00 08/05/2013 10:44
[SM=g1740758] Amici, dopo i tanti approfondimenti fatti in questo thread in cui si spiega del perchè la Chiesa non può dare la Comunione ai divorziati risposati, riteniamo interessante approfondire anche il perchè la Chiesa insiste sull'indissolubilità del Matrimonio e del perchè questo è un Sacramento irrinunciabile per chi voglia dirsi cristiano....

Prima di approfondire l'argomento, ci piace segnalarvi un passo dell'Enciclica MIRARI VOS di Papa Gregorio XVI del 15 agosto 1832 nella quale, oseremo dire profeticamente, egli metteva in guardia già all'epoca dai tentativi di minare questo Sacramento, leggiamo:

"Inoltre, l’onorando matrimonio dei Cristiani esige le Nostre comuni premure affinché in esso, chiamato da San Paolo "Sacramento grande in Cristo e nella Chiesa" (Eb 13,4), nulla s’introduca o si tenti introdurre di meno onesto che sia contrario alla sua santità o leda l’indissolubilità del suo vincolo. Vi aveva già raccomandato insistentemente questo nelle sue lettere il Nostro Predecessore Pio VIII di felice memoria: ma continuano a moltiplicarsi tuttavia contro di esso gli attentati dell’empietà.
È perciò necessario istruire accuratamente i popoli che il matrimonio, una volta legittimamente contratto, non può più sciogliersi, e che Dio ha ingiunto ai coniugati una perpetua unione di vita ed un tal legame che solo con la morte può rompersi. Rammentando che il matrimonio si annovera fra le cose sacre, e che per questo è soggetto alla Chiesa, essi abbiano di continuo presenti le leggi da questa stabilite in materia, e quelle adempiano santamente ed esattamente come prescrizioni, dalla cui osservanza fedele dipendono la forza, la validità e la giustizia del medesimo.
Si astenga ognuno dal commettere per qualsivoglia motivo atti che siano contrari alle canoniche disposizioni e ai decreti dei Concilii che lo riguardano, ben conoscendosi che esito infelicissimo sogliono avere quei matrimoni che o contro la disciplina della Chiesa o senza che sia stata implorata prima la benedizione del Cielo, o per solo bollore di cieca passione vengono celebrati senza che gli sposi si prendano alcun pensiero della santità del Sacramento e dei misteri che vi si nascondono".


veniamo ora ad ulteriori approfondimenti sull'argomento ricordando a tutti anche questa pagina sul Sacramento in questione.


Perché il matrimonio è indissolubile?


Di Gustave Thibon

L’istituto del matrimonio è il custode della fedeltà interiore, la legge cristiana non opprime ma approfondisce e purifica l'amore. Non è l'uomo ad esser fatto per il matrimonio, ma è bensi il matrimonio che è fatto per l’uomo. Una magistrale esposizione dei fondamenti «esistenziali» del matrimonio cristiano, una risposta alle obiezioni più diffuse al principio dell'indissolubilità.
 

 
 
[Da AA.VV., L'amore e il matrimonio, tr. it., Vita e Pensiero, Milano 1955, pp. 85-113]
 
Non è nostra intenzione esporre qui in tutti i suoi particolari l’insegnamento della teologia cattolica sulla indissolubilità del matrimonio. Supponendo che esso sia noto ai nostri lettori, ci limiteremo a ricordare i principi fondamentali e porremo in evidenza piuttosto l’aspetto psicologico ed «esistenziale» del problema. Su questo argomento come su molti altri il cattolicesimo, che pure possiede una teologia e una morale complete quanto equilibrate, non ha forse fatto quanto era necessario per giustificare i suoi principi sul terreno dell’esperienza psicologica e per rispondere a coloro che gli rimproverano per l’appunto di non tenere in considerazione l’uomo fatto di corpo e d’anima, né le condizioni concrete della sua esistenza.
 
 

Che l’uomo non divida...
 
Il principio dell’indissolubilità del matrimonio è contenuto per intero nel seguente passo del Vangelo: «I Farisei andarono da lui per tentarlo e gli dissero: “È lecito all’uomo di ripudiare per qualunque motivo la propria moglie?” Egli rispose: “Non avete letto che il creatore, al principio, creò l’uomo maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà alla sua donna e i due saranno una sola carne. Non divida pertanto l’uomo quel che Dio ha congiunto”» (Mt., XIX, 8-6). E S. Paolo, facendo eco all’insegnamento del Signore, così si esprime: «A coloro che sono sposati ordino (non io, ma il Signore) che la moglie non si separi dal marito. E se è separata rimanga senza maritarsi o si riconcilii col marito. E l’uomo non ripudii la moglie» (I Cor., VII, 10-11). Tale esigenza di indissolubilità si fonda su due motivi:
 
1 - Sul diritto naturale. — La procreazione, che secondo la teologia tradizionale è il fine principale del matrimonio, non può nella specie umana essere abbandonata al caso di un incontro senza domani come avviene nella specie animale. Perchè il bambino non ha soltanto bisogno di essere messo al mondo e allattato durante i primi mesi di vita; la sua educazione richiede ancora per lungo tempo l’assistenza continua del padre e della madre e il calore e la stabilità di un ambiente familiare fuori del quale egli non può armonicamente svilupparsi. Ora, la separazione degli sposi, pietre basilari dell’edificio familiare, compromette necessariamente l’educazione dei figli e, di conseguenza, l’equilibrio della società intera.
 
 
2 - Sul carattere sacramentale del matrimonio — L’unione dell’uomo e della donna è inseparabile quanto quella di Cristo e della Chiesa, suo modello e prototipo. I due «che sono una sola carne» devono tendere con la loro fedeltà alla grazia sacramentale, a divenire una sola anima; e l’uomo non ha il diritto di separare quello che Dio ha unito. Essendo dunque fondata su una esigenza essenziale della natura e sulla consacrazione divina, l’indissolubilità del matrimonio non ammette eccezione alcuna. La Chiesa cattolica non pronuncia sentenza di divorzio; in certi casi ben determinati (difetto di consenso, errore sull’identità della persona, consanguineità ecc.) essa si limita a constatare la nullità del vincolo matrimoniale. Null’altro essa può fare in questo campo, se non dissipare un errore: il sacramento conferito senza le condizioni necessarie alla sua validità non impegna né la Chiesa che lo amministra, né i fedeli che lo ricevono, e in tali casi le autorità religiose, anzichè separare quello che Dio ha unito, sciolgono un legame illusorio; in altri termini restituiscono di diritto ai pseudo-coniugi una libertà che non hanno mai perduta di fatto. Non si può parlare di divorzio nei casi in cui non vi fu vero matrimonio.
 
 
 
Le ragioni profonde dell’indissolubilità del matrimonio.
 
È ovvio constatare che l’unione dell’uomo e della donna consacrata dal matrimonio risponde a una duplice finalità. Essa permette anzitutto l’armonico e completo sviluppo fisico e morale dei due sposi. Iddio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo». E gli diede una compagna simile a lui. L’uomo e la donna sono due esseri complementari; sono fatti per vivere non solo insieme, ma l’uno per l’altro; e il loro reciproco amore, la fusione dei loro destini favorisce in pari tempo la sicurezza materiale e la pienezza spirituale di entrambi. Il matrimonio è ad un tempo la forma più elementare e la base indistruttibile di ogni vita sociale.
Con la procreazione esso assicura la continuità della specie umana e con l’influenza dell’ambiente familiare la sana educazione dei figli: due fini interdipendenti e paralleli. Da un lato la reciproca attrazione che unisce i due sessi ha per normale conseguenza la procreazione. «Non si sposa perchè la terra ha bisogno d’essere popolata, diceva Chesterton, si sposa perchè si è innamorati». Verissimo. Ma il comandamento: «Crescete e moltiplicatevi» è già contenuto in germe nella simpatia amorosa. E, reciprocamente, i nuovi legami che la procreazione crea tra gli sposi forniscono loro nuovi motivi di amarsi e di aiutarsi. Sembra tuttavia — almeno fin dove è possibile isolare due elementi così intimamente uniti nell’unità della vita concreta — che la Chiesa abbia voluto mettere l’accento sul primo proclamando l’irrevocabilità del matrimonio.
La teologia tradizionale afferma energicamente che la procreazione costituisce il fine primario dell’unione coniugale e che l’amore reciproco degli sposi viene al secondo posto. È notevole il fatto che nessun altro legame affettivo, nessun altro vincolo sociale — qualunque sia il suo grado di profondità e di spiritualità — è sanzionato e coronato da un sacramento. I vincoli che uniscono l’amico all’amico, il principe al suo popolo, ecc. non sono né sacramentali né irrevocabili; è perfino possibile, a rigore, essere sciolti dai voti religiosi, ma non dalle promesse del matrimonio. L’importanza eccezionale che la Chiesa attribuisce al legame coniugale deriva anzitutto dal fatto che lo considera la sorgente immediata della vita naturale e soprannaturale dei coniugi e la base necessaria della società umana. La Scrittura non ci lascia alcun dubbio su questo argomento: «Essi saranno una sola carne». Ora, che cos’è qui la carne se non, nel senso biblico del termine, «una persona rappresentata e rivelata dall’apparenza esteriore della nostra umanità?» (1).
Nel linguaggio moderno si direbbe: un solo essere di carne, una sola persona morale. Il che non significa una sola anima, un solo spirito. L’unione spirituale è prescritta come un dovere e un ideale; ma la semplice unione contratta con lo scambio dei consensi, anche senza amore, è sufficiente a creare la comunità coniugale e a renderne indissolubile il vincolo. Nemmeno questo vincolo è estraneo alla carne, poichè l’impotenza di uno dei coniugi genera automaticamente incapacità al matrimonio, ed ogni unione non consumata può essere sciolta su parere del Sommo Pontefice, in vista di un maggior bene spirituale. Ma ciò che costituisce in fondo la natura tutta particolare del vincolo coniugale è la sua partecipazione all’unione indissolubile di Cristo e della Chiesa; cosicchè una partecipazione imperfetta a tale unione, qual è quella dei pagani, lascia il loro matrimonio legittimo suscettibile di scioglimento (privilegio paolino), mentre la partecipazione totale al mistero nuziale di Cristo, qual è l’unione ratificata e consumata di due cristiani, rende il loro vincolo assolutamente infrangibile finché essi sono in vita. È chiaro che in ogni caso la Chiesa non prende in considerazione né l’assenza d’amore né «l’incompatibilità di carattere» per determinare il valore del legame e il suo grado di indissolubilità. E ciò perchè essa considera da un punto di vista assai alto l’individualismo e la sensibilità romantica, vede nel matrimonio ben più e ben altro che lo scambio passionale e sentimentale tra due individui, e la sua sollecitudine si estende, oltre la coppia effimera, all’insieme della Città temporale che è il corpo della Città divina. Unendosi, gli sposi non si impegnano soltanto l’uno verso l’altro, ma anche l’uno e l’altro verso una realtà di cui fanno parte e che li supera: la famiglia innanzi tutto, di cui sono la sorgente e il sostegno, e in seguito la Nazione e la Chiesa, corpi viventi di cui le famiglie sono le cellule.

Una istituzione di sì fondamentale importanza ha bisogno d’essere protetta contro le mille vicissitudini dell’istinto e dell’interesse personale. Se gli sposi non hanno il diritto di separarsi, ciò non riguarda tanto la coppia stessa quanto tutto quello che su di essa riposa. Il matrimonio costituisce il fondamento della comunità umana; se quello si spezza, questa si sfascia. La via che gli sposi intraprendono ha un senso unico: è la via stessa della vita temporale; l’unica uscita sta innanzi, e indietreggiare significherebbe urtare pericolosamente altri esseri trascinati dallo stesso irreversibile movimento. Il matrimonio dipende in un primo tempo dall’individuo; ma in un secondo tempo è l’individuo che dipende dal matrimonio. Ciascuno è libero di contrarre il legame secondo i propri gusti e la propria volontà, ma, dopo averlo contratto, non è più libero di infrangerlo.
 


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[SM=g1740771]  continua.....



[Modificato da Caterina63 27/11/2013 13:27]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)