00 18/11/2013 15:03
  Papa Francesco sta cominciando a mettere i puntini sulle "i" non sappiamo se merito anche dello scandalo (quello che Gesù definisce necessario) con l'intervista a Scalfari e se dalle parole infelici di Napolitano.... ma resta palese che l'omelia di stamani è da incorniciare e da tenere il alta considerazione... Invito TUTTI - soprattutto ai cultori del "papa-piacione" a tenerne conto per rispondere anche ai vari difensori dello spirito adulto ..... o anche per istruire .... il chè sarebbe una delle opere di carità spirituali, precetto della Chiesa 

Il Papa: Dio ci salvi dallo spirito mondano che negozia tutto e dal pensiero unico



Il Signore ci salvi dallo “spirito mondano che negozia tutto”, non solo i valori ma anche la fede. E’ quanto affermato stamani 18 novembre 2013, da Papa Francesco nella Messa alla Casa Santa Marta. Il Papa ha quindi avvertito che bisogna stare in guardia da una “globalizzazione dell’uniformità egemonica”, frutto della mondanità. Il servizio di Alessandro GisottiRealAudioMP3 


Il Popolo di Dio preferisce allontanarsi dal Signore davanti ad una proposta di mondanità. Papa Francesco ha preso spunto dalla Prima Lettura, un passo del Libro dei Maccabei, per soffermarsi sulla “radice perversa” della mondanità. Le guide del popolo, sottolinea il Papa, non vogliono più che Israele sia isolato dalle altre nazioni e così, abbandonano le proprie tradizioni, per andare a trattare con il re. Vanno a “negoziare” e sono entusiasti per questo. E’ come, annota, se dicessero “siamo progressisti, andiamo con il progresso dove va tutta la gente”. Si tratta, avverte, dello “spirito del progressismo adolescente” che “si crede che andare avanti in qualsiasi scelta è meglio che rimanere nelle abitudini della fedeltà”. Questa gente, dunque, negozia con il re “la fedeltà al Dio sempre fedele”. “Questo – è il monito del Papa – si chiama apostasia”, “adulterio”. Non stanno, infatti, negoziando alcuni valori, evidenzia, “negoziano proprio l’essenziale del suo essere: la fedeltà al Signore”. 

“E questa è una contraddizione: non negoziamo i valori ma negoziamo la fedeltà. E questo è proprio il frutto del demonio, del principe di questo mondo, che ci porta avanti con lo spirito di mondanità. E poi, accadono le conseguenze. Hanno preso le abitudini dei pagani, poi un passo avanti: il re prescrisse in tutto il suo regno che tutti formassero un solo popolo e ciascuno abbandonasse le proprie usanze. Non è la bella globalizzazione dell’unità di tutte le Nazioni, ma, ognuna con le proprie usanze ma unite, ma è la globalizzazione dell’uniformità egemonica, è proprio il pensiero unico. E questo pensiero unico è frutto della mondanità”. 

E dopo questo, rammenta, “tutti i popoli si adeguarono agli ordini del re; accettarono anche il suo culto, sacrificarono agli idoli e profanarono il sabato”. Passo dopo passo, “si va avanti su questa strada”. E alla fine, rammenta il Papa, “il re innalzò sull’altare un abominio di devastazione”: 

“Ma, Padre, questo succede anche oggi? Sì. Perché lo spirito della mondanità anche oggi c’è, anche oggi ci porta con questa voglia di essere progressisti sul pensiero unico. Se presso qualcuno veniva trovato il Libro dell’Alleanza e se qualcuno obbediva alla Legge, la sentenza del re lo condannava a morte: e questo l’abbiamo letto sui giornali, in questi mesi. Questa gente ha negoziato la fedeltà al suo Signore; questa gente, mossa dallo spirito del mondo, ha negoziato la propria identità, ha negoziato l’appartenenza ad un popolo, un popolo che Dio ama tanto, che Dio vuole come popolo suo”. 

Il Papa fa riferimento, dunque, al romanzo, di inizio ‘900, “Il padrone del mondo” che si sofferma proprio su “quello spirito di mondanità che ci porta all’apostasia”. Oggi, avverte il Papa, si pensa che “dobbiamo essere come tutti, dobbiamo essere più normali, come fanno tutti, con questo progressismo adolescente”. E poi, osserva amaramente, “segue la storia”: “le condanne a morte, i sacrifici umani”. “Ma voi – è l’interrogativo del Papa – pensate che oggi non si facciano, i sacrifici umani? Se ne fanno tanti, tanti! E ci sono delle leggi che li proteggono”: 

“Ma quello che ci consola è che davanti a questo cammino che fa lo spirito del mondo, il principe di questo mondo, il cammino di infedeltà, sempre rimane il Signore che non può rinnegare se stesso, il Fedele: Lui sempre ci aspetta, Lui ci ama tanto e Lui ci perdona quando noi, pentiti per qualche passo, per qualche piccolo passo in questo spirito di mondanità, andiamo da Lui, il Dio fedele davanti al Suo popolo che non è fedele. Con lo spirito di figli della Chiesa preghiamo il Signore perché con la Sua bontà, con la Sua fedeltà ci salvi da questo spirito mondano che negozia tutto; che ci protegga e ci faccia andare avanti, come ha fatto andare avanti il suo popolo nel deserto, portandolo per mano, come un papà porta il suo bambino. Alla mano del Signore andremo sicuri”.



del sito Radio Vaticana 


  ( P.S. vi aggiungo che il romanzo citato (e che trovate cliccando qui)  è molto caro alla tradizione della Chiesa del '900 ;-) anzi, è una delle prime letture che si consiglia di fare in questo tempo moderno....)




Il Papa: Dio ci insegni a rispettare i nonni, nella loro memoria c'è il futuro di un popolo



Un popolo che “non rispetta i nonni” è senza memoria e dunque senza futuro. È l’insegnamento offerto stamattina, 19 novembre, da Papa Francesco all’omelia della Messa celebrata in Casa S. Marta. Il Papa ha commentato la vicenda biblica dell’anziano Eleàzaro, che scelse il martirio per coerenza con la sua fede in Dio e per dare una testimonianza di rettitudine ai giovani. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3 

Scegliere la morte, anziché scamparla con l’aiuto di amici compiacenti, pur di non tradire Dio e anche per non mostrare ai giovani che in fondo l’ipocrisia può tornare utile, anche se si tratta di rinnegare la propria fede. C’è tutto questo nella vicenda del nobile Eleàzaro, figura biblica del Libro dei Maccabei proposta dalla liturgia del giorno, che agli aguzzini che volevano costringerlo all’abiura preferisce il martirio, il sacrificio della vita piuttosto che una salvezza strappata con l'ipocrisia. “Quest’uomo – osserva Papa Francesco – di fronte alla scelta fra l’apostasia e la fedeltà non dubita”, rifiutando “quell’atteggiamento del fingere, del fingere pietà, del fingere religiosità…”. Anzi, invece di badare a sé “pensa ai giovani”, a quello che il suo atto di coraggio potrà lasciare loro in ricordo:

“La coerenza di quest’uomo, la coerenza della sua fede, ma anche la responsabilità di lasciare un’eredità nobile, un’eredità vera. Noi viviamo in un tempo nel quale gli anziani non contano. E’ brutto dirlo, ma si scartano, eh? Perché danno fastidio. Gli anziani sono quelli che ci portano la storia, che ci portano la dottrina, che ci portano la fede e ce la danno in eredità. Sono quelli che, come il buon vino invecchiato, hanno questa forza dentro per darci un’eredità nobile”.

E qui Papa Francesco ricorda una storiella ascoltata da piccolo. Protagonista è una famiglia – “papà, mamma, tanti bambini” – e il nonno, che quando a tavola mangiava la zuppa “si sporcava la faccia”. Infastidito, il papà spiega ai figli perché il nonno si comporti così quindi compra un tavolino a parte dove isolare il genitore. Quello stesso papà un giorno torna a casa e vede uno dei figli giocare con il legno. “Cosa fai?”, gli chiede. “Un tavolino”, risponde il bimbo. “E perché?”. “Per te, papà, per quando tu diventi vecchio come il nonno”:

“Questa storia mi ha fatto tanto bene, tutta la vita. I nonni sono un tesoro. La Lettera agli Ebrei (13,7) ci dice: ‘Ricordatevi dei vostri capi, che vi hanno predicato, quelli che vi hanno predicato la Parola di Dio. E considerando il loro esito, imitatene la fede’. La memoria dei nostri antenati ci porta all’imitazione della fede. Davvero la vecchiaia tante volte è un po’ brutta, eh? Per le malattie che porta e tutto questo, ma la sapienza che hanno i nostri nonni è l’eredità che noi dobbiamo ricevere. Un popolo che non custodisce i nonni, un popolo che non rispetta i nonni, non ha futuro, perché non ha memoria, ha perso la memoria”.

“Ci farà bene – è il commento finale di Papa Francesco – pensare a tanti anziani e anziane, tanti che sono nelle case di riposo, e anche tanti – è brutta la parola, ma diciamola – abbandonati dai loro. Sono il tesoro della nostra società”:

“Preghiamo per i nostri nonni, le nostre nonne, che tante volte hanno avuto un ruolo eroico nella trasmissione della fede in tempo di persecuzione. Quando papà e mamma non c’erano a casa e anche avevano idee strane, che la politica di quel tempo insegnava, sono state le nonne quelle che hanno trasmesso la fede. Quarto comandamento: è l’unico che promette qualcosa in cambio. E’ il comandamento della pietà. Essere pietoso con i nostri antenati. Chiediamo oggi la grazia ai vecchi Santi - Simeone, Anna, Policarpo e Eleazaro - a tanti vecchi Santi: chiediamo la grazia di custodire, ascoltare e venerare i nostri antenati, i nostri nonni”.


del sito Radio Vaticana 





Papa Francesco: nel tempio non si va a celebrare un rito ma ad adorare Dio



Il tempio è un luogo sacro in cui ciò che più importa non è la ritualità, ma “adorare il Signore”. Lo ha affermato Papa Francesco all’omelia della Messa celebrata questa mattina, 22 novembre, a Casa S. Marta. Il Papa ha posto l’accento anche sull’essere umano che in quanto “tempio dello Spirito Santo” è chiamato ad ascoltare dentro di sé Dio, a chiederGli perdono e a seguirlo. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3 

Il Tempio è la casa di pietra dove un popolo custodisce la sua anima davanti a Dio. Ma Tempio sacro è anche il corpo di un singolo individuo, in cui Dio parla e il cuore ascolta. Papa Francesco sviluppa l’omelia su queste due dimensioni, che corrono parallele nella vita cristiana. Lo spunto è venuto dal brano liturgico dell’Antico Testamento, in cui Giuda Maccabeo riconsacra il Tempio distrutto dalle guerre. “Il Tempio – osserva il Papa – come un luogo di riferimento della comunità, un luogo di riferimento del popolo di Dio”, dove ci si reca per molti motivi uno dei quali – spiega – supera tutti gli altri:

“Il Tempio è il luogo dove la comunità va a pregare, a lodare il Signore, a rendere grazie, ma soprattutto ad adorare: nel Tempio si adora il Signore. E questo è il punto più importante. Anche, questo è valido per le cerimonie liturgiche: in questa cerimonia liturgica, cosa è più importante? I canti, i riti – belli, tutto…? Più importante è l’adorazione: tutta al comunità riunita guarda l’altare dove si celebra il sacrificio e adora. Ma, io credo – umilmente lo dico – che noi cristiani forse abbiamo perso un po’ il senso della adorazione, e pensiamo: andiamo al Tempio, ci raduniamo come fratelli – quello è buono, è bello! – ma il centro è lì dove è Dio. E noi adoriamo Dio”.

Dall’affermazione scaturisce la domanda, diretta: “I nostri templi – si chiede Papa Francesco – sono luoghi di adorazione, favoriscono l’adorazione? Le nostre celebrazioni favoriscono l’adorazione?”. Gesù – ricorda il Papa, citando il Vangelo odierno – scaccia gli “affaristi” che avevano preso il Tempio per un luogo di traffici piuttosto che di adorazione. Ma c’è un altro “Tempio” e un’altra sacralità da considerare nella vita di fede:

“San Paolo ci dice che noi siamo templi dello Spirito Santo. Io sono un tempio. Lo Spirito di Dio è in me. E anche ci dice: ‘Non rattristate lo Spirito del Signore che è dentro di voi!’. E anche qui, forse non possiamo parlare come prima dell’adorazione, ma di una sorta di adorazione che è il cuore che cerca lo Spirito del Signore dentro di sé e sa che Dio è dentro di sé, che lo Spirito Santo è dentro di sé. Lo ascolta e lo segue”.

Certo, la sequela di Dio presuppone una continua purificazione, “perché siamo peccatori”, ribadisce Papa Francesco. Che insiste: "Purificarci con la preghiera, con la penitenza, con il Sacramento della riconciliazione, con l’Eucaristia". E così, “in questi due templi – il tempio materiale, il luogo di adorazione, e il tempio spirituale dentro di me, dove abita lo Spirito Santo – in questi due templi – conclude il Papa – il nostro atteggiamento deve essere la pietà che adora e ascolta, che prega e chiede perdono, che loda il Signore”:

“E quando si parla della gioia del Tempio, si parla di questo: tutta la comunità in adorazione, in preghiera, in rendimento di grazie, in lode. Io in preghiera con il Signore, che è dentro di me perché io sono ‘tempio’. Io in ascolto, io in disponibilità. Che il Signore ci conceda questo vero senso del Tempio, per potere andare avanti nella nostra vita di adorazione e di ascolto della Parola di Dio”.











[Modificato da Caterina63 22/11/2013 12:35]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)