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11a ARMA: la presenza di Dio

Cerca di penetrare questo concetto: «Dio mi vede».


Se mio padre, mia madre fossero lì, vicinissi­mi, e inchiodassero i loro occhi su me... Ebbene! Dio è lì; non lontano, ma vicinissimo. «Non è lontano da ciascuno di noi»; diceva san Paolo. Egli ti vede sempre! E mentre ti vede, tu avrai il coraggio d'abban­donarti all'impurità?



12 a ARMA: Il ricorso al concreto


Tieni stretta in mano una medaglia, o una croce. Questo non sarà soltanto un aiuto, ma ser­virà (se più tardi ti venisse il dubbio di non aver resistito) come una prova che t'assicuri che non hai ceduto. Sarà una prova non assoluta, ma d'una seria probabilità.

Sembra infatti che uno non acconsenta piena­mente al male con la volontà mentre stringe fra le sue mani, con affetto, un oggetto pio.

Tieni vicino a te un'immagine sacra, per esempio della Sindone o del Santo Volto.

E perchè, mi domanderai, tutti questi mezzi? Perchè la tentazione impura è una tentazione eminentemente «sensibile»: essa invade la tua memoria, la tua immaginazione, i tuoi sensi.

Non accontentarti di richiamar l'idea del dovere, quando sei tentato a commettere la colpa della carne. Sarebbe un opporre l'astratto al con­creto, il pensiero alla sensibilità.

Sforzati invece d'opporre il concreto al con­creto, il sensibile al sensibile.

Recita il rosario facendo scorrere i grani della corona: in questo modo non è più solo un con­cetto, ma un'azione. Fa' il segno della Croce, preferibilmente con l'acqua santa.

Torno a ripetere che questo atto non è più sol­tanto un'azione ragionante, ma un gesto di protesta esterna, un gesto vincitore, di cui sant'An­tonio afferma, dopo fatta l'esperienza, che mette in fuga il demonio.

Credo che tu non vorrai obiettarmi che il fare un segno di Croce sia una cosa complicata. Orbene, «In hoc signo vinces!».

Se non puoi ricorrere a una cosa concreta consistente in qualche pio oggetto, ricorri alme­no a un concreto profano che serva come devia­tivo. Ti trovi in piena crisi di tentazione? Ebbene, mettiti a conversare, sfoglia un album interes­sante, leggi, cambia posizione, cammina, fa' un viaggio se puoi, canta, occupati d'un pensiero molto allegro o molto ridicolo, d'un bello scher­zo da giocare a qualcuno...

L'esperienza ci dimostra che spesso basta «tagliare» così la tentazione, perchè non torni più.



13a ARMA: volare per non strisciare

Coltivate in voi la nobiltà dell'anima. Essa è una preparazione alla virtù; essa v'im­pedirà di cadere nei bassifondi della vergogna. Come?

Così: Colui che è volgare si trova esposto ad amare la volgarità, di qualunque genere essa sia, per esempio la volgarità del vizio.

Noi non siamo costruiti come certe navi moderne: non abbiamo i compartimenti stagni, non abbiamo, cioè, in noi delle parti interamen­te separate e indipendenti dall'insieme. Tutta la nostra struttura morale è legata alla legge della solidarietà: tutti per uno, uno per tutti.

Ricordate la legge fisica detta della trasmis­sione del suono e delle vibrazioni molecolari? Come in un corpo sonoro ogni molecola vibra e trasmette il suono, così nel cuore umano la più piccola risonanza tende a propagarsi, e i movi­menti ondulatori invadono, poco alla volta, tutto l'insieme. Perciò chi è volgare in qualche cosa si aspetti di vedere la sua volgarità diffondersi in tutto il suo essere morale.

La nobiltà spirituale è anch'essa diffusiva, per cui chi la possiede si sentirà portato a coltivarla sotto tutte le forme, compresa la forma della virtù.

Racconta la leggenda che Michelangelo, dovendo dipingere la volta della Cappella Sistina, aveva acquistata una tale abitudine di tener gli occhi in alto. che non sapeva più quasi guardare in basso. Questa è leggenda; ma è sto­ria invece quella del giovane abituato a contem­plare le cose alte e nobili. Egli non sarà tentato d'abbassare gli occhi sopra le grossolanità del vizio; o se pur sarà tentato gli avverrà in grado molto ridotto. Anch'egli avrà momenti di sorpre­sa, ma i suoi inganni saranno rari passi falsi sopra le vette o sulle grandi strade e non saran­no mai rovinose cadute nei pantani del peccato.

Chi ha nobiltà d'animo è un abituato a con­durre vita grande nel senso spirituale e a vivere di bellezza. Egli ha finalmente capito che la vita senza virtù è una vita dimezzata, mutilata. Una vita, direi, mancina. Ha capito che l'uomo non e, è vero, un puro spirito, ma che però ha uno spi­rito e non già una volgare collezione di viscere localizzate nella gabbia toracica o nell'addome.

Se questo è volare, cioè badare all'ideale, l'im­purità è precisamente il suo opposto: è strisciare. L'ideale consiste in questo: tendere all'alto. Il vizio consiste in questo: tendere in basso. L'ideale è una vetta. Il vizio è un pantano.

La vita consiste nel salire e non nel discendere. Essere impuro è discendere, è un cercare una grossolana volgarità, a cui terrà dietro una gros­solana stanchezza.

Vi sono due specie di fiamme, corrispondenti a due specie di giovani: i puri... e gli altri!

La fiamma degli ... altri è una fiamma bassa e fumosa per gli smodati desideri; è una fiamma alimentata da materie in putrefazione.

La fiamma dei puri è una fiamma chiara e dritta; che sale verso le stelle!

Maurice Blondel scrisse nella sua biografia di Ollé-Laprune: «Non perdette mai la verginità del cuore. Così con la purezza della neve e con la purezza della fiamma sapeva mettere insieme la purezza con la carità; l'entusiasmo con la calma profonda».

Amico, sforzati d'avere un cuore molto gran­de, non un cuore piccino e tutto rattrappito nel­l'egoismo del vivere terra terra.

Crea in te, nel senso migliore della frase, un'anima principesca. Non t'insudiciare nella volgarità, mentre puoi vivere nell'aristocrazia dei sentimenti e della virtù. Sii nobile: nobile nei gusti, nelle letture. nelle preoccupazioni intellet­tuali, nell'estro artistico, nella scelta degli amici. Perfino nel parlare, nel modo di vestire, nella mobilia della tua camera: perchè l'uomo dipende molto dal quadro in cui vive. Tu sei nell'età in cui bisogna prendere posizione e gettar radici nella vita. Gli altri gettano le radici nelle cose volgari; tu gettale nel bello, nel nobile. Sì, nel nobile che è Dio!

Non ti spaventare e non temere d'essere tac­ciato di idealista. L'ideale, quando è sano, non è mai troppo: ce ne vuol tanto per sollevare la pesante creta umana!

Non credere neppure a coloro i quali dicono che l'ideale è un nome vano, il sogno del poeta che dimentica il mondo reale per volare nell'az­zurro, come se avesse le ali e non avesse i piedi. Il loro caporione si chiama Èmil Zola, che rideva delle «capriole nell'azzurro» per avvoltolarsi nel fango!

Ascolta: l'ideale è più vero che non la stessa realtà; perchè l'ideale è la realtà purificata da ciò che la rende piccola.

L'ideale è l'essere senza diminuzione, il bello tutto bello, perchè tutto perfetto.

Non ridere, non chiamare questo un parados­so. Odi invece come lo spiega l'Eymieu: «L'ideale è essenzialmente vero perchè non presenta alcuna contraddizione, perchè tutti i suoi elementi sono presi dalla realtà. Quando ti accade di incontrare un essere di carne e ossa che si accosta a questo ideale, tu esclami: «Ecco un uomo! questo è veramente un uomo! ».

Esiste un ideale del giovane, della fanciulla, del padre di famiglia e della madre, del magistra­to, dello statista, del generale, ecc., e quanto più gli uomini si accostano a bale loro ideale tanto più sono veri magistrati, veri padri ecc., per la semplicissima ragione che la verità d'un essere si trova nella sua conformità col modello.

L'ideale è, dunque, non soltanto verità, ma verità nel suo massimo grado: i matematici direbbero la verità-limite, verso cui deve tendere ogni essere nel suo sviluppo.



14a ARMA: fare per non putrefare

Leggo in un libro di Luca Miriam, Le anime libere, questo piccolo discorso matematico sopra lo zelo:

l° Non essere tu il punto di una circonferen­za, ma un centro;

2° Non essere un addendo di una addizione, ma un fattore d'una moltiplicazione: non 5+3=8, ma 5 x3=15. In altre parole: punta al massimo!

Non cercare troppo lontano le occasioni: le troverai certamente nella tua famiglia o fra i tuoi compagni. Così potrai invitare a passeggio un amico abbandonato, offrire una ripetizione a un altro che è indietro in qualche studio, tenere alle­gro un amico che è addolorato.

Ha scritto Paolo Verlaine: «Andate!... Niente di meglio per un'anima che il rendere un'altra anima meno triste».

Impégnati in una conferenza di S. Vincenzo de' Paoli, e così, secondo la bella frase di Federico Ozanam, il fondatore, «tu metterai la tua castità al riparo della tua carità». Tutto ciò che si dà alle opere buone è sottratto alla concu­piscenza.

Va' dai poveri. Non dire la vecchia frase: «Ora non ci sono più poveri...». Ve ne sono di meno, p vero; ma è ridicolo dire che non ce ne sono affatto.

Del resto la povertà temporale non è la sola, nè la più grande.

Gli operai hanno ora pane bianco, ma spesso lo mangiano nell'odio e nella rivolta. E poi, tu lo sai, l'uomo non vive di solo pane. Chi non ha reli­gione resta sempre tanto miserabile! Così la povertà non ha fatto altro che cambiare d'aspet­to e, mentre si va ripetendo: «Non abbiamo più poveri», noi li contiamo a migliaia e migliaia.

Non bisogna che tu pensi a una sola forma d'elemosina, l'elemosina del denaro. Tu devi vol­gere il pensiero ad altre manifestazioni di elemo­sine: quella della bontà, del sorriso, della conso­lazione ai malati, di un buon consiglio a chi è incerto.

Se tu mi dici che forse queste opere non fanno del bene ad alcuno, io son disposto provvisoriamente a darti ragione; ma subito soggiungo: «Esse faranno del bene a te».

Esse t'insegneranno il sacrificio.

Sì, io ti auguro cordialmente che nelle opere che fai debba soffrire un poco. E questo non potrà mancare. Dovrai pagare col tuo tempo, col tuo denaro, con la tua persona. Di più (te lo dico per risparmiarti troppe meraviglie): ogni opera umana è accompagnata da miserie umane: malintesi, suscettibilità, freddezze, gelosie, soprattutto ingra­titudini.

Questi sono i piccoli aspetti di grandi cose. I vili si scoraggiano; i generosi lavorano con disin­teresse per il Signore solo: che «è fedele», dice san Paolo.

Se tu lavori per ottenere la gratitudine degli uomini, ti compiango sinceramente.

Ti auguro, dunque, di patire nelle tue opere di bene, perchè noi ci attacchiamo spesso a una cosa in proporzione di quanto essa ci costa, men­tre ci disinteressiamo di una cosa in cui non è entrato il nostro sforzo personale.

Tu, adunque, ti spenderai per una bella causa; volgerai in alto il tuo amore per non volgerlo in basso.

Se impiegherai in modo magnifico la tua gio­vinezza, ti avvierai ad abbracciare un magnifico impegno per tutta la tua vita. L'ha scritto un grande romanziere cattolico, Paolo Bourget: «La nostra giovinezza! quest'epoca d'impegno mora­le che formerà la base del nostro carattere per tutta la vita! ». Le opere buone ti impediranno di essere un egoista..

Vi sono dei giovani la cui esistenza stupida e insipida fa pensare a queste parole dell'Ec­clesiaste: «Vi sono alcuni che lasciarono un nome e dei quali si possono tessere le lodi; vi sono altri di cui non c'è più ricordo, che perirono come se mai fossero esistiti, che furono come se giammai fossero nati».

Un celebre poeta, Alfredo de Musset, ha tra­dotto esattamente questo passo scritturale, dicendo d'una frivola ragazza: «è morta e non è vissuta: faceva finta di vivere! ».

Tu non devi vegetare, ma devi vivere. Vivere veramente e non accontentarti di un'apparenza di vita!

Osserva bene che la questione non è affatto di sapere se tu hai fatto qualche cosa, ma se tu fai tutto ciò che puoi.

Ascoltatele parole di Leone Daudet: « L'uomo ignora i tre quarti delle proprie risorse e muore senza averle impiegate. Noi rassomigliamo a un agricoltore che vive sopra un ettaro di campo coltivato e abbandona cinquecento ettari alle ortiche».

Senti anche il pensiero d'un americano, William James: «Gli uomini collocano molto al di qua della loro forza reale i confini della loro attività».

Questo rimpicciolirsi... Evitalo! non essere un diminutivo di uomo!... ma sii un uomo di cui si possa dire: è un uomo vero! Non hai mai osservato che l'umanità conta molto pochi umani?

Molte teste vuote e molte parrucche, ma poche donne!

Molti pappagalli e molti avvoltoi, ma pochi uomini!

Mio Dio, quanto bene c'è da fare in questi tempi!

Osserva le opere sociali, le conferenze, gli ora­tori, le opere di preservazione, di istruzione, i catechismi, i Circoli, ecc.

L'apostolato dei laici a favore dei laici è qual­che volta il più efficace. Il sacerdote non potreb­be entrare in certi ambienti; ispira diffidenza, e la vivente lezione sacerdotale spaventa troppo direttamente. Non è raro il caso che il consiglio d'un uomo di mondo, d'un uomo come tutti gli altri, faccia più impressione. Sii un apostolo!

Quando un uomo ha salvato un altro uomo da un incendio o da un precipizio, viene chiamato un eroe, un salvatore.

Certamente Iddio può salvare le anime senza di noi ma, nell'ordine attuale della Provvidenza, la Causa prima si serve delle cause seconde, e Dio ha voluto che l'uomo sia salvato dall'uomo.

«Chiunque invocherà il nome del Signore» scri­ve san Paolo «sarà salvo. Ma come potrà essere invocato Colui in cui non si crede? E come si crede­rà in Colui di cui non si è udito parlare? E come si udrà parlare, se non vi è chi glielo annunci?».

Entra dunque decisamente nelle opere carita­tive cristiane.

Tu hai quindici anni, amico. Sulla scena del mondo tu hai il dovere d'essere un attore e non un fantoccio da Pulcinella, la cui comparsa e scomparsa, senza conseguenze, richiama a memoria l'ingenua canzone: Le marionette fanno, fanno, fanno Tre piccoli giretti e poi sen vanno! Ohimè! Quante ne conosciamo di queste marionette!



Non soltanto datti alle opere buone ma, se sei studente, attendi allo studio.

Lo studio è un potente aiuto per osservare la virtù. Mentre i giovani, colpiti dal vizio, perdono l'affetto allo studio.

Andate un po' a parlare di logaritmi o di greco a chi è stato preso coll'esca impura!

D'altronde è un fatto sicuro: il vizio produce un contraccolpo sulla memoria e sull'intelligen­za. È fatale!

Michelangelo raccomandava la continenza agli artisti, e diceva: «La pittura è tanto gelosa che non vuole affatto rivali». Suvvia, amico! ama le caste delizie dello spiri­to!



Vicino allo studio obbligatorio nelle scuole o nell'Università, metti lo studio personale.

I giovani agitano più idee in dieci minuti, che non ne agitino in tutta una sera quei signori che io conosco come frequentatori dei ritrovi in cui abita la noia. Beata giovinezza!

Ah! quei cuori di quindici anni! Come traboccano di desideri immensi!

Cuori ingenui e puerili, sotto certi aspetti. Ma cuori tanto profondi e tanto gravi sotto altri aspetti! Non hanno più l'egoismo del fanciullo, e non hanno ancora i calcoli e le complessità del­l'uomo. In essi zampilla una sorgente che vuole espandersi per il mondo, il più lontano che sia possibile.

Le sventure che ci affliggono: povertà, ostaco­li, rovine, pericoli... a loro servono soltanto per esaltare il coraggio. Hanno tutta la vita davanti e invece di temere la morte, sono pronti a sfidarla con un sorriso, purchè sia una morte bella! Adolescenti!

Chi non comprende la vostra anima e segno che non ha mai avuto quindici anni!

La gente non vi conosce: perchè vede che voi qualche volta giocate come piccoli bambini e non sa che, un minuto dopo, sareste capaci di dare ciò che avete di più caro al mondo, per amore di Dio e del vostro prossimo!



[SM=g1740717] [SM=g1740720] 15a ARMA: l'aiuto del medico

Nelle tentazioni impure i fenomeni non sono soltanto psicologici ma sono fisiologici.

Poichè in quelle tentazioni è in gioco l'anima, bisogna ricorrere al sacerdote.

Ma poichè c'è in gioco anche il corpo bisogna, spesso, ricorrere al medico.

Il medico potrà, secondo i casi, tentare diffe­renti rimedi palliativi, ma potrà anche indicare come bisogna curare certe malattie.

È importante che venga consultato un medico coscienzioso, tale cioè da unire alla sicurezza dei principi morali il tatto richiesto per una cura fisiologico-psicologica.

Converrebbe che in ogni regione fosse noto il nome e l'indirizzo di quei medici che uniscono queste due qualità, per servizio doi giovani biso­gnosi.



16a ARMA: il timore delle malattie

L'abbiamo già detto: uno non muore perchè si conserva puro.

Ma aggiungiamo subito: uno può morire per­chè non si conserva puro.

Scrive il dottor Edmondo Perrier: «Questo vizio della giovinezza è un'immensa rovina per coloro che vi si abbandonano. Fra tutte le cause capaci di accorciare la vita, non ne conosco alcu­na che abbia, come l'impurità, un'azione più distruttiva e che riunisca in se stessa in un grado più alto le proprietà antivitali».

Lacordaire, questo grande conoscitore di gio­vani, afferma: «Non avete mai incontrato certi

individui che, nel fiore dell'età, appena coronati dai segni della virilità sono omai avvizziti dal tempo... che, con una fronte solcata da rughe precoci trascinano un'esistenza cadente?... Chi ha colpito quel fanciullo? chi gli ha rubata la fre­schezza degli anni? Il senso depravato».

Queste citazioni non fanno altro che com­mentare il detto di san Paolo: «Voi avete abban­donato le vostre membra all'impurità... La fine di queste cose è la morte» (ai Romani 6,19).



L'impurità guasta la salute anche in un modo indiretto, con l'agire fortemente sul morale. Essa porta con sè numerosi inconvenienti psi­chici. Quali?

Il grande moralista padre Vermeersch ne indica alcuni: «Effetti psicologici frequentissimi accom­pagnano o seguono questo vizio: melanconie, ri­cerca della solitudine e, soprattutto, nevrastenia».

Padre Gemelli descrive molto bene questa diminuzione morale che l'adolescente prova davanti ai propri occhi, dopo la colpa. Egli crede che tutti la conoscano; s'immagina che il padre e la madre quando l'abbracciano stiano per scopri­re in lui qualche cosa di nuovo e leggano, per dir così la verità scritta in fronte».



Ma possiamo andare più avanti e affermare che l'impurità rovina la salute?

Qui, come sempre, bisogna soprattutto essere leali. Sono degni di biasimo coloro che inventas­sero danni inesistenti, oppure esagerassero i danni reali, allo scopo di trattenere i giovani più efficacemente col timore, nella via del dovere. Questa cosa è indegna.

Non bisogna mai servire la verità con la men­zogna: «Il fine non giustifica i mezzi». Rispondiamo sinceramente alla domanda: il vizio compromette la salute?

Diciamo anzitutto che le malattie che colpi­scono il vizio impuro sono terribili, si possono prendere molto facilmente, e su questo punto tutti i medici sono d'accordo.

Ma tralasciamo di esporre il parere dei medi­ci e aggiungiamo invece che se il timore delle malattie può essere un mezzo serio per conser­varsi puro, esso è sempre solo un mezzo sussi­diario; il principale deve consistere nel dovere morale.

Non confondiamo per carità una questione morale con una precauzione d'igiene.

La salute non è la virtù.

Anche quando si fosse sicuri di non prendere alcuna malattia, o di guarire certamente, reste­rebbe sempre la legge di natura e di Dio, la san­zione che Dio ha pronunciato contro chi vìola l'ordine morale. Non si può sostituire il timore dell'Inferno col timore dell'ospedale; non si può sostituire un rimedio di farmacia al Vangelo!



17a ARMA: la volontà

Siamo in un' epoca di mollezza e di comodità, un'epoca in cui i giovani, per evitare la fatica di camminare cento metri, spendono un euro di tram e prendono l'ascensore per non fare 40 gra­dini. Mai quindi come ora è urgente richiamare l'importanza della volontà.

Una solida struttura di carattere e un'educa­zione generale della volontà: questo dovrebbe essere lo scopo di chiunque intende formare i giovani.

Che volete che ne facciamo di tutti quegli abulici, di quei pallidi giovani che pare abbiano un sangue senza globuli rossi, con soli leucociti?

Saranno mai dei lottatori, mentre la purezza è una lotta e quindi domanda lottatori?



Consideriamo per un istante il tema delle let­ture, dal punto di vista tutto speciale che ora ci preme: la volontà.

Leggi la vita degli uomini energici, dei santi! Tùffati nel loro magnetismo o, come si direbbe in fisica, nel loro campo d'induzione!

I nostri sforzi personali non bastano sempre per fortificarci il carattere; allora dobbiamo sup­plire con l'esempio degli altri. Oltre all'auto-suggestione, pratichiamo l'ete­ro-suggestione!



Giovani, ricordatevi due parole profonde: la prima, che il grande Bossuet disse quando termi­nò l'educazione del principe di Borgogna: «Tutto quello che io ho voluto ottenere è questo: render­mi inutile! "La seconda, che scrisse il Dupanloup alla fine d'un libro educativo: «Ciò che il maestro fa è nulla; ciò che fa fare è tutto!".

Ecco la nostra parte di educatori: noi ci sfor­ziamo d'insegnarvi a combattere da voi stessi. Da voi stessi, capite? poichè presto non vi saremo più vicini per aiutarvi.

Da voi stessi, perchè, al tirar dei conti, ciascu­no si salva da sè!

Non sono i vostri educatori che vi salvano. Essi vi indicano la strada, e sono, per così dire, altrettanti pali indicatori sulla strada che condu­ce al Cielo. Ma a che serve il miglior palo indica­tore se poi il viaggiatore non ha il coraggio di camminare per quella strada? Il palo indica, ma non cammina al posto del viaggiatore.

Non vi salvano nè la Vergine Maria, nè i Santi. Essi vi invitano al bene, ma non vi sforzano. So­no magnifici trascinatori, ma se voi non li volete seguire a che servono?

Non vi salva neppure Dio, perchè «Quel Dio che ti ha creato senza di te, non ti salverà senza di te» dice Sant'Agostino.

I superiori e i maestri possono raccomandar­vi ed anche indicarvi la virtù ma, in fin dei conti, siete voi che dovete praticarla. Praticate il bene voi stessi!

La virtù non è fuori di noi, ma dentro di noi; non è estrinseca, ma intrinseca. Che cosa vuol dire?

Vuol dire che per proteggere la purezza non basta limitarsi a prendere delle precauzioni esterne e sopprimere così le occasioni pericolose. Fare così è seguire un'elementare sapienza.

Ma osservate che noi portiamo dentro di noi la radice della nostra generosità e della nostra viltà: «Omnia munda mundis» dice san Paolo: «Tutto è puro per coloro che son puri, ma per co­loro che non sono puri niente è puro» (Lettera a Tito 1,15).

Il giovane debole può cadere tanto vivendo nella più pia famiglia come nel più virtuoso ambiente.

Al contrario un giovane forte può rimanere puro vivendo nel più deleterio ambiente, perché ha capìto bene i concetti di dovere, di peccato mortale; e ha solide convinzioni sul Paradiso e sull'Inferno. E sull'amore che Gesù porta alle nostre anime immortali.

Nella vita del padre Ravignan si parla d'una giovane attrice che passò parecchi anni nel tea­tro rimanendo pura come un giglio. Collocata per forza delle circostanze in condizioni così po­co favorevoli alla virtù, si era sforzata con la vo­lontà e con la preghiera di non cedere mai alle tentazioni che l'assediavano e ci riuscì.



Riassumiamo quanto abbiamo detto: la vittoria non consiste nel fatto estrinseco e negativo di non

essere tentati (questo, purtroppo, è impossibile!), ma nel fatto intrinseco e positivo di possedere in noi stessi una sorgente di valore cristiano.

Gli eserciti schierati a difesa al di fuori delle mura non serviranno a niente se non c'è all'inter­no una volontà potente e risoluta di combattere e di trionfare!

Insomma, ogni uomo è, con Dio, l'autore della propria virtù!



Il trionfo

Diceva il generale Foch quando invitava i sol­dati alla battaglia: «Li vinceremo! ».

Sulla statua del fante che sorge a Metz fu scritto: « Li abbiamo vinti! ».

Anche la storia della tua guerra, contro le pas­sioni deve cominciare così: «Le vincerò! ». E deve finire così: «Le ho vinte! ». Giorno radioso dei vincitori.

Pensa ai soldati quando tornavano dal fronte: avevano combattuto, avevano sanguinato. Ma come dimenticavano tutto nell'apoteosi del ritor­no e sotto l'uragano delle acclamazioni!

Giovane puro, eroico soldato della purezza, anche tu sei un vincitore! Chi trionfa di se stesso è più coraggioso di colui che prende d'assalto una trincea.

Dolce adolescente, tanto delicato, come sei stato coraggioso!

Orazio, nella sua arte poetica, enumera i sacrifici che fa fare la speranza d'un trionfo nei grandi giuochi: «Chi si sforza di raggiungere con la corsa la mèta, oggetto dei suoi desideri, s'è sottoposto sin da fanciullo a duri sforzi, ha sopportato molte fatiche; ha sopportato il caldo e il freddo; s'è astenuto dai piaceri e dal vino».

San Paolo riprende quell'immagine e la svi­luppa per spingere i concorrenti non d'una coro­na mortale ma d'una corona eterna.

«Non lo sapete voi? Nelle corse dello stadio, tutti corrono, ma un solo conquista il premio. Correte anche voi cosi, per vincere. Chi vuol vin­cere si astiene da ogni cosa: quelli là per una corona che marcisce; noi per una corona che non marcisce! » (i Cor. 9,23).

E prosegue: «Non è ch'io abbia già guadagna­to il premio o che abbia raggiunta la perfezione, ma io continuo la mia corsa per sforzarmi di rag­giungere il premio, perché anch'io sono stato conquistato da Cristo Gesù! Per me, fratelli, non penso d'aver già compita la conquista. Una sola cosa faccio: dimentico ciò che ho fatto e mi pro­tendo tutto intero verso quello che mi resta da fare, e corro così alla mèta, per guadagnare il premio» (lettera ai Filippesi ,3,13).

Perché sono persuasissimo che i dolori del tempo presente non hanno proporzione con la gloria che mi aspetta in Cristo Gesù!» (ai Romani 8,18).

Se tu combatti il buon «combattimento per la purezza» questa sarà la conclusione anche per te, giovane e generoso amico caro!

[SM=g1740771] Buona lettura

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)