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CAPITOLO 37

Parla dell’eccellenza della preghiera del Pater noster e dei vari modi di trovare in essa consolazione.

1. C’è da lodare molto il Signore per la sublime perfezione di questa preghiera evangelica, che reca l’impronta di un così buon Maestro; pertanto, ognuna di noi, figlie mie, può servirsene a seconda delle sue necessità. Io sono meravigliata nel vedere che in così poche parole sono racchiuse tutta la contemplazione e tutta la perfezione, al punto che sembra non ci sia bisogno di studiare altro libro all’infuori di questo. Il Signore, infatti, fin qui ci ha insegnato tutti i gradi di orazione e di alta contemplazione, dalla preghiera dei principianti all’orazione mentale, a quella di quiete e di unione. Se fossi capace di esporre tutto questo, potrei comporre un gran libro di orazione, basandomi su così saldo fondamento. Ora egli già comincia a farci comprendere gli effetti che lasciano queste grazie, quando sono sue, come avete visto.

2. A volte, mi sono chiesta perché Sua Maestà non si sia spiegato più chiaramente circa cose tanto elevate e oscure, in modo che ogni persona le capisse. Mi è sembrato che, siccome quest’orazione era destinata a tutti in generale, il suo intento, nel lasciarla un po’ confusa, è stato che ciascuno potesse pregare secondi i suoi bisogni particolari e trovare nella preghiera motivo di consolazione, persuaso di interpretarla bene. Così, i contemplativi, che non hanno più desiderio di beni terreni, e le anime che si sono date profondamente a Dio chiedono quei favori celesti che per la bontà divina possono esser dati in questo mondo. Coloro invece che vivono ancora legati ad esso, e devono viverci in conformità del loro stato, chiedono anch’essi il loro pane, destinato al sostentamento proprio e delle proprie famiglie, richiesta ben giusta e santa, come quella di altre cose, in base alle loro necessità.

3. Ma state attente che queste due promesse, l’una del consegnare la nostra volontà nelle sue mani, l’altra del perdonare le offese, riguardano tutti. È vero che in ciò si può fare di più o di meno – come ho detto – : quelli che sono perfetti consegneranno la loro volontà in modo perfetto e perdoneranno con la perfezione di cui si è parlato; noi, sorelle, faremo quello che potremo: il Signore riceve tutto, perché sembra che il nostro Maestro abbia stabilito con suo Padre una specie di accordo in nostro nome, come chi dice: Voi fate questo, Signore, e i mie i fratelli faranno quest’altro. E si può essere certi che, da parte sua, non mancherà mai. Oh, egli è un ottimo retributore e paga sempre senza misura!

4. Ci potrà anche accadere un giorno di recitare questa preghiera in modo tale ch’egli, vedendo l’assenza in noi di infingimenti e il fermo proposito di fare quanto diciamo, ci arricchirà dei suoi doni. Egli ama molto che trattiamo con lui sinceramente, con semplicità e con chiarezza, senza dire una cosa con le labbra e averne un’altra in cuore, e quando lo facciamo, ci concede sempre più di quel che gli chiediamo. Il nostro buon Maestro conosceva tutto questo e sapeva che chi fosse arrivato davvero alla perfezione nel chiedere, sarebbe giunto a un grado molto elevato per le grazie che avrebbe ricevuto dal Padre. Egli sapeva che coloro che sono già perfetti, o che si avviano ad esserlo, non hanno alcuna paura, né devono averla, visto che, come si dice, tengono sotto i piedi il mondo. Il Signore del mondo è contento di loro, potendo, essi, invero, nutrire grande speranza che lo sia Sua Maestà per gli effetti da lui operati nelle loro anime. Sapeva infine che, assorti in quelle grazie, non avrebbero voluto più ricordare che c’è un altro mondo né che ci sono possibili nemici.

5. Oh, Sapienza eterna! Oh, buon Maestro! E che gran cosa è, figlie mie, un maestro saggio e prudente che previene i pericoli! E questo è il più grande bene che un’anima spirituale possa desiderare quaggiù: camminare con sicurezza. Non saprei trovare parole adeguate per esprimere l’importanza di tale grazia. Il Signore, vedendo infatti la necessità di svegliare queste anime, ricorda loro che hanno nemici. E sapendo quanto più pericoloso sarebbe per esse procedere distrattamente, perché hanno molto più bisogno dell’eterno Padre, cadendo più dall’alto, per impedire che, senza rendersene conto, restino ingannate, gli rivolge queste richieste così necessarie a tutti noi finché viviamo in quest’esilio: E non c’indurre, Signore, in tentazione, ma liberaci dal male.


CAPITOLO 38

Tratta della grande necessità in cui siamo di supplicare l’eterno Padre perché ci conceda ciò che chiediamo con queste parole: Et ne nos inducas in tentationem, sed libera nos a malo, e spiega alcune tentazioni. È un capitolo degno di nota.

1. Qui abbiamo, sorelle, grandi cose da meditare e da comprendere, poiché ci disponiamo a chiederle a Dio. Considerate, anzitutto, che io ritengo assolutamente certo che coloro i quali arrivano alla perfezione non chiedono a Dio di liberarli dai pericoli né dalle tentazioni né dalle persecuzioni né dalle lotte; è questo un altro indizio ben grande ed evidente che la contemplazione e le grazie ad essi concesse da Sua Maestà provengono dallo spirito del Signore e non sono frutto di illusione. Anzi, come ho detto poco fa, desiderano – piuttosto che temere – tali prove e le amano. Somigliano ai soldati che son più contenti quando hanno più occasioni di combattere, nella speranza di uscirne con maggior guadagno. Se infatti tali occasioni mancano, militando col soldo ordinario, vedono che non possono arricchirsi molto.

2. Credetemi, sorelle, che i soldati di Cristo, cioè quelli che sono elevati alla contemplazione e che praticano l’orazione, non vedono l’ora di combattere, né mai temono molto i nemici dichiarati; ormai li conoscono, sanno che, contro la forza che Dio pone in loro, sono impotenti, e che essi usciranno dalla lotta sempre vincitori e con gran bottino; pertanto, non volgono mai loro le spalle. I nemici che temono, ed è giusto che li temano, pregando Dio di esserne liberati, sono certi nemici traditori, cioè quei demoni che assumono l’aspetto di angeli di luce: si presentano sotto altra veste. Fin tanto che non abbiano fatto molto danno all’anima, non si lasciano conoscere, ma ci succhiano a poco a poco il sangue e ci distruggono le virtù, così da farci piombare nella tentazione senza che ce ne rendiamo conto. Da tali nemici, figlie mie, quando recitiamo il Pater noster, preghiamo e supplichiamo incessantemente il Signore di liberarci e di non permettere che, vittime di qualche inganno, cadiamo in tentazione ma di far sì che si scopra dove sta il veleno e non si nasconda ai nostri occhi la luce della verità. Oh, come ben a ragione il nostro Maestro c’insegna a chiedere questo, rivolgendosi al Padre in nostro nome!

3. Considerate, figlie mie, che i nostri nemici possono nuocerci in molti modi; non pensate che il danno sia solo quello di farci credere che le gioie e le grazie simulate in noi vengono da Dio, giacché questo mi sembra, in parte, il minor danno che essi possono arrecare. Anzi, può darsi che serva a farci camminare più in fretta perché, attirate dal quel diletto, restiamo più ore in orazione e, ignorando che è opera del demonio e vedendoci indegne di quei favori, non finiremo di render grazie a Dio. Così ci sentiremo più obbligate a servirlo e ci sforzeremo di raggiungere la disposizione adatta perché ci faccia altri doni nella convinzione che vengono da lui.

4. Procurate, sorelle, di esser sempre umili, di considerare che non siete degne di tali favori e di non cercarli. Se farete così, sono convinta che sarà un mezzo efficace perché il demonio si vede sfuggire molte anime che egli pensava si perdessero, e perché il Signore, dal male che il maligno voleva farci, tiri fuori il nostro bene. Egli, infatti, vede la nostra intenzione che è quella di contentarlo e di servirlo, stando con lui in orazione, e – come vi ho detto – il Signore è fedele. Dobbiamo, tuttavia, badare che non ci sia incrinatura nell’umiltà e che non si abbia a generare in noi alcuna vanagloria. Se supplicherete il Signore di liberarvi da ciò, non temete, figlie mie, che Sua Maestà non permetterà mai di ricevere altri doni se non da lui.

5. Dove il demonio può nuocere molto, senza che ce ne rendiamo conto, è facendoci credere che abbiamo delle virtù inesistenti, mentre di fatto ne siamo prive, il che è una vera peste. Infatti, se solitamente per le grazie e i favori di cui siamo oggetto ci par solo di ricevere e di restare pertanto più obbligati a servire, qui, invece ci sembra di dare e di servire e che il Signore sia quindi obbligato a pagarci. Così, a poco a poco, il demonio ci fa molto danno: da una parte indebolisce l’umiltà, dall’altra ci fa trascurare di acquistare quella virtù che crediamo di aver già acquisito. Allora, che rimedio abbiamo, sorelle? Quello che a me sembra il migliore è l’insegnamento del nostro Maestro: pregare e supplicare l’eterno Padre di non permettere che cadiamo in tentazione.

6. Ma voglio anche dirvene qualche altro. Se ci sembra che il Signore ci abbia già concesso una virtù, dobbiamo considerarla come un bene da lui ricevuto che egli può ritoglierci, come, in verità, spesso accade non senza che sia gran provvidenza di Dio. Non lo avete mai riscontrato in voi stesse, sorelle? Io, invece, sì: a volte mi sembra d’essere molto distaccata da tutto e, in verità, alla prova dei fatti lo sono; altre volte mi sento così attaccata anche a cose di cui forse il giorno prima avevo riso, che quasi non mi riconosco. A volte mi sembra di aver tanto coraggio da non volgere le spalle a nulla per servire Dio: cosa che in certe occasioni avevo anche provato con i fatti. Il giorno dopo sono così debole che non potrei trovare la forza neanche di uccidere una formica per amore di Dio, se dovessi incontrare in ciò la minima difficoltà. Parimenti, a volte mi sembra che non m’importi nulla di qualunque cosa possano mormorare o dire contro di me, e dimostro in varie occasioni che è così, anzi, ne ho perfino piacere. Ma poi arriva il giorno in cui anche una sola parola mi procura afflizione e vorrei morire, perché tutto in esso mi pesa. E non sono la sola soggetta a tali cambiamenti, perché l’ho notato in molte persone migliori di me, e so che questo può avvenire.

7. Stando così le cose, chi potrà dire di sé che ha virtù o è ricca, quando nel momento in cui sia necessaria la virtù si trova priva di essa? No, sorelle! Pensiamo sempre di essere povere, e non indebitiamoci senza avere di che pagare, perché il nostro tesoro ci deve venire da tutt’altra parte, e non sappiamo fino a quando il Signore vorrà lasciarci nella prigione della nostra miseria senza darci nulla; allora le persone che, ritenendoci virtuose, ci hanno dato tributo di stima e d’onore – che è il prestito di cui ho parlato – resteranno derise insieme con noi. È vero che se noi serviamo il Signore con umiltà, alla fine egli ci aiuterà in tutti i nostri bisogni, ma qualora in noi tale virtù non sia ben radicata, ci lascerà cadere – come si dice – ad ogni passo. Questa è una delle sue grazie più grandi, degna di molta stima, perché motivo per acquistare umiltà e intendere bene che noi non possediamo nulla che non ci venga da lui.

8. E ora state attente a un altro consiglio: il demonio ci fa credere di avere una virtù, per esempio quella della pazienza, perché prendiamo la risoluzione di soffrire per Dio, dandogliene con le nostre azioni continue testimonianze, e ci sembra di essere veramente pronte, di fatto, a patire. Ci sentiamo pertanto assai contente, perché il demonio fa sì che ne siamo convinte. Io vi avverto di non far caso di simili virtù e di non credere di conoscerle se non di nome, né che ve le abbia date il Signore, senza riscontrarlo alla prova dei fatti. Può accadere, in realtà, che di fronte a una parola detta da altri, che vi faccia dispiacere, la pazienza se ne vada in fumo. Quando avrete molto sofferto, allora lodate Dio che comincia a insegnarvi questa virtù e sforzatevi di patire sino in fondo, perché è segno che egli vuole che lo paghiate con la sofferenza: la pazienza che vi dà ne è una prova, ma consideratela solo un deposito, che vi può essere tolto, come già si è detto.

9. Un’altra tentazione è quella di crederci molto povere di spirito: abbiamo l’abitudine di dire che non vogliamo nulla, che non c’importa nulla di nulla, ma non appena ci si offre l’occasione di ricevere qualcosa – anche se non è necessaria – tutta la nostra povertà se ne va all’aria. Contribuisce molto a farci credere di possederla l’aver preso l’abitudine di dirlo. È molto utile, a questo proposito, essere sempre vigili per accorgersi della tentazione, sia nei riguardi delle virtù di cui ho parlato, sia nei riguardi di molte altre perché, quando il Signore ci dona davvero una di queste solide virtù, sembra che essa si trascini dietro tutte le altre: è un fatto assai noto. Ma torno ad avvertirvi che, anche se vi sembra d’averla, dovete temere d’ingannarvi, perché chi è veramente umile dubita sempre delle proprie virtù, e molto spesso gli appaiono più sicure e di maggior pregio quelle che vede nel suo prossimo.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)