00 15/09/2013 09:28

Come “gatto Francesco” ha giocato col “topo Eugenio”. Sulla Lettera a Repubblica

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Lettera di Papa Francesco

a chi non crede

… e a chi è in malafede

(come Scalfari)

 

Una lettera di Papa Francesco in risposta ad un editoriale di Scalfari ha destato qualche malumore tra i credenti e il compiacimento di un certo mondo laicista. Ma, se leggiamo bene, vediamo che nulla è cambiato rispetto al Magistero e che Papa Francesco, con la sapienza e l’astuzia di un buon gesuita, ha tracciato in modo corretto l’itinerario spirituale di un non credente. Senza fare alcuno sconto alla dottrina cattolica e avendo sempre in mente che la Verità Assoluta, che è Cristo, non si brandisce come una spada, ma, al tempo stesso, illumina la vita di credenti e non credenti.

 

di Dorotea Lancellotti dal sito papalepapale.com

lancillottiHa suscitato scalpore e tifoserie di parte, come è solito in questi ed altri casi, la lettera che il Santo Padre ha inviato ad un quotidiano il cui direttore, notoriamente ateo, aveva posto delle domande al Pontefice. Papa Francesco non si è voluto tirare indietro. Da notare subito il fatto che “Lettera a chi non crede” è il titolo ufficiale, mentre Scalfari l’ha intitolata “dialogo aperto con i non credenti”.

Le perplessità restano, soprattutto laddove non ci si sforza di leggere questa lettera alla luce di quella “continuità” tanto predicata da Benedetto XVI. Vogliamo allora analizzare questa lettera (essendo lunga, vi invitiamo a leggerla  integralmente) alla luce del Magistero della Chiesa, senza pretesa alcuna, ma con la buona volontà di aiutare tutti a comprendere anche una certa “astuzia gesuitica” con la quale, molto distintamente, Papa Francesco sta inesorabilmente operando.

E già il titolo è tutto un programma: Lettera a chi non crede

Il "Pontefice" del laicismo italiano: Eugenio Scalfari

Il “Pontefice” del laicismo italiano: Eugenio Scalfari

In primo luogo, sarebbe un grave errore cercare in questa lettera una sorta di pastorale per chi, credendo, è abituato ad un altro tipo di linguaggio, un linguaggio più dottrinale, più teorico o teologico. Il destinatario di questa lettera è una persona, atea, che educatamente ha sfidato il Pontefice ponendogli delle domande alle quali il Santo Padre non si è voluto sottrarre, offrendo delle risposte non prettamente dottrinali: non, cioè, nel modo in cui intendiamo catecheticamente parlando. Il Papa ha risposto attraverso indicazioni dottrinali presentate sotto le vesti del dialogo.

Perché parliamo di “astuzia gesuitica”? Non intendiamo quella attribuita da una certa storiografia esterna ed interna all’ordine, quanto piuttosto al modo di fare tipicamente gesuita e propriamente ignaziano: ti apro il mio cuore, ti offro le mie braccia, ti dono anche la mia vita perché tu possa salvarti rifugiandoti in Cristo Crocefisso (cf. san Francesco di Sales).

Ignazio di Loyola: si vede che papa Bergoglio è un gesuita sull'esempio del fondatore dell'Ordine.

Ignazio di Loyola: si vede che papa Bergoglio è un gesuita sull’esempio del fondatore dell’Ordine.

Dice infatti sant’Ignazio nei suoi famosi Esercizi Spirituali, ai quali è dedito lo stesso Francesco: ” Chi propone a un altro un metodo o un procedimento per meditare o contemplare, deve esporre fedelmente il soggetto della meditazione o della contemplazione, limitandosi a toccare i vari punti con una breve e semplice spiegazione. Così chi contempla afferra subito il vero senso del mistero; poi, riflettendo e ragionando da sé, scopre qualche aspetto che gliele fa capire o sentire un po’ meglio, o con il proprio ragionamento o per una illuminazione divina, In questo modo ricava maggior gusto e frutto spirituale di quanto ne avrebbe se chi propone gli esercizi avesse spiegato e sviluppato ampiamente il senso del mistero. Infatti non è il sapere molto che sazia e soddisfa l’anima, ma il sentire e gustare le cose internamente”.

Questa è l’astuzia di cui vogliamo parlare. Papa Francesco si sta rivelando sempre di più un vero “generale” degno dell’Ordine a cui appartiene, dentro il quale si è formato e di cui è ben conosciuta nella storia della Chiesa l’astuzia missionaria o, se preferite, come si dice oggi, “pastorale”.

A non pochi è sfuggita la risposta che il Papa ha dato nell’intervista sull’aereo – forse troppo preoccupati, tutti, della sola questione omosessuale – alla domanda “si sente ancora gesuita?”. Papa Francesco, infatti, ha risposto: “Non ho cambiato di spiritualità, no. Francesco, francescano: no. Mi sento gesuita e la penso come gesuita. Non ipocritamente, ma la penso come gesuita”.

Più chiaro di così non si può: si mettano l’animo in pace i francescani, lì “boni frati” dalla tempra progressista: “Francesco, francescano: no”. Chi vuole comprendere davvero Papa Francesco, deve ammettere che egli parlerà esprimendosi con modi e gestualità francescani, ma il contenuto sarà tutto gesuitico.

Come dobbiamo interpretare allora questa Lettera?

Il rilievo dato dal giornale laico alla lettera del Papa.

Il rilievo dato dal giornale laicista (e “clericale”) alla lettera del Papa.

Nel sito di Repubblica, dove è stata pubblicata la Lettera, nei commenti ho trovato questo, al quale non vogliamo fare certo pubblicità, ma sarà utile per capirci qualcosa:

“Ho sempre seguito la mia coscienza e non posso dire d’essere una cattolica osservante poiché non seguo le regole della sua chiesa ma credo che come buona cittadina, sono anche una buona cristiana….secondo papa Francesco, sarei una di quelle che segue la sua coscienza e il Dio padre perdonerà. L’ho sempre pensato, se esiste un Dio è così grande per capire e rinunciare a punire ma il fatto che il massimo esponente della chiesa lo affermi, è motivo di conforto per me e tutti quelli che hanno sempre vissuto da buoni cristiani senza professarlo”

Inutile dire che per un cattolico osservante a questo punto l’errore è del Papa che avrebbe scritto una lettera ambigua, priva di midollo dottrinale e dunque facilmente interpretabile in modo errato. Vediamo, però, se è davvero così.

Diciamo subito a questa cattolica “non osservante” che è lei a contraddirsi e a dare al testo una interpretazione di comodo; e ai cattolici osservanti diciamo che non è il Papa a contraddirsi. Inoltre il Papa non dice affatto che “chiunque segue la propria coscienza Dio lo perdonerà”.

Papa Francesco ha ricordato ai cattolici che non si può essere discepoli di Cristo senza la mediazione della Chiesa.

Papa Francesco ha ricordato ai cattolici che non si può essere discepoli di Cristo senza la mediazione della Chiesa.

Proprio all’Udienza di mercoledì 11 il Papa, parlando della Chiesa in qualità di Madre, il giorno stesso dell’invio di questa Lettera, ha ammonito: “se tu dici che credi in Dio e non credi nella Chiesa, stai dicendo che non credi in te stesso; e questo è una contraddizione…”. Verrebbe da chiedersi come mai il Papa non abbia usato questa espressione proprio nella lettera anziché usarla verso i fedeli riuniti in san Pietro. Probabilmente perché sapeva bene che con l’ateo di Repubblica la frase sarebbe morta in partenza: ad una persona infatti che non crede è inutile ricordargli che vive di contraddizioni a meno che non si aggira l’ostacolo e si cercano altre vie, come quelle usate dal Papa nella Lettera, per far giungere lo steso messaggio.

Nell’omelia per la Festa di San Giorgio Papa Francesco ha ancora ammonito: “Pensiamo alla Madre Chiesa che cresce, cresce con nuovi figli, ai quali dà l’identità della fede, perché non si può credere in Gesù senza la Chiesa”.

E potremmo portare tante altre citazioni su questa fedeltà ma soprattutto su questo metodo – che senza la Chiesa non avremmo il vero Gesù – per comprendere come deve essere interpretato Papa Francesco.

Francesco non ha paura di andare controcorrente e di invitare a farlo. Certi suoi gesti spiazzano, ma lui sa bene dove sta andando.

Francesco non ha paura di andare controcorrente e di invitare a farlo. Certi suoi gesti spiazzano, ma lui sa bene dove sta andando.

Il discorso sulla coscienza di questa non osservante andrebbe poi approfondito a parte perché rende palese di non sapere che una coscienza veramente libera ed efficace deve essere educata al progetto di Dio e non lasciata libera di scendere a patti con l’errore.  In quest’ultimo caso sarebbe una coscienza relativista e non improntata alla ricerca della verità, ma piuttosto resa supina alle proprie opinioni, come del resto ha ben dimostrato nelle sue parole.

La frase usata dal Papa nella Lettera: “Dio perdona coloro che agiscono secondo la propria coscienza” va letta infatti in questo contesto sempre magisteriale, nel quale si parla di una coscienza “ordinata” alla vera conoscenza di Dio e di cosa Dio vuole da ognuno di noi. La commentatrice perciò dimostra non solo di non conoscere questo progetto divino, ma di rifiutare persino quel poco che conosce. Dio è certo che perdona ma a chi si pente, a chi riconosce il proprio stato di insolvenza nei confronti di Dio e non a chi si arroga il diritto dell’autoperdono. Gesù stesso ammonisce che laddove è vero che ogni peccato o bestemmia contro il Figlio dell’uomo verrà perdonato, c’è un peccato che non verrà assolto nè sulla terra, nè in cielo: è il famoso peccato contro lo Spirito Santo che Papa Francesco non può ignorare e che sicuramente ha tenuto a mente mentre scriveva questa Lettera.

La coscienza non è la nostra sgualdrina, come immagina La Repubblica: è il nostro cane da guardia…

Se vuole il perdono, Scalfari deve chiederlo a Dio.

Se vuole il perdono, Scalfari deve chiederlo a Dio.

La frase del Papa è perciò astuta – ma la riprenderemo più avanti – perché mette in moto intanto la ricerca di una coscienza da molti oggi rigettata o mascherata, e in definitiva non è il Papa ad interrogarsi sul come procede la sua fede, ma pone domande agli atei, a loro mette davanti la condizione della propria coscienza. Infatti, nella sostanza – ed è certo che Scalfari l’ha capito – se vuoi il perdono di Dio, deve chiederglielo, non ci si assolve da soli, è Dio che perdona a chi chiede perdono, a chi mette questa coscienza davanti a Dio; se l’ateo non mette questa coscienza davanti a Dio non solo chiude ogni dialogo ed ogni possibilità di incontrarlo, ma rischia di perdere la partita.

Confrontandoci con gli amici e collaboratori di PP mi scriveva così Nicola Peirce del quale condivido le sue riflessioni:

Santa Caterina da Siena diceva che la coscienza è il nostro cane da guardia.

Santa Caterina da Siena diceva che la coscienza è il nostro cane da guardia.

“…ho letto la lettera e credo sinceramente che il Papa abbia usato il termine coscienza nel senso di San Tommaso, cioè quella coscienza naturale che è la scintilla divina che riceve ogni essere umano quando viene al mondo pertanto è sempre nel senso cristiano di questo termine; tra l’altro anche Santa Caterina parlava di coscienza usando la metafora del cane da guardia che abbaiando ci mette in guardia nell’agire …mi ha anche colpito quel passaggio dove parla di Dio in termini di “relazione” che è esattamente ciò che sostiene Sant’Agostino nel De Trinitate, tra l’altro tutte e due queste considerazioni (coscienza e relazione) sono in due articoli che ho scritto x PP uno parecchio tempo fa. l’altro è l’ultimo inviato, dove parlo proprio dell’Amore cioè di Dio alla luce della dottrina delle relazioni di S.Agostino. Comunque la lettera è bella e non ho trovato nulla di “eretico” o di sincretista anzi è molto chiara …poi i soliti potranno leggerla come preferiscono ma c’è poco da cincischiare le cose scritte sono lapalissiane…”.

Infine, per interpretare correttamente questa lettera è fondamentale avere davanti il famoso testo della Dominus Jesus, voluto da Giovanni Paolo II e firmato dall’allora Prefetto Ratzinger, divenuto poi il suo Successore. Quindi, leggete o rileggete questo testo prima di avanzare con libere interpretazioni erronee della lettera di Papa Francesco poiché, anche a portare prove di scardinamento, ci rifiutiamo categoricamente di pensare che il Papa non l’abbia lui stesso tenuta in considerazione essendosene fatto promotore quando era vescovo a Buenos Aires, così come si è da sempre battuto affinché il Catechismo della Chiesa diventi davvero la lettura e la regola fondamentale del vero cattolico.

[SM=g1740758] continua..........
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)