00 06/09/2013 10:18

PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Ascolto, rinuncia e missione

Giovedì, 5 settembre 2013

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana,Anno CLIII, n. 203, Ven. 6/09/2013)

 

Quando il Signore passa nella nostra vita, ci dice sempre una parola e ci fa una promessa. Ma ci chiede anche di spogliarci di qualcosa e ci affida una missione. Lo ha ricordato Papa Francesco durante la messa celebrata questa mattina, giovedì 5 settembre, nella cappella della Domus Sanctae Marthae.

Commentando l’episodio della «pesca miracolosa» narrato da Luca (5, 1-11) nel brano evangelico proclamato durante la liturgia, il Pontefice ha ricordato sant’Agostino, il quale «ripete una frase che mi ha sempre colpito. Dice: “Ho paura quando passa il Signore”. Perché? “Perché ho paura che passi e io non me ne accorga”. E il Signore passa nella nostra vita come è accaduto qui, nella vita di Pietro, di Giacomo, di Giovanni».

In questo caso il Signore è passato nella vita dei suoi discepoli con un miracolo. Ma, ha puntualizzato il Papa, «non sempre Gesù passa nella nostra vita con un miracolo». Anche se, ha aggiunto, «si fa sempre sentire. Sempre. E quando il Signore passa, sempre succede quello che è accaduto qui: ci dice qualcosa, ci fa sentire qualcosa, poi ci dice una parola, che è una promessa; ci chiede qualcosa nel nostro modo di vivere, di lasciare qualcosa, di spogliarci di qualcosa. E poi ci dà una missione».

Questi tre aspetti del passaggio di Gesù nella nostra vita — ci dice «una parola che è una promessa», ci chiede «di spogliarci di qualcosa», ci affida «una missione» — sono ben rappresentati dal brano di Luca. Il Santo Padre ha richiamato in particolare la reazione di Pietro al miracolo di Gesù: «Simone, che era così tanto sanguigno, è andato da lui: “Ma Signore allontanati da me che sono peccatore”. Lo sentiva davvero, perché lui era così. E Gesù cosa gli dice? “Non temere”».

«Bella questa parola, tante volte ripetuta: “Non avere paura, non temere”» ha commentato il Pontefice, aggiungendo: «E poi, e qui è la promessa, gli dice: “Ti farò pescatore di uomini”. Sempre il Signore, quando viene nella nostra vita, quando passa nel nostro cuore, ci dice una parola e ci fa una promessa: “Vai avanti, coraggio, non temere: tu farai questo!”». È «un invito a seguirlo». E «quando sentiamo questo invito e vediamo che nella nostra vita c’è qualcosa che non va, dobbiamo correggerlo» e dobbiamo essere pronti a lasciare qualsiasi cosa, con generosità. Anche se «nella nostra vita — ha precisato il Papa — c’è qualcosa di buono, Gesù ci invita a lasciarla per seguirlo più da vicino. È come è accaduto agli apostoli che hanno lasciato tutto, come dice il Vangelo: “E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono”».

La vita cristiana, dunque, «è sempre un seguire il Signore». Ma per seguirlo bisogna prima «sentire cosa ci dice»; e poi bisogna «lasciare quello che in quel momento dobbiamo lasciare e seguirlo».

Infine, c’è la missione che Gesù ci affida. Egli infatti «non dice mai: “Segui me!” senza poi dire la missione. Dice sempre: “Lascia e seguimi per questo”». Dunque se «andiamo sulla strada di Gesù — ha puntualizzato il Pontefice — è per fare qualcosa. Questa è la missione».

È «una sequenza che si ripete anche quando andiamo a pregare». Infatti «la nostra preghiera — ha sottolineato il Santo Padre — deve sempre avere questi tre momenti». Prima di tutto, l’ascolto della parola di Gesù, una parola attraverso la quale egli ci dà la pace e ci assicura la sua vicinanza. Poi il momento della nostra rinuncia: dobbiamo essere pronti a «lasciare qualcosa: “Signore, cosa vuoi che lasci per esserti più vicino?”. Forse in quel momento non lo dice. Ma noi facciamo la domanda, generosamente». Infine, il momento della missione: la preghiera ci aiuta sempre a capire quello che «dobbiamo fare».

Ecco allora la sintesi del nostro pregare: «Sentire il Signore, avere il coraggio di spogliarci di qualcosa che ci impedisce di andare di fretta per seguirlo e infine prendere la missione». Ciò non vuol dire che non si debbano affrontare delle tentazioni. Pietro, ha ricordato Papa Francesco, ha peccato gravemente rinnegando Gesù. Ma poi il Signore lo ha perdonato, Giacomo e Giovanni hanno peccato di carrierismo. Ma anche a loro il Signore ha concesso il perdono. Dunque è importante pregare tenendo ben presenti questi tre momenti. «Possiamo chiedere — ha concluso — agli apostoli, che hanno vissuto da tanto vicino queste cose, di darci la grazia di fare sempre una preghiera cercando di ascoltare la parola e la promessa di Gesù; di avere la voglia di lasciare quello che ci impedisce di seguire da vicino Gesù; e di aprire il cuore per ricevere la missione».



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Papa Francesco: la Chiesa custodisce il matrimonio, immagine dell'unione di Cristo con la Chiesa



Il cristiano sia sempre gioioso come quando si va a nozze. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani 6 settembre, alla Casa Santa Marta. Il Papa ha inoltre sottolineato che bisogna vincere la tentazione di gettare la novità del Vangelo in otri vecchi ed ha ribadito che il Sacramento del matrimonio è immagine dell’unione di Cristo con la Chiesa. Il servizio di Alessandro Gisotti:RealAudioMP3

“Quando c’è lo sposo non si può digiunare, non si può essere tristi”. Papa Francesco ha svolto la sua omelia muovendo dalla risposta di Gesù agli scribi, di cui parla il Vangelo odierno. E subito ha sottolineato che il Signore torna spesso su questa immagine dello sposo. Gesù, ha detto, ci fa vedere il rapporto fra Lui e la Chiesa come nozze. “Penso – ha osservato il Papa – che questo proprio sia il motivo più profondo perché la Chiesa custodisce tanto il Sacramento del matrimonio e lo chiama Sacramento grande, perché è proprio l’immagine dell’unione di Cristo con la Chiesa”. Il Pontefice si è dunque soffermato sui due atteggiamenti che il cristiano dovrebbe vivere in queste nozze: innanzitutto “la gioia, perché c’è una grande festa”:

“Il cristiano è fondamentalmente gioioso. E per questo alla fine del Vangelo, quando portano il vino, quando parla del vino, mi fa pensare alle nozze di Cana: e per questo Gesù ha fatto quel miracolo; per questo la Madonna, quando si è accorta che non c’era più vino, ma se non c’è vino non c’è festa… Immaginiamo finire quelle nozze, bevendo il tè o il succo: non va… è festa e la Madonna chiede il miracolo. E così è la vita cristiana. La vita cristiana ha questo atteggiamento gioioso, gioioso di cuore”.

Certo, ha aggiunto il Papa “ci sono davvero momenti di croce, momenti di dolore, ma sempre c’è quella pace profonda della gioia, perché la vita cristiana si vive come festa, come le nozze di Gesù con la Chiesa”. Ed ha ricordato come alcuni dei primi martiri andassero al martirio come se si andasse a nozze; anche in quel momento avevano “un cuore gioioso”. La Chiesa, ha poi ribadito, si unisce col Signore “come una sposa col suo sposo e alla fine del mondo sarà la festa definitiva”. Il secondo atteggiamento che deve tenere il cristiano, ha proseguito, lo troviamo nella parabola delle nozze del figlio del re. Tutti vengono invitati alla festa, buoni e cattivi. Ma quando inizia la festa, il re guarda chi non ha la veste nuziale:

“A noi viene l’idea: ‘Ma, padre, com’è? Sono stati trovati negli incroci delle strade e si chiede loro la veste nuziale? Questo non va… Cosa significa questo?’. E’ semplicissimo! Soltanto Dio ci chiede una cosa per entrare in questa festa: la totalità. Lo Sposo è il più importante; lo Sposo riempie tutto! E questo ci porta alla prima Lettura, che ci parla tanto fortemente della totalità di Gesù, primogenito di tutta la creazione. In Lui furono create tutte le cose, per mezzo di Lui sono state create e in vista di Lui. Tutto! Lui è il centro, proprio tutto!”.

Gesù, ha soggiunto, “è anche il capo del Corpo della Chiesa; Egli è principio. E Dio ha dato a Lui la pienezza, la totalità, perché in Lui siano riconciliate tutte le cose”. Se dunque il primo atteggiamento è la festa, ha detto Papa Francesco, “il secondo atteggiamento è riconoscere Lui come l’Unico!”. Il Signore, ha detto ancora, “soltanto ci chiede questo: riconoscere Lui come l’Unico Sposo”. Lui “è sempre fedele e chiede a noi la fedeltà”. Ecco perché quando vogliamo “avere una piccola festicciola nostra, che non sia questa grande festa, non va”. Il Signore, ha ribadito, ci dice che non si possono servire due padroni: o si serve Dio o si serve il mondo:

“Questo è il secondo atteggiamento cristiano: riconoscere Gesù come il tutto, il centro, la totalità. Ma sempre avremo la tentazione di buttare questa novità del Vangelo, questo vino nuovo in atteggiamenti vecchi… E’ il peccato, tutti siamo peccatori. Ma riconoscerlo: ‘Questo è un peccato’. Non dire questo va con questo. No! Gli otri vecchi non possono portare il vino nuovo. E’ la novità del Vangelo. Gesù è lo sposo, lo sposo che sposa la Chiesa, lo sposo che ama la Chiesa, che dà la sua vita per la Chiesa. E Gesù fa questa festa di nozze! Gesù ci chiede a noi la gioia della festa, la gioia di essere cristiani. E ci chiede pure la totalità: è tutto Lui. E se noi abbiamo qualcosa che non è di Lui, pentirsi, chiedere perdono e andare avanti. Che il Signore ci dia, a tutti noi, la grazia di avere sempre questa gioia, come se andassimo a nozze. E anche avere questa fedeltà che è l’unico sposo è il Signore”.




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Il Papa: guardarsi da devozioni e rivelazioni che non portano a Cristo, il centro sia sempre Gesù



Il cristiano non deve mai dimenticare che il centro della sua vita è Gesù Cristo: è quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa di questo sabato alla Casa Santa Marta. Il Papa ha affermato che dobbiamo vincere la tentazione di essere “cristiani senza Gesù” o cristiani che “cercano soltanto devozioni, ma Gesù non c’è”. Il servizio di Alessandro Gisotti:RealAudioMP3

Papa Francesco ha dedicato tutta la sua omelia alla centralità di Gesù nella vita del cristiano. “Gesù – ha detto – è il centro. Gesù è il Signore”. Eppure, ha constatato, questa parola non sempre la capiamo bene, “non si capisce tanto facilmente”. Gesù, ha affermato, “non è un signore tale o quale” ma “il Signore, l’unico Signore”. Ed è Lui il centro che “ci rigenera e ci fonda”, questo è il Signore: “il centro”. I farisei di cui ci parla il Vangelo odierno, ha quindi osservato, mettevano “il centro della loro religiosità in tanti comandamenti”. E anche oggi, “se non c’è Gesù al centro, ci saranno altre cose”. Ed ecco che allora “incontriamo tanti cristiani senza Cristo, senza Gesù”:

“Per esempio, quelli che hanno la malattia dei farisei e sono cristiani che mettono la loro fede, la loro religiosità in tanti comandamenti: in tanti … ‘Ah, devo fare questo, devo fare questo, devo fare questo…’. Cristiani di atteggiamento … ‘Ma perché fai questo?’ – ‘No: si deve fare!’. ‘Ma perché?’ – ‘Ah, non so, ma si deve fare’. E Gesù, dov’è? Un comandamento è valido se viene da Gesù: io faccio questo perché il Signore vuole che io faccia questo. Ma siccome io sono un cristiano senza Cristo, faccio questo e non so perché lo devo fare”.

Ci sono, ha aggiunto, “altri cristiani senza Cristo: quelli che soltanto cercano devozioni”, “ma Gesù non c’è”. “Se le tue devozioni ti portano a Gesù – ha detto il Papa - quello va bene. Ma se tu rimani lì, qualcosa non va”. C’è poi, ha proseguito, “un altro gruppo di cristiani senza Cristo: quelli che cercano cose un po’ rare, un po’ speciali, che vanno dietro a delle rivelazioni private”, mentre la Rivelazione si è conclusa con il Nuovo Testamento. Il Papa ha avvertito in questi cristiani la voglia di andare “allo spettacolo della rivelazione, a sentire delle cose nuove”. “Ma – è l’esortazione rivolta loro dal Papa - prendi il Vangelo!”:

“Ma, padre, qual è la regola per essere cristiano con Cristo, e non diventare cristiani senza Cristo? E qual è il segno che una persona è un cristiano con Cristo?”. La regola è semplice: soltanto è valido quello che ti porta a Gesù, e soltanto è valido quello che viene da Gesù. Gesù è il centro, il Signore, come Lui stesso dice. Questo ti porta a Gesù? Vai avanti. Questo comandamento, questo atteggiamento viene da Gesù? Vai avanti. Ma se non ti porta a Gesù e se non viene da Gesù, ma … non si sa, è un po’ pericoloso”.

E ancora, si chiede il Papa: “Qual è il segno che io sono cristiano con Gesù?”. Il segno, ha detto, è semplice: è quello del cieco nato che si prostra davanti a Gesù per adorarlo:

“Ma se tu non riesci ad adorare Gesù, qualcosa ti manca. Una regola, un segno. La regola è: sono un buon cristiano, sono sulla strada del buon cristiano se faccio quello che viene da Gesù e faccio quello che mi porta a Gesù, perché Lui è il centro. Il segno è: sono capace di adorare; l’adorazione. Questa preghiera di adorazione davanti a Gesù. Il Signore ci faccia capire che soltanto Lui è il Signore, è l’unico Signore. E ci dia anche la grazia di amarLo tanto, di seguirLo, di andare sulla strada che Lui ci ha insegnato”.



del sito Radio Vaticana 

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[Modificato da Caterina63 08/09/2013 00:01]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)