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Il Papa: non trasformiamo la memoria in semplice ricordo, la Messa non è un evento sociale



“Quando Dio viene e si avvicina sempre c’è festa”: è quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa alla Casa Santa Marta, 3 ottobre 2013, alla quale hanno partecipato anche i porporati del “Consiglio di cardinali” riunito in questi giorni in Vaticano con il Pontefice. Nell’omelia, il Papa ha sottolineato che non bisogna trasformare la memoria della salvezza in un ricordo, in “un evento abituale”. La Messa, ha ribadito, non è un evento sociale ma presenza del Signore in mezzo a noi. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Esdra legge dall’alto il Libro della Legge, che si pensava perduto, e il popolo commosso piange di gioia. Papa Francesco ha preso spunto dal brano del Libro di Neemia, nella Prima lettura di oggi, per incentrare la sua omelia sul tema della memoria. Il Popolo di Dio, ha osservato, “aveva la memoria della Legge, ma era una memoria lontana”, in quel giorno invece “la memoria si è fatta vicina” e “questo tocca il cuore”. Piangevano “di gioia, non di dolore”, ha detto, “perché avevano l’esperienza della vicinanza della salvezza”:

“E questo è importante non solamente nei grandi momenti storici, ma nei momenti della nostra vita: tutti abbiamo la memoria della salvezza, tutti. Ma mi domando: questa memoria è vicina a noi, o è una memoria un po’ lontana, un po’ diffusa, un po’ arcaica, un po’ di museo … può andarsene lontano … E quando la memoria non è vicina, quando noi non abbiamo questa esperienza della vicinanza della memoria, questa entra in un processo di trasformazione, e la memoria diventa un semplice ricordo”.

Quando la memoria si fa lontana, ha aggiunto, “si trasforma in ricordo; ma quando si fa vicina, si trasforma in gioia e questa è la gioia del popolo”. Questo, ha detto ancora, costituisce “un principio della nostra vita cristiana”. Quando la memoria si fa vicina, ha ribadito, “fa due cose: riscalda il cuore e ci dà gioia”:

“E questa gioia è la nostra forza. La gioia della memoria vicina. Invece, la memoria addomesticata, che si allontana e diventa un semplice ricordo, non riscalda il cuore, non ci dà gioia e non ci dà forza. Questo incontro con la memoria è un evento di salvezza, è un incontro con l’amore di Dio che ha fatto storia con noi e ci ha salvati; è un incontro di salvezza. Ed è tanto bello essere salvati, che bisogna fare festa”.

“Quando Dio viene e si avvicina – ha affermato - sempre c’è festa”. E “tante volte – ha constatato – noi cristiani abbiamo paura della festa: questa festa semplice e fraterna che è un dono della vicinanza del Signore”. La vita, ha soggiunto, “ci porta ad allontanare questa vicinanza, soltanto a mantenere il ricordo della salvezza, non la memoria che è viva”. La Chiesa, ha sottolineato, ha la “sua memoria”: la “memoria della Passione del Signore”. Anche a noi, ha avvertito, accade però “di allontanare questa memoria e trasformarla in un ricordo, in un evento abituale”:

“Ogni settimana andiamo in chiesa, oppure è morto quello, andiamo al funerale … e questa memoria, tante volte, ci annoia, perché non è vicina. E’ triste, ma la Messa tante volte si trasforma in un evento sociale e non siamo vicini alla memoria della Chiesa, che è la presenza del Signore davanti a noi. Immaginiamo questa bella scena nel Libro di Neemia: Esdra che porta il Libro della memoria di Israele e il popolo che si avvicina alla sua memoria e piange, il cuore è riscaldato, è gioioso, sente che la gioia del Signore è la sua forza. E fa festa, senza paura, semplicemente”.

“Chiediamo al Signore – ha concluso il Papa – la grazia di avere sempre la sua memoria vicina a noi, una memoria vicina e non addomesticata dall’abitudine, da tante cose, e allontanata in un semplice ricordo”.




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Il Papa: un “lontano” può ascoltare la voce del Signore, il "vicino" può chiudere il cuore a Dio



Lasciamoci scrivere la nostra vita da Dio. E’ l’esortazione levata stamani, 7 ottobre,  da Papa Francesco che, nella Messa alla Casa Santa Marta, si è soffermato sulle figure di Giona e del Buon Samaritano. A volte, ha osservato il Papa, può succedere che anche un cristiano, un cattolico fugga da Dio, mentre un peccatore, considerato lontano da Dio, ascolti la voce del Signore. Il servizio di Alessandro Gisotti:RealAudioMP3

Giona serve il Signore, prega tanto e fa del bene, ma quando il Signore lo chiama comincia a fuggire. Papa Francesco ha svolto la sua omelia incentrandola sul tema della “fuga da Dio”. Giona, sottolinea, “aveva la sua storia scritta” e “non voleva essere disturbato”. Il Signore lo invia a Ninive e lui “prende una nave per la Spagna. Fuggiva dal Signore”:

“La fuga da Dio. Si può fuggire da Dio, ma [pur] essendo cristiano, essendo cattolico, essendo dell’Azione Cattolica, essendo prete, vescovo, Papa … tutti, tutti possiamo fuggire da Dio! E’ una tentazione quotidiana.
Non ascoltare Dio, non ascoltare la sua voce, non sentire nel cuore la sua proposta, il suo invito. Si può fuggire direttamente.
Ci sono altre maniere di fuggire da Dio, un po’ più educate, un po’ più sofisticate, no? Nel Vangelo, c’è quest’uomo mezzo morto, buttato sul pavimento della strada, e per caso un sacerdote scendeva per quella medesima strada – un degno sacerdote, proprio con la talare, bene, bravissimo! Ha visto e ha guardato: ‘Arrivo tardi a Messa’, e se n’è andato oltre. Non aveva sentito la voce di Dio, lì”.


Passa poi un levita, che, dice il Papa, avrà forse pensato: “Se io lo prendo o se io mi avvicino, forse sarà morto, e domani devo andare dal giudice e dare la testimonianza…” e passò oltre. Anche lui, osserva il Papa, fugge “da questa voce di Dio”. E aggiunge: “Soltanto ha la capacità di capire la voce di Dio uno che abitualmente fuggiva da Dio, un peccatore”, un samaritano. Questo, constata, “è un peccatore, lontano da Dio”, eppure “ha sentito la voce di Dio e si è avvicinato”. Il samaritano, osserva, “non era abituato alle pratiche religiose, alla vita morale, anche teologicamente era sbagliato”, perché i samaritani “credevano che Dio si dovesse adorare da un’altra parte e non dove voleva il Signore”. E tuttavia, è stata la sua riflessione, il samaritano “ha capito che Dio lo chiamava, e non fuggì”. “Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite versandovi olio e vino, poi lo caricò sulla cavalcatura” e ancora “lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Ha perso tutta la serata”:

“Il sacerdote è arrivato in tempo per la Santa Messa, e tutti i fedeli contenti; il levita ha avuto, il giorno dopo, una giornata tranquilla secondo quello che lui aveva pensato di fare, perché non ha avuto tutto questo imbroglio di andare dal giudice e tutte queste cose … E perché Giona fuggì da Dio? Perché il sacerdote fuggì da Dio? Perché il levita fuggì da Dio? Perché avevano il cuore chiuso, e quando tu hai il cuore chiuso, non può sentire la voce di Dio. Invece, un samaritano che era in viaggio ‘vide e ne ebbe compassione’: aveva il cuore aperto, era umano. E l’umanità lo avvicinò”.

“Giona – osserva il Papa - aveva un disegno della sua vita: lui voleva scrivere la sua storia” e così anche il sacerdote e il levita. “Un disegno di lavoro”. Invece, prosegue il Pontefice, questo peccatore, il samaritano “si è lasciato scrivere la vita da Dio: ha cambiato tutto, quella sera, perché il Signore gli ha avvicinato la persona di questo povero uomo, ferito, malamente ferito, buttato sulla strada”:

“Io mi domando, a me, e domando anche a voi: ci lasciamo scrivere la vita, la nostra vita, da Dio o vogliamo scriverla noi? E questo ci parla della docilità: siamo docili alla Parola di Dio? ‘Sì, io voglio essere docile!’. Ma tu, hai capacità di ascoltarla, di sentirla? Tu hai capacità di trovare la Parola di Dio nella storia di ogni giorno, o le tue idee sono quelle che ti reggono, e non lasci che la sorpresa del Signore ti parli?”

“Tre persone che sono in fuga da Dio – ha riassunto il Papa - e un’altra in situazione irregolare” che è “capace di ascoltare, aprire il cuore e non fuggire”. Sono sicuro, ha detto il Pontefice, che tutti noi vediamo che “il samaritano, il peccatore, non è fuggito da Dio”. Il Signore, ha concluso, “ci conceda di sentire la voce del Signore, la Sua voce, che ci dice: Va e anche tu fa così!”.


del sito Radio Vaticana 

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MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Chi sceglie la parte migliore

Martedì, 8 ottobre 2013

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana,Anno CLIII, n. 231, Merc. 09/10/2013)

 

Pregare significa aprire la porta al Signore affinché possa fare qualcosa per risistemare le nostre cose. Il sacerdote che fa il suo dovere, ma non apre la porta al Signore, rischia di diventare solo un “professionista”. Papa Francesco, durante la messa celebrata questa mattina martedì 8 ottobre, nella cappella di Santa Marta, si è soffermato sul valore della preghiera: non quella “a pappagallo” ma quella “fatta con il cuore” che porta «a guardare il Signore, ad ascoltare il Signore, a chiedere al Signore».

La riflessione si è sviluppata a partire dalle letture della liturgia, tratte dal libro di Giona (3, 1-10) e dal Vangelo di Luca (10, 38-42). In particolare, facendo riferimento al brano evangelico il Pontefice ha proposto come modello da seguire l’atteggiamento di Maria, una delle due donne che avevano ospitato Gesù nella loro casa. Maria infatti si ferma ad ascoltare e a guardare il Signore, mentre Marta, la sorella, continua a occuparsi delle faccende di casa.

«La parola del Signore — ha esordito il Papa — è chiara: Maria ha scelto la parte migliore, quella della preghiera, quella della contemplazione di Gesù. Agli occhi della sorella era perdere tempo». Maria si ferma a guardare il Signore come una bambina meravigliata, «invece di lavorare come faceva lei».

L’atteggiamento di Maria è quello giusto perché, ha spiegato il Pontefice, ella «ascoltava il Signore e pregava con il suo cuore». Ecco cosa «vuole dirci il Signore. Il primo compito nella vita è questo: la preghiera. Ma non la preghiera delle parole come i pappagalli, ma la preghiera del cuore», attraverso la quale è possibile «guardare il Signore, ascoltare il Signore, chiedere al Signore. E noi sappiamo che la preghiera fa dei miracoli».

La stessa cosa insegna l’episodio narrato nel libro di Giona: un “testardo” lo ha definito il Santo Padre perché «non voleva fare quello che il Signore gli chiedeva». Solo dopo che il Signore lo ebbe salvato dal ventre di una balena, ha ricordato il Pontefice, Giona si decise: «Signore farò quello che tu dici. E andò per le strade di Ninive» annunciando la sua profezia: la città sarebbe stata distrutta da Dio se i cittadini non avessero cambiato in meglio il loro modo di vivere. Giona «era un profeta “professionista” — ha precisato il vescovo di Roma — e diceva: ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta. Lo diceva seriamente, con forza. E questi niniviti si sono spaventati e hanno cominciato a pregare con le parole, con il cuore, con il corpo. La preghiera ha fatto il miracolo».

Anche in questo racconto, ha affermato Papa Francesco, «si vede quello che Gesù dice a Marta: Maria ha scelto la parte migliore. La preghiera fa miracoli, davanti ai problemi» che ci sono nel mondo. Ma ci sono anche quelli che il Papa ha definito «pessimisti». Queste persone «dicono: niente si può cambiare, la vita è così. Mi fa pensare a una canzone triste della mia terra che dice: lasciamo perdere. Laggiù nel forno ci incontreremo tutti».

Certo, ha sottolineato, è una visione «un po’ pessimista della vita» che ci porta a chiederci: «Perché pregare? Ma lascia perdere, la vita è così! Andiamo avanti. Facciamo quello che possiamo». È questo l’atteggiamento avuto da Marta, ha spiegato il Pontefice, la quale «faceva cose, ma non pregava». E poi c’è il comportamento di altri, come quel «testardo Giona». Questi sono «i giustizieri». Giona «andava e profetizzava; ma nel suo cuore diceva: se la meritano, se la meritano, se la sono cercata. Lui profetizzava, ma non pregava, non chiedeva al Signore perdono per loro, soltanto li bastonava». Questi, ha sottolineato il Santo Padre, «si credono giusti». Ma alla fine, come è capitato con Giona, si rivelano degli egoisti.

Giona, per esempio, ha spiegato ancora il Papa, quando Dio ha salvato il popolo di Ninive, «si è arrabbiato con il Signore: ma tu sempre sei così, sempre perdoni!». E «anche noi — ha commentato il Pontefice — quando non preghiamo, quello che facciamo è chiudere la porta al Signore» cosicché «lui non possa fare nulla. Invece la preghiera davanti a un problema, a una situazione difficile, a una calamità, è aprire la porta al Signore, perché venga»: lui, infatti, sa «risistemare le cose».

In conclusione Papa Francesco ha esortato a pensare a Maria, la sorella di Marta, che «ha scelto la parte migliore e ci fa vedere la strada, come si apre la porta al Signore», al re di Ninive «che non era un santo», a tutto il popolo: «Facevano cose brutte. Ma quando hanno pregato, digiunato e hanno aperto la porta al Signore, il Signore ha fatto il miracolo del perdono. E pensiamo a Giona che non pregava, fuggiva da Dio sempre. Profetizzava, era forse un buon “professionista”, possiamo dire oggi un buon prete che faceva i suoi compiti, ma mai apriva la porta al Signore con la preghiera. Chiediamo al Signore che ci aiuti a scegliere sempre la parte migliore».

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MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Il coraggio della preghiera

Giovedì, 10 ottobre 2013

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana,Anno CLIII, n. 233, Ven 09/10/2013)

 

La nostra preghiera deve essere coraggiosa, non tiepida, se vogliamo non solo ottenere le grazie necessarie ma soprattutto, attraverso essa, conoscere il Signore. Se lo chiediamo, sarà lui stesso a portarci la sua grazia. Papa Francesco questa mattina, 10 ottobre, durante la messa celebrata a Santa Marta, è tornato a parlare della forza e del coraggio della preghiera.

Alla necessità di pregare con insistenza se necessario, ma sempre lasciandosi coinvolgere da essa, richiama il brano liturgico del Vangelo di Luca (11, 5-13) «con questa parabola — ha spiegato il Pontefice — dell’amico invadente, l’amico inopportuno», che a notte fonda va a chiedere a un altro amico del pane per sfamare un conoscente appena giunto in casa sua e al quale non aveva nulla da offrire. «Con questa richiesta — ha notato — l’amico deve alzarsi dal letto e dargli il pane. E Gesù in un’altra occasione ci parla di questo: nella parabola della vedova che andava dal giudice corrotto, il quale non la sentiva, non voleva sentirla; ma lei era tanto importuna, infastidiva tanto, che alla fine, per allontanarla in modo che non le desse troppo fastidio, ha fatto giustizia, quello che lei chiedeva. Questo ci fa pensare alla nostra preghiera. Come preghiamo noi? Preghiamo così per abitudine, pietosamente, ma tranquilli, o ci mettiamo con coraggio davanti al Signore per chiedere la grazia, per chiedere quello per il quale preghiamo?».

L’atteggiamento è importante perché «una preghiera che non sia coraggiosa — ha affermato il Pontefice — non è una vera preghiera». Quando si prega ci vuole «il coraggio di avere fiducia che il Signore ci ascolta, il coraggio di bussare alla porta. Il Signore lo dice, perché chiunque chiede riceve e a chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto».

Ma, si è chiesto il Santo Padre, la nostra preghiera è così? Oppure ci limitiamo a dire: «Signore ho bisogno, fammi la grazia»? In una parola, «ci lasciamo coinvolgere nella preghiera? Sappiamo bussare al cuore di Dio?». Per rispondere il vescovo di Roma è tornato al brano evangelico, alla fine del quale «Gesù ci dice: quale padre tra voi se il figlio gli chiede un pesce gli darà una serpe? O se gli chiede un uovo gli darà uno scorpione? Se voi siete padri darete il bene ai figli. E poi va avanti: se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo... E ci aspettiamo che prosegua dicendo: darà cose buone a voi. Invece no, non dice quello! Darà lo Spirito Santo a quelli che lo chiedono. E questa è una cosa grande».

Perciò «quando noi preghiamo coraggiosamente, il Signore non solo ci dà la grazia, ma ci dà anche se stesso nella grazia». Perché «il Signore — ha spiegato il Papa con un’espressione incisiva — mai dà o invia una grazia per posta: la porta lui, è lui la grazia!».

«Oggi — ha detto in conclusione — nella preghiera, nella colletta, abbiamo detto al Signore di darci quello che anche la preghiera non osa chiedere. E che cosa è quello che noi non osiamo chiedere? Lui stesso! Noi chiediamo una grazia, ma non osiamo dire: vieni tu a portarmela. Sappiamo che una grazia sempre è portata da lui: è lui che viene e ce la dà. Non facciamo la brutta figura di prendere la grazia e non riconoscere che quello che ce la porta, quello che ce la dà, è il Signore».

 


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Il Papa: il demonio non si vince con atteggiamenti a metà, seguire Gesù senza sfumature



Dobbiamo sempre vigilare contro l’inganno del demonio. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa di stamani 11 ottobre a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha sottolineato che non si può seguire la vittoria di Gesù sul male “a metà” e ha ribadito che non dobbiamo confondere, relativizzare la verità nella lotta contro il demonio. Il servizio di Alessandro Gisotti:RealAudioMP3

Gesù scaccia i demoni e qualcuno comincia a dare spiegazioni “per diminuire la forza del Signore”. Papa Francesco incentra l’omelia sul Vangelo odierno e subito sottolinea che sempre c’è la tentazione di voler sminuire la figura di Gesù come fosse “al massimo un guaritore”, da non prendere “tanto sul serio”. Un atteggiamento, ha osservato, che è “arrivato ai nostri giorni”:

“Ci sono alcuni preti che quando leggono questo brano del Vangelo, questo e altri, dicono: ‘Ma, Gesù ha guarito una persona da una malattia psichica’. Non leggono questo qui, no? E’ vero che in quel tempo si poteva confondere un’epilessia con la possessione del demonio; ma è anche vero che c’era il demonio! E noi non abbiamo diritto di fare tanto semplice la cosa, come per dire: ‘Tutti questi non erano indemoniati; erano malati psichici’. No! La presenza del demonio è nella prima pagina della Bibbia e la Bibbia finisce anche con la presenza del demonio, con la vittoria di Dio sul demonio”.

Per questo, ha avvertito, “non dobbiamo essere ingenui”. Il Papa ha, quindi, osservato che il Signore ci dà alcuni criteri per “discernere” la presenza del male e per andare sulla “strada cristiana quando ci sono le tentazioni”. Uno dei criteri è di “non seguire la vittoria di Gesù sul male” solo “a metà”. “O sei con me – dice il Signore – o sei contro di me”. Gesù, ha soggiunto, è venuto a distruggere il demonio, “a darci la liberazione” dalla “schiavitù del diavolo su di noi”. E, ha ammonito, non si può dire che così “esageriamo”. “In questo punto – ha detto – non ci sono sfumature. C’è una lotta e una lotta dove si gioca la salute, la salute eterna, la salvezza eterna” di tutti noi. C’è poi il criterio della vigilanza. “Dobbiamo sempre vigilare – ha esortato il Papa – vigilare contro l’inganno, contro la seduzione del maligno”:

“E noi possiamo farci la domanda: ‘Io vigilo su di me, sul mio cuore, sui miei sentimenti, sui miei pensieri? Custodisco il tesoro della grazia? Custodisco la presenza dello Spirito Santo in me? O lascio così, sicuro, credo che vada bene?’ Ma se tu non custodisci, viene quello che è più forte di te. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. La vigilanza!
Ma, tre criteri, eh! Non confondere la verità. Gesù lotta contro il diavolo: primo criterio.
Secondo criterio: chi non è con Gesù, è contro Gesù. Non ci sono atteggiamenti a metà.
Terzo criterio: la vigilanza sul nostro cuore, perché il demonio è astuto. Mai è scacciato via per sempre! Soltanto l’ultimo giorno lo sarà”.

Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, ha rammentato il Papa, “si aggira per luoghi deserti, cercando sollievo e non trovandone dice: ‘Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito’. E quando la trova “spazzata e adorna”. Allora va, “prende altri sette spiriti peggiori di lui, vengono e prendono dimora”. E, così, “l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima”:

“La vigilanza, perché la strategia di lui è quella: ‘Tu ti sei fatto cristiano, vai avanti nella tua fede, io ti lascio, ti lascio tranquillo. Ma poi quando ti sei abituato e non fai tanta vigilanza e ti senti sicuro, io torno’. Il Vangelo di oggi incomincia con il demonio scacciato e finisce con il demonio che torna! San Pietro lo diceva: ‘E’ come un leone feroce, che gira intorno a noi’. E’ così.
‘Ma, Padre, lei è un po’ antico! Ci fa spaventare con queste cose…’. No, io no! E’ il Vangelo! E queste non sono bugie: è la Parola del Signore! Chiediamo al Signore la grazia di prendere sul serio queste cose. Lui è venuto a lottare per la nostra salvezza. Lui ha vinto il demonio! Per favore, non facciamo affari con il demonio! Lui cerca di tornare a casa, di prendere possesso di noi… Non relativizzare, vigilare! E sempre con Gesù!”.






del sito Radio Vaticana 

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[Modificato da Caterina63 17/10/2013 16:23]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)