pastori affinché non abbiano paura di annunciare la fede con franchezza, tanto più quanto chi evangelizza esperimenta che lo stesso atto missionario è fonte di rinnovamento personale: «La missione, infatti, rinnova la chiesa, rinvigorisce la fede e l'identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola!».

22. L'evangelizzazione è anche nuova nei suoi metodi. Stimolato dall'Apostolo che esclamava: «guai a me se non annunciassi il Vangelo!» (1Cor 9,16), egli saprà utilizzare tutti quei mezzi di trasmissione che le scienze e la tecnologia moderna gli offrono.

Certamente non tutto dipende da tali mezzi o dalle capacità umane, giacché la grazia divina può raggiungere il suo effetto indipendentemente dall'opera degli uomini; ma, nel piano di Dio, la predicazione della Parola è, normalmente, il canale privilegiato per la trasmissione della fede e per la missione evangelizzatrice.

Egli saprà anche coinvolgere i laici nell'evangelizzazione tramite quei mezzi moderni. In ogni caso, la sua partecipazione in questi nuovi ambiti dovrà riflettere sempre speciale carità, senso soprannaturale, sobrietà e temperanza, in modo tale da far sì che tutti si sentano attirati non tanto alla figura del sacerdote, quanto piuttosto alla Persona di Gesù Cristo nostro Signore.

23. La terza caratteristica della nuova evangelizzazione è la novità nella sua espressione. In un mondo che cambia, la coscienza della propria missione di annunciatore del Vangelo, come strumento di Cristo e dello Spirito Santo, dovrà sempre più concretizzarsi pastoralmente in modo che il presbitero possa vivificare, alla luce della Parola di Dio, le diverse situazioni e i diversi ambienti nei quali svolge il suo ministero.

Per essere efficace e credibile è perciò importante che il presbitero – nella prospettiva della fede e del suo ministero – conosca, con costruttivo senso critico, le ideologie, il linguaggio, gli intrecci culturali, le tipologie diffuse attraverso i mezzi di comunicazione che, in larga parte, condizionano le mentalità. Saprà rivolgersi a tutti «senza mai nascondere le esigenze più radicali del messaggio evangelico, ma venendo incontro alle esigenze di ciascuno quanto a sensibilità e linguaggio, secondo l'esempio di Paolo, il quale affermava: "Mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno" (1Cor 9,22)». Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha affermato che la Chiesa, «fin dagli inizi della sua storia, imparò ad esprimere il messaggio di Cristo ricorrendo ai concetti e alle lingue dei diversi popoli; inoltre si sforzò di illustrarlo con la sapienza dei filosofi: e ciò allo scopo di adattare il Vangelo, nei limiti convenienti, sia alla comprensione di tutti, sia alle esigenze dei sapienti. E tale adattamento della predicazione della parola rivelata deve rimanere la legge di ogni evangelizzazione». Nel rispetto dovuto al cammino sempre diversificato di ciascuna persona e nell'attenzione per le diverse culture in cui il messaggio cristiano deve essere calato, pur restando pienamente se stesso, nella totale fedeltà all'annuncio evangelico e alla tradizione ecclesiale, il cristianesimo del terzo millennio porterà così il volto di tante culture, antiche e moderne, i cui specifici valori non sono rinnegati, ma purificati e portati alla loro pienezza.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)