00 14/01/2017 19:17

Il Santo Padre Francesco visita la Parrocchia di S. Maria a Setteville di Guidonia


Don Luigi Tedoldi, parroco di S. Maria a Setteville di Guidonia - RV

Don Luigi Tedoldi, parroco di S. Maria a Setteville di Guidonia - RV





14/01/2017 




Grande attesa a Setteville di Guidonia, nella periferia Est di Roma, per la visita pastorale di Papa Francesco nella parrocchia di Santa Maria, questa domenica 15 gennaio 2017,  alle 16.00. Il Santo Padre celebrerà la Santa Messa, confesserà alcune persone e incontrerà i giovani, gli operatori pastorali e i malati: tra questi, il viceparroco don Giuseppe Berardino, 46 anni, affetto da sclerosi laterale amiotrofica. Ma come è stata accolta la notizia della visita del Papa? Federico Piana lo ha chiesto al parroco, don Luigi Tedoldi:




R. – Con sorpresa ed emozione: sorpresa, perché non ce lo aspettavamo ed emozione per questo atto di carità non solo verso tutta la parrocchia, ma soprattutto verso il mio caro don Giuseppe, malato di sla, immobilizzato dopo solo due mesi di malattia. Sono due anni e mezzo che vive in questa immobilità totale, assoluta; non ha mai potuto leggere neanche con il computer e non si è mai ribellato un momento: questa è la grande grazia. Quando si ammalò, io mi alzai di notte, mi inginocchiai davanti al Santissimo chiedendo la grazia se non della guarigione, almeno di un processo lento, di un degrado più lento. E invece fu improvviso: il primario del Gemelli ci ha detto che in trenta anni non aveva mai visto un’evoluzione così rapida e così violenta. Quindi non sono stato ascoltato né dal Signore né dalla Madonna né da San Giuseppe … Li ho pregati tanto. Però, hanno fatto una grazia più grande che nella mia poca fede non chiedevo: quella di non ribellarsi. Mai, mai, mai crucciato, mai! Finché ha potuto esprimersi in qualche modo con lo sguardo, con gli occhi fino a tre mesi fa lo ha fatto, perché da allora non si esprime neanche con gli occhi ... con niente.


D. - Quindi sicuramente a don Giuseppe farà piacere questa visita di Papa Francesco …


R. - È chiaro, perché lui capisce: non si esprime, ma capisce.


D. - Ci può raccontare la sua parrocchia?


R. - Non è una grande parrocchia. È una parrocchia di periferia, però ha più del paese che della periferia, anche se ha dei problemi come la mancanza del lavoro. È una parrocchia di circa cinquemila abitanti al centro e un migliaio di abitanti che stanno sorgendo nella campagna vicina. Ci sono otto comunità neocatecumenali, cento ragazzi scout, 130 ragazzi del post-Cresima dai 13 ai 18 anni che frequentano la chiesa ogni settimana in un percorso più formativo che ricreativo. Questo è l’aspetto che vorrei sottolineare, perché i ragazzi sono più attratti dalle attività formative che da quelle ricreative. Quando noi come parrocchia ci mettiamo in concorrenza con il mondo, siamo sconfitti in partenza e perfino ridicoli.


D. - Vorrei capire un po’ le difficoltà e le cose invece positive che ci sono nella parrocchia …


R. - Tra le cose positive pensi al fatto che aiutiamo tantissimo le coppie. Per questo abbiamo il pieno di coppie giovani in chiesa, li aiutiamo nel loro matrimonio; oggi l’unità della famiglia è minata. Quanti matrimoni sono vicini alla chiesa perché aiutati a perdonarsi, a riconciliarsi e tanti figli nati, tante vocazioni, perché in un momento così … La chiesa oggi non è in crisi perché manca la sua capacità di carità: è in crisi perché manca di vocazioni. E noi abbiamo tre preti ordinati negli ultimi venti anni e cinque in seminario.


D. - Questo perché, secondo lei?


R. - Perché secondo me c’è un ambiente cristiano. Oggi manchiamo di predicare il Signore! Predicare il Signore crea un ambiente cristiano. Se noi facciamo moralismo, diventiamo un’agenzia etica!


D. - Questa visita del Papa, secondo lei, quali frutti porterà nella sua parrocchia, nella zona?


R. - Non glielo so dire. Il Signore mi ha sempre sorpreso in questo senso. E che mi aspettavo dai frutti della malattia di don Giuseppe? Li sto vedendo adesso, poverino, non glielo so dire questo. Si vedrà. Io sono sicuro che li darà. Oggi le posso dire quello che mi aspetto dal Papa: la conferma nella fede, che è il Ministero petrino, la conferma nella fede della nostra missione, che è quella di annunciare Cristo, e annunciando Cristo, conducendo le persone a fare come i Magi e come i pastori, poi tornano con grande gioia; la gioia del Vangelo, che non è solo un’allegria così … è il godimento di tutti i beni possibili sulla Terra.


D. - Tornando a don Giuseppe: nella sua malattia sicuramente ha dato un esempio …


R. - Certo, la prova è questa: non bastano le quattro infermerie dell’Asl, non basta l’infermiere che pago, perché per fare l’igiene bisogna essere in due, lui è un metro e ottanta … Ma poi all’infermerie bisogna dare un giorno o due di riposo … Insomma da due anni e mezzo venti giovani - che ora sono tutti sposati con figli e che lavorano - ogni sabato ed ogni domenica e quando è stato all’ospedale Gemelli per due mesi tutti i giorni - si danno il turno per l’igiene per assisterlo per non lasciarlo mai da solo. E tutto questo senza pesantezza. È questo che mi edifica. Io sono edificato da queste venti persone che hanno famiglie, che hanno un lavoro. Dico sempre loro: “Ragazzi, non fatelo con sforzo, con pesantezza, perché dopo si rovina tutto. Se siete stanchi io vi capisco. Smettetela”; e invece mi rispondono: “No, no don Gino. Abbiamo un debito di riconoscenza infinito!”.


D. - Io non voglio farle anticipare ciò che lei dirà al Papa, però un po’ il senso ce lo può dire?


R. - Il senso è questo. Mi riferisco ad un fatto: prima degli Anni ’70, prima che nascesse la parrocchia, c’erano solo case sparse e una fontanella chiamata dalla gente “La fontanella dei poveri” perché le case erano senza acqua e la gente si dissetava qui, si dissetavano le greggi … Adesso ovviamente questa fontanella non c’è più. La parrocchia è diventata la “fontana” del quartiere, fontana spirituale e materiale, perché aiutiamo in maniera massiccia, soprattutto la gente che rimane senza lavoro, che ha le bollette e il mutuo da pagare. Noi non diamo soltanto la sporta con la pasta e i pelati. Pur essendo parrocchia di classe bassa, insomma, nessuno è ricco qui, però aiutiamo tanto. Possiamo dire che se annunci il Signore, poi ti trovi i soldi senza bisogno di fare collette. Io non ho mai fatto una colletta in 21 anni!

da Radio Vaticana




VISITA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
ALLA PARROCCHIA ROMANA «SANTA MARIA A SETTEVILLE»

Domenica, 15 gennaio 2017

[Multimedia]



 

Incontro con i malati
Incontro con i bambini e i giovani
Incontro con i genitori dei bambini da poco battezzati
Incontro con i collaboratori pastorali
Omelia durante la Celebrazione Eucaristica
Saluto finale


Incontro con i malati

Santo Padre:

Vi saluto e vi prometto di pregare per voi. Ognuno ha il proprio problema, o una malattia, o una preoccupazione… Anche i bambini con problemi… Ci sono cose che non si possono spiegare, ma succedono, la vita è così… la vita è così. Gesù ha voluto essere vicino a noi anche col suo dolore, con la sua passione, con le proprie sofferenze, e Gesù è vicino a tutti voi. Lui stesso lo ha detto: “Se tu vai a trovare un malato, vai a trovare me” (cfr Mt 25,36.40). Gesù è con i malati, con quelli che hanno problemi. E questo è vero. Io so che quando si soffre, quando ci sono problemi, è difficile capire, ma non si tratta di capire, si tratta di sentire, sentire le carezze di Gesù. Soltanto questo. E questo consola.

E perché tutti voi siate capaci di sentire queste carezze di Gesù, vi darò la benedizione. Ma prima di questo, Gesù lo porta la mamma, sempre; preghiamo la Madonna, tutti insieme, perché Gesù ci benedica.

Ave o Maria, …

[Benedizione]

Ecco. E pregate per me, non dimenticatevi, per favore. E coraggio, coraggio: non lasciarti prendere dalla tristezza! Su, non giù. Su! Il Signore è con noi, sempre! Grazie. Dio vi benedica e pregate per me.


Incontro con i bambini e i giovani

Santo Padre:

Grazie. Grazie per la vostra gioia, per i vostri disegni… Bellissimi, quelli che mi avete dato. Siete bravi. E grazie per le cose che avete detto. Post-Cresima, Cresima… Ma io ho sentito che qui a Roma la Cresima è il “sacramento dell’addio”: dopo la Cresima, non ci vediamo più… E’ vero questo? Non è vero? Ah, no? E voi siete tutti i giovani di Roma? Tutti? E gli altri? Non sono tornati, dopo la Cresima?… Il dopo-Cresima è un problema. E il fatto che voi siate qui è una grazia del Signore. Il Signore vi ha dato questa grazia, di non fare della Cresima il sacramento dell’“arrivederci” fino al giorno delle nozze. Tanti anni senza una comunità… E voi siete stati scelti dal Signore per fare comunità. E questo è grande. Credo che Maria [una ragazza della parrocchia] ha detto: “Noi siamo qui perché il Signore ci ama”. Ma, dimmi, e gli altri, quelli che non sono qui adesso, il Signore li ama?... Non sapete se il Signore li ama o no?... Li ama? E perché non sono qui? Se voi vi sentite amati dal Signore e per questo il Signore vi ha portati qui, perché quegli altri non sono qui? Cosa succede?... Qualcuno intelligente che mi dica una parola… Parlate, parlate, che voglio sentirvi.

[Un bambino parla ma non si capisce]

Santo Padre:

Sei bravo tu! Quanti anni hai?

[Bambino]

Otto.

Santo Padre:

Questi ne hanno più di 18 e nessuno di loro è riuscito a parlare, e tu sei [riuscito]… Bravo, continua così! Fai bene, fai bene. E’ coraggioso! Senza vergogna. Sii coraggioso, continua! Vieni, vieni… Senti, non tutti ti hanno sentito. Sei capace di ripetere quello che mi hai detto? Dillo…

[Bambino]

In pratica, ci sono delle persone che non sono insieme a noi, facendo un’unione, perché non sono qui con noi condividendo gioia e ogni giorno il Signore ci dona qualcosa, e noi non lo possiamo condividere; quindi, delle persone se ne vanno, lasciandoci da soli o non ascoltando le parole del Signore.

Santo Padre:

Questo ha coraggio! E’ coraggioso. Ha detto due cose: ascoltare la Parola del Signore e trovare gioia. Due cose che io prendo da quello che lui ha detto. Quei giovani ascoltano la Parola del Signore, ma come noi diciamo le parole del Signore? Quando io sento parlare un giovane o una giovane del Signore, o un catechista, una catechista, non so, uno qualsiasi, io mi annoio. Parliamo del Signore con una certa tristezza. Lui ha detto gioia: è questo il segreto. Parlare del Signore con gioia, e questo si chiama testimonianza cristiana. Capite? La testimonianza cristiana è parlare del Signore con gioia, ma anche con la gioia della propria vita, cioè fare con la mia vita quello che dico del Signore. E voi, che siete i più grandi, chi di voi sa dirmi com’è la testimonianza cristiana? Sapete cosa significa, testimonianza? Sapete o no? Sì… Tu sei?… Spiegatemi cos’è la testimonianza cristiana, come si fa… Dite, dite, parlate…

[Ragazzo]

Dando un esempio di vita.

Santo Padre:

Dando un esempio di vita. Eccone uno. Così. Se io dico: “Io sono molto cattolico, vado tutte le domeniche a Messa”, ma poi con i miei genitori non parlo, gli anziani non mi interessano, non assisto i poveri, non vado a trovare i malati… questa è testimonianza di vita? No! Io posso parlare del Signore, ma se io con la mia vita non parlo dando testimonianza, come tu hai detto, con la propria vita, non serve! “Ma, Padre, io sono cristiano, e parlo del Signore!”. Sì, ma tu sei un cristiano-pappagallo! Soltanto da qui [indica la bocca]: parole, parole, parole… Ti ricordi quella canzone? No, voi no, siete giovani. Sì? “Parole, parole, parole…”, e niente di più. La testimonianza cristiana si fa con la parola, con il cuore e con le mani. Ripetiamo insieme: con la parola, con il cuore e con le mani. Benissimo. Adesso, io vi domando – vediamo chi risponde, perché sto parlando io, e questo non va – come si fa la testimonianza cristiana con la parola? Uno… Tu hai già parlato, un altro… Ma dimmi, tu che sei catechista, sono muti, questi? Come si fa? [qualcuno interviene] Ecco, raccontando le proprie esperienze, il rapporto con il Signore, con la parola. Bravo! Come si fa la testimonianza cristiana con il cuore?

[Una ragazza]

Donandosi.

Santo Padre

Donandosi. Spiegaci un po’, hai ragione, ma spiega un po’ cosa vuoi dire con quella parola: donandosi.

[Ragazza]

Aprirsi all’altro…

Santo Padre

Aprirsi all’altro, bene…

[Ragazza]

Accettare l’altro come è…

Santo Padre

Accettare l’altro come è, non come io voglio che sia, bene! Di’, di’ ancora…

[Ragazza]

Ascoltare l’altro

Santo Padre

Ascoltare l’altro. E’ interessante, questo. Un cristiano è un uomo, è una donna, è un giovane, è un bambino, è una bambina dell’ascolto, che sa ascoltare. Sa ascoltare la Parola di Dio e sa ascoltare l’altro. Soltanto con le orecchie?... Con il cuore, pure. Si sa commuovere. Brava, brava! E come si fa la testimonianza cristiana con le mani?

[Ragazza]

Facendosi umili

Santo Padre

Facendosi umili… E com’è l’umiltà?

[Ragazza]

Andare incontro alle persone.

Santo Padre

Andare incontro alle persone… E se qualcuno si è arrabbiato con te e ha sparlato di te, la testimonianza cristiana dice: “No, con quello non andare”?

[Ragazza]

No. E’ difficile mettere l’orgoglio da parte, però la Parola ci insegna a farsi umili e a chiedere perdono, andare per primi e chiedere perdono alla persona con la quale hai litigato.

Santo Padre:

Chiedere perdono, perdonare… Sei brava! Con il cuore, con le mani… Anche, testimonianza cristiana con le mani…

[Ragazza]

Agire…

Santo Padre:

Agire. Come, per esempio?

[Ragazza]

Rendendosi utile per gli altri.

Santo Padre:

Ecco. Le opere di misericordia: andare a trovare gli ammalati, i carcerati, aiutare il compagno a fare i compiti… tutte queste cose. Aiutare sempre! Testimonianza: con la lingua, con la bocca, confessare il Signore; con il cuore, sempre aprire all’amore; e con le mani: le opere di misericordia. Questa è la testimonianza cristiana. Adesso avete capito? Ma dovete parlare fra voi di queste cose! Va bene. Qualche domanda? Parla, parla forte!

[Ragazza]

Come spiegare a chi non crede perché la fede è importante?

Santo Padre:

Come potete spiegare a qualcuno che non crede perché o come la fede è importante? Questa è la domanda? Non si deve spiegare. Sentite bene questo: se tu hai un amico, un’amica che non crede, tu non devi dire: “Tu devi credere per questo, per questo, per questo…”, e spiegargli tutte le cose. Questo non si deve fare! Questo si chiama proselitismo, e noi cristiani non dobbiamo fare proselitismo. Cosa si deve fare? Se io non posso spiegare, cosa devo fare? Vivere in modo tale che sia lui o lei a chiedermi: “Perché tu vivi così? Perché tu hai fatto questo?”, e allora sì, spiegare. Capito? Ma mai per primo spiegare, per convincere. La fede è una grazia di Dio e ci vuole l’inquietudine [la ricerca interiore] dello Spirito Santo per avere la fede, e l’inquietudine dello Spirito Santo viene anche dalla nostra testimonianza. “Ma guarda, questo è pazzo! Invece di venire con noi a divertirsi, è andato a fare la veglia a un malato, ad accompagnare un malato. Ma è pazzo! Domani gli domanderò…”. “Dimmi: perché hai fatto questo?”. E’ così. E’ l’inquietudine che è nel cuore ti fa domandare. Prima, fare; dopo, spiegare. Capito? E lo Spirito Santo entra nel cuore, rende il cuore inquieto con la testimonianza dei cristiani. Per questo Gesù diceva alla gente, riguardo ai dottori della legge di quei tempi: “Fate tutto quello che loro dicono, ma non quello che fanno”. Non davano testimonianza. E la testimonianza cristiana – questo che voi avete detto su come vivere, come essere testimone – è quello che provoca l’inquietudine nell’altro, e ti fa la domanda, e tu spieghi. Hai capito la risposta? Ma mai prima incominciare a spiegare. Fare che sia lui o lei a fare la domanda, e provocare la domanda con la propria testimonianza. Capito? Ecco. Un’altra cosa, un’altra domanda?

[Ragazza]

Perdonare. Nel cristianesimo è importante perdonare… Ma Lei riesce sempre a perdonare?

Santo Padre:

E’ difficile. Io ho conosciuto una vecchietta che era brava! Credo che questa picchiava anche il marito… [ride, ridono], ma era brava. Era una donna brava, forte. E questa donna diceva: “Perdonare sempre. Dimenticare è difficile”. Quando tu sei in “guerra”, diciamo così, sei in inimicizia con una persona, il tuo cuore e il cuore di quella persona sono feriti… D’accordo? La ferita dell’odio, dell’inimicizia, della gelosia…, tante ferite. E se una persona fa male all’altra, la ferita diventa più grande. Perdonare è difficile, ma si può. Pensiamo a Gesù, all’esempio che ci dà, quando ha detto al Padre: “Perdonali, Padre: non sanno quello che fanno” (cfr Lc 23,34). Perdonare si può. La ferita può guarire, essere guarita; la ferita si chiude. Ma rimane tante volte la cicatrice. E questo significa: “Io non posso dimenticare, ma ho perdonato”. Sempre, il perdono. Ma non andare da quella persona a dare il perdono come se io dessi un’elemosina, no. Il perdono nasce nel cuore e io incomincio a trattare quella persona come se niente fosse successo… Un sorriso, e lentamente il perdono viene. Il perdono non si fa per decreto: ci vuole un cammino interiore nostro, per perdonare. Non è facile… Ma si può arrivare, a questo. Va bene così? Sei d’accordo?

Un’altra domanda, da quella parte… Sono più bravi quelli di voi! [ride, ridono]

[Ragazzo]

Secondo Lei, qual è il dono più grande che ci ha fatto Dio?

Santo Padre:

Grazie. Mah, non so cosa dirvi… Perché in teoria io potrei dire: il dono più grande è la fede. Sì, è vero. Questo in teoria. Ma quello che io sento come un grande dono di Dio è la mia famiglia: il papà, la mamma, cinque fratelli, tutta la famiglia… Per me, questo è un grande dono, vivere in famiglia. Per questo è importante la famiglia... E la famiglia è papà, mamma, i fratelli… e finisce lì? No…, i nonni! Che cosa pensate voi dei nonni?... Chi risponde?...

[Ragazza]

Che sono dei secondi genitori.

Santo Padre:

Che sono i secondi genitori. Va bene questo. Sono quelli che custodiscono la famiglia “dietro” i genitori. E’ bene. Un po’ di più, un’altra cosa…

[Ragazzo]

Molte volte, più che secondi genitori, possono essere anche amici, i nonni…

Santo Padre:

Ecco, anche i nonni possono essere amici. Io conosco ragazzi e ragazze che sono più capaci di parlare con i nonni che con i genitori. Perché si sentono più amici, più capiti, dai nonni… Ma ho sentito qualcuno dire: “Parlare con i nonni è noioso! I nonni sono roba vecchia, non servono”. E’ vero, questo?

[Ragazzi]

No!

Santo Padre:

No! Io vi do un consiglio: parlate con i nonni; fate domande ai nonni. I nonni sono la memoria della vita, sono la saggezza della vita. Parlate con i nonni. Capito? Benissimo.

Io non so… possiamo continuare? Un’altra domanda. Io vorrei guardare qui, ma sono tutti muti…

[Ragazza]

Come ha fatto a non perdere mai la fede tra gli alti e bassi della vita?

[Ragazza]

Come ha fatto a non perdere mai la fede tra gli alti e bassi della vita?

Santo Padre:

Ma la fede si perde… Io, alcune volte, pensando adesso ad alcuni momenti,… la fede si è abbassata tanto che io non la trovavo e vivevo come se non avessi fede… Poi, si ritrova. Gli alti e bassi della vita hanno anche un primo momento, una scossa che ti muove e ti fa perdere un po’ la fede, ma poi con il tempo la ritrovi. C’è una parola, nel Vangelo, quando Gesù dice: “Tutto è possibile a quello che ha fede”. Tutto. E il papà di quel bambino ammalato – il papà aveva portato il bambino perché fosse guarito da Gesù – cosa ha detto, a Gesù? “Signore, io ho fede, ma aiuta la mia poca fede” (cfr Mc 9,23-24). La fede non è sempre così [grande]… Ci sono giorni bui, tutto scuro… Anch’io ho camminato nella mia vita per giorni così. Ma non [bisogna] spaventarsi: pregare e avere pazienza, e poi il Signore si fa vedere, ci fa crescere la fede e ti fa andare avanti. Ho risposto alla tua domanda?

[Ragazza]

Sì, sì, grazie.

Santo Padre:

Ho risposto?

[Ragazza]

Sì, perché io certe volte perdo la fede, però… cerco di ritrovarla…

Santo Padre:

Sì, tu hai ragione, perché la fede in alcuni giorni non si vede: è tutto buio … E quando uno vede delle calamità… Ieri, per esempio, quando ho fatto il battesimo a 13 bambini dei terremotati: il papà di uno aveva perso la moglie. “Ho perso il mio amore”, mi ha detto. Uno pensa: quest’uomo può avere fede, dopo questa tragedia? E si capisce che lì c’è il buio… “E se io non ci credo…”. Stai zitto. Accompagnalo. Rispetta quel buio dell’anima. Poi sarà il Signore a risvegliare la fede. La fede è un dono del Signore. A noi [spetta] soltanto custodirlo… Non si studia per avere fede, la fede si riceve come un regalo. Grazie.

Mi dicono che devo dare la benedizione, e Gesù dava la benedizione sempre. E io darò a tutti voi la benedizione, ma specialmente ai muti, a quelli che non sono riusciti a parlare… Ma guarda, trovare giovani che non parlino… è una tragedia!

Adesso preghiamo la Madonna: Ave o Maria,…

[Benedizione]

Prima di andarmene, una domanda: cosa si deve fare con i nonni?

[Ragazzi]

Parlarci!

Santo Padre:

E ascoltarli! Parlare e ascoltarli. Pregate per me! Grazie.


Incontro con i genitori dei bambini da poco battezzati

Santo Padre:

Grazie per questa ricchezza che sono i bambini. E’ un grande dono, avere un bambino. Anche un grande problema, pure, perché piangono, non ci lasciano dormire, non si sa cosa fanno, ma sempre è una gioia vederli crescere: è la gioia della vita che va avanti…; della vita che va avanti e anche rende più giovani noi. Io ho avuto un professore, quando studiavo in seminario, era professor di filosofia… E io ho visto quell’uomo che insegnava la filosofia, una cosa astratta, come giocava con i bambini! Diventava giovane! Perché i bambini hanno questa grazia di renderci giovani.

Vi auguro il meglio, per voi, con i vostri bimbi. Che il Signore vi renda felici con questo dono della famiglia, dei bambini… Ci saranno problemi, un sacco di problemi; ma alla fine, il frutto sarà maturo e sarà il frutto del vostro lavoro, della vostra pazienza, del vostro insegnamento, del vostro esempio… E’ bello.

Io mi permetto, scusatemi, mi permetto di darvi un consiglio. “Già lo so, Padre, lo so cosa dirà: mandare il bambino a fare la Comunione…”. No, no. Un altro consiglio vi darò. E’ normale che i coniugi litighino, è normale. E’ un po’ raro se una coppia non litiga, è raro. E’ normale litigare, è parte della vita. Ma il consiglio che io vi do, che mai i vostri bimbi vi sentano o vi vedano litigare. Se voi volete dirvi delle cose, andate in camera, chiudete la porta e dite tutto, litigate. E’ sano, perché anche sfogarsi è sano. Ma che loro non vedano, perché i bambini soffrono, si sentono abbandonati, quando i genitori litigano. Questo è il primo consiglio che vi do.

E il secondo consiglio non è tanto per i bambini, è per voi. Se voi avete litigato – che è una cosa normale, litigare, nella coppia –, non finire la giornata senza fare la pace. Perché la guerra fredda del giorno dopo è molto pericolosa. Non finire la giornata senza fare la pace.

Ma il primo consiglio riguarda i bambini: che loro mai vedano i genitori litigare! Perché soffrono.

E vi auguro il meglio.

Pregherò per voi, e voi pregate per me.

E adesso voi rimanete seduti tutti, perché avere un bambino in braccio non è facile. Tutti seduti e io vi darò la benedizione. A tutti, alla famiglia, a tutta la famiglia.

Preghiamo la Madonna, prima: Ave o Maria…

[Benedizione]

E per favore, pregate per me. Grazie.


Incontro con i collaboratori pastorali

Santo Padre:

E ci sono il segretario o le segretarie parrocchiali?

Parroco:

No, no: non ci sono.

Santo Padre:

Non ci sono…

Parroco:

…perché preferisco, Santo Padre, che la gente parli con noi sacerdoti; perché tante volte, vedo uno, per un certificato, dico: “Perché quella faccia lì? Che ti succede?”, se no si perde tutto … l’occasione …

Santo Padre:

E’ furbo, il parroco! E’ furbo… Alcune segretarie invece di aprire le porte, chiudono le porte, fanno vedere i denti…

Parroco:

… siamo sempre noi …

Santo Padre:

… spaventano la gente … Ma, va bene.

Parroco:

Aiutano in tutti i modi: come ha detto Lei ai ragazzi, aiutano con la parola, aiutano con la vita, con l’esempio, aiutano pulendo la chiesa, cucinando, facendo di tutto…

Santo Padre:

E questo è buono: è una vera comunità.

Parroco:

…con i poveri… Sì, sì: ci sono tutte le espressioni dell’aiuto, ecco.

Santo Padre:

E questo è bello.

Parroco:

Testa, cuore e mani.

Santo Padre:

Si può aiutare con la testa, confessando, con il cuore e con le mani: ma aiutare sempre. E lasciarsi aiutare. Questo non è facile, chiedere aiuto: “Aiutami, perché ho questo problema”. Chiedere consiglio: “Io faccio la cosa così, tu cosa pensi? Va bene così, o devo cambiare un po’?...”. Questo è importante, che vi aiutiate a migliorare il lavoro che fate nella parrocchia. Questa non è critica, questo è dire in faccia come io la penso. La critica è dire: “Ah, bene, bene!”, e poi da dietro sparlare. No, no… Ma questo, in questa parrocchia non succede mai!… [ride, ridono] Non succede… Si vede che sono tutti buoni!

Mi dicono che siamo in ritardo, ma almeno una domanda, qualcuna, uno che mi faccia una domanda per dirvi qualche cosa, una domanda che provochi che io dica qualcosa…

[La domanda non si sente, ma ridono tutti, anche il Papa. Spiega il parroco: questo è stato uno dei responsabili del partito comunista per tutta la vita]

Santo Padre:

Il Papa è il vescovo di Roma, e deve fare il vescovo di Roma tutti i giorni. Almeno, io non trovo un momento nel quale io possa andare a giocare a golf, per esempio, no, no.

[Domanda, incomprensibile]

Santo Padre:

No…, ma sento musica, a volte quando leggo qualche libro, un po’ di musica, questo sento. Ma film, no, no. Perché si deve andare da un’altra parte a vederlo – almeno nel mio caso. Ma è una cosa bella: ci sono film molto buoni, molto buoni, che fanno bene, fanno pensare… Quando ero a Buenos Aires, alcune catechesi le facevo con un film, e poi facevo riflettere su questo film, e alla fine veniva la catechesi, la settimana dopo, così avevano una settimana per pensare al film. Ci sono film buoni buoni buoni, e adesso con la tecnica che si possono trovare vecchi film buoni, o anche nuovi… Per esempio, per spiegare il dialogo tra i nonni e i bambini, che è tanto importante, c’è un film di 20 anni fa [del 1991], che vi raccomando – voi lo troverete – “Rapsodia in agosto”; è giapponese, di Kurosawa. Questo film vi farà capire come si deve fare il dialogo fra nonni e nipotini. Per esempio, un altro film, sulla gratuità dell’amore di Gesù nell’Eucaristia: c’è un film danese-francese che si chiama “La cena di Babette”. Cercatelo, e vedrete come è la gratuità cristiana, come è… tutto gratis, Gesù ci ha dato tutto gratis. Questo film io lo facevo vedere sempre ai ministri della comunione, nel corso per fare i nuovi ministri della Comunione. La prima seduta era così: il sabato si vede questo; poi si pensa; il sabato seguente si parla su questo; poi, il terzo sabato, la catechesi. No, i film sono buoni. Ma io non ho la possibilità vicina di farlo e preferisco studiare, scrivere lettere, cose che devo fare, leggere qualche libro importante che mi farà bene, e sì, ascoltare un po’ di musica, sì. Rock, no. [ride, ridono] Tango, sì.  

[domanda]

Nel film sulla sua vita, si è ritrovato?

Santo Padre:

Non l’ho visto. Non ne ho voluto vedere nessuno.

[domanda, non si capisce bene]

Santo Padre:

…perché, io ho pensato: diranno tante bugie, tante bugie, che è meglio non vederlo… [ride, ridono]

Non è vero.

[domanda]

Noi siamo con mia moglie, una famiglia, una coppia senza figli, siamo in missione ad gentes in Austria, da sei anni. Sicuramente ci seguono anche i fratelli [di comunità]: siamo sei famiglie, italiane e spagnole, e il presbitero è stato itinerante a Tucumán, e La saluta. Vorremmo una parola da Lei… C’è anche una sorella che è in missione a Tolone, in Francia…

Santo Padre:

A Toulon… Andare in missione non è facile. Ci vuole coraggio, ma ci vuole la chiamata del Signore. Non è un problema di entusiasmo mio: “Mah, parliamo, andiamo in missione!...”. No, no, fermati! Che ti chiami il Signore ad andare in missione. E non è facile. Non è facile lasciare terra, casa, quel “vattene” che Dio ha detto a nostro padre Abramo: “incomincia a camminare”… Non è facile. Ma c’è la piccola missione di tutti i giorni: nel posto di lavoro, nel quartiere, nella scuola, con i bambini, con i ragazzi, una buona parola… C’è la piccola missione dove io lavoro, dove io vivo. E la grande missione è questa, a trovare nuovi orizzonti…

La Chiesa è cresciuta con le missioni! Dopo Pentecoste, la Chiesa, che era chiusa, è diventata una Chiesa in uscita, cioè esce, va in missione. E dopo la persecuzione, la prima persecuzione a Gerusalemme, tutti sono scappati, [se ne] sono andati e hanno fatto missione in tutto il mondo… E alcuni non tornarono mai a Gerusalemme… Parlavo con un Cardinale brasiliano, che era incaricato delle popolazioni dell’Amazzonia brasiliana, e lui mi diceva questo: “Quando io vado in un piccolo villaggio, la prima cosa che faccio è andare al cimitero. E trovo tante, tante sepolture di suorine, di preti, di missionari… Tanti sono morti giovani perché hanno preso malattie alle quali non erano preparati, non avevano l’antivirus… E hanno dato la vita lì”. Dare la vita è un po’ il proprio della missione. E lui mi diceva: “Se io fossi Papa, canonizzerei tutti questi, perché hanno dato la vita per il Vangelo”. E questo è bello. E la missione è un po’ questo: lascia, anche con la possibilità di non tornare. E’ un po’ brutto, questo. E’ brutto ma è bello. Ma ci vuole una chiamata. Io non posso dare a me stesso la missione. Hai capito?

Ecco. Continuate ad aiutare il parroco in questa modalità che tutti fanno tutto, e andiamo avanti, con la testimonianza. E grazie. Grazie.

Ave o Maria, …

[Benedizione]

E pregate per me, per favore. E grazie di quello che fate.

Parroco:

Guardi, guardi: tutta la strada …


Omelia durante la Celebrazione Eucaristica

Il Vangelo ci presenta Giovanni [il Battista] nel momento in cui dà testimonianza di Gesù. Vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è Colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”» (Gv 1,29-30). Questo è il Messia. Dà testimonianza. E alcuni discepoli, sentendo questa testimonianza – discepoli di Giovanni – seguirono Gesù; andarono dietro a Lui e sono rimasti contenti: «Abbiamo trovato il Messia!» (Gv 1,41). Hanno sentito la presenza di Gesù. Ma perché hanno incontrato Gesù? Perché c’è stato un testimone, perché c’è stato un uomo che ha dato testimonianza di Gesù.

Così succede nella nostra vita. Ci sono tanti cristiani che professano che Gesù è Dio; ci sono tanti preti che professano che Gesù è Dio, tanti vescovi… Ma tutti danno testimonianza di Gesù? O essere cristiano è come… un modo di vivere come un altro, come essere tifoso di una squadra? “Ma sì, sono cristiano…”. O come avere una filosofia: “Io osservo questi comandamenti, sono cristiano, devo fare questo…”. Essere cristiano, prima di tutto, è dare testimonianza di Gesù. La prima cosa. E questo è quello che hanno fatto gli Apostoli: gli Apostoli hanno dato testimonianza di Gesù, e per questo il cristianesimo si è diffuso in tutto il mondo. Testimonianza e martirio: la stessa cosa. Si dà testimonianza nel piccolo, e alcuni arrivano al grande, a dare la vita nel martirio, come gli Apostoli. Ma gli Apostoli non avevano fatto un corso per diventare testimoni di Gesù; non avevano studiato, non sono andati all’università. Avevano sentito lo Spirito dentro e hanno seguito l’ispirazione dello Spirito Santo; sono stati fedeli a questo. Ma erano peccatori, tutti! I Dodici erano peccatori. “No, Padre, Giuda soltanto!”. No, poveraccio… Noi non sappiamo cosa è accaduto dopo la sua morte, perché la misericordia di Dio c’è anche in quel momento. Ma tutti erano peccatori, tutti. Invidiosi, avevano gelosia tra loro: “No, io devo occupare il primo posto e tu il secondo”; e due di loro parlano alla mamma perché vada a parlare a Gesù che dia il primo posto ai loro figli… Erano così, con tutti i peccati. Erano anche traditori, perché quando Gesù è stato catturato, tutti sono scappati, pieni di paura; si sono nascosti: avevano paura. E Pietro, che sapeva di essere il capo, sentì il bisogno di avvicinarsi un po’ per vedere cosa accadeva; e quando la domestica del sacerdote disse: “Ma anche tu eri…”, disse: “No, no, no!”. Rinnegò Gesù, tradì Gesù. Pietro! Il primo Papa. Tradì Gesù. E questi sono i testimoni! Sì, perché erano testimoni della salvezza che Gesù porta, e tutti, per questa salvezza si sono convertiti, si sono lasciati salvare. E’ bello quando, sulla riva del lago, Gesù fa quel miracolo [la pesca miracolosa] e Pietro dice: «Allontanati da me, Signore, perché sono peccatore» (Lc 5,8). Essere testimone non significa essere santo, ma essere un povero uomo, una povera donna che dice: “Sì, sono peccatore, ma Gesù è il Signore e io do testimonianza di Lui, e io cerco di fare il bene tutti i giorni, di correggere la mia vita, di andare per la giusta strada”.

Soltanto io vorrei lasciarvi un messaggio. Questo lo capiamo tutti, quello che ho detto: testimoni peccatori. Ma, leggendo il Vangelo, io non trovo un [certo tipo di] peccato negli Apostoli. Alcuni violenti c’erano, che volevano incendiare un villaggio che non li aveva accolti… Avevano tanti peccati: traditori, codardi… Ma non ne trovo uno [particolare]: non erano chiacchieroni, non parlavano male degli altri, non parlavano male uno dell’altro. In questo erano bravi. Non si “spennavano”. Io penso alle nostre comunità: quante volte, questo peccato, di “togliersi la pelle l’uno all’altro”, di sparlare, di credersi superiore all’altro e parlare male di nascosto! Questo, nel Vangelo, loro non l’hanno fatto. Hanno fatto cose brutte, hanno tradito il Signore, ma questo no. Anche in una parrocchia, in una comunità dove si sa… questo ha truffato, questo ha fatto quella cosa…, ma poi si confessa, si converte… Siamo tutti peccatori. Ma una comunità dove ci sono le chiacchierone e i chiacchieroni, è una comunità che è incapace di dare testimonianza.

Io dirò soltanto questo: volete una parrocchia perfetta? Niente chiacchiere. Niente. Se tu hai qualcosa contro uno, vai a dirglielo in faccia, o dillo al parroco; ma non fra voi. Questo è il segno che lo Spirito Santo è in una parrocchia. Gli altri peccati, tutti li abbiamo. C’è una collezione di peccati: uno prende questo, uno prende quell’altro, ma tutti siamo peccatori. Ma quello che distrugge, come il tarlo, una comunità sono le chiacchiere, dietro le spalle.

Io vorrei che in questo giorno della mia visita questa comunità facesse il proposito di non chiacchierare. E quando ti viene voglia di dire una chiacchiera, morditi la lingua: si gonfierà, ma vi farà tanto bene, perché nel Vangelo questi testimoni di Gesù – peccatori: anche hanno tradito il Signore! – mai hanno chiacchierato uno dell’altro. E questo è bello. Una parrocchia dove non ci sono le chiacchiere è una parrocchia perfetta, è una parrocchia di peccatori, sì, ma di testimoni. E questa è la testimonianza che davano i primi cristiani: “Come si amano, come si amano!”. Amarsi almeno in questo. Incominciate con questo. Il Signore vi dia questo regalo, questa grazia: mai, mai sparlare uno dell’altro. Grazie.


Saluto finale sul piazzale antistante la parrocchia

Santo Padre:

Avete preso tanto freddo! Un pochettino…

Grazie tante, e vi chiedo di pregare per me, pregare perché la parrocchia vada avanti, il quartiere vada avanti, per gli ammalati, perché guariscano, per i bambini, perché crescano sani, e pregare per tutti: gli uni per gli altri. E questo fa che la Chiesa sia buona, anche che il quartiere sia un quartiere di pace. Quando la gente prega uno per l’altro, vengono cose buone: non costa niente, ma fa tanto bene.

E adesso, prima di andarmene, vorrei darvi la benedizione. Preghiamo la Madonna, prima: Ave o Maria, …

[Benedizione]

Pregate per me, non dimenticatevi! Grazie. Buona serata.


[Modificato da Caterina63 16/01/2017 13:53]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)