00 06/12/2014 22:20

  Un sacerdote risponde


Quando i pensieri impuri sono da considerare peccati gravi e quando invece sono solo veniali


Salve padre Angelo.


Mi urge un chiarimento in materia di morale sessuale. Più esattamente vorrei sapere, secondo il Magistero della Chiesa, cosa significhi pensiero impuro, se esso sia un peccato mortale o veniale, e in cosa consiste. Insomma in che modo bisogna fantasticare, perché il pensiero sia impuro….


Le scrivo questo perché, a volte, forse spesso, fantastico con la mente immaginando scene d’amore, con le quali giungo, a volte, anche all’eccitazione… e dunque, questo mio “fare” non è un concepire un intento di sedurre l’altra, ma un’immaginazione che mi da piacere, una sorta di conforto, consolazione…insomma non c’è l’atto del concupire. In verità ho già provveduto a fare le mie ricerche, e una di queste mi ha portato a lei, il quale conclude che questo tipo di pensiero impuro entra nella categoria della delectatio morosa.


Questa cosa verrebbe considerata un peccato di lussuria, perché?


E poi, è un peccato mortale?


Spero possa rispondermi al più presto, la ringrazio vivamente, e ringrazio Dio per il suo sacerdozio.




Risposta del sacerdote


Carissimo,


1. quanto mi hai descritto di fatto costituisce un uso disordinato della sessualità perché il piacere legato ad essa è intimamente legato al dono di sé.


Ma qui, nel tuo caso, non c’è alcun dono di sé, anzi c’è un uso egoistico della sessualità.


2. Ora per esaminare la gravità dell’atto è necessario distinguere tra pensieri che capitano, e ai quali si va dietro senza pensare di respingerli oppure li si respinge in maniera tenue sorprendendosi anche con qualche eccitazione, e pensieri direttamente voluti con conseguente eccitazione.


In questo secondo caso, poiché si tratta di immaginazione volontaria, giungendo all’accettazione dell’eccitazione sessuale, secondo i moralisti cattolici si tratta di peccato grave contro il nono comandamento.


Come vedi, qui c’è poca differenza tra questi pensieri, voluti e cercati, e la pornografia, che dalla Chiesa è classificata peccato grave.


 


3. Nel primo caso invece quei pensieri - a motivo dell’imperfezione dell’atto, e cioè per l’imperfezione della piena avvertenza della mente e del deliberato consenso della volontà e se non si giunge all’eccitazione piena sono da classificare come peccati veniali.


 


4. Ti esorto però a non stare a vedere fino a che puoi andare per non commettere peccato grave.


Cerca invece di fare ciò che è “santo e gradito a Dio, perché questo è il culto spirituale” (Rm 12,1) che dobbiamo dare a Dio.


Questo culto è molto utile a noi, perché ci fa crescere.


È molto utile al prossimo perché ci porta a volere il suo bene.


E sarà grandemente remunerato per l’eternità.


Il peccato veniale non sarà rimurato, anzi merita solo purificazione.


 


Ti ricordo al Signore e ti benedico.


Padre Angelo







Un sacerdote risponde
Quando c’è la purezza, ci sono anche molti altri beni

Quesito

Caro Padre Angelo,
Le scrivo confidandole alcune mie cose come se mi trovassi davanti ad un diario segreto. 
Sono infelice. Ho 16 anni; vado male a scuola, non ho amici e prego sempre utilizzando il breviario (e quindi ogni giorno Ufficio, Lodi, Ora media, Vespri, Compieta). 
Sono vittima di una grande tentazione, quella dell'impurità. Vivo di peccato e di preghiera. 
Ora, nella mia situazione non bella, a chi devo incolpare la mia negatività scolastica e sociale? Non posso che attribuire la causa di tutto a Dio, a quel Dio che prego con fede notte e giorno. Di qui vien meno la mia fede sull'esistenza di Dio, dato che non ascolta la mia preghiera e dato che vedo i miei coetanei, che vivono lontani dal Signore, che vanno bene a scuola, che hanno tanti amici, ecc... Non so che fare, a chi devo seguire, come fare per riprendermi, per raggiungere la sufficienza, per avere amici della mia età con cui uscire, con cui divertirmi, ecc.. Mi sembra tanto dire con il salmista "io sono colmo di sventure, mi hai gettato nella fossa profonda, nelle tenebre e nell'ombra di morte. Hai allontanato da me i miei compagni , mi hai reso per loro un orrore. Sono infelice, sfinito, oppresso dai tuoi terrori. Hai allontanato da me amici e conoscenti, mi sono compagne solo le tenebre". Preferisco che non venga pubblicata questa conversazione.
Nell'attesa di una esauriente risposta, La saluto pregando per lei e invocando dal Signore il Suo Spirito.


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. Vedo che sei un bravo ragazzo e ti esorto a perseverare nella preghiera.
Ma nella tua vita c’è l’impurità e questa è causa di tanti mali, perché ti priva della grazia di Dio.
Non è Dio la causa dei tuoi mali, ma lo sono le tue impurità.

2. Guarda cosa ci dice la Sacra Scrittura. 
Giuseppe l’ebreo, il patriarca, conservò la purezza anche di fronte a tentazioni violentissime, e proprio per questo tutto gli andò bene.
Ecco cosa si legge nel testo sacro: “Il Signore fu con Giuseppe: a lui tutto riusciva bene e rimase nella casa dell'Egiziano, suo padrone. Il suo padrone si accorse che il Signore era con lui e che il Signore faceva riuscire per mano sua quanto egli intraprendeva. Così Giuseppe trovò grazia agli occhi di lui e divenne suo servitore personale; anzi, quello lo nominò suo maggiordomo e gli diede in mano tutti i suoi averi. Da quando egli lo aveva fatto suo maggiordomo e incaricato di tutti i suoi averi, il Signore benedisse la casa dell'Egiziano grazie a Giuseppe e la benedizione del Signore fu su quanto aveva, sia in casa sia nella campagna” (Gn 39,2-5).

3. Giuseppe poi finisce in prigione perché accusato ingiustamente. “Ma il Signore fu con Giuseppe, gli accordò benevolenza e gli fece trovare grazia agli occhi del comandante della prigione. Così il comandante della prigione affidò a Giuseppe tutti i carcerati che erano nella prigione, e quanto c'era da fare là dentro lo faceva lui. Il comandante della prigione non si prendeva più cura di nulla di quanto era affidato a Giuseppe, perché il Signore era con lui e il Signore dava successo a tutto quanto egli faceva” (Gn 39, 21-23).

4. Come vedi, quando c’è la purezza, ci sono anche molti altri beni.
Per questo molti autori spirituali hanno letto in riferimento alla purezza quanto si legge in Sap 7,11: “Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile”.

5. Le impurità, al contrario, ci privano di tutti questi beni.
Non solo, ma ci lasciano senza difese per cui ci si mette in qualche modo sotto il potere del comune avversario al quale il Signore permette che possa fare qualcosa nei nostri confronti perché ci risolviamo a convertirci, a cambiare vita, a camminare integri davanti a Lui e colmi di ogni benedizione.
Il Catechismo Romano del Concilio di Trento ricorda che nella sacra Scrittura si legge che per il peccato di uno è venuta meno la benedizione non solo su di lui ma anche su quelli della sua casa (Gn 34,25).

6. Mi piace ricordarti quanto dice San Tommaso d’Aquino: “Così chi supera le tentazioni merita di essere servito dagli angeli”
Dunque, guarda alle tentazioni che ti si presentano davanti come a delle occasioni che il Signore ti dà per essere servito dagli angeli.
Non cedere in nessuna maniera, fai quanto devi fare per lo studio, vivi in grazia e la mano del Signore ti accompagnerà.
Se fai il contrario, danneggi te stesso e diventi la causa della tua infelicità.

Ti assicuro la mia preghiera perché possa essere forte e come il Signore ti vuole.
Ti auguro ogni bene e ti benedico.
Padre Angelo




Un sacerdote risponde

Secondo un nostro visitatore l'essere gay potrebbe essere una grazia non ancora scoperta

Quesito

Gentile Padre Angelo,
nel ringraziarla per l'interessante rubrica che conduce e che mi ritrovo spesso a seguire, vorrei sottoporre alla sua attenzione una intuizione a cui sono arrivato non senza qualche fatica.
In particolare vorrei riflettere sullo stato denominato "gay" ed "omosessuale" che molte persone soprattutto giovani vivono spesso con molte difficoltà.
Premesso che gay si nasce ed omosessuali si diventa (con la condotta), ritengo che nascere ed essere "gay" corrisponda ad una difficoltà da parte della persona di scorgere una "grazia" che Nostro Signore gli ha riservato, una grazia in particolare da malattia. Ma quale malattia? 
Lei ben sa dei grandi progressi della scienza in particolare degli aspetti legati al DNA alla lettura del Genoma umano ed alla possibilità di prevenire le malattie. Una analisi del patrimonio genetico permetterebbe di riconoscere molte malattie ma non spiegare perchè non si siano manifestate.
Secondo me la persona Gay è quella persona che ha ricevuto un bene enorme ma che non è riuscita ancora appunto a cogliere questa Grazia alla nascita: una malattia che sarebbe dovuta sorgere alla nascita e che invece non si è manifestata grazie, perché no, ad un intervento divino; una persona che è stata molto amata da Dio ma che non è riuscita a riconoscere tale amore.
La persona gay con proprie pulsioni manifeste è una persona che ha bisogno di così tanto amore (perché tanto è stato amato) che se non ben interpretato non può che sfociare in un amore omosessuale. Forse i tempi non sono ancora maturi per una tale valutazione.
Questo giustificherebbe perché la Chiesa consideri l'essere Gay come una deviazione o una tendenza da correggere.
Grazie per la sua attenzione 
Andrea


Risposta del sacerdote

Caro Andrea 
1. Tu scrivi: “Premesso che gay si nasce ed omosessuali si diventa (con la condotta)”. 
Ebbene, questa premessa va dimostrata. Finora nessuno è riuscito a dimostrarlo seriamente.
Che in alcune persone vi possano essere delle predisposizioni, non lo nego. Ma in genere la causa di questo fenomeno è di ordine psicologico.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica dicendo che “la sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile” (CCC 2357) inclina a cercare le cause nell’ambito psichico.
 
2. Inoltre mi dici che è una malattia e che pertanto si tratta di una grazia molto grande, non ancora scoperta.
Ora la malattia, in quanto difetto della natura, non è una grazia, ma una disgrazia.
Che poi Dio sappia trarre anche dalle disgrazie dei beni più grandi sono d’accordo. 
Ma l’essere gay, in quanto tale, non è un dono di Dio, non è una grazia, è un defectus naturae.

3. Il Magistero della Chiesa ne parla come di un disordine.
Precisa subito che l’inclinazione gay è un disordine, ma non un peccato. 
È un disordine perché i sessi sono dissimili fra di loro per incontrarsi nella loro diversità e complementarietà.

4. La grazia più grande che ne può venir fuori può essere ad esempio la dedizione totale di se stessi alla società e alla Chiesa.
Vivendo nella purezza, fanno dono di sé spendendo tutte le proprie energie per il Vangelo o per il bene degli altri.
Proprio per questo il defectus naturae di cui si è parlato non è irreparabile.
La santità è possibile per tutti, anche per coloro che sono gay.
Non però in quanto sono gay, ma perché anch’essi sono chiamati ad amare con il cuore stesso di Cristo.
E di fatto non possiamo escludere che ci siano stati santi e che vi saranno anche tra persone con inclinazioni omosessuali!

Ti ringrazio per lo spunto di riflessione che hai offerto, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo




Un sacerdote risponde

Dopo aver fatto la Comunione in peccato mortale ma col proposito di confessarmi, sentii dentro di me proprio l’assenza più totale di Dio, il nulla, il deserto, la desolazione

Quesito

Caro Padre Angelo,
le scrivo in merito al fatto della possibilità di ricevere la Santa Comunione in peccato mortale, nello specifico dopo quelli attuati da solo contro il VI comandamento: la masturbazione.
Fin dall’adolescenza mi sono ritrovato via via sempre più schiavo di questo genere di peccato e per questo motivo, su mia iniziativa, non ho più ricevuto la Santa Comunione se non in rare occasioni dopo essermi confessato. E dire che quando chiedevo ad amici o anche preti in merito a questa tematica mi sentivo dire che potevo farla a patto che facessi il proposito di confessarmi al più presto. Non ho ascoltato questi consigli se non in due occasioni, una dopo le parole di un prete e una dopo aver visto un amico che riceveva Gesù pur avendo compiuto questi atti (me lo aveva detto in un discorso poco tempo prima e nel mentre non si era confessato). Per la cronaca quella volta in particolare sentii dentro di me proprio l’assenza più totale di Dio, solo così posso descrivere ciò che provai: il nulla, il deserto, la desolazione.
Bene, ora ho 30 e passa anni e sto cercando di debellare una volta per tutte la masturbazione dalla mia vita. Sono costante nella confessione, nella messa e Comunione. Recito tutti i giorni da quasi due anni il Santo Rosario e ogni tanto qualche novena. Recito le preghiere della sera e la mattina. Come riscontro ho avuto anche più mesi senza compiere questo atto e quando la tentazione faceva capolino io mi dicevo che sceglievo Dio e poi pensavo al volto della Madonna, la nostra mamma celeste.
Arriviamo al dunque.
Mi sto affidando ad un sacerdote sia in confessionale sia in incontri mensili per la guida spirituale e sto cercando di capire se questo potrebbe essere il mio padre spirituale “ufficiale”.
Mi trovo abbastanza bene però mi dice sull’argomento della sessualità che nel mio caso per rafforzarmi devo, anche se dovessi cadere prima della successiva confessione (se dovessi cadere non troppe volte) fare la Comunione. Una volta ho seguito il suo suggerimento ma che è successo? Che dopo la comunione sono ricaduto ancora tantissime volte prima della confessione e di rafforzato non ho sentito un bel niente. Allora al successivo incontro gli ho detto che della mia anima avrei dovuto rendere conto di persona a Dio (infatti mi aveva detto che mi dava lui il permesso di fare così) e lui mi ha detto che avrei dovuto anche rendere conto del fatto che rinunciando al suo consiglio, sbagliando, avrei reso conto anche di quello.............
Ho letto cosa dice il catechismo della chiesa cattolica e io vorrei seguire quello: “chi è consapevole di aver commesso un peccato grave deve ricevere il sacramento della riconciliazione prima di accedere alla comunione”.
Quindi che faccio? Lascio perdere questo sacerdote? Sono anche devoto di Padre Pio di cui mi reputo figlio spirituale avendo raccolto la promessa strappata al Padre dal suo confratello Padre Modestino e Padre Pio giustamente non transigeva su questi peccati.

La ringrazio anticipatamente per la sua risposta,
che Dio la benedica,
con affetto,
Alessandro


Risposta del sacerdote

Caro Alessandro, 
mi dispiace molto di averti fatto attendere così tanto. Ma il numero delle mail che mi arrivano non mi permette di rispondere a tutti in maniera pronta, come sarebbe giusto fare.
La tua testimonianza è molto significativa.
Di essa desidero toccare tre punti in particolare.

1. Il primo, hai provato fin dall’adolescenza a commettere atti impuri.
Sorvolare sulle cadute degli adolescenti non è efficace, perché in tal modo viene rafforzata la dipendenza dal vizio e chissà se riusciranno a sradicarlo dalla loro vita.
Valgono anche per gli adolescenti le parole della Sacra Scrittura: “Non regni più dunque il peccato nel vostro corpo mortale, sì da sottomettervi ai suoi desideri” (Rm 6,12).
Solo ciò che è vero è anche pastoralmente buono, efficace e utile.
Senza drammatizzare, gli adolescenti che cadono nell’impurità devono essere condotti con l’aiuto della grazia a vivere nella purezza.

2. Il secondo punto: hai resistito ai consigli sbagliati di chi ti diceva di fare la S. Comunione ugualmente.
Ma hai ceduto in due occasioni dietro suggerimento (purtroppo) di un prete e anche di alcuni amici. L’hai fatto col proposito di confessarti dopo la Comunione.
E poi mi scrivi: “Per la cronaca quella volta in particolare sentii dentro di me proprio l’assenza più totale di Dio, solo così posso descrivere ciò che provai: il nulla, il deserto, la desolazione”.
Ti ringrazio per avermi dato questa testimonianza che è la più vera.
“Dio non entra in un’anima inquinata dal peccato” (Sap 1,4).
Quelle due volte il Signore non è entrato in te, non l’hai sentito. Anzi ha provato “il nulla, il deserto, la desolazione”.

3. Dio ha detto per bocca di San Paolo: “Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore.
Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti” (1 Cor 11,27-30).
“Sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore”. È un’espressione simile a quella di “reus maiestatis” (reo di lesa maestà) per la quale in antico si riceveva la pena di morte.
È per questo che san Paolo dice: “mangia e bene la propria condanna” e che talvolta questo grave peccato si manifesta anche attraverso segni esterni: “È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti”.

4. Mi viene da dire: ma i preti che dicono di fare la Comunione lo stesso anche se si è in peccato grave ma col proposito di confessarsi in seguito, non sanno che le persone che ascoltano i loro consigli provano “il nulla, il deserto, la desolazione”?
Non sanno che quello che propongono è la strada più sicura per abbandonare anche la pratica religiosa, perché quando si smette di “gustare la buona parola di Dio e le meraviglie del mondo futuro” (Eb 6,5) la pratica religiosa diventa arida, insignificante, solo un dovere, una formalità?

5. Quando si è in grazia e si fa la Santa Comunione “si gustano le meraviglie del mondo futuro”. 
Si sperimenta allora quanto siano vere le parole del salmo 23,1: “Il Signore mi governa e non mi farà mai mancare di nulla; mi ha collocato in un luogo di abbondante pascolo” (è la traduzione dal latino. La traduzione della Cei: “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare”).

6. La terza cosa che voglio dire è in riferimento al tuo attuale confessore, che ti vuole persuadere della bontà di ciò che tu stesso hai sperimentato essere devastante.
Mi dici che dopo quel “salutare” consiglio sei caduto tantissime altre volte e non ti sei sentito rafforzare in nulla.
E che dopo avergli detto che quel consiglio non lo volevi più seguire perché ti conduceva solo al peggio e che un giorno avresti dovuto risponderne davanti a Dio, è giunto a dire che dovrai rispondere proprio del fatto di non averlo ascoltato.
Non ti pare il colmo?
Bisogna ascoltare i consigli del confessore. Ma se questi consigli sono contro la legge di Dio, non si possono ascoltare! Il confessore non è infallibile.
Dicendoti quello che ti ha detto non si comporta da ministro leale di Gesù Cristo perché deve essere fedele all’insegnamento del Signore: “Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore.
Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna” (1 Cor 11,2-29).

7. Mi hai citato un passo del Catechismo della Chiesa Cattolica.
Lo ripropongo per intero:
“«Prendete e mangiatene tutti»: la Comunione
n. 1384 Il Signore ci rivolge un invito pressante a riceverlo nel sacramento dell’Eucaristia: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la Carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo Sangue, non avrete in voi la vita» (Gv 6,53).
n. 1385: Per rispondere a questo invito dobbiamo prepararci a questo momento così grande e così santo. San Paolo esorta a un esame di coscienza: «Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del Corpo e del Sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il Corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1 Cor 11,27-29).
Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione”.

8. Citando questo passo, Giovanni Paolo II ha affermato: “Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell’apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell’Eucaristia, «si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale” (Ecclesia de Eucharistia 36).
Il Papa si richiama poi a un passo di San Giovanni Crisostomo, il quale “con la forza della sua eloquenza, esortava i fedeli: «Anch’io alzo la voce, supplico, prego e scongiuro di non accostarci a questa sacra Mensa con una coscienza macchiata e corrotta.
Un tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi».
Quello che tu hai provato dopo quelle Comunione mal fatte è la conferma più esauriente di quanto diceva San Giovanni Crisostomo.

9. Mi dici che sei devoto di Padre Pio.
Ebbene, ti dico con tutte le mie forze di seguire l’insegnamento e il modo di fare di Padre Pio.
La Chiesa l’ha canonizzato presentandolo non solo come esempio di virtù, ma anche come modello di comportamento per i sacerdoti nella pastorale della confessione sacramentale.
Puoi tenerti l’attuale confessore, ma a patto che ti permetta di confessare i tuoi peccati e che non ti dica di far la Santa Comunione ugualmente anche se non hai confessato prima i peccati gravi.
Devi obbedire prima a Dio, che parla attraverso la Sacra Scrittura, attraverso il Magistero della Chiesa e anche attraverso la tua coscienza, che per ora – grazie a Dio - resiste ai tentativi di deformazione.

Ti ringrazio di questa testimonianza, ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo




Un sacerdote risponde

Sul reiki e se sia vero che decidere di non avere altri figli sia peccato grave

Quesito

Caro Padre Angelo,
la ringrazio per il servizio che offre online che ho scoperto "casualmente" mentre cercavo la risposta ad un mio dilemma.
Sono una donna sposata  da 6 anni; poco dopo il matrimonio sono rimasta incinta del mio  unico figlio che ora ha 5 anni. Ci siamo sposati in chiesa ma a quell'epoca non praticavo i sacramenti definendomi , con l' appellativo ormai comune , una "credente non praticante", espletando quindi le pratiche richieste dalla Chiesa per il matrimonio (corso per fidanzati, confessione,...) in modo perlopiù formale. Con la stessa modalità ho fatto battezzare mio figlio. Lavoro in ambito sanitario e lo scorso anno, tramite alcuni colleghi con i quali ho frequentato un corso di formazione, sono entrata in contatto con le cosiddette pratiche di medicina alternativa e annessi/connessi . Per farla breve, mi sono incuriosita al Reiki prendendo il primo livello, con l'intenzione di esercitarlo sul luogo di lavoro. dopo un primo momento di apparente benessere ho iniziato ad accusare alcuni disturbi senza un'evidente causa medica  e, informandomi su questa  pratica, scopro  che la Chiesa la condanna annoverandola nell'ambito dell'esoterismo, con tutti i rischi che ciò comporta.
E' proprio vero che il Signore può servirsi anche del male per generare il bene perchè questa scoperta mi ha spinta fortemente a riavvicinarmi alla Chiesa, in un primo momento motivata più che altro dalla paura ma  gradualmente , giorno per giorno , si è fatta strada una consapevolezza crescente di quanta bellezza ci sia nell'amicizia con Gesù , nella preghiera continua, nella Messa quotidiana e nel Rosario; tutto ciò nonostante le difficoltà dato che, nel frattempo, a mio figlio è stato diagnosticato un Disturbo Pervasivo dello sviluppo.  Alla mia conversione, dopo le mie preghiere, è seguita anche quella di mio marito.

All'inizio vivevamo la fede in modo sostanzialmente individuale ma sto cercando di introdurre la preghiera in famiglia e, in questo senso, ci ha aiutati tanto il viaggio a Lourdes che abbiamo fatto il mese scorso.

Mi confesso regolarmente e fino ad oggi ero convinta di essere sulla strada giusta, con i suoi scivoloni quotidiani, ma sempre in una sfera di grazia di Dio. Oggi però mi è capitato di leggere un articolo da cui si evince che decidere di non avere più figli in un matrimonio cattolico è peccato mortale.
Noi ci siamo fermati ad un unico figlio perchè per me sono stati anni molto faticosi e spesso ho pensato di non essere stata una brava mamma, perchè magari tornavo stanca dopo una giornata di lavoro e non riuscivo a dare il meglio, magari ho perso la pazienza e sono stata nervosa...oltretutto non siamo nemmeno una coppia giovanissima, i nonni sono anziani e non riescono già più ad aiutarci come avrebbero potuto fare prima. Insomma il solo pensiero del secondo figlio non è mai stato considerato. Ora ho iniziato a pensarci dopo aver letto questo articolo ma la sola idea mi terrorizza. La prima cosa che ho fatto è stata quella di affidare a Gesù e alla Madonna questo mio tormento chiedendo di illuminarmi sulla strada giusta da percorrere.
Le chiedo se può darmi qualche consiglio sulla base delle sue conoscenze.
Grazie di cuore per la sua infinita disponibilità


Risposta del sacerdote

Carissima,
1. il reiki come pratica di medicina alternativa è certamente da scartare. 
Se si cercano forze di guarigione, la strada del reiki non è certamente quella cristiana.
È pericoloso affidarsi a forze segrete invocate e ottenute da chissà chi.

2. Ti sei avvicinata a Cristo per le conseguenze negative sperimentate in seguito alla pratica del reiki.
Mi pare di poter dire che come Dio permette l’azione del demonio perché gli uomini camminino diritto per non cadere in sua balìa, così analogamente ha permesso che tu ti avvicinassi al reiki per vedere quanto danno si riceve a non fidarti del Signore e della forza che viene da Lui solo.

3. Adesso vengo al tuo problema.
Mi dici che hai letto che “decidere di non avere più figli in un matrimonio cattolico è peccato mortale”.
Questo non è vero.
La Chiesa parla di paternità responsabile e nel Concilio Vaticano II insegna: “I coniugi sappiano di essere cooperatori dell'amore di Dio Creatore e quasi suoi interpreti nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla; ciò deve essere considerato come missione loro propria.
E perciò adempiranno il loro dovere con umana e cristiana responsabilità e, con docile riverenza verso Dio, di comune accordo e con sforzo comune, si formeranno un retto giudizio: tenendo conto sia del proprio bene personale che di quello dei figli, tanto di quelli nati che di quelli che si prevede nasceranno; valutando le condizioni sia materiali che spirituali della loro epoca e del loro stato di vita; e, infine, tenendo conto del bene della comunità familiare, della società temporale e della Chiesa stessa. Questo giudizio in ultima analisi lo devono formulare, davanti a Dio, gli sposi stessi” (Gaudium et spes, 50).
I coniugi dunque possono decidere di non mettere al mondo altri figli.

4. Tuttavia se con l’espressione  “decidere di non avere più figli in un matrimonio cattolico è peccato mortale” s’intende il ricorso alla contraccezione, allora sì, la contraccezione è un peccato oggettivamente grave perché falsifica il disegno di Dio sull’amore coniugale: rifiutando di donare la propria capacità di diventare padre e madre, ci si rifiuta di donarsi in totalità.

5. Rimane aperta la strada dei metodi naturali e cioè del ricorso ai cicli di fertilità e di infertilità.
Percorrendo questa strada disposta da Dio stesso, mentre ci si esercita nell’autodominio perché in alcuni giorni ci si deve astenere, si rimane aperti al Suo disegno e ci si dona in totalità.
In questo modo i coniugi non si sostituiscono a Dio nel determinare quali siano i fini dell’intimità coniugale, ma camminano alleati con la Sua Sapienza mantenendo la comunione con Lui e conservando lo stato di grazia che è indispensabile per poter fare la Santa Comunione.

Ti auguro un buon prosieguo nell’itinerario cristiano insieme a tuo marito. È una primavera continua, ricca di grazia e di benedizione.

Assicuro la mia preghiera per voi due e per il vostro carissimo figlio e tutti e tre vi benedico.
Padre Angelo





[Modificato da Caterina63 16/12/2014 13:44]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)