00 06/04/2015 09:57



Un sacerdote risponde

Mi sono sposato in peccato mortale e chiedo se il matrimonio sia valido

Quesito

Caro Padre Angelo, 
pochi giorni fa mi sono sposato all’estero.
Per una serie di eventi non sono riuscito a fare la confessione prima della  celebrazione del sacramento.
Ora, siccome mi trovavo in stato di peccato mortale, mi domando:  il sacramento è valido ugualmente? 
È sufficiente fare una confessione per rimediare?
In attesa di una sua risposta la saluto cordialmente.


Risposta del sacerdote

Carissimo, 
1. intanto mi congratulo per l’obiettivo che hai realizzato. Perché il matrimonio è certamente una delle tappe più importanti e decisive nella vita di una persona.

2. Venendo adesso al tuo problema in termini molto spicci potrei dire che il sacramento che hai celebrato è valido, ma l’hai celebrato illecitamente.
L’hai celebrato validamente perché avevi l’intenzione di celebrarlo.
L’intenzione infatti è la condizione essenziale per la validità del sacramento.
Per cui è valido il matrimonio celebrato in peccato mortale, così come è valida la Cresima ricevuta in peccato mortale ed è valida la Messa se chi la celebra è in peccato mortale.

3. Ma per ricevere la grazia del sacramento è necessario che da parte del soggetto non vi siano ostacoli.
A questo proposito allora si fa una distinzione tra i sacramenti cosiddetti dei vivi (perché richiedono di essere ricevuti in grazia, pena compiere un sacrilegio) e i sacramenti dei morti (quelli che sono ricevuti da chi può essere in peccato mortale).

4. I sacramenti “dei morti” sono due: il Battesimo e la Confessione. 
Per ricevere questi sacramenti non si richiede di essere in grazia. Infatti sono i sacramenti che danno la grazia a chi ancora non la possiede.
Mentre gli altri sacramenti presuppongono che uno sia già in grazia.
Per questo vengono chiamati “dei vivi”, sottinteso nella grazia.
Se chi riceve questi sacramenti non è in grazia non può ricevere neanche la grazia propria di quel sacramento, che è la grazia sacramentale.

5. Celebrando il matrimonio in peccato mortale hai compiuto un sacrilegio.
Questo sacrilegio è stato ulteriormente aggravato se hai fatto anche la Santa Comunione.
Nel tuo caso la grazia ha trovato un ostacolo ad entrare nella tua vita nel medesimo modo in cui la luce del sole non può entrare in una stanza con le imposte chiuse.

6. Adesso puoi ricuperare la grazia sacramentale, che è sempre accompagnata dalla grazia santificante, col pentimento e accostandoti alla Confessione.
Rimosso l’ostacolo, la grazia revivisce.

7. Devo ancora aggiungere che se tu avessi avuto la volontà di confessarti e ti fossi trovato nell’impossibilità di confessarti per mancanza di confessore, e se ti sei sinceramente pentito dei tuoi peccati esprimendo la volontà di andarti a confessare al più presto, la grazia ti avrebbe raggiunto prima del sacramento e allora la tua celebrazione non sarebbe stata sacrilegio.
Mi auguro che sia andata così.

Ti rinnovo gli auguri più belli perché la grazia del Signore accompagni sempre il tuo matrimonio.
Ti ricordo nella preghiera insieme con la tua sposa ed entrambi vi benedico. 
Padre Angelo




Un sacerdote risponde

Talvolta mio marito nell'intimità coniugale chiede di avere rapporti simili a quelli degli omosessuali

Quesito

Salve Padre,
sono coniugata con due figli. Mio marito a volte mi chiede, in intimità, di avere per alcuni momenti un rapporto come quello che hanno gli omosessuali per intendersi (ovviamente però con me).
Mi chiede se voglio oppure no e io a volte per concedermi di più acconsento anche perché è rispettoso anche in quei momenti.
Mi vergogno anche a farle questa domanda perché sono cattolica e una volta quando l'ho confessato il sacerdote mi ha detto che non era peccato perché Dio non sta a guardare queste cose quando due coniugi sono in intimità e perciò lo chiedo anche a lei.
Grazie e a presto e che il Signore la benedica.


Risposta del sacerdote

Carissima, 
1. rispondendo alla tua domanda colgo l’occasione di ripresentare una sentenza della Sacra Penitenzieria apostolica del 3 aprile 1916.
Ricordo che questa sentenza è un’espressione del Magistero della Chiesa, il quale si evolve in maniera omogenea e non discontinua o dialettica. 
Pertanto si evolve senza mai rinnegare le affermazioni precedenti.
D’altra parte non si tratta di una determinazione della disciplina della Chiesa, ma della legge di Dio.
E questa legge evidentemente non cambia.

2. La Sacra Penitenzieria si pone una duplice domanda.
La prima riguarda la colpa di Onan, in altri termini il coito interrotto.
Quest’azione è sempre peccaminosa perché altera in maniera palese il disegno di Dio sulla sessualità.
Ma la Sacra Penitenzieria si poneva il caso di una donna che fosse costretta dal marito sotto minacce di violenza o addirittura di morte.
La Sacra Penitenzieria dice che in questo caso, sebbene non voglia l’azione, tuttavia può permetterla e subirla perché il male di cui viene minacciata non la spinge ad opporsi fino in fondo, anche perché lei inizia l’atto coniugale in una maniera che non è contraria alla legge di Dio e non coopera attivamente all’azione.

3. La seconda domanda riguarda un rapporto coniugale compiuto secondo l’uso dei sodomiti, e cioè degli omosessuali.
Qui la risposta è del tutto negativa. La moglie non può permetterla in nessuna maniera perché l’azione - anche da parte sua, e non solo del marito - sarebbe viziata fin dall’inizio.

4. Ecco allora la domanda posta alla Sacra Penitenzieria: “Può una moglie cooperare lecitamente ad una azione del marito che, per darsi al piacere, vuole commettere la colpa di Onan o dei Sodomiti, e, se non obbedisce, la minaccia sotto pena di morte o di gravi molestie?”

5. La prima risposta riguarda la colpa di Onan.
“Se il marito nell'uso del matrimonio vuole commettere la colpa di Onan, spargendo cioè il seme al di fuori del vaso naturale, dopo aver iniziato la copula, minaccia di morte o di gravi molestie la moglie se non si sottomette alla sua perversa volontà, la moglie, secondo l'opinione di provati teologi, può in questo caso congiungersi così con suo marito, dal momento che lei da parte sua dà corso ad una cosa ed azione lecita, mentre permette il peccato del marito per un grave motivo che la scusa, poiché la carità, per la quale sarebbe tenuta ad impedirlo, non obbliga di fronte ad una così grave molestia

6. Ed ecco la seconda risposta che riguarda il tuo caso:
Ma se il marito vuole commettere con lei la colpa dei Sodomiti, poiché questo coito sodomitico è un atto contro natura da parte di entrambi i coniugi che così sì congiungono e questo, a giudizio di tutti i dottori, è gravemente cattivo, la moglie, per nessun motivo, neppure per evitare la morte, può lecitamente in questo caso compiacere al suo impudico marito” (DS 3634).

7. Devo concludere che il sacerdote al quale ti sei rivolta probabilmente non ha capito oppure è del tutto fuori strada.
Non basta che i coniugi siano nell’intimità coniugale perché tutto sia corrispondente al disegno di Dio.
Il Concilio Vaticano II afferma che “i coniugi cristiani non possono procedere a loro arbitrio, ma devono sempre essere retti da una coscienza che siaconforme alla legge divina stessa, docili al magistero della Chiesa, che in modo autentico quella legge interpreta alla luce del vangelo” (Gaudium et spes 50).  

E “quando si tratta di comporre l’amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato da criteri oggettivi che hanno il loro fondamento nella dignità stessa della persona umana e dei suoi atti e sono destinati a mantenere in un contesto di vero amore l’integro senso della mutua donazione e della procreazione umana, e tutto ciò non sarà possibile se non venga coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale.
I figli della Chiesa, fondati su questi principi, non potranno seguire strade che sono condannate dal Magistero nella spiegazione della legge divina” (GS 51).  

8. Paolo VI nell’enciclica Humanae Vitae insegna che “nel compito di trasmettere la vita i coniugi non sono liberi di procedere a proprio arbitrio, come se potessero determinare in modo del tutto autonomo le vie oneste da seguire, ma, al contrario, devono conformare il loro agire all’intenzione creatrice di Dio, espressa nella stessa natura del matrimonio e dei suoi atti, e manifestata dall’insegnamento costante della Chiesa” (HV 10).

Ti ringrazio di avermi dato l’opportunità di presentare ai nostri visitatoti gli insegnamenti della Chiesa su alcune questioni riguardanti l’intimità coniugale.
Il senso di tutto è questo: anche nell’intimità coniugale siamo chiamati ad essere santi, e cioè conformi alla luminosità e alla bellezza del disegno di Dio sulla sessualità.
Ti ricordo al Signore e ti benedico. 
Padre Angelo










Un sacerdote risponde

Quali sono le varie strade, oltre la confessione, che giovano per la remissione dei peccati veniali

Quesito

Buongiorno Padre
sono Claudio, vorrei porle la seguente domanda: noi sappiamo che i peccati si possono suddividere in veniali e mortali; i primi non distruggono la comunione con Dio e la Chiesa ma la possono indebolire mentre, i secondi la distruggono e perchè si possa (in questo secondo caso ricostituire) bisogna ricorrere al Sacramento della confessione. 
So che i peccati veniali vengono certamente rimessi col Sacramento della Confessione ma vi sono anche altre "possibilità" perchè vengano rimessi. Siccome ho sperimentato che spesso un peccato magari "parte" come veniale ma poi, nonostante la preghiera, può (col deliberato consenso la piena avvertenza e la materia grave) diventare mortale, vorrei sapere come  possiamo oltre al sacramento della confessione agire perchè ci vengano rimessi i peccati veniali.
Ad esempio un sacerdote ha detto che usando CON FEDE l'acqua benedetta e col pentimento dovuto questo può rimettere i peccati veniali. Quali altre strade lei mi consiglia e quindi la Chiesa stessa consiglia?
Grazie
Mi benedica
Un abbraccio


Risposta del sacerdote

Caro Claudio,
1. per la remissione dei peccati veniali va tenuto presente anzitutto questo: se vi sono anche dei peccati mortali, non possono essere rimessi da soli.
Il motivo te lo presenterò tra breve.
Invece se una persona vive in grazia i peccati veniali possono esser rimessi sia per mezzo della confessione sia per mezzo di molte altre strade.
Noi adesso parliamo di quest’ultimo caso: di chi vive in grazia e desidera la remissione dei peccati veniali.

2. Tutti commettiamo diversi peccati veniali, anche se ci conserviamo in grazia. 
La nostra natura infatti è segnata dal peccato ed è inclinata al male.
Per questo se con l’aiuto della grazia possiamo evitare tutti e singoli i peccati mortali, non riusciamo invece a non cadere in qualche peccato veniale. Questo “per la corruzione degli appetiti inferiori della sensualità, i cui moti la ragione è in grado di reprimere singolarmente (e a ciò essi devono la loro natura di atti peccaminosi volontari), però non può reprimerli globalmente tutti; poiché mentre tenta di resistere ad uno, forse ne insorge un altro; ed anche perché la ragione non sempre è pronta ad evitare questi moti” (SAN TOMMASO, Somma teologica, I-II, 109, 8).

3. Ma vediamo adesso come si possano rimuovere i peccati veniali.
Essi coesistono con la grazia.
La loro remissione non richiede una nuova infusione di grazia santificante come avviene per chi ha commesso un peccato mortale.
È sufficiente un moto contrario e cioè un atto di penitenza.
Scrive San Tommaso: “Per la remissione del peccato veniale non si richiede una nuova infusione di grazia, ma basta un atto che derivi dalla grazia col quale si detesta esplicitamente, o per lo meno implicitamente il peccato, come quando uno si muove con fervore verso Dio” (Somma teologica, III, 87, 3).
Pertanto nessun peccato viene rimesso senza penitenza. Per i peccati mortali si richiede una penitenza più perfetta, che si attua detestando il peccato e confessandolo nel sacramento della Penitenza.
Per il peccato veniale la penitenza è necessaria perché si deve riparare l’affetto al peccato veniale.
E questo si attua con atti di carità accompagnati esplicitamente o almeno implicitamente con la penitenza e cioè col dispiacere nei confronti dei peccati commessi.

4. San Tommaso afferma senza esitazione che “i peccati veniali non possono essere rimessi senza la penitenza” (Somma teologica, III, 87, 1, sed contra) perché introducono nell’anima un certo disordine che va riparato.
Del resto anche S. Agostino diceva che "c'è nella Chiesa una penitenza quotidiana per i peccati veniali" (Serm 351,3).

5. Pertanto, se uno è già in grazia, basta un atto di penitenza compiuto per amore di Dio per rimuovere il peccato veniale, nel medesimo modo in cui in un vestito ancora tutto pulito basta una scrollatina (il moto contrario!) per eliminare la polvere.
Scrive San Tommaso: “Ogni cosa viene eliminata dal suo contrario.
Ma il peccato veniale non è contrario né alla grazia né alla carità, limitandosi a ritardarne gli atti, per il fatto che uno si attacca troppo a un bene creato, senza però andare contro Dio. Perché quindi tale peccato venga cancellato non si richiede un'infusione della grazia abituale; ma basta un moto della grazia, o della carità perché venga rimesso” (Somma teologica, III, 87, 2).
E ancora: “Il peccato veniale non viene mai rimesso senza un qualche atto della penitenza virtù, o esplicito, o implicito.
Però può essere rimesso senza la penitenza sacramento, la quale formalmente consiste nell'assoluzione del sacerdote” (Ib., ad 2).

6. Stabiliti questi principi, passiamo adesso alle conclusioni e cioè alle vie concrete per ottenere la remissione dei peccati veniali.
San Tommaso dice che “una pia pratica può influire sulla remissione dei peccati veniali” (Somma teologica, III, 87, 3).
Questo può avvenire in tre maniere. 
Anzitutto quando si riceve un sacramento, il quale infondendo la grazia, infonde sempre almeno implicitamente il dolore dei peccati.
In particolare la partecipazione all’Eucaristia giova alla remissione dei peccati veniali. 
In secondo luogo giovano alla remissione dei peccati veniali quelle pratiche che spesso accompagnano la recezione dei Sacramenti, come il Confiteor (Confesso a Dio onnipotente), l’atto di dolore, il battersi il petto, la preghiera del Padre nostro nella quale diciamo “Rimetti a noi i nostri debiti”.
In terzo luogo quando compiamo pratiche che spingono a compiere un atto di riverenza verso Dio e verso le cose di Dio. E in tal modo influiscono sulla remissione dei peccati la benedizione episcopale, l'aspersione dell'acqua benedetta, una qualsiasi unzione rituale, il pregare in una chiesa consacrata, e altre pratiche del genere” (Ib.).

7. Oltre a queste pratiche comportano la remissione dei peccati veniali tutti gli atti comandati dalla virtù di penitenza.
In particolare gli atti pazienza e di umiltà, la pratica del digiuno, la preghiera (molte preghiere sono ordinate alla richiesta del perdono dei peccati) e l’elemosina.
Di quest’ultima la Sacra Scrittura dice: “come l’acqua spegne il fuoco, così l’elemosina espia i peccati” (Sir 3,29).

8. Tuttavia mentre questi atti compiuti in grazia certamente la ravvivano e la possono accrescere e giovano alla remissione dei peccati veniali, quando si accede al sacramento della Penitenza viene sempre comunicata anche la grazia sacramentale che è di validissimo aiuto per superare le occasioni di peccato.
Sicché la confessione frequente anche solo per i peccati veniali rimane la via regale per la loro remissione.

Ti ringrazio, ti ricordo al Signore e ti benedico. 
Padre Angelo




Un sacerdote risponde

Di solito dopo la confessione mi sento sempre libero e in pace ma questa volta non è successo; le chiedo se la confessione sia valida e anche qualche aiuto in proposito

Quesito

Caro Padre Angelo,
mi chiamo Alessandro e le scrivo perché un dubbio mi tormenta e avrei bisogno d'aiuto.
Si tratta del pentimento dopo aver commesso un atto impuro, per fortuna dopo aver capito quello che il Signore ha fatto per noi e il Suo messaggio di amore e speranza queste cose capitano molto raramente, ma ultimamente dopo un periodo difficile purtroppo è ricapitato, solo che il pentimento per il gesto è stato meno forte del solito.
Mi vergogno veramente molto di questo e non capisco perché accada, non vorrei mai offendere e mancare di rispetto al nostro Signore, Lui ci ama e si è sacrificato per noi e proprio per questo non capisco quello che mi succede, mi sento come vuoto e questo mi fa paura.
Mi sono confessato ma dato i miei sentimenti non so se la confessione fosse effettivamente valida, non capisco se sono pentito davvero, non nel senso che io non sappia che quello che ho fatto è sbagliato, ma perché il dolore che provo è meno forte di quello che ho provato le altre volte che commettevo questi orribili errori.
In più di solito dopo la confessione mi sento sempre libero e in pace ma questa volta non è successo.
Mi fa paura e non mi è mai successo di sentirmi così vuoto e dal cuore duro.
La prego di darmi qualche consiglio e di aiutarmi in questo modo a tornare nella via che il Signore mi ha indicato, per favore.
Le auguro una buona serata e la ringrazio con tutto il cuore


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. di per sé non è necessario il dolore come sentimento.
È sufficiente avere la consapevolezza di aver offeso il Signore e desiderare di non averlo fatto. Vi è incluso il proposito almeno implicito di non farlo mai più.
Questi tre elementi (consapevolezza di aver offeso il Signore, desiderare di non averlo fatto, desiderio di non in farlo più) costituiscono quel dolore dell’anima che si chiama contrizione.
 
2. Ecco che cosa dice in proposito il Concilio di Trento: “La contrizione include non solo la cessazione del peccato e il proposito e l’inizio di una vita nuova, ma anche l’odio della vita vecchia, conforme all’espressione “Liberatevi da tutte le iniquità commesse e formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo” (Ez 18,31). Certamente colui che riflette su quelle grida dei santi: “Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto” (Sal 6,7); “Ripenso alla mia vita con l’amarezza nell’anima” (Is 38,15 Vlg), e su altre simili, comprenderà facilmente che esse provenivano da un odio veramente profondo della vita passata e da una grande detestazione del peccato” (DS 1676).
Giovanni Paolo II in Reconciliatio et Paenitentia dice che questo “è l’atto essenziale della penitenza” (RP 31,III). 
Senza quest’atto non si è penitenti e il sacramento viene esposto all’infruttuosità.

3. Il dolore dei peccati, soprattutto se si tratta di peccati mortali, deve essere sommo, perché sommo è il male compiuto.
È sufficiente però che il dolore sia sommo nella considerazione dei valori e degli atti compiuti.
Non si richiede che sia sommo nell’intensità delle emozioni. 
Nessun dubbio pertanto sulla validità della tua confessione.

4. Le emozioni possono non esserci per vari motivi.
Il principale motivo potrebbe essere costituito dallo stato di tiepidezza che ha portato al peccato e che perdura nonostante la confessione.
Vi potrebbe essere anche una certa stanchezza psicologica, un’astenia o qualche altro motivo.

5. Ma io desidero sottolineare la causa forse più comune, occasionata dal fatto che la confessione non è stata ben preparata.
Qui mi preme ricordare che la preparazione non consiste semplicemente nel far memoria dei peccati compiuti. Perché nel caso specifico che mi hai narrato c’era un peccato ben chiaro da confessare. Non occorreva pertanto un particolare esame di coscienza

6. Per preparazione alla confessione intendo il mettersi davanti al Signore, meglio ancora davanti all’immagine del Crocifisso, e chiedergli anzitutto la grazia del pentimento.
Il vero pentimento dei nostri peccati non è una faccenda semplicemente nostra, ma è dono del Signore.
È un pentimento di ordine soprannaturale e va invocato.

7. La strada più breve per ottenerlo consiste nel domandare alla Beata Vergine di impetrarlo per noi.
Se lo domandiamo ci viene dato. Spesso ci viene dato prontamente. 
Magari non sarà accompagnato da emozioni, che del resto non sono necessarie, ma si avverte che qualcosa è successo nella nostra anima perché ci si trova più risoluti e più determinati nel cambiare vita.

8. Domandarlo alla Beata Vergine significa certamente rivolgere a Lei il nostro pensiero e il nostro desiderio.
Ma di fatto la nostra richiesta è più vera e più bella se insieme a Lei contempliamo i misteri dolorosi del santo Rosario. 
Qui l’immagine di Gesù è sempre presente. Anzi, al di là dell’immagine, Gesù stesso si rende presente nell’anima.
E puoi vedere nel suo corpo gli effetti dei tuoi peccati, e di riflesso puoi intuire i mali che i tuoi peccati hanno inflitto al suo Copro mistico (la Chiesa) e a te stesso.
Ne viene da sé la detestazione di quanto hai fatto e il desiderio di non farlo di nuovo.
Fai dunque così.

Ti ringrazio del quesito, la cui risposta può giovare a molti.
Ti ricordo al Signore e ti benedico. 
Padre Angelo







[Modificato da Caterina63 16/05/2015 12:54]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)