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35. Dobbiamo precisare a noi stessi questo concetto di riforma, perché è molto importante per comprendere le finalità del Concilio ecumenico e per penetrarne lo spirito, ed anche perché tale concetto opera fortemente e variamente nella mentalità moderna.

Donde nasce, il concetto di riforma? nasce da due radici: l’osservazione d’un male, e una reazione variamente concepita.

Qui sorge una speciosa obbiezione: vi può essere male nella Chiesa? non è essa la Chiesa santa? non è essa la Chiesa infallibile? La risposta è facile per chi sa ravvisare nella Chiesa l’opera di Dio, il suo disegno, i suoi doni divini di grazia e di verità, i suoi scopi finali miranti a Dio e alla vita eterna: quest’opera è santa e santificante, è nel suo principio divino, lo Spirito Santo e in certi suoi atti qualificati e specialissimi (come sono le solenni .definizioni dogmatiche) infallibile. Ma l’opera di Dio si realizza in uomini di questo mondo, i quali possono essere fallibili e caduchi, anche se sostenuti dalla grazia e dall’impegno della sequela di Cristo. Bisogna cioè distinguere due aspetti nella Chiesa: quello di istituzione divina e quello di comunità composta di uomini; potremmo dire in un certo senso, quello ideale e quello reale; o anche quello della causa efficiente, formale e finale, ch’è opera di Dio e quindi perfetta, e quello della causa materiale (sempre però pervasa da quella formale), cioè della sua umana composizione, risultante di uomini imperfetti, peccatori forse, ma sempre santificati dal battesimo. Il primo aspetto è il modello stupendo e immacolato della Chiesa, quale Cristo concepì ed amò come mistica Sposa: «senza macchia – come scrive San Paolo – (Eph. 5, 27), … santa e immacolata». E non solo modello, ma realtà in via di attuazione, che nella sua espressione storica e concreta presenta il secondo aspetto, l’umanità congregata nella Chiesa militante e non perfetta, ma in via di perfezionarsi e di santificarsi secondo il modello, secondo l’idea concepita da Cristo in ordine alla Chiesa gloriosa; escatologica, come si dice, cioè arrivata oltre il tempo al suo ultimo fine (Cfr. Schnell, Der Katholizismus als Prinzip des Fortschrittes, 1897; Keppler, Wahre und falsche Reform, 1902; Vraie et fausse réforme dans l’Eglise, Ed. du Cerf, Paris, 1950, p. 92 ss.; De Lubac, Méditation sur l’Eglise, Aubier, Paris, 1953, p. 651 ss. e 76; Journet, L’Eglise du Verbe Incarné…, I, 314: «de ce point de vue on dira que l’Eglise visible peut bien contenir des pécheurs, mais non pas des péchés»; cfr. ib. p. 124 ss.; Philips, Pour un Christianisme adulte, Casterman, 1962, p. 167 ss.). La riforma perciò è uno sforzo perenne nella Chiesa, il quale tende ad avvicinare l’idea divina alla realtà umana, e questa a quella.

36. Così che questa nostra Chiesa terrena, alunna di Cristo, nella sua corporeità umana e nella sua fase di santificazione, è e dev’essere in uno stato di continua ed instancabile riforma. La realtà soprannaturale stessa della Chiesa reclama che la sua realtà naturale sia in perenne perfezionamento. Quando Gesù ci dice: «siate perfetti come perfetto è il Padre vostro, che è nei cieli» (Mt. 5, 48), e quando S. Paolo ci ammonisce: «siate imitatori di Dio, come figli amatissimi» (Eph. 5, 1), e ci spinge a sempre «rinnovarci nello spirito… e a rivestirci dell’uomo nuovo» (Cfr. Eph. 4, 23-24), noi siamo invitati ad un perfezionamento che non avrà mai tregua, né limite, e dovremo mettere la nostra vita in uno stato di continua tensione morale, la quale caratterizza appunto lo stile ascetico del cristiano quaggiù, e impronta tutta la disciplina giuridica, tutta la educazione morale, tutta la vigilanza ascetica e mistica della Chiesa. La riforma è nel programma ordinario della Chiesa. La riforma è Continua.

37. Ma quando si parla di riforma in ordine ad un Concilio ecumenico di solito si pensa, da un lato, a malanni gravi, inveterati e diffusi, e dall’altro a qualche provvedimento straordinario. Così è avvenuto in diversi Concili precedenti. La caratteristica però di questo Concilio, il quale pur tende espressamente a qualche notevole riforma, deriva dal fatto che il desiderio del bene piuttosto che la fuga dal male ne provoca la convocazione. Non vi sono infatti oggi nella Chiesa, per divina misericordia; errori, scandali, deviazioni, abusi tali che reclamino il provvedimento eccezionale della convocazione d’un Concilio. Oggi la
Chiesa, sempre per grazia di Dio e per merito di tanti cristiani buoni e santi, è più in stato di sofferenza e di debolezza, che in condizioni di scandalo e di decadenza.
Più ferite che peccati registra l’aspetto generale ed esteriore della Chiesa cattolica. Più bisogni, che infedeltà. Il che ci fa ancora più grati e lieti che il Papa, spontaneamente animato dall’amore a Cristo e dal desiderio di promuovere sempre più il processo di perfezionamento della Chiesa, abbia Lui stesso, senza alcuna spinta esteriore, proclamato l’indizione del Concilio. Sarà perciò un Concilio di riforme positive, piuttosto che punitive; più di esortazioni, che di anatemi.

38. I bisogni della Chiesa segnano dunque la linea dei desideri che i figli della Chiesa devono alimentare in ordine al prossimo Concilio. I bisogni diventano voti, speranze, preghiere. Questo solo mutamento psicologico nell’opinione collettiva dei cattolici è già un risultato positivo del Concilio ancor prima che sia celebrato. L’ottimismo del Papa così si diffonde in tutto il corpo della Chiesa, la cui sensibilità si accresce enormemente, senza morbosità angosciose ed esistenzialiste, senza critiche sterili e farisaiche, ma piuttosto tutta improntata dalla ricerca della verità e dalla fiducia nel bene. È un esame di coscienza universale questa vigilia conciliare, al quale tutti sentono d’essere invitati a concorrere. Chi non ha coscienza di qualche bisogno, di qualche miglioramento, di qualche perfezionamento nella vita religiosa cattolica? Questo spiega l’abbondanza di pronostici e di proposte, che da tutte le parti si addensano attorno al Concilio (Su questa fioritura di desideri in ordine al Concilio si possono citare, fra le tante pubblicazioni: – Umfrage zum Konzil, Herder, Freiburg i. B., 1961: sono 81 opinioni di Laici e di Teologi su i compiti del prossimo Concilio; – Fragen an das Konzil, Herder, Freiburg i. B, 1961 – Daniel-Rops, Vatican II le Concile de Jean XXIII Fayard, Paris; 1961 cfr. «Civiltà Cattolica», annate 1960, 1961, 1962 – Si veda anche di Autori diversi: Il mondo attende la Chiesa, Ed. Studium, Roma, 1957).

39. Sembra a noi educativo invitare i nostri fedeli a farsi un’idea sia pure sommaria, di queste prospettive che il Concilio apre davanti allo sguardo lungimirante dei buoni e dei fervorosi. Diremo soltanto qualche brevissimo cenno, sia per allargare l’orizzonte delle piccole aspirazioni individuali o collettive di coloro che aspettano dal Concilio la soddisfazione di certi ristretti interessi personali, di certi discutibili gusti particolari, o di certe immaginose utopie tanto facili a prender forma in cervelli buoni, ma non abbastanza esperti della realtà, sia per dare ai nostri voti e alle nostre preghiere qualche scopo di più probabile e desiderabile conseguimento. Diremo cioè dapprima che alcune di queste prospettive conciliari si riferiscono all’interno della Chiesa, altre all’esterno, cioè ai rapporti che la Chiesa deve aggiornare e ristabilire.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)