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Conclusione 

Verso un umanesimo plenario

42. È un umanesimo plenario che occorre promuovere.(37) Che vuol dire ciò, se non lo sviluppo di tutto l'uomo e di tutti gli uomini? Un umanesimo chiuso, insensibile ai valori dello spirito e a Dio che ne è la fonte, potrebbe apparentemente avere maggiori possibilità di trionfare. Senza dubbio l'uomo può organizzare la terra senza Dio, ma «senza Dio egli non può alla fine che organizzarla contro l'uomo. L'umanesimo esclusivo è un umanesimo inumano».(38) Non v'è dunque umanesimo vero se non aperto verso l'Assoluto, nel riconoscimento d'una vocazione, che offre l'idea vera della vita umana. Lungi dall'essere la norma ultima dei valori, l'uomo non realizza se stesso che trascendendosi. Secondo l'espressione così giusta di Pascal: «L'uomo supera infinitamente l'uomo».(39)

 

Seconda parte

VERSO LO SVILUPPO SOLIDALE DELL'UMANITÀ

43. Lo sviluppo integrale dell'uomo non può aver luogo senza lo sviluppo solidale dell'umanità. Come dicevamo a Bombay: «L'uomo deve incontrare l'uomo, le nazioni devono incontrarsi come fratelli e sorelle, come i figli di Dio. In questa comprensione e amicizia vicendevoli, in questa comunione sacra, noi dobbiamo parimente cominciare a lavorare assieme per edificare l'avvenire comune dell'umanità».(40) E suggerivamo altresì la ricerca di mezzi concreti e pratici di organizzazione e di cooperazione, onde mettere in comune le risorse disponibili e così realizzare una vera comunione fra tutte le nazioni.

Fraternità dei popoli

44. Questo dovere riguarda in primo luogo i più favoriti. I loro obblighi sono radicati nella fraternità umana e soprannaturale e si presenta sotto un triplice aspetto: dovere di solidarietà, cioè l'aiuto che le nazioni ricche devono prestare ai paesi in via di sviluppo; dovere di giustizia sociale, cioè il ricomponimento in termini più corretti delle relazioni commerciali difettose tra popoli forti e popoli deboli; dovere di carità universale, cioè la promozione di un mondo più umano per tutti, un mondo nel quale tutti abbiano qualcosa da dare e da ricevere, senza che il progresso degli uni costituisca un ostacolo allo sviluppo degli altri. Il problema è grave, perché dalla sua soluzione dipende l'avvenire della civiltà mondiale.

 

1. L'assistenza dei deboli

Lotta contro la fame, oggi e domani

45. «Se un fratello o una sorella sono nudi, dice san Giacomo, se mancano del sostentamento quotidiano, e uno di voi dice loro: "Andate in pace, riscaldatevi, sfamatevi", senza dar loro quel che è necessario al loro corpo, a che servirebbe?» (Gc 2, 15-16). Oggi, nessuno lo può ignorare: sopra interi continenti, innumerevoli sono gli uomini e le donne tormentati dalla fame, innumerevoli i bambini sottonutriti, al punto che molti di loro muoiono in tenera età, che la crescita fisica e lo sviluppo mentale di parecchi altri ne restano compromessi, che regioni intere sono per questo condannate al più cupo avvilimento.

46. Appelli angosciati sono già risuonati. Quello di Giovanni XXIII è stato calorosamente accolto.(41) Noi stessi l'abbiamo reiterato nel nostro messaggio del Natale 1963,(42) e poi di nuovo in favore dell'India nel 1966.(43) La campagna contro la fame, lanciata dall'Organizzazione internazionale per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) e incoraggiata dalla Santa Sede, è stata generosamente accolta. La nostra «Caritas internationalis» è dappertutto all'opera e numerosi cattolici, sotto l'impulso dei Nostri fratelli nell'episcopato, dànno, e si prodigano anche personalmente senza riserva, per aiutare quelli che sono nel bisogno, allargando progressivamente la cerchia di quanti riconoscono come loro prossimo.

47. Ma tutto ciò non può bastare, come non possono bastare gli investimenti privati e pubblici realizzati, i doni e i prestiti concessi. Non si tratta soltanto di vincere la fame e neppure di ricacciare indietro la povertà. La lotta contro la miseria, pur urgente e necessaria, è insufficiente. Si tratta di costruire un mondo, in cui ogni uomo, senza esclusioni di razza, di religione, di nazionalità, possa vivere una vita pienamente umana, affrancata dalle servitù che gli vengono dagli uomini e da una natura non sufficientemente padroneggiata; un mondo dove la libertà non sia una parola vana e dove il povero Lazzaro possa assidersi alla stessa mensa del ricco (cf. Lc 16, 19-31). Ciò esige da quest'ultimo molta generosità, numerosi sacrifici e uno sforzo incessante. Ciascuno esamini la sua coscienza, che ha una voce nuova per la nostra epoca. È egli pronto a sostenere col suo denaro le opere e le missioni organizzate in favore dei più poveri? a sopportare maggiori imposizioni affinché i poteri pubblici siano messi in grado di intensificare il loro sforzo per lo sviluppo? a pagare più cari i prodotti importati, onde permettere una più giusta remunerazione per il produttore? a lasciare, ove fosse necessario, il proprio paese, se è giovane, per aiutare questa crescita delle giovani nazioni?

Dovere di solidarietà

48. Il dovere di solidarietà che vige per le persone vale anche per i popoli: «Le nazioni sviluppate hanno l'urgentissimo dovere di aiutare le nazioni in via di sviluppo».(44) Bisogna mettere in pratica questo insegnamento conciliare. Se è normale che una popolazione sia la prima beneficiaria dei doni che le ha fatto la Provvidenza come dei frutti del suo lavoro, nessun popolo può, per questo, pretendere di riservare a suo esclusivo uso le ricchezze di cui dispone. Ciascun popolo deve produrre di più e meglio, onde dare da un lato a tutti i suoi componenti un livello di vita veramente umano, e contribuire nel contempo, dall'altro, allo sviluppo solidale dell'umanità. Di fronte alla crescente indigenza dei paesi in via di sviluppo, si deve considerare come normale che un paese evoluto consacri una parte della sua produzione al soddisfacimento dei loro bisogni; normale altresì che si preoccupi di formare educatori, ingegneri, tecnici, scienziati, che poi metteranno scienza e competenza al loro servizio.

Il superfluo

49. Una cosa va ribadita di nuovo: il superfluo dei paesi ricchi deve servire ai paesi poveri. La regola che valeva un tempo in favore dei più vicini deve essere applicata oggi alla totalità dei bisognosi del mondo. I ricchi saranno del resto i primi ad esserne avvantaggiati. Diversamente, ostinandosi nella loro avarizia, non potranno che suscitare il giudizio di Dio e la collera dei poveri, con conseguenze imprevedibili. Chiudendosi dentro la corazza del proprio egoismo, le civiltà attualmente fiorenti finirebbero con l'attentare ai loro valori più alti, sacrificando la volontà di essere di più alla bramosia di avere di più. E sarebbe da applicare ad essi la parabola dell'uomo ricco, le cui terre avevano dato frutti copiosi e che non sapeva dove mettere al sicuro il suo raccolto: «Dio gli disse: "Insensato, questa notte stessa la tua anima ti sarà ritolta"» (Lc 12, 20).

Programmi

50. Questi sforzi, per raggiungere la loro piena efficacia, non possono rimanere dispersi e isolati, tanto meno opposti gli uni agli altri per motivi di prestigio o di potenza: la situazione esige dei programmi concertati. Un programma è in realtà qualcosa di più e di meglio che un aiuto occasionale lasciato alla buona volontà di ciascuno. Esso suppone, come abbiamo detto più sopra, studi approfonditi, individuazione degli obiettivi, determinazione dei mezzi, organizzazione degli sforzi, onde rispondere ai bisogni presenti e alle prevedibili esigenze future. Ma è anche molto di più in quanto trascende le prospettive della semplice crescita economica e del progresso sociale e conferisce senso e valore all'opera da realizzare. Nell'atto stesso in cui lavora alla migliore sistemazione del mondo, esso valorizza l'uomo.

Fondo mondiale: vantaggi e urgenza

51. Occorre spingersi ancora più innanzi. Noi domandavamo a Bombay la costituzione di un grande Fondo mondiale, alimentato da una parte delle spese militari, onde venire in aiuto ai più diseredati.(45) Ciò che vale per la lotta immediata contro la miseria vale altresì a proposito dello sviluppo. Solo una collaborazione mondiale, della quale un fondo comune sarebbe insieme l'espressione e lo strumento, permetterebbe di superare le rivalità sterili e di suscitare un dialogo fecondo e pacifico tra tutti i popoli.

52. Senza dubbio, accordi bilaterali o multilaterali possono utilmente essere mantenuti, in quanto permettono di sostituire ai rapporti di dipendenza e ai rancori derivati dall'èra coloniale proficue relazioni d'amicizia, sviluppate su un piano di uguaglianza giuridica e politica. Ma incorporati in un programma di collaborazione mondiale essi sarebbero immuni da ogni sospetto. Le diffidenze di coloro che ne sono i beneficiari ne uscirebbero attenuate, poiché essi avrebbero meno ragioni di temere, dissimulate sotto l'aiuto finanziario o l'assistenza tecnica, certe manifestazioni di quello che è stato chiamato il neocolonialismo: fenomeno che si configura in termini di pressioni politiche e di potere economico esercitati allo scopo di difendere o di conquistare una egemonia dominatrice.

53. Chi non vede d'altronde come un tale fondo faciliterebbe la riconversione di certi sperperi, che sono frutto della paura o dell'orgoglio? Quando tanti popoli hanno fame, quando tante famiglie soffrono la miseria, quando tanti uomini vivono immersi nell'ignoranza, quando restano da costruire tante scuole, tanti ospedali, tante abitazioni degne di questo nome, ogni sperpero pubblico o privato, ogni spesa fatta per ostentazione nazionale o personale, ogni estenuante corsa agli armamenti diviene uno scandalo intollerabile. Noi abbiamo il dovere di denunciarlo. Vogliano i responsabili ascoltarci prima che sia troppo tardi.

Dialogo da instaurare: sua necessità

54. Ciò significa essere indispensabile che si stabilisca fra tutti quel dialogo già da Noi invocato nella Nostra prima enciclica Ecclesiam suam.(46) Tale dialogo tra coloro che forniscono i mezzi e coloro cui sono destinati consentirà di commisurare gli apporti, non soltanto secondo la generosità e disponibilità di impiego degli altri. I paesi in via di sviluppo non correranno più in tal modo il rischio di vedersi sopraffatti da debiti, il cui soddisfacimento finisce con l'assorbire il meglio dei loro guadagni. Tassi di interesse e durata dei prestiti potranno essere distribuiti in maniera sopportabile per gli uni e per gli altri, equilibrando i doni gratuiti, i prestiti senza interesse o a interesse minimo, e la durata degli ammortamenti. Garanzie potranno essere offerte a coloro che forniscono i mezzi finanziari, sull'impiego che ne verrà fatto in base al piano convenuto e con una ragionevole preoccupazione di efficacia, giacché non si tratta di favorire la pigrizia o il parassitismo. E i destinatari potranno a loro volta esigere che non vi siano ingerenze nella loro politica, né che si provochino sconvolgimenti nelle strutture sociali del paese. Stati sovrani, a loro solo spetta di condurre in maniera autonoma le loro faccende, di determinare la loro politica, di orientarsi liberamente verso il tipo di società preferito. È dunque una collaborazione volontaria che occorre instaurare, una compartecipazione efficace degli uni con gli altri, in un clima di eguale dignità, per la costruzione di un mondo più umano.

55. È un impegno che potrebbe apparire inattuabile in regioni dove la preoccupazione della sussistenza quotidiana è tale da assorbire tutta l'esistenza di famiglie, incapaci di concepire un lavoro atto a preparare un avvenire meno miserabile. Tuttavia sono questi gli uomini e le donne che bisogna aiutare, che bisogna convincere della necessità di porre mano essi stessi al loro sviluppo, acquisendone progressivamente i mezzi. Quest'opera comune sarà certamente impossibile senza uno sforzo concertato, costante e coraggioso. Ma deve essere ben chiaro ad ognuno che ciò che è in gioco è la vita stessa dei popoli poveri, è la pace civile nei paesi in via di sviluppo, ed è la pace del mondo.

 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)