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V

Prima di por fine a così belle e consolanti riflessioni sull’autentica natura e singolare eccellenza del culto al Cuore Sacratissimo di Gesù, Noi, pienamente consapevoli dell’ufficio Apostolico affidato per la prima volta al Beato Pietro, dopo che questi ebbe reso al Salvatore divino una triplice professione di amore, crediamo opportuno rivolgere a voi nuovamente, Venerabili Fratelli, e per mezzo vostro a quanti stimiamo Nostri dilettissimi figli in Cristo, una parola di esortazione, affinché vi studiate di promuovere questa eccellentissima devozione, dalla quale attendiamo copiosissimi frutti spirituali anche per i nostri tempi.

In realtà, se gli argomenti, sui quali si fonda il culto tributato al Cuore trafitto di Gesù, saranno debitamente ponderati, dovrà ad ognuno apparir manifesto che non si tratta di una qualsiasi pratica di pietà, che sia lecito posporre ad altre o tenere in minor conto, ma di una forma di culto sommamente idoneo al raggiungimento della perfezione cristiana. Poiché, se « la devozione — secondo il suo concetto teologico tradizionale, espresso dall’Angelico Dottore — non sembra essere altro che la pronta volontà di dedicarsi a quanto riguarda il servizio di Dio »(111), quale servizio di Dio più obbligatorio e più necessario si può immaginare ed in pari tempo più nobile, e dolce, del servizio reso al suo amore? E quale servizio si può inoltre pensare più gradito ed accetto a Dio di quello che consiste nell’omaggio alla carità divina, e che vien reso per amore, dal momento che ogni servizio reso liberamente è, in un certo senso, un dono, e « l’amore costituisce il primo dono, fonte di ogni donazione gratuita »(112)?

È degna dunque di essere tenuta in grande onore quella forma di culto, grazie alla quale l’uomo è in grado di onorare ed amare maggiormente Dio e di consacrarsi più facilmente e prontamente al servizio della divina carità; tanto più, poi, se si tiene presente che il Redentore stesso si è degnato di proporla e di raccomandarla al popolo cristiano, e i Sommi Pontefici con atti memorandi l’hanno ricolmata di grandi lodi. Farebbe pertanto cosa temeraria e perniciosa, nonché offensiva per Iddio, chiunque nutrisse minore stima per un così insigne beneficio elargito da Gesù Cristo alla sua Chiesa.

Stando così le cose, non vi può essere alcun dubbio per i fedeli, che, tributando il loro ossequio al Cuore Sacratissimo del Redentore, essi soddisfano in pari tempo al dovere gravissimo che hanno di servire Dio e di consacrare al loro Creatore e Redentore se stessi e tutta la propria attività, sia interna che esterna, e in tal modo mettono in pratica il precetto divino: « Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza »(113). Così facendo, i fedeli sono altresì sicuri di non avere come principale motivo della loro consacrazione al servizio divino alcun vantaggio personale corporale o spirituale, temporale o eterno, ma la bontà stessa di Dio, cui procurano di rendere ossequio con atti di amore, di adorazione e di debite azioni di grazie. Se così non fosse, il culto al Cuore Sacratissimo di Gesù non risponderebbe più all’indole genuina della religione cristiana, poiché allora l’uomo non avrebbe in tale culto soprattutto di mira l’ossequio da rendere all’amore di Dio; e pertanto dovrebbero essere ritenute come giuste le accuse di eccessivo amore e di troppa sollecitudine di se medesimi, mosse a coloro che mal comprendono o meno rettamente praticano una forma di devozione di per sé nobilissima.

Si deve ritenere da tutti fermamente che il culto al Cuore Sacratissimo di Gesù non consiste principalmente in devote pratiche esteriori, né esso deve essere ispirato anzitutto dalla speranza di propri vantaggi, poiché anche questi benefici il Salvatore divino li ha assicurati  mediante private promesse, affinché gli uomini fossero spinti a compiere con maggior fervore i principali doveri della religione cattolica e per ciò stesso provvedessero nel modo migliore al proprio spirituale vantaggio.

Sproniamo dunque tutti i Nostri dilettissimi figli in Cristo a praticare con fervore questa devozione, sia coloro che già sono assuefatti ad attingere le acque salutari che sgorgano dal Cuore del Redentore, sia specialmente coloro che, a guisa di spettatori, stanno tuttora osservando con animo curioso ed esitante questo consolante spettacolo. Riflettano essi attentamente — che si tratta di un culto, come abbiamo sopra fatto osservare, che già da molto tempo si è diffuso nella Chiesa e che affonda profondamente le sue radici nelle pagine stesse del Vangelo; di un culto, che ben si accorda con l’insegnamento della Tradizione e della sacra Liturgia e che gli stessi Romani Pontefici hanno esaltato con molteplici ed altissime lodi. Né si contentarono essi di istituire la festa in onore del Cuore augustissimo del Redentore e di estenderla alla Chiesa universale, ma si fecero inoltre gli autori della solenne consacrazione di tutto il genere umano al Sacratissimo Cuore(114). Infine, giova riflettere che questo culto ha in suo favore una messe di copiosissimi e allietanti frutti spirituali che ne sono derivati alla Chiesa, cioè: innumerevoli ritorni di anime alla pratica della religione cristiana, rinvigorimento della fede in molti spiriti, più intima unione dei fedeli col nostro amabilissimo Redentore; tutti questi frutti, soprattutto in questi ultimi decenni, sono apparsi in una forma esuberante e commovente.

Nel contemplare un sì meraviglioso spettacolo costituito dalla pietà sempre più estesa e fervorosa di ogni ceto dei fedeli cristiani verso il Cuore Sacratissimo di Gesù, l’animo Nostro si sente indubbiamente ricolmo di ineffabile conforto; e, dopo aver reso le dovute grazie al Redentore nostro per i tesori infiniti della sua bontà, non possiamo tralasciare di esprimere la Nostra paterna compiacenza a tutti coloro, sia del clero che del laicato, che hanno cooperato efficacemente all’incremento di questo culto.

Ma, Venerabili Fratelli, nonostante che la devozione verso il Cuore Sacratissimo di Gesù abbia prodotto copiosi frutti di spirituale rinnovamento nella vita cristiana, a nessuno può sfuggire che la Chiesa militante in questo mondo, e soprattutto l’umano consorzio, non ha raggiunto quella perfezione morale, che risponda ai voti e ai desideri manifestati da Gesù Cristo, Mistico Sposo della Chiesa e Redentore del genere umano. Non pochi, infatti, sono i figli della Chiesa che ne deturpano con numerose macchie e rughe quel volto, che in se medesimi riflettono; non tutti i fedeli cristiani risplendono per santità di costumi, cui tuttavia sono divinamente chiamati; non tutti i peccatori sono ritornati alla casa paterna, per ivi rivestire la veste più bella(115) e ricevere l’anello, simbolo della propria fedeltà allo sposo dell’anima loro; non tutti gli infedeli sono stati inseriti come membra nel Corpo Mistico di Cristo. Né ciò basta. Poiché, se da un lato il Nostro animo è vivamente addolorato dallo spettacolo della tiepidezza dei buoni, sedotti dai falsi amori del secolo che raffreddano e finalmente estinguono la fiamma della divina carità nei loro cuori, dall’altro è ancor più rattristato nel rimirare le macchinazioni degli uomini empi, i quali, più che per il passato, sembrano eccitati dal nemico stesso infernale nel loro implacabile ed aperto odio contro Dio, contro la Chiesa, e specialmente contro Colui, che del Divin Redentore è sulla terra il legittimo Vicario e il rappresentante della sua carità presso gli uomini,  secondo la ben nota sentenza del Vescovo e Dottore della Chiesa di Milano: «(Pietro) è infatti interrogato su ciò di cui gli altri potevano dubitare, ma il Signore non dubita; il quale interroga non per imparare, ma per insegnare a colui che, devono Egli salire al Cielo, lasciava a noi come vicario del suo amore »(116).

In verità, l’odio contro Dio e contro i suoi legittimi rappresentanti è il delitto più nefando di cui si possa macchiare l’uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio e destinato al godimento della sua perfetta e perenne amicizia in cielo; è, infatti, nell’odio contro Dio che si ha la massima avversione dell’uomo dal Sommo Bene; egli viene spinto ad allontanare da sé e dai suoi simili tutto ciò che viene da Dio, con Dio unisce, e al godimento di Dio conduce: la verità, la virtù, la pace, la giustizia(117).

Orbene, nel vedere che, purtroppo, il numero di coloro che si professano nemici di Dio va oggi crescendo, e che i princìpi del materialismo teorico e pratico si vanno spargendo sempre di più; dinanzi allo spettacolo dell’esaltazione delle cupidigie più sfrenate, come meravigliarsi che si vada raffreddando nell’animo di molti la carità, la quale ben sappiamo essere la legge suprema della religione cristiana, il fondamento solidissimo della vera e perfetta giustizia, la sorgente sovrana della pace e delle caste delizie? Del resto, il Salvatore stesso ha ammonito: «Per il moltiplicarsi delle iniquità si raffredderà la carità di molti »(118). Dinanzi allo spettacolo di tanti mali, che oggi, più che nel passato, travagliano individui, famiglie, nazioni e il mondo intero, dove mai Venerabili Fratelli, cercheremo il rimedio? Si potrà forse trovare una devozione più eccellente del culto al Cuore Sacratissimo di Gesù, più conforme all’indole propria della religione cattolica, più idonea a soddisfare le odierne necessità spirituali della Chiesa e del genere umano? Ma, quale atto di omaggio religioso più nobile, più dolce, più salutare del culto sullodato, dal momento che esso è tutto rivolto alla stessa carità di Dio(119)? Infine, quale stimolo più potente della carità di Cristo — che la pietà verso il Cuore Sacratissimo di Gesù fomenta ed accresce — per spingere i fedeli alla perfetta osservanza della legge evangelica, senza la quale, come ammoniscono saggiamente le parole dello Spirito Santo: «Opera della giustizia sarà la pace »(120), non è possibile instaurare la vera pace tra gli uomini? Pertanto, seguendo l’esempio del Nostro immediato Predecessore, piace anche a noi di rivolgere a tutti i Nostri dilettissimi figli in Cristo le parole ammonitrici, con le quali Loene XIII, di imm. mem., al tramonto del secolo scorso, esortava tutti i fedeli cristiani e quanti sono sinceramente solleciti della propria salvezza e di quella della civile società: « Ecco che oggi si offre agli sguardi un altro consolantissimo e divinissimo segno, vale a dire: il Cuore sacratissimo di Gesù… rilucente di splendissimo candore in mezzo alle fiamme. In esso sono da collocarsi tutte le speranze: da esso è da implorare ed attendere la salvezza dell’umanità »(121).

È altresì vivissimo Nostro desiderio che quanti si gloriano del nome di cristiani e intrepidamente combattono per stabilire il Regno di Cristo nel mondo, stimino l’omaggio di devozione al Cuore di Gesù come vessillo di unità, di salvezza e di pace. E, però, nessuno pensi che con tale ossequio venga arrecato alcun pregiudizio alle altre forme di pietà, con le quali il popolo cristiano, sotto l’alta direzione della Chiesa, onora il Redentore divino. Al contrario, una fervida devozione verso il Cuore di Gesù alimenterà e promuoverà specialmente il culto alla sacratissima Croce, come pure l’amore verso l’augustissimo Sacramento dell’altare. E in verità possiamo asserire — ciò che del resto è anche mirabilmente illustrato dalle rivelazioni, di cui Gesù Cristo volle favorire Santa Geltrude e Santa Margherita Maria — che nessuno capirà davvero il Crocifisso, se non penetra nel suo Cuore. Né si potrà facilmente comprendere l’amore che ha spinto il Salvatore a farsi nostro spirituale alimento, se non coltivando una speciale devozione verso il Cuore Eucaristico di Gesù, il quale ci ricorda appunto, come ben si esprimeva il Nostro Predecessore di fel. mem. Loene XIII, « l’atto di suprema dilezione col quale il Nostro Redentore, profondendo tutte le ricchezze del suo Cuore allo scopo di stabilire tra noi la sua dimora sino alla fine dei secoli istituì l’adorabile Sacramento dell’Eucaristia »(122). E, infatti, « l’Eucaristia non è da stimarsi una particella minima del suo Cuore, tanto grande essendo stato l’amore del suo Cuore, col quale ce l’ha donata »(123).

Finalmente, mossi dal veemente desiderio di opporre validi presidii contro le empie macchinazioni dei nemici di Dio e della Chiesa, come pure di ricondurre sul sentiero dell’amore di Dio e del prossimo famiglie e nazioni, non esitiamo a proporre la devozione al Cuore Sacratissimo di Gesù come la scuola più efficace della divina carità. Su questa carità divina deve poggiare, come su solido fondamento, quel Regno di Dio che occorre stabilire nelle coscienze dei singoli uomini, nella società domestica e nelle nazioni, secondo il sapientissimo ammonimento del sullodato Nostro Predecessore di pia mem.: « Il regno di Gesù Cristo trae forza e bellezza dalla carità divina: amare santamente e ordinatamente è il suo fondamento e il suo fastigio. Da ciò derivano necessariamente le seguenti norme: adempiere inviolabilmente i propri doveri; non far ingiustizia ad alcuno; stimare i beni umani come inferiori ai divini; anteporre l’amor di Dio a tutte le cose »(124).

Affinché poi il culto verso il Cuore augustissimo di Gesù porti più copiosi frutti di bene nella famiglia cristiana e in tutta l’umana società, si facciano un dovere i fedeli di associarvi intimamente la devozione al Cuore Immacolato della Genitrice di Dio. È infatti sommamente conveniente che, come Dio ha voluto associare indissolubilmente la Beatissima Vergine Maria a Cristo nel compimento dell’opera dell’umana Redenzione, in guisa che la nostra salvezza può ben dirsi frutto della carità e delle sofferenze di Gesù Cristo, cui erano strettamente congiunti l’amore e i dolori della Madre sua; così il popolo cristiano, che da Cristo e da Maria ha ricevuto la vita divina, dopo aver tributato i dovuti omaggi al Cuore Sacratissimo di Gesù, presti anche al Cuore amantissimo della celeste Madre consimili ossequi di pietà, di amore, di gratitudine e di riparazione. È in armonia con questo sapientissimo e soavissimo disegno della Provvidenza divina che Noi stessi volemmo solennemente dedicare e consacrare la santa Chiesa ed il mondo intero al Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria(125).

E poiché nel corso di quest’anno, come abbiamo più sopra accennato, si compie felicemente un secolo da quando, per disposizione del Nostro Predecessore di fel. mem. Pio IX, la Festa del Cuore Sacratissimo di Gesù si celebra in tutta la Chiesa, è desiderio Nostro vivissimo, Venerabili Fratelli, che questa centenaria ricorrenza sia ricordata dal popolo cristiano, dovunque e solennemente con pubblici omaggi di adorazione, di ringraziamento e di riparazione da offrirsi al Cuore divino di Gesù. Queste manifestazioni poi di cristiano giubilo e di cristiana pietà dovranno indubbiamente essere celebrate con specialissimo fervore — in comunione tuttavia di carità e di preghiera con i fedeli della Chiesa universale — in quella Nazione, nella quale, non senza un arcano disegno di Dio, ebbe i natali la santa Vergine che fu promotrice e aralda infaticabile di questa devozione.

Frattanto, confortati da soavissima speranza e già pregustando con l’animo quei frutti spirituali che, come confidiamo, deriveranno copiosi alla Chiesa dal culto al Cuore Sacratissimo di Gesù — purché sia rettamente compreso e fervidamente praticato, conformemente a quanto abbiamo esposto, — innalziamo supplichevoli preci a Dio, affinché si degni di assecondare questi ardentissimi Nostri voti col valido sostegno delle sue grazie; ed esprimiamo altresì il voto che, col favore dell’Altissimo, la pietà dei fedeli verso il Cuore Sacratissimo di Gesù ritragga dalle celebrazioni di quest’anno un sempre maggiore incremento e più ampiamente si espanda su tutti nel mondo intero il soavissimo suo impero e regno: « regno di verità e di vita; regno di santità e di grazia; regno di giustizia, di amore e di pace »(126).

Quale auspicio poi di questi doni celesti, sia a voi personalmente, Venerabili Fratelli, sia al clero e a tutti i fedeli affidati alle vostre cure pastorali, e particolarmente a coloro che si studiano con ogni mezzo di promuovere ed accrescere il culto verso il Cuore Sacratissimo di Gesù, impartiamo con tutta l’effusione dell’animo l’Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso San Pietro , il giorno 15 del mese di maggio 1956, nel diciottesimo anno del Nostro Pontificato.

 

PIO XII






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)