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Il Papa: custodiamo la nostra piccolezza per dialogare con il Signore



Custodiamo la nostra piccolezza per dialogare con la grandezza del Signore. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, oggi 21 gennaio 2014. Il Pontefice ha sottolineato che il Signore ha con noi un rapporto personale, non è mai un dialogo con la massa. Il Signore, ha proseguito, sceglie sempre i piccoli, chi ha meno potere perché guarda alla nostra umiltà. Il servizio di Alessandro Gisotti:RealAudioMP3 

Il Signore e i piccoli. Papa Francesco ha incentrato la sua omelia su questo binomio e subito ha sottolineato che “il rapporto del Signore con il suo popolo è un rapporto personale” è “sempre, da persona a persona”. Lui, ha soggiunto, “è il Signore e il popolo ha nome”, “non è un dialogo fra il potente e la massa”. E’ un dialogo “personale”: 

“E in un popolo, ognuno ha il suo posto. Mai il Signore parla alla gente così, alla massa, mai. Sempre parla personalmente, con i nomi. E sceglie personalmente. Il racconto della creazione è una figura che fa vedere questo: è lo stesso Signore che con le sue mani artigianalmente fa l’uomo e gli dà un nome: 'Tu ti chiami Adam'. E così incomincia quel rapporto fra Dio e la persona. E c’è un’altra cosa, c’è un rapporto fra Dio e noi piccoli: Dio, il grande, e noi piccoli. Dio, quando deve scegliere le persone, anche il suo popolo, sempre sceglie i piccoli”.

Dio, ha proseguito, sceglie il suo popolo perché è “il più piccolo”, ha “meno potere” degli altri popoli. C’è proprio un “dialogo fra Dio e la piccolezza umana”. Anche la Madonna dirà: “Il Signore ha guardato la mia umiltà”. Il Signore “ha scelto i piccoli”. Nella prima Lettura di oggi, ha osservato, “si vede questo atteggiamento del Signore, chiaramente”. Il profeta Samuele sta davanti al più grande dei figli di Iesse e pensa che sia “il suo consacrato, perché era un uomo alto, grande”. Ma il Signore, ha osservato il Papa, gli dice di “non guardare al suo aspetto né alla sua statura” e aggiunge: “Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo”. Infatti, ha ribadito il Pontefice, “l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore. Il Signore sceglie secondo i suoi criteri”. E sceglie “i deboli e i miti, per confondere i potenti della terra”. Alla fine, dunque, “il Signore sceglie Davide, il più piccolo”, che “non contava per il padre”. “Non era a casa”, era “a custodire le pecore”. Eppure, proprio Davide “è stato eletto”: 

“Tutti noi col Battesimo siamo stati eletti dal Signore. Tutti siamo eletti. Ci ha scelto uno per uno. Ci ha dato un nome e ci guarda. C’è un dialogo, perché così ama il Signore. Anche Davide poi è diventato re e ha sbagliato. Ne ha fatti forse tanti, ma la Bibbia ci racconta due sbagli forti, due sbagli di quelli pesanti. Cosa ha fatto Davide? Si è umiliato. E’ tornato alla sua piccolezza e ha detto: ‘Sono peccatore’. E ha chiesto perdono e ha fatto penitenza”. 

E dopo il secondo peccato, ha proseguito, Davide ha detto al Signore: “Punisci me, non il popolo. Il popolo non ha la colpa, io sono colpevole”. Davide, è stata la riflessione del Papa, “ha custodito la sua piccolezza, col pentimento, con la preghiera, con il pianto”. “Pensando queste cose, a questo dialogo fra il Signore e la nostra piccolezza”, ha soggiunto, “mi domando dov’è la fedeltà cristiana”: 

“La fedeltà cristiana, la nostra fedeltà, è semplicemente custodire la nostra piccolezza, perché possa dialogare con il Signore. Custodire la nostra piccolezza. Per questo l’umiltà, la mitezza, la mansuetudine sono tanto importanti nella vita del cristiano, perché è una custodia della piccolezza, alla quale piace guardare il Signore. E sarà sempre il dialogo fra la nostra piccolezza e la grandezza del Signore. Ci dia il Signore, per intercessione di San Davide - anche per intercessione della Madonna che cantava gioiosa a Dio, perché aveva guardato la sua umiltà - ci dia il Signore la grazia di custodire la nostra piccolezza davanti a Lui”.







 

Papa Francesco: gelosie, invidie e chiacchiere dividono e distruggono le comunità cristiane



I cristiani chiudano le porte a gelosie, invidie e chiacchiere che dividono e distruggono le nostre comunità: è l’esortazione lanciata da Papa Francesco, stamani 23 gennaio 2014, nella Messa presieduta a Santa Marta nella sesta giornata di preghiera per l’unità dei cristiani. Ce ne parla Sergio Centofanti:RealAudioMP3 

La riflessione del Papa è partita dalla prima lettura del giorno che parla della vittoria degli israeliti sui filistei grazie al coraggio del giovane Davide. La gioia della vittoria si trasforma presto in tristezza e gelosia per il re Saul di fronte alle donne che lodano Davide per aver ucciso Golia. Allora, “quella grande vittoria – afferma Papa Francesco - incomincia a diventare sconfitta nel cuore del re” in cui si insinua, come accadde in Caino, il “verme della gelosia e dell’invidia”. E come Caino con Abele, il re decide di uccidere Davide. “Così fa la gelosia nei nostri cuori – osserva il Papa - è un’inquietudine cattiva, che non tollera che un fratello o una sorella abbia qualcosa che io non ho”. Saul, “invece di lodare Dio, come facevano le donne d’Israele, per questa vittoria, preferisce chiudersi in se stesso, rammaricarsi” e “cucinare i suoi sentimenti nel brodo dell’amarezza”: 

“La gelosia porta ad uccidere. L’invidia porta ad uccidere. E’ stata proprio questa porta, la porta dell’invidia, per la quale il diavolo è entrato nel mondo. La Bibbia dice: ‘Per l’invidia del diavolo è entrato il male nel mondo’. La gelosia e l’invidia aprono le porte a tutte le cose cattive. Anche divide la comunità. Una comunità cristiana, quando soffre – alcuni dei membri – di invidia, di gelosia, finisce divisa: uno contro l’altro. E’ un veleno forte questo. E’ un veleno che troviamo nella prima pagina della Bibbia con Caino”. 

Nel cuore di una persona colpita dalla gelosia e dall’invidia – sottolinea ancora il Papa - accadono “due cose chiarissime”. La prima cosa è l’amarezza: 

“La persona invidiosa, la persona gelosa è una persona amara: non sa cantare, non sa lodare, non sa cosa sia la gioia, sempre guarda ‘che cosa ha quello ed io non ne ho’. E questo lo porta all’amarezza, un’amarezza che si diffonde su tutta la comunità. Sono, questi, seminatori di amarezza. E il secondo atteggiamento, che porta la gelosia e l’invidia, sono le chiacchiere. Perché questo non tollera che quello abbia qualcosa, la soluzione è abbassare l’altro, perché io sia un po’ alto. E lo strumento sono le chiacchiere. Cerca sempre e vedrai che dietro una chiacchiera c’è la gelosia e c’è l’invidia. E le chiacchiere dividono la comunità, distruggono la comunità. Sono le armi del diavolo”. 

“Quante belle comunità cristiane” – ha esclamato il Papa – procedevano bene, ma poi in uno dei membri è entrato il verme della gelosia e dell’invidia e, con questo, la tristezza, il risentimento dei cuori e le chiacchiere. “Una persona che è sotto l’influsso dell’invidia e della gelosia – ribadisce – uccide”, come dice l’apostolo Giovanni: “Chi odia il suo fratello è un omicida”. E “l’invidioso, il geloso, incomincia ad odiare il fratello”. Quindi, conclude:

“Oggi, in questa Messa, preghiamo per le nostre comunità cristiane, perché questo seme della gelosia non venga seminato fra noi, perché l’invidia non prenda posto nel nostro cuore, nel cuore delle nostre comunità, e così possiamo andare avanti con la lode del Signore, lodando il Signore, con la gioia. E’ una grazia grande, la grazia di non cadere nella tristezza, nell’essere risentiti, nella gelosia e nell’invidia”.







Papa Francesco: con gli altri costruire sempre ponti di dialogo non muri di risentimento



Non è facile costruire il dialogo con gli altri, specie se da loro ci divide un rancore. Ma il cristiano cerca sempre questa strada di ascolto e riconciliazione, con umiltà e mitezza, perché è ciò che ha insegnato Gesù. È il pensiero di sintesi dell’omelia tenuta da Papa Francesco alla Messa mattutina in Casa S. Marta, oggi 24 gennaio. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3 

Mi spezzo ma non mi piego, afferma una certa saggezza popolare. Mi piego pur di non spezzare, suggerisce la sapienza cristiana. Due modi di intendere la vita: il primo, con la sua durezza, facilmente destinato ad alzare muri di incomunicabilità tra le persone, fino alla degenerazione dell’odio. Il secondo incline a gettare ponti di comprensione, anche dopo un diverbio, una lite. Ma, avverte Papa Francesco, a patto di ricercare e praticare “l’umiltà”.
L’omelia a Casa Santa Marta è una prosecuzione di quella di ieri. Al centro della lettura liturgica, e della riflessione del Papa, ancora lo scontro tra il Re Saul e Davide. Il secondo, a un tratto, ha l’occasione di uccidere il primo ma, osserva Papa Francesco, sceglie “un’altra strada: la strada di avvicinarsi, di chiarire la situazione, di spiegarsi. La strada del dialogo per fare la pace”:

“Per dialogare è necessaria la mitezza, senza gridare. E necessario anche pensare che l’altra persona ha qualcosa di più di me, e Davide lo pensava: ‘Lui è l’unto del Signore, è più importante di me’. L’umiltà, la mitezza… Per dialogare, è necessario fare quello che abbiamo chiesto oggi nella preghiera, all’inizio della Messa: farsi tutto a tutti. Umiltà, mitezza, farsi tutto a tutti e anche – però non è scritto nella Bibbia – tutti sappiamo che per fare queste cose bisogna ingoiare tanti rospi. Ma, dobbiamo farlo, perché la pace si fa così: con l’umiltà, l’umiliazione, cercando sempre di vedere nell’altro l’immagine di Dio”.

“Dialogare è difficile”, riconosce Papa Francesco. Ma peggio del tentare di costruire un ponte con un avversario è lasciar ingigantire nel cuore il rancore verso di lui. In questo modo, afferma, restiamo “isolati in questo brodo amaro del nostro risentimento”. Un cristiano, invece, ha per modello Davide, che vince l’odio con “un atto di umiltà”:

“Umiliarsi, e sempre fare il ponte, sempre. Sempre. E questo è essere cristiano. Non è facile. Non è facile. Gesù lo ha fatto: si è umiliato fino alla fine, ci ha fatto vedere la strada. Ed è necessario che non passi tanto tempo: quando c’è il problema, il più presto possibile, nel momento in cui si possa fare, dopo che è passata la tormenta, avvicinarsi al dialogo, perché il tempo fa crescere il muro, come fa crescere l’erba cattiva che impedisce la crescita del grano. E quando i muri crescono è tanto difficile la riconciliazione: è tanto difficile!”.

Non è un problema se “alcune volte volano i piatti” – “in famiglia, nelle comunità, nei quartieri” – ripete Papa Francesco. L’importante è “cercare la pace il più presto possibile”, con una parola, un gesto. Un ponte piuttosto che un muro, come quello che per tanti anni ha diviso Berlino. Perché “anche, nel nostro cuore – dice Papa Francesco – c’è la possibilità di diventare Berlino con il Muro con altri”:

“Io ho paura di questi muri, di questi muri che crescono ogni giorno e favoriscono i risentimenti. Anche l’odio. Pensiamo a questo giovane Davide: avrebbe potuto vendicarsi perfettamente, avrebbe potuto mandare via il re e lui ha scelto la strada del dialogo, con l’umiltà, la mitezza, la dolcezza. Oggi, possiamo chiedere a San Francesco di Sales, Dottore della dolcezza, che dia a tutti noi la grazia di fare ponti con gli altri, mai muri”.











Papa Francesco: grazie ai tanti sacerdoti santi che danno la loro vita nel silenzio



La Chiesa non si può capire come semplice organizzazione umana, la differenza la fa l'unzione che dona a vescovi e sacerdoti la forza dello Spirito per servire il popolo di Dio: è quanto ha affermato Papa Francesco nella Messa presieduta stamani 27 gennaio  a Santa Marta. Il Pontefice ha ringraziato i tanti sacerdoti santi che danno la vita nell'anonimato del loro servizio quotidiano. Ce ne parla Sergio Centofanti:RealAudioMP3 

Commentando la prima lettura del giorno, che parla delle tribù d’Israele che ungono Davide come loro re, il Papa spiega il significato spirituale dell’unzione. “Senza questa unzione – ha affermato - Davide sarebbe stato soltanto il capo” di “un’azienda”, di una “società politica, che era il Regno d’Israele”, sarebbe stato un semplice “organizzatore politico”. Invece, “dopo l’unzione, lo Spirito del Signore” scende su Davide e rimane con lui. E la Scrittura dice: “Davide andava sempre più crescendo in potenza e il Signore Dio degli eserciti era con lui”. “Questa – osserva Papa Francesco - è proprio la differenza dell’unzione”. L’unto è una persona scelta dal Signore. Così è nella Chiesa per i vescovi e i preti:

“I vescovi non sono eletti soltanto per portare avanti un’organizzazione, che si chiama Chiesa particolare, sono unti, hanno l’unzione e lo Spirito del Signore è con loro. Ma tutti i vescovi, tutti siamo peccatori, tutti! Ma siamo unti. Ma tutti vogliamo essere più santi ogni giorno, più fedeli a questa unzione. E quello che fa la Chiesa proprio, quello che dà l’unità alla Chiesa, è la persona del vescovo, in nome di Gesù Cristo, perché è unto, non perché è stato votato dalla maggioranza. Perché è unto. E in questa unzione una Chiesa particolare ha la sua forza. E per partecipazione anche i preti sono unti”. 

L’unzione – prosegue il Papa – avvicina i vescovi e i preti al Signore e dà loro la gioia e la forza “di portare avanti un popolo, di aiutare un popolo, di vivere al servizio di un popolo”. Dona la gioia di sentirsi “eletti dal Signore, guardati dal Signore, con quell’amore con cui il Signore ci guarda, tutti noi”. Così, “quando pensiamo ai vescovi e ai preti, dobbiamo pensarli così: unti”: 

“Al contrario non si capisce la Chiesa, ma non solo non si capisce, non si può spiegare come la Chiesa vada avanti soltanto con le forze umane. Questa diocesi va avanti perché ha un popolo santo, tante cose, e anche un unto che la porta, che l’aiuta a crescere. Questa parrocchia va avanti perché ha tante organizzazioni, tante cose, ma anche ha un prete, un unto che la porta avanti. E noi nella storia conosciamo una minima parte, ma quanti vescovi santi, quanti sacerdoti, quanti preti santi che hanno lasciato la loro vita al servizio della diocesi, della parrocchia; quanta gente ha ricevuto la forza della fede, la forza dell’amore, la speranza da questi parroci anonimi, che noi non conosciamo. Ce ne sono tanti!”

Sono tanti – dice Papa Francesco – “i parroci di campagna o parroci di città, che con la loro unzione hanno dato forza al popolo, hanno trasmesso la dottrina, hanno dato i sacramenti, cioè la santità”:

“’Ma, padre, io ho letto su un giornale che un vescovo ha fatto tal cosa o che un prete ha fatto tal cosa!’. ‘Eh sì, anche io l’ho letto, ma, dimmi, sui giornali vengono le notizie di quello che fanno tanti sacerdoti, tanti preti in tante parrocchie di città e di campagna, tanta carità che fanno, tanto lavoro che fanno per portare avanti il loro popolo?’. Ah, no! Questa non è notizia. Eh, quello di sempre: fa più rumore un albero che cade, che una foresta che cresce. Oggi pensando a questa unzione di Davide, ci farà bene pensare ai nostri vescovi e ai nostri preti coraggiosi, santi, buoni, fedeli e pregare per loro. Grazie a loro oggi noi siamo qui!”.













[Modificato da Caterina63 27/01/2014 15:04]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)