00 20/10/2013 23:16

L’uomo e la donna siano alleati, e amici. Non controparti

Tristi slogan femministi. Ma la donna (come l'uomo) ritrova se stessa solo nel dono di sè all'altro.

Tristi slogan femministi. Ma la donna (come l’uomo) ritrova se stessa solo nel dono di sè all’altro.

L’uomo – sia il maschio che la femmina – è l’unico essere nel mondo che Dio abbia voluto per se stesso: è una persona, è un soggetto che, senza dubbio, decide di sé, ma per decidere in bene e per essere veramente utile alla società umana, ha bisogno di scoprire o riscoprire la sua identità, perché è stato creato, perché questa distinzione “maschio e femmina”, quale utilità, e così via. L’uomo infatti non può ritrovarsi pienamente se non mediante un dono sincero di sé, con tutto ciò che questo comporta. È stato già detto che questa descrizione, anzi, in un certo senso, questa definizione della persona corrisponde alla fondamentale verità biblica circa la creazione dell’uomo – uomo e donna – a immagine e somiglianza di Dio. Questa non è un’interpretazione puramente teorica, o una definizione astratta, ideologica, filosofica, poetica, intercambiabile a seconda delle mode dei tempi, poiché essa indica in modo essenziale il senso dell’essere uomo, mettendo in rilievo il valore del dono di sé, della persona, nella distinzione indiscutibile dell’essere maschio e femmina, entrambi con due ruoli ben definiti e diversi fra loro, ma complementari e per lo sviluppo della società umana.

“L’utero è mio e lo gestisco io” di infelice memoria, nel cuore della protesta femminista degli anni ’60, non ha fatto altro che offuscare il ruolo della donna facendola precipitare in una pietosa solitudine sfociata in una ribellione contro l’uomo, e la prima vittima di questa assurda ed incomprensibile rivendicazione è stata proprio la famiglia, e poi la vita umana, i figli concepiti che vengono uccisi (per legge) per rivendicare una libertà che è diventata una autentica schiavitù del nostro tempo, vittima di se stessa anche la società che ha permesso la deriva dell’irragionevolezza, dell’irrazionalità sull’identità dell’essere maschio e dell’essere femmina.

Giovanni Paolo II ha avuto parole molto importanti per le donne.

Giovanni Paolo II ha avuto parole molto importanti per le donne.

Scrive Giovanni Paolo II nella Mulieris Dignitatem: “Il reciproco dono della persona nel matrimonio si apre verso il dono di una nuova vita, di un nuovo uomo, che è anche persona a somiglianza dei suoi genitori. La maternità implica sin dall’inizio una speciale apertura verso la nuova persona: e proprio questa è la «parte» della donna. In tale apertura, nel concepire e nel dare alla luce il figlio, la donna «si ritrova mediante un dono sincero di sé». Il dono dell’interiore disponibilità nell’accettare e nel mettere al mondo il figlio è collegato all’unione matrimoniale, che – come è stato detto – dovrebbe costituire un momento particolare del reciproco dono di sé da parte e della donna e dell’uomo. Il concepimento e la nascita del nuovo uomo, secondo la Bibbia, sono accompagnati dalle seguenti parole della donna-genitrice: «Ho acquistato un uomo dal Signore» (Gen 4, 1). L’esclamazione di Eva, «madre di tutti i viventi», si ripete ogni volta che viene al mondo un nuovo uomo ed esprime la gioia e la consapevolezza della donna di partecipare al grande mistero dell’eterno generare. Gli sposi partecipano della potenza creatrice di Dio!(..) L’analisi scientifica conferma pienamente come la stessa costituzione fisica della donna e il suo organismo contengano in sé la disposizione naturale alla maternità, al concepimento, alla gravidanza e al parto del bambino, in conseguenza dell’unione matrimoniale con l’uomo. Al tempo stesso, tutto ciò corrisponde anche alla struttura psico-fisica della donna. Quanto i diversi rami della scienza dicono su questo argomento è importante ed utile, purché non si limitino ad un’interpretazione esclusivamente bio-fisiologica della donna e della maternità. Una simile immagine «ridotta» andrebbe di pari passo con la concezione materialistica dell’uomo e del mondo. In tal caso, andrebbe purtroppo smarrito ciò che è veramente essenziale: la maternità, come fatto e fenomeno umano, si spiega pienamente in base alla verità sulla persona. La maternità è legata con la struttura personale dell’essere donna e con la dimensione personale del dono: «Ho acquistato un uomo dal Signore» (Gen 4, 1). Il Creatore fa ai genitori il dono del figlio.

Nel miracolo della vita nascente, le donne sperimentano il valore dell'accoglienza dell'altro.

Nel miracolo della vita nascente, le donne sperimentano il valore dell’accoglienza dell’altro.

[...] Alla luce del «principio» la madre accetta ed ama il figlio che porta in grembo come una persona. Questo modo unico di contatto col nuovo uomo che si sta formando crea, a sua volta, un atteggiamento verso l’uomo – non solo verso il proprio figlio, ma verso l’uomo in genere -, tale da caratterizzare profondamente tutta la personalità della donna. Si ritiene comunemente che la donna più dell’uomo sia capace di attenzione verso la persona concreta e che la maternità sviluppi ancora di più questa disposizione. L’uomo – sia pure con tutta la sua partecipazione all’essere genitore – si trova sempre «all’esterno» del processo della gravidanza e della nascita del bambino, e deve per tanti aspetti imparare dalla madre la sua propria «paternità». Questo – si può dire – fa parte del normale dinamismo umano dell’essere genitori, anche quando si tratta delle tappe successive alla nascita del bambino, specialmente nel primo periodo. L’educazione del figlio, globalmente intesa, dovrebbe contenere in sé il duplice contributo dei genitori: il contributo materno e paterno. Tuttavia, quello materno è decisivo per le basi di una nuova personalità umana.”

Nella chiesa mai il ruolo della donna è stato secondario

Santa Ildegarda di Bingen: una delle protagoniste del Medioevo.

Santa Ildegarda di Bingen: una delle protagoniste del Medioevo.

Lo stesso principio appena letto deve essere mantenuto, spiegherà poi il Papa, quando parliamo del ruolo della donna nella Chiesa e fare attenzione a non limitarlo ad una interpretazione esclusivamente mistica, tipicamente devozionista.

“Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’amore” (da Autobiografia di santa Teresa di Gesù Bambino) significa al tempo stesso mettersi a servizio dell’uomo e della stessa società.

Dal settembre 2010 al febbraio 2011 papa Benedetto XVI ha fatto una serie di Catechesi dedicate alle donne nel Medioevo, donne che hanno fatto grande la Chiesa e che hanno avuto un ruolo a volte anche determinante nella società del proprio tempo. Certo, il Papa parla di donne impegnate nella Chiesa, diventate sante, donne di preghiera e consacrate, ma non è da sottovalutare la loro biografia nel sociale. Nel presentare la figura di santa Ildegarda, che sarà poi riconosciuta Dottore della Chiesa, ebbe a dire: “Su questa grande donna “profetessa”, che parla con grande attualità anche oggi a noi, con la sua coraggiosa capacità di discernere i segni dei tempi, con il suo amore per il creato, la sua medicina, la sua poesia, la sua musica, che oggi viene ricostruita, il suo amore per Cristo e per la Sua Chiesa, sofferente anche in quel tempo, ferita anche in quel tempo dai peccati dei preti e dei laici, e tanto più amata come corpo di Cristo.[...] Con l’autorità spirituale di cui era dotata, negli ultimi anni della sua vita Ildegarda si mise in viaggio, nonostante l’età avanzata e le condizioni disagevoli degli spostamenti, per parlare di Dio alla gente. Tutti l’ascoltavano volentieri, anche quando adoperava un tono severo: la consideravano una messaggera mandata da Dio. Richiamava soprattutto le comunità monastiche e il clero a una vita conforme alla loro vocazione. In modo particolare, Ildegarda contrastò il movimento dei cátari tedeschi. Già da questi brevi cenni vediamo come anche la teologia possa ricevere un contributo peculiare dalle donne, perché esse sono capaci di parlare di Dio e dei misteri della fede con la loro peculiare intelligenza e sensibilità.” Queste donne parlano anche a noi oggi.

La colta ed eclettica badessa di Bingen e le sue monache

La colta ed eclettica badessa di Bingen e le sue monache

Parlando di altri santi e dell’amicizia fra loro a vantaggio anche di una operosa attività pubblica e sociale, così scrive il Papa: “In una delle quattro lettere che Chiara inviò a sant’Agnese di Praga, la figlia del re di Boemia, che volle seguirne le orme, parla di Cristo, suo diletto Sposo, con espressioni nunziali, che possono stupire, ma che commuovono: “Amandolo, siete casta, toccandolo, sarete più pura, lasciandovi possedere da lui siete vergine. La sua potenza è più forte, la sua generosità più elevata, il suo aspetto più bello, l’amore più soave e ogni grazia più fine. Ormai siete stretta nell’abbraccio di lui, che ha ornato il vostro petto di pietre preziose… e vi ha incoronata con una corona d’oro incisa con il segno della santità.” (Lettera prima: FF, 2862). [...] L’amicizia è uno dei sentimenti umani più nobili ed elevati che la Grazia divina purifica e trasfigura. Come san Francesco e santa Chiara, anche altri santi hanno vissuto una profonda amicizia nel cammino verso la perfezione cristiana, come san Francesco di Sales e santa Giovanna Francesca di Chantal.

Chiara d’Assisi: una moderna donna del Medioevo

Santa Chiara: la limpidezza e la potenza del suo carisma si vede tutt'ora.

Santa Chiara: la limpidezza e la potenza del suo carisma si vede tutt’ora.

Ciò mostra come anche nei secoli del Medioevo, il ruolo delle donne non era secondario, ma considerevole. A questo proposito, giova ricordare che Chiara è stata la prima donna nella storia della Chiesa che abbia composto una Regola scritta, sottoposta all’approvazione del Papa, perché il carisma di Francesco d’Assisi fosse conservato in tutte le comunità femminili che si andavano stabilendo numerose già ai suoi tempi e che desideravano ispirarsi all’esempio di Francesco e di Chiara.” (Benedetto XVI Udienza generale, 15 settembre 2010)

E il carisma di santa Chiara continua: erano attrici, pubblicitarie, avvocatesse, imprenditrici, semplici impiegate le 130 e più donne che oggi hanno dato vita ad una congregazione in questi nostri tempi. Provengono da tutta la Spagna e appartengono ad ogni classe sociale. Hanno una laurea e svolgevano una professione. Oggi sono suore di clausura e vivono nel monastero di Lerma, un paesino in provincia di Burgos, in Spagna, con un’età media inferiore ai 30 anni. Un vero e proprio miracolo di fecondità vocazionale, generato da persone che hanno lasciato la sicurezza dei loro giorni per dedicarsi totalmente ad un Uomo che si è fatto crocifiggere per amore. Sono di clausura sì, ma anche attive nella predicazione e nell’incontro soprattutto con i giovani per spiegare loro le realtà del nostro tempo, le responsabilità, l’attesa di una chiamata, la risposta a certe domande.

La mistica e la regina

Angela da Foligno: per lei presto arriverà la canonizzazione.

Angela da Foligno: per lei presto arriverà la canonizzazione.

Presentando sant’Angela da Foligno, così dice Benedetto XVI: “La vita di santa Angela comincia con un’esistenza mondana, abbastanza lontana da Dio. Ma poi l’incontro con la figura di san Francesco e, finalmente, l’incontro col Cristo Crocifisso risveglia l’anima per La presenza di Dio, per il fatto che solo con Dio la vita diventa vera vita, perché diventa, nel dolore per il peccato, amore e gioia. E così parla a noi santa Angela. Oggi siamo tutti in pericolo di vivere come se Dio non esistesse: sembra così lontano dalla vita odierna. Ma Dio ha mille modi, per ciascuno il suo, di farsi presente nell’anima, di mostrare che esiste e mi conosce e mi ama. E santa Angela vuol farci attenti a questi segni con i quali il Signore ci tocca l’anima, attenti alla presenza di Dio, per imparare così la via con Dio e verso Dio, nella comunione con Cristo Crocifisso.” (Benedetto XVI Udienza generale, 13 ottobre 2010)

La regina Elisabetta d'Ungheria: donna al potere ma al servizio di Dio.

La regina Elisabetta d’Ungheria: donna al potere ma al servizio di Dio.

Presentando la figura di santa Elisabetta d’Ungheria, Benedetto XVI si sofferma sulle questioni sociali del suo tempo e dice: “Nella sua profonda sensibilità Elisabetta vedeva le contraddizioni tra la fede professata e la pratica cristiana. Non sopportava i compromessi. Come si comportava davanti a Dio, allo stesso modo si comportava verso i sudditi. Tra i Detti delle quattro ancelle troviamo questa testimonianza: “Non consumava cibi se prima non era sicura che provenissero dalle proprietà e dai legittimi beni del marito. Mentre si asteneva dai beni procurati illecitamente, si adoperava anche per dare risarcimento a coloro che avevano subito violenza” (nn. 25 e 37). Un vero esempio per tutti coloro che ricoprono ruoli di guida: l’esercizio dell’autorità, ad ogni livello, dev’essere vissuto come servizio alla giustizia e alla carità, nella costante ricerca del bene comune. […] Il suo fu un matrimonio profondamente felice: Elisabetta aiutava il coniuge ad elevare le sue qualità umane a livello soprannaturale, ed egli, in cambio, proteggeva la moglie nella sua generosità verso i poveri e nelle sue pratiche religiose. Sempre più ammirato per la grande fede della sposa, Ludovico, riferendosi alla sua attenzione verso i poveri, le disse: “Cara Elisabetta, è Cristo che hai lavato, cibato e di cui ti sei presa cura”. Una chiara testimonianza di come la fede e l’amore verso Dio e verso il prossimo rafforzino la vita familiare e rendano ancora più profonda l’unione matrimoniale.” (Benedetto XVI Udienza generale, 20 ottobre 2010)

Nella figura di queste e tante altre donne impegnate nella Chiesa, spiegava Benedetto XVI, vediamo come la fede, l’amicizia con Cristo creino il senso della giustizia, dell’uguaglianza di tutti, dei diritti degli altri e creino l’amore, la vera carità.









Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)