00 19/06/2013 10:51

NOTE

 

(1) Vedi commento ai due precetti della carità e ai dieci comandamenti  più avanti.

 

(1a) Catechismo di San Tommaso d'Aquino : Scaricato in formato Word da : www.totustuus.it/modules.php?name=News&file=article&...  nel novembre 2008 . Ho tradotto il formato in pagina web, aggiunto la fotografia soprastante del Guercino, ho composto l'ndice dettagliato, ho dislocato tutti i titoli al centro della pagina. Per il resto tutto è come dalla citata Fonte.

 

(2) La collactio era una breve istruzione che aveva luogo nel tardo­pomeriggio (un'ora circa prima del tramonto) poco avanti la cena frugale a cui, nei tempi di digiuno, sarebbe seguita la recita di «compieta». A proposito della collactio super Symbolum, il manoscritto 31 dell'Oriel College di Oxford annota: Hoc non scripsit sanctus Thomas, sed aliquis post eum predicantem collegit. E il manoscritto vaticano n. 808 conferma che i testi da noi presentati «vennero raccolti mentre fra Tommaso li andava predicando in volgare». Successivamente furono tradotti in latino.

 

(3) Il computo di questi giorni tra i più singolari dell'anno liturgico veniva come ritmato da un tramonto all'altro: mercoledì-giovedì, giovedì-venerdì, venerdì-sabato. E il crepuscolo vespertino del sabato santo pareva presagire l'alba di risurrezione.

 

(4)  «Sic ergo immunis fuit ab omni maledictione».

 

(5) MANDONNET, Le Carème de Saint Thomas d'Aquin, cf. pp. 10-13, Tip. A. Manuzio, Roma 1924.

 

(6) Una vasta zona dell'Italia centromeridionale, bagnata dal Volturno, che corrisponde in gran parte al territorio della provincia di Caserta. È da identificarsi con i Campi Laborini o Campi Laboriae citati da Plinio. Tra i suoi centri principali, Caserta e Capua.

 

(7) Che storicamente apparteneva alla Campania.

 

(8) Collezione novantiqua, Testi napoletani dei secoli XIII e XIV, a cura di A. ALTAMURA, pp. 151-157, Perrella, Napoli 1949.

 

(9) Ludovico, re di Francia.

 

(10) Lauda in nativitate de sancto Joanni Baptista, in Studi e testi n. 4, pp. 36-49, Roma 1901.

 

(11) Si desta; si spande.

 

(12) Archivio storico, III, pp. 322-23, Napoli 1957.

 

(13) Più d'uno dei nostri lettori conoscerà l'episodio accaduto a Bologna, allorché Tommaso, di già magister in sacra pagina, seguì docilmente a lungo un altro frate in giro per le compere, che lo aveva scambiato per un oscuro e sfaccendato ospite (cf. GUILLELMUS DE Tocco, Vita S. Thomae Aquinatis, cap. 25).

 

(14) Mt 27, 44.

 

(15) cf. Lc 23, 39-41.

 

(16) MANDONNET, Le Careme de Saint Thomas d'Aquin, p. 11, Tip. A. Manuzio, Roma 1924.

 

(17) Vedi, tra l'altro, pp. 55-62; 263-271.

 

(18) Del tutto infondato è il timore che possa trattarsi di un'intrusione apocrifa, e la sua autenticità è consacrata da tempo nel catalogo ufficiale (MANDONNET, Bibliographie thomiste, Le Saulchoir, Hain 1921; MICHELITSCH, Thomas Sehriften, vol. I, p. 187, Graz. 1913; GRABMANN, Die echten Sehriften des hl. Thomas von Aquin, 3 ed., pp. 319-321, Munster 1949).

    Circa il progressivo sviluppo della pietà mariana nel secolo di

Tommaso, lo Jungmann sottolinea come «nel 1226, il Capitolo generale dei domenicani a Trèves imponesse la regola seguente: 'ogni volta che, secondo la consuetudine, i fratelli laici recitano il Pater noster, vi devono aggiungere il saluto a Maria' [ ... ] . Così, un po' per volta, dopo dieci Ave, fu inserito un Padre nostro» (Histoire de la prière chrétienne, pp. 109-110, Fayard, Paris 1972). Ma vi è di più: un documento del 1198, per la diocesi di Parigi ma certo divulgato presto dovunque, prescriveva di associare l'Ave alle formule da sapersi a memoria e da recitarsi lungo la giornata (Pater e Credo).

 

(19) Formulazione compendiosa e autorevole delle fondamentali verità di fede.

 

(20) cf. Sum. theol. II-II, q. I, a. 6.

 

(21) Sono le verità religiose che la ragione può accettare ancor prima che la fede infusa e la grazia santificante le avvalorino mediante l'autorità del Dio che le conferma nella rivelazione; tra esse: l'esistenza di Dio partendo dalla considerazione del creato e i motivi di credibilità come miracoli, profezie realizzate, santità eccezionale di Gesù, stabilità della Chiesa nonostante le persecuzioni.

 

(22) cf. Comment. in Joann., c. 5; Comment. in Math., c. 5. Cf. J. D, FOLGHERA, Saint Thomas et la prédication, Xenia thomistica, vol. II. pp. 583-95, Roma 1925.

 

(23) Vedi per quest'ultimo, Divus Thomas, pp. 445-479, Piacenza 1939.

 

(24) I Tm 4, 10.

 

(25) cf. Sum. theol. III, q. 27, a. 2.

 

(26) ib. Ma non si può sostenere, come fa il Roschini (mariologo peraltro di tutto rispetto) che si tratti dell'ultima posizione di san Tommaso. Vedi Mariologia vol. I, p. 328, Milano 1941.

 

(27) IV Sent. lib. I, dist. 44, q. I, a. 3, ad 3um.

 

(28) Quodl. VI, a. 7. Ricordiamo incidentalmente che lo scritto potrebbe risalire al 1269-70.

 

29) «La Chiesa romana, sebbene non celebri la concezione [immacolata] della beata Vergine, tollera tuttavia la consuetudine di alcune Chiese di celebrare tale festa» (Sum. theol. III, q. 27, a. 2, ad 3um).

 

(30) Opuscula omnia t. II, cap. 27, pp. 168-169, Parigi 1927.

 

(31) Quodl. VI, a. 7.

 

(32) IV Sent. lib. I, dist. 44, q. I, a. 3.

 

(33) In Christo et in virgine Maria nulla omnino macula fuit. Opera omnia, t. 18, pag. 224, ed. Fretté.

 

(34) Ibidem. Corpus suum [Christus] 'posuit in sole', idest in beata Virgine, quae nullam habuit obscuritatem peccati. Di proposito non abbiamo addotto il testo: «Sic ergo [Maria] immunis fuit ab omni maledictione» nel novero degli argomenti in favore d'un orientamento immacolatista in san Tommaso. Esso si presterebbe infatti alla critica, legittima, che qui egli si riferisce di certo ai castighi connessi col peccato originale. Affermando invece che in Virgine Maria nulla omnino macula fuit e che nullam habuit obscuritatem peccati, l'accento ci sembra spostato senza possibilità di equivoco sull'immunità dalla macchia d'origine e dal conseguente fornite.

    Rimandiamo il lettore che volesse prender visione degli originali latini (da noi tradotti in uno stile divulgativo ma insieme aderente al testo e al pensiero dell'Angelico) agli Opuscula theologica, vol. II «De re spirituali», Marietti, Torino 1954.

    A traduzione compiuta ci si è presentata provvidenzialmente l'opportunità di poter consultare il testo critico, in preparazione, degli opuscoli In orationem dominicam e In salutationem angelicam. Di ciò siamo grati, con il lettore, agli esperti che lavorano al completamento della «Edizione Leonina».

 

(35) Celebre l'espressione assiomatica di san Paolo: «Chi si accosta a Dio deve credere nella sua esistenza, e che egli premia quelli che lo cercano» (Eb 11, 6). Estranee al contesto del brano citato, ma ugualmente fondamentali, sono altre verità rivelate, quali la fede nella Trinità e nella incarnazione del Verbo.

 

(36) Ossia, il complesso delle realtà di «questo mondo ove trascorre la nostra vita fuggevole» (Paolo VI, Professione di fede) - beni temporali, appetiti e sregolatezze - che costituisce un mondo in frequente opposizione col retto vivere. Da queste tre radici hanno origine tutte le infrazioni al codice divino.

 

(37) cf. Sir 3, 25. «Questi due nomi 'Essere' e 'Amore' esprimono ineffabilmente la stessa realtà di Colui che ha voluto darsi a conoscere a noi e che 'abitando in una luce inaccessibile' (1 Tm 6, 16) è in sé stesso al di sopra di ogni nome, di tutte le cose e di ogni intelligenza creata. Dio solo può darci la conoscenza giusta e piena di sé stesso, rivelandosi come Padre, Figlio e Spirito Santo» (dalla Professione di fede, di Paolo VI).

 

(38) cf. 2 Tm l, 12; cf. Sir 2, 8. L'«Ecclesiastico», uno dei sapienziali dell'A.T. ha come autore uno scriba di Gerusalemme vissuto intorno all'anno 200 a.c. e chiamato Ben Sirac. Si è preferito perciò indicare la sua opera come «Libro del Siracide» o semplicemente Siracide, meno equivoco, per la mentalità moderna, del titolo latino, che; italianizzato, era divenuto il «Libro dell'Ecclesiastico».

 

(39) Con il termine sancti, preso nella sua accezione maggiormente estensiva, san Tommaso intende prima di tutto gli scrittori divinamente ispirati dell'A. T., sino agli evangelisti, al collegio apostolico, a Paolo e agli altri autori delle «lettere cattoliche», senza escludere i successivi dottori della Chiesa, i quali rifulsero per santità di vita oltre che per ortodossia.

 

(40) Sap 14, 21. Per gli orientali il nome definiva l'essenza del portatore, quasi parte integrante della persona. Identità, dunque, tra il nome e la persona divina. Nome, il suo, non imponibile ad alcuna creatura, unico come è unico Dio. Cf. Is 42, 8: «Io sono il Signore: questo è il mio nome; non darò ad altri la mia gloria, né ai simulacri l'onore che mi è dovuto».

 

(41) Antichi strumenti portatili, quasi sempre di rame o d'ottone, coi quali gli astronomi e gli astrologi seguivano i moti delle stelle. Qui evidentemente sono oggetto di condanna in quanto potevano essere usati per scopi cultuali o magici.

 

(42) Da vero sapiente, Tommaso alterna alle subtiles rationes della teologia speculativa qualche esempio elementare (quodam rudi exemplo), come nel caso del paragone di cui si serve per rendere accessibile ai fedeli raccolti intorno al pulpito la famosa quanto ardua quarta via, sui gradi di perfezione dell'ente.

 

(43) cf. Gn I, 1; cf. Gv I, 3. Sui manichei, vedi nota n. 51.

 

(44) Vescovo eretico, di Sirmio; fu condannato dal concilio di Antiochia (345), ed esiliato.

 

(45) Eretico del III sec., sostenitore di una dottrina antitrinitaria. I suoi seguaci erano detti anche patripassiani, sostenendo che, data la identità tra il Padre e il Verbo, nella persona di Gesù avrebbe patito il Padre.

 

 (46) Teologo africano nato alla fine del secolo III; sostenitore di Origene, finì per ridurre il cristianesimo a un sistema di elementi razionali, svuotandolo di ogni contenuto religioso

 

(47) Unione ipostatica è quella delle due nature, umana e divina, nella persona del Cristo.

 

(48) Il concilio che nel 325 venne indetto per difendere l'ortodossia dagli attacchi dell'arianesimo - che tra l'altro negava la consostanzialità del Figlio al Padre -, mediante un simbolo conclusivo, o «fede di Nicea».

 

(49) Origene (185 circa - 254 circa) è tra i maggiori eruditi e tra i primi e più geniali apologeti del cristianesimo antico. Tuttavia alcuni punti del suo sistema teologico si sono prestati a sviluppi inesatti, tra cui ricorderemo una certa subordinazione del Logos (o Verbo) al Padre, la creazione ab aeterno, la preesistenza delle anime.

 

(50) Vescovo eretico, di Sirmio; fu condannato dal concilio di Antiochia (345), ed esiliato.

 

(51) Si riallacciavano a Mani, e professavano una visione dualistica del mondo, predicando la coesistenza e il conflitto dei due opposti principi, il bene e il male. Il più celebre convertito da questa suggestiva teoria resta sant'Agostino.

 

(52) Forse il nome di Ebione deve essere considerato nome comune (quindi dovremmo leggere: «un ebreo, della setta ebionita»). Oltre però al movimento ereticale, vi erano degli ebioniti giudeo-cristiani nei limiti dell'ortodossia.

 

(53) Per Valentino, filosofo gnostico del II secolo, dall'accentuata concezione mistico-visionaria della realtà, lo stesso Cristo sarebbe stato uno - e certo il più alto - degli «eoni» (ossia delle emanazioni divine, intermedie tra Dio e l'uomo), cui fu riservato il compito di presentare la rivelazione.

 

(54) Teologo africano nato alla fine del secolo III; sostenitore di Origene, finì per ridurre il cristianesimo a un sistema di elementi razionali, svuotandolo di ogni contenuto religioso.

 

(55) Apollinare il Giovane, vescovo di Laodicea, vissuto al tempo di Agostino neo-convertito. Fu condannato ripetutamente per la sua errata dottrina sull'incarnazione.

 

(56) Archimandrita di un monastero greco (348-454 circa), avversario delle tesi nestoriane, cadde nell'errore opposto, negando l'esistenza di una vera natura umana nel Cristo.

 

(57) Patriarca di Costantinopoli, morto intorno al 451, è famoso tra l'altro per la controversia sul termine di theotòkos (madre di Dio), che egli negava alla Vergine Maria.

 

(58) Nel concludere il racconto delle visioni dell'Apocalisse (22, 8-9), Giovanni cade in ginocchio con l'intento di prostrarsi ai piedi dello spirito celeste che gli ha mostrato la nuova Gerusalemme. Ma l'angelo gliel'impedisce.

 

(59) «Tutto quanto il popolo rispose [a Pilato]: 'Il sangue di costui [ricada] su di noi e sui nostri figli'» (Mt 27, 25). Ai commentatori che fanno notare come neppure quarant'anni dopo la splendida capitale sarà distrutta e i pochi scampati alla morte verranno dispersi - quasi come indubitabile castigo per l'indubitabile tentato deicidio -, altri fanno notare che la folla, osannante il «giorno delle palme», poté mutare il proprio atteggiamento nei confronti di Gesù in maniera radicale solo a seguito della infuocata campagna denigratoria svolta dai sommi sacerdoti e dagli anziani. Nelle ultime ore infatti essi hanno diffuso tra quella gente fanaticamente religiosa la frase di Gesù contro il tempio e l'accusa di bestemmia (Mc 15, 29). «La folla, gelosa dell'onore di Dio e del suo santuario, ne è profondamente colpita e reagisce contro il Maestro, reclamando la sua crocifissione» (F. URICCHIO - G. STANO in: Vangelo sec. s. Marco, Marietti 1966, pp. 618-619).

    Assai di recente l'episcopato francese ha precisato, in un testo di orientamento pastorale, che «è errore teologico, storico e giuridico ritenere il popolo ebraico indistintamente colpevole della passione e morte di Cristo, e definitivamente spogliato della sua elezione». (cf. Concilio Vaticano II, NA, n. 4).

 

(60) Commentando questo passo di Mt 26, 54 san Tommaso ci insegna che Dio conosce le cose in se stesse sia prevedendo eventi futuri, sia stabilendoli egli stesso (salva sempre la libertà umana). Si dice che le profezie «dicono che una cosa dovrà accadere» nel senso che i profeti, vedendo l'evento futuro sul libro della prescienza divina, hanno percepito un riflesso, un barlume della prescienza medesima. E Gesù, perfettamente conscio dei disegni provvidenziali attraverso cui si realizza la salvezza dell'uomo, ne accetta ogni dettaglio, confermando così l'onniscienza di Dio e la credibilità dei profeti. (cf. Comm. in Matthaeum 26, 54; cf. Sum. theol. II-II q. 173, a. I; ib. q. 174, a.I).

 

(61) cf. Sal 87, 4. Solo con la rivelazione del N.T. si è fatta sufficiente luce circa la retribuzione ultraterrena, potendosi ormai discernere nell'oltretomba (sheol) il limbo, il purgatorio e l'inferno, di contro al regno dei cieli (seno di Abramo).

 

(62) La circoncisione indicava a un tempo separazione dagli idolatri, appartenenza al popolo eletto discendente da Abramo, e costituiva il simbolo profetico del battesimo purificatore.

    Riconsiderando i problemi connessi con la tradizionale dottrina sul limbo dei bambini, alcuni teologi si orientano oggi verso nuove soluzioni. Il cristianesimo - religione che estende al massimo le possibilità di conseguire la salvezza e la fruizione della visione beatifica -, come fa notare J. GALOT non è unicamente «una religione di adulti». Egli pone in rilievo che «il battesimo è principalmente un atto della comunità, e il voto del battesimo [come, analogamente, quello della circoncisione, Ndt] è sempre comunitario prima d'essere individuale: la Chiesa è sempre la prima a desiderare il battesimo e questo desiderio concerne tutti gli esseri umani. Nel caso dei bambini è la comunità ecclesiale che supplisce all'assenza di volontà personale». L'estensione della salvezza concessa ai piccoli, morti senza battesimo, [o senza circoncisione, Ndt] si accorderebbe meglio con la paterna bontà di Dio (cf. Civiltà Cattolica 1971, II, pp. 345-346).

 

(63) Per san Tommaso quel grido vorrebbe mettere in risalto le energie latenti, rimaste intatte anche dopo il supplizio della croce in quello straordinario soggetto dell'unione ipostatica.

 

(64) Is 14, 13. «Il versetto contiene la somma espressione dell'orgoglio anti divino. E per 'monte dell'assemblea o dell'adunanza' Isaia si rifà a una concezione mitologica fenicia, secondo la quale un'altissima montagna del settentrione era la dimora degli dèi» (Nuovissima versione della Bibbia, Isaia, Roma 1968).

 

(65) Col 3, I. «La vita soprannaturale a cui siete risuscitati è nascosta in Dio, perché è una partecipazione della vita gloriosa del Cristo, la quale è sottratta agli occhi del mondo. Mentre voi infatti siete figli di Dio, il mondo non vede in voi che figli di Adamo afflitti, deboli, perseguitati, ecc. Ma non sarà sempre così, poiché quando Cristo comparirà alla fine dei tempi in tutto lo splendore della sua gloria, allora anche in voi la vita soprannaturale si manifesterà pienamente nella gloria non solo dell'anima, ma ancora del corpo» (M. SALES, Nuovo Testamento, vol. II, Torino 1914).

 

(66) cf. Qo II, 9; cf. Sir 12, 6. Il nome ebraico Qohélet è ormai subentrato all'uso antico, per indicare uno dei libri sapienziali più discussi e suggestivi dell'A.T. l'Ecclesiaste.

 

(67) Forse per la loro collocazione nella cavità addominale e su una linea mediana che idealmente attraversi il corpo umano, i reni venivano considerati simbolo dell'intimo da cui procedono desideri e passioni e in cui si ripercuotono i sentimenti di gioia, odio e tristezza.

 

(68) cf. Prv 6, 34. «Andranno alla vita eterna coloro che hanno risposto all'amore e alla misericordia di Dio, e andranno nel fuoco inestinguibile coloro che fino all'ultimo vi hanno opposto il loro rifiuto» (Paolo VI, Professione di fede).

 

(69) Le espressioni «collera di Jahvè» (2 Sam 24, I), l'«ira che deve venire» predicata dal Battista (Mt 3, 7), il «calice dell'ira» che dovrà spandersi sui peccatori (Ap 14, 10), lo sdegno di Dio che si scatenerà nel giorno del giudizio universale hanno ispirato la sequenza del Dies irae, allorché sarà operata una equa discriminazione retributiva tra giusti e peccatori.

 

(70) Concetto infatti dice idea concepita dalla mente, così come verbo è, innanzitutto, la parola - espressa o inespressa - dell'intelligenza.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)