00 15/09/2013 09:30

Ma, in definitiva, che dice il Papa a Scalfari?

Benedetto e Francesco: una chiesa più riflessiva e una chiesa d'azione? No. Si rassegnino i laicisti: personalità diverse ma si tratta sempre dell'unica Chiesa di Cristo.

Benedetto e Francesco: una chiesa più riflessiva e una chiesa d’azione? No. Si rassegnino i laicisti: personalità diverse ma si tratta sempre dell’unica Chiesa di Cristo.

Premesso quanto abbiamo detto fin qui, possiamo dunque avanzare due ipotesi: o abbiamo un Papa ed una Chiesa schizofrenica che si contraddice continuamente; oppure, ipotesi che invece sosteniamo, ci troviamo oggi con un Pontefice assai astuto, come del resto sostiene uno dei commentatori, un ateo, che sempre nei commenti sul La Repubblica dice: “Caro Francesco la mia coscienza è in ordine e non ho nulla da farmi perdonare, sono ateo e me ne vanto perché sono libero dalle vostre prediche. Belle parole le tue, ma fumo negli occhi, fumo d’arrosto, mi sei simpatico, ma per favore non fare il furbo con me, non tentare di convertirmi. Se il tuo dio esiste veramente di certo non è cattolico, sei a capo di un circo, sveglia la tua di coscienza affinché se ne accorga, siete voi che parlate di pecore infatti e se permetti io non lo sono, parla alle tue pecore grazie. E’ dimostrato che la Chiesa Cattolica e’ fondata su romanzi, su falsi storici, e lui evita le domande scottanti, molto furbo..”

Inutile nascondere che la lettera ha in qualche modo colto nel segno, molto più nella coscienza di questo ateo che non nella coscienza della cattolica che si definisce non osservante, sopra riportata! La breccia si è aperta forse più in questa persona che non nella prima che elogiava il Papa. Questi sono i veri e gravi paradossi che riscontriamo in molti che si dicono cristiani oggi, ma che di fatto sono ben peggiori degli atei.

Le omelie di Santa Marta: un appuntamento immancabile per ricevere pillole di saldo cristianesimo.

Le omelie di Santa Marta: un appuntamento immancabile per ricevere pillole di saldo cristianesimo.

Papa Francesco ha detto nell’omelia del mattino del 13 settembre: “Qualcuno, potrebbe dire che una persona si meriti le chiacchiere. Ma non può essere così: ma vai, prega per lui! Vai, fai penitenza per lei! E poi, se è necessario, parla a quella persona che può rimediare al problema”.

Il metodo gesuitico ma anche ecclesiale è sempre stato quello della preghiera e della penitenza nei confronti del non credente, del peccatore, e mai quello del tribunale! Il tribunale è sempre usato nei confronti del peccato chiamato per nome e grado, peccati veniali e mortali, ma sempre con distinzione verso la persona coinvolta.

Un altro commentatore, probabilmente non cattolico, dice: “Bella mossa di Francesco, geniale, vero furbo gesuita! Non gli bastavano le migliaia di riviste cattoliche e i media ai suoi piedi, che ha incastrato Scalfari usando pure il suo giornale, mi chiedo come fate a cascarci. Con quattro parole sdolcinate ti ha rifilato la solita brodaglia cattolica. Mi viene da ridere a leggere ora cattolici che si pizzicano fra loro per dichiarare il Papa eretico oppure egregiamente dottrinale. Siete davvero comici! Intanto pubblicità è fatta e Francesco ha rifilato l’ennesimo predicozzo sulla conversione mascherata da scelte libere però sottolineando furbescamente che la chiesa come gerarchia e magistero è fondamentale, scrive nella lettera: “Senza la Chiesa non avrei incontrato Gesù”…”

Sembra che i veri atei sanno cogliere più verità nella lettera di Papa Francesco di quanto ne sappiamo scorgere noi che ci diciamo “cattolici” e pure praticanti!

E’ importante sottolineare che ci sono delle domande specifiche che Scalfari ha fatto al Papa e dalle quali il Papa prende alcune distanze (prima astuzia) non rispondendo direttamente e dunque assumendo su di sé il pieno controllo della lettera. Scrive: “Mi perdoni se non seguo passo passo le argomentazioni da Lei proposte nell’editoriale del 7 luglio. Mi sembra più fruttuoso — o se non altro mi è più congeniale — andare in certo modo al cuore delle sue considerazioni…”

Francesco sceglie la strategia con la quale rispondere, quella che gli è più “congeniale”, e alcune domande di Scalfari sarebbero infruttuose.

Scalfari si lagna del poco approfondimento di Gesù storico nella Lumen Fidei.

Scalfari si lagna del poco approfondimento di Gesù storico nella Lumen Fidei.

E ancora, a riguardo di una interpretazione superficiale fatta da Scalfari, dell’Enciclica sulla Fede, il Papa anche qui sottolinea quale è il metodo portante e scrive: ” Si tratta infatti, seguendo del resto la logica che guida lo snodarsi dell’Enciclica, di fermare l’attenzione sul significato di ciò che Gesù ha detto e ha fatto e così, in definitiva, su ciò che Gesù è stato ed è per noi..(..) Dunque, occorre confrontarsi con Gesù”.

Questa è una bella strategia! Il dialogo serve per spingere il non credente a confrontarsi non con il credente, ma con Gesù Cristo vivo e vero perché, prosegue il Papa: “Si costata allora che lo “scandalo” che la parola e la prassi di Gesù provocano attorno a lui derivano dalla sua straordinaria “autorità”…”

Va anche sottolineato che le richieste di Scalfari al Papa non sono prettamente dottrinali, ossia di regole catechetiche della fede. Scalfari infatti dimostra bene di conoscere cosa dice la dottrina della Chiesa, ma non la comprende e qui si è aperto nel fare queste richieste, cioè, comprendere quello che egli conosce nella teoria ma non nella pratica. Di conseguenza, Papa Francesco risponde sullo stesso tenore: gli porge la pratica e non la teoria e scrive: “La singolarità di Gesù è per la comunicazione, non per l’esclusione. Certo, da ciò consegue anche che…” e il Papa spiega la pratica di quel dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio con tutta la dottrina che ben conosciamo e che anche Scalfari dimostra di ben conoscere.

S. Agostino: sapeva che il cuore (e la coscienza) è inquieto senza Dio.

S. Agostino: sapeva che il cuore (e la coscienza) è inquieto senza Dio.

Del resto è Gesù stesso che dice: non sono venuto per giudicare, non sono venuto per condannare, ma per salvare. Dopo verrà il giudizio di Dio, come ammoniva lo stesso Giovanni Paolo II ad Agrigento, ma anche Francesco al recente Angelus in favore della pace. Verrà senza alcun dubbio il tempo del giudizio di Dio sulle nostre azioni, pensieri, opere ed omissioni, ma finché siamo sulla terra e finché ci sarà un filo di respiro nell’uomo, è tempo di misericordia e perdono, questo è il servizio di Gesù, questa è la missione della Chiesa: predicare, perdonare i peccati quando vengono confessati e se c’è pentimento, parlare della Buona Novella che è il Vangelo. Parole di consolazione per ogni uomo che nasce con le conseguenze del peccato e vive per cercare e ritrovare quel paradiso perduto, o per dirla con sant’Agostino: “e il nostro cuore è inquieto fin quando non riposa in Te, mio Signore”.

Scalfari aveva chiesto al Papa se, a certe condizioni, Dio può accogliere nel suo regno anche chi è ateo, e il Papa non ha detto “sì” e punto, ma ha detto un “sì” associato a delle modalità ben precise, ecco le parole lette integralmente e che riportano il discorso sulla coscienza sopra accennato:

“Innanzi tutto, mi chiede se il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede. Premesso che — ed è la cosa fondamentale — la misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito, la questione per chi non crede in Dio sta nell’obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c’è quando si va contro la coscienza. Ascoltare e obbedire ad essa significa, infatti, decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male. E su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire”.

Le parole del Papa sono chiarissime. A patto che da quell’orecchio ci senti

San Paolo parla ai Tessalonicesi della cattiva coscienza.

San Paolo parla ai Tessalonicesi della cattiva coscienza.

La fede è un dono di Dio non un diritto ideologico, politico, religioso e quant’altro e a molti questo dono non viene dato, è negato, come descrive bene san Paolo ai Tessalonicesi a causa delle loro iniquità, delle perversioni, cioè quando si segue una coscienza rivolta a ciò che è male: “per questo Dio invia loro una potenza d’inganno perché essi credano alla menzogna e così siano condannati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all’iniquità” (2Tess.2,11-12). La predicazione, un franco dialogo fondato sull’onestà intellettuale, prepara la coscienza al Bene (in tal caso intendiamo dire anche che il Bene è Dio stesso e per questo è maiuscolo), la educa, la istruisce alla Verità e questo può avvenire anche verso chi non ha la fede. Se dunque questa persona muore mentre è immersa in questa ricerca ma ha agito in vita sempre a favore di quella legge naturale inscritta nei nostri cuori, e non si è prestata alle malvagità e non ha rifiutato la fede in Cristo per motivi ideologici e quant’altro, e non lo ha avversato, certamente si salverà. L’ateo (ma anche il battezzato) che “non acconsente all’iniquità” sarà risparmiato da quell’invio di menzogna spiegato da Paolo e in qualche modo riuscirà ad incontrare davvero il Cristo.

La decisione dell’ateo, dice il pontefice, si gioca su questa bontà o malvagità del nostro agire, è qui che il Signore potrà offrire la pienezza dell’incontro con Lui o rifiutargliela.

Come l'uomo che chiede a Gesù cosa bisogna fare per avere la Vita Eterna, sappiamo qual è la strada. Il problema è decidersi a percorrerla.

Come l’uomo che chiede a Gesù cosa bisogna fare per avere la Vita Eterna, sappiamo qual è la strada. Il problema è decidersi a percorrerla.

Anche il Vangelo di Matteo spiega questa situazione: “Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?». Egli rispose: «… Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti»” – solo alla fine, quando il tale cerca come potersi migliorare, Gesù risponde con la totalità: ” «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi». Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze…” (Mt.21,16-30). Che fine avrà fatto questo giovane? Gesù allora disse ai suoi discepoli: “In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli… A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: «Chi si potrà dunque salvare?». E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile»… Forse possiamo dire che Gesù si contraddice? Prima sembra affermare che questo tale non sia entrato nel regno dei cieli e, per questo motivo, segue la domanda preoccupata dei discepoli: a questo punto chi si salva? E Gesù riapre la speranza: non tutto è perduto perché ciò che è impossibile agli uomini, persino di salvarsi, è possibile a Dio se l’uomo si lascerà persuadere da Lui.

Questa è la pratica della vera coscienza retta. Conclude infatti il Papa sulla questione con queste parole: “Dunque, bisogna intendersi bene sui termini e, forse, per uscire dalle strettoie di una contrapposizione… assoluta, reimpostare in profondità la questione. Penso che questo sia oggi assolutamente necessario per intavolare quel dialogo sereno e costruttivo che auspicavo all’inizio di questo mio dire”.

Com’è la storia della verità assoluta? Esiste o no?

La Verità assoluta c'è: è Gesù Cristo. Ma non è un possesso, è una relazione.

La Verità assoluta c’è: è Gesù Cristo. Ma non è un possesso, è una relazione.

Infine, l’ultima osservazione che ha suscitatoscandalo in alcuni cattolici è la seguente. Scrive il Papa:

“..mi chiede se il pensiero secondo il qualenon esiste alcun assoluto e quindi neppure una verità assoluta, ma solo una serie di verità relative e soggettive, sia un errore o un peccato. Per cominciare, io non parlerei, nemmeno per chi crede, di verità “assoluta”, nel senso che assoluto è ciò che è slegato, ciò che è privo di ogni relazione. Ora, la verità, secondo la fede cristiana, è l’amore di Dio per noi in Gesù Cristo. Dunque, la verità è una relazione! Tant’è vero che anche ciascuno di noi la coglie, la verità, e la esprime a partire da sé: dalla sua storia e cultura, dalla situazione in cui vive, ecc. Ciò non significa che la verità sia variabile e soggettiva, tutt’altro. Ma significa che essa si dà a noi sempre e solo come un cammino e una vita. Non ha detto forse Gesù stesso: «Io sono la via, la verità, la vita»? In altri termini, la verità essendo in definitiva tutt’uno con l’amore, richiede l’umiltà e l’apertura per essere cercata, accolta ed espressa”.

Anche qui rispondiamo brevemente facendo perno sulla coerenza e l’astuzia gesuitica di un Papa che gira attorno, senza dubbio, alle domande, ma stando bene attento a come nelle risposte mira al contenuto. “Per cominciare” l’affondo, Papa Francesco sembra voler smantellare quel concetto di “verità assoluta” che usiamo quando predichiamo o facciamo le catechesi. In verità Francesco non sta dicendo che la Verità (in maiuscolo quando intendiamo il Cristo) incarnata non è assoluta, ma la mole di conoscenza che noi abbiamo e predichiamo non è assoluta in quanto spetta poi a chi ascolta la Parola fare questo incontro, relazionarsi ad essa e quindi aggiungersi alla schiera dei credenti. E tale verità che predichiamo “non è variabile o soggettiva”. Gesù, Verità assoluta, non è legato o imbrigliato alle nostre parole, ciò che diciamo di Lui è un seme che gettiamo e che, come insegna sant’Ignazio: “gli atti dell’intelletto, ragionando, e della volontà, destando gli affetti” (Esercizi Spirituali: n° 3) e ancora ” seguire il corso dei propri pensieri esaminarli e valutarli opportunamente, in base al valore che hanno in rapporto al “Fine della vita”. Ecco perché Gesù ci dice che amare è un comando a cui si può e si deve ubbidire. Chi si lascia andare, si ritrova col cuore capriccioso, perché non ha educato il suo cuore, non educa la propria coscienza al vero bene.

Furbescamente, e alla fine, Francesco gli infila nella risposta l’affermazione del Cristo: “Io sono la via, la verità, la vita”, e glielo impone come domanda che segue una logica indiscutibile e ragionevole anche per l’ateo.

Il Papa evita piuttosto il discorso sull’assolutismo perché alla fine dei conti la salvezza dipenderà da ciò che l’uomo sceglierà.

In conclusione la Verità che è in sè stessa assoluta ed immutabile, cerca l’uomo ed attende da lui la risposta conclusiva di questo rapporto.

 

 




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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)