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[SM=g1740758] 2. L’“amore della patria terrena” degli ottocento martiri

Così racconta il cronista (De Marco):
«In numero di circa ottocento furono presentati al Pascià che aveva al suo fianco un miserrimo prete, nativo di Calabria, di nome Giovanni, apostata della fede. Costui impiegò la satannica sua eloquenza a fin di persuadere a’ nostri santi che, abbandonato Cristo, abbracciassero il maomettismo, sicuri della buona grazia d’Acmet, il quale accordava loro vita, sostanze e tutti qui beni che godevano nella patria: in contrario sarebbero stati tutti trucidati. Tra quegli eroi ve n’ebbe uno di nome Antonio Primaldo, sarto di professione, d’età provetto, ma pieno di religione e di fervore. Questi a nome di tutti rispose: “Credere tutti in Gesù Cristo, figlio di Dio, ed essere pronti a morire mille volte per lui”».

Aggiunge un altro cronista (Laggetto):
«E voltatosi ai cristiani disse queste parole: “Fratelli miei, sino oggi abbiamo combattuto per defensione della patria e per salvar la vita e per li signori nostri temporali, ora è tempo che combattiamo per salvar l’anime nostre per il nostro Signore, quale essendo morto per noi in croce conviene che noi moriamo per esso, stando saldi e costanti nella fede e con questa morte temporale guadagneremo la vita eterna e la gloria del martirio”. A queste parole incominciarono a gridare tutti a una voce con molto fervore che più tosto volevano mille volte morire con qual si voglia sorta di morte che di rinnegar Cristo».

Agomath proclama la condanna a morte di tutti e ottocento i prigionieri.
Al mattino seguente, costoro vengono condotti con la fune al collo e le mani legate dietro la schiena al colle della Minerva, a poche centinaia di metri dalla città. Scrive, ancora, De Marco:
«Ratificarono tutti la professione di fede e la generosa risposta data innanzi; onde il tiranno comandò che si venisse alla decapitazione e, prima che agli altri, fosse reciso il capo a quel vecchio Primaldo, a lui odiosissimo, perché non rifiniva di far da apostolo co’ suoi, anzi in questi momenti, prima di chinare la testa sul sasso, aggiungeva a’ commilitoni che vedeva il cielo aperto e gli angeli confortatori; che stessero saldi nella fede e mirassero il cielo già aperto a riceverli. Piegò la fronte, gli fu spiccata la testa, ma il busto si rizzò in piedi: e ad onta degli sforzi de’ carnefici, restò immobile, finché tutti non furono decollati. Il portento evidente ed oltremodo strepitoso sarebbe stata lezione di salute a quegl’infedeli, se non fossero stati ribelli a quel lume che illumina ognuno che vive nel mondo. Un solo carnefice, di nome Berlabei profittò avventurosamente del miracolo e, protestandosi ad alta voce cristiano, fu condannato alla pena del palo».

Durante il processo per la beatificazione degli ottocento, nel 1539, quattro testimoni oculari riferiscono il prodigio di Antonio Primaldo, che resta in piedi dopo la decapitazione, e della conversione e del martirio del boia. Così racconta uno dei quattro, Francesco Cerra, che nel 1539 aveva 72 anni:
«Antonio Primaldo fu il primo trucidato e senza testa stette immobile, né tutti gli sforzi dei nemici lo poter gettare, finché tutti furono uccisi. Il carnefice, stupefatto per il miracolo, confessò la fede cattolica essere vera, e insisteva di farsi cristiano, e questa fu la causa, perché per comando del Bassà fu dato alla morte del palo» (Laggetto).

500 anni dopo, il 5 ottobre 1980 Giovanni Paolo II si reca a Otranto per ricordare il sacrificio degli ottocento. È una splendida mattinata di sole, nella spianata sottostante il Colle della Minerva, dal 1480 chiamato “Colle dei Martiri”. Il Pontefice polacco coglie l’occasione per rivolgere un invito, attuale allora come oggi: “Non dimentichiamo (...) i martiri dei nostri tempi. Non comportiamoci come se essi non esistessero”. Esorta a guardare oltre il mare, e richiama espressamente le sofferenze del popolo di Albania, al quale in quel momento, sottoposto a una delle più feroci versioni del comunismo, nessuno rivolgeva l’attenzione.
Sottolinea che “i Beati Martiri ci hanno lasciato - e in particolare hanno lasciato a voi - due consegne fondamentali: l’amore alla patria terrena; l’autenticità della fede cristiana. Il cristiano ama la sua patria terrena. L’amore della patria è una virtù cristiana”.


[SM=g1740771]  continua.....

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)