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  "Alla base della società non stanno individui asessuati"
di Stefano Fontana21-02-2015  laNuovaBussolaQuotidiana


Vescovado di Trieste

Che una Commissione diocesana pubblichi un documento contro il gender a scuola è un fatto piuttosto raro. Ecco perché vale la pena evidenziare quanto è successo ieri nella diocesi di Trieste. La Commissione diocesana per l’educazione cattolica, la scuola e l’università – questo è il suo nome esatto – ha reso noto un ampio documento che esamina l’invadenza dell’ideologia gender nelle scuole, invita ad una sana educazione dei nostri ragazzi e, infine, chiede a genitori e insegnanti di sorvegliare e mobilitarsi.

Il documento, che è disponibile anche sul sito del settimanale diocesano di Trieste Vita Nuova, è un piccolo capolavoro di logica e di chiarezza, a cominciare dal titolo “Identità sessuale, vita e famiglia: il compito educativo della scuola”. 

Dopo aver spiegato cosa si intende per “ideologia del gender”, il documento parte dalla constatazione di quanto sta avvenendo: «Nelle scuole pubbliche sono sempre più frequenti interventi educativi, soprattutto nel campo dell’educazione alla sessualità, che diffondono questa ideologia. Spesso ciò avviene con la sinergia della scuola, della locale Asl e del comune. Altrettanto spesso i progetti sono gestiti da associazioni per i diritti LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transessuali). L’idea esibita è di combattere il bullismo omofobico, ma l’obiettivo vero è di educare secondo l’ideologia dell’indifferenza sessuale».

Quindi si passa a presentare i recenti interventi del Magistero: Benedetto XVI, il cardinale Bagnasco, Papa Francesco. 

Siccome sul piano metodologico è sempre meglio partire dal positivo, ecco che il documento, sapientemente dice: «questa Commissione ritiene necessario, prima di tutto, collaborare per la diffusione di una cultura rispettosa della natura della persona umana, nella quale non si incontrano ostacoli o impedimenti, ma un messaggio di verità e di bene che l’uomo fa liberamente proprio. Nulla nell’uomo è solo un dato materiale e fisico. L’identità sessuata maschio e femmina è un progetto di vita, di costruzione di sé, di complementarietà e di accoglienza, che non chiude e non limita, ma apre ad un universo di declinazioni esistenziali».

L’annuncio – si dice – deve precedere la denuncia. Il documento annuncia quindi l’evidenza: «È del tutto evidente che alla base di ogni società non stanno due individui asessuati, ma una coppia eterosessuale aperta alla vita. Se così non fosse nella società non ci sarebbero complementarietà ed accoglienza reciproca fra esseri sessualmente definiti come “maschio” e “femmina”, ma solo giustapposizione e la comunità non si riprodurrebbe in via naturale».

Precisati i concetti, fatta l’analisi della situazione, risaliti ai principi e rispolverate le evidenze, ecco che la Commissione si avventura senza paura dentro le cattive cose di oggi, e lo fa senza sbavature od opacità. Quella di Trieste è una Commissione che parla chiaro: «La penetrazione dell’ideologia del gender nella scuola avviene oggi in molte forme. Accade dunque che gli insegnanti frequentino corsi di formazione gestiti da associazioni favorevoli a questa ideologia e che la presentano loro come qualcosa di scientifico e didatticamente interessante, utilizzando un metodo molto efficace: principi e valori come la tolleranza, la libertà, l’uguaglianza, in sé positivi, vengono qui adoperati in modo strumentale per convincere di una trasmutazione antropologica. Un’altra forma, come già detto, sono i corsi extracurricolari ed anche curricolari di educazione all’affettività e alla sessualità per i bambini stessi. Orientamenti e Linee Guida di organismi internazionali, come l’OMS, o nazionali, come quelle del Dipartimento Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio, spesso orientano in modo ideologico questi corsi e propongono ai bambini e agli adolescenti in forma precoce atteggiamenti e convincimenti deformanti la loro personalità. Ci sono però anche altre forme che non vanno trascurate. Sempre più spesso i testi scolastici delle materie scientifiche, in particolare le parti concernenti la biologia e la fisiologia, sono riscritti con grandi aperture all’ideologia del gender. Film, video, testi per rappresentazioni teatrali sono ampiamente presenti nelle scuole e utilizzati. Per certi versi esiste la possibilità che l’intera cultura trasmessa venga riplasmata in funzione di questa ideologia, compresa l’arte e la letteratura».

Infine, la Commissione cerca di rispondere alla domanda “che fare?”. La risposta non può essere che una e formulata, ancora una volta in modo positivo: proporre la bellezza e la pienezza dell’amore umano e cristiano. Non si evita però di scendere anche su un terreno più pratico, come per esempio «predisporre materiali per una sana educazione all’affettività e alla sessualità in modo da aiutare docenti, genitori e formatori non solo a riconoscere e a contestare le violazioni del diritto della famiglia ad educare, ma soprattutto a formulare proposte positive rispetto ai valori pienamente umani e naturali».

L’impegno educativo però non basta, c’è anche il livello politico e delle leggi: «Uno sforzo deve essere fatto anche per far comprendere la dimensione sociale e politica, e non solo di morale individuale, della ideologia del gender, affinché si riconosca che le leggi e le politiche non possono assecondare desideri individuali, ma li devono orientare alla luce del vero bene comune».

Un documento importante, quindi, in un contesto cittadino e regionale fortemente orientato ad assecondare i “nuovi diritti”. 







DIOCESI DI TRIESTE

COMMISSIONE DIOCESANA “Vittorio Bachelet”
PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, LA SCUOLA E L’UNIVERSITÀ IDENTITÀ SESSUALE, VITA E FAMIGLIA:
I COMPITI EDUCATIVI DELLA SCUOLA

Una situazione che preoccupa


Il mondo educativo in generale e quello della scuola in particolare sono investiti dalla cosiddetta ideologia del “gender”, secondo la quale l’identità sessuale non è un dato naturale, ma culturale e come tale esso deve poter essere scelto. Maschio e femmina sarebbero quindi degli stereotipi di genere da superarsi perché impediscono la libertà dell’individuo e, di conseguenza, l’educazione dovrebbe ugualmente istruire su tutti gli orientamenti sessuali fin dalla più tenera età scolare.
Riconoscere in un contesto educativo la realtà dell’essere maschi e femmine significherebbe discriminare l’omosessualità o gli altri orientamenti sessuali.

Nelle scuole pubbliche sono sempre più frequenti interventi educativi, soprattutto nel campo dell’educazione alla sessualità, che diffondono questa ideologia. Spesso ciò avviene con la sinergia della scuola, della locale Asl e del comune. Altrettanto spesso i progetti sono gestiti da associazioni per i diritti LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transessuali). L’idea esibita è di combattere il bullismo omofobico, ma l’obiettivo vero è di educare secondo l’ideologia dell’indifferenza sessuale.

Molti genitori manifestano la loro preoccupazione e si mobilitano per far sentire la loro voce dentro le istituzioni scolastiche. Essi contestano questi programmi sia per i loro contenuti sia per il metodo con cui vengono implementati, dato che non di rado ciò avviene senza il coinvolgimento organico dei genitori e senza la loro autorizzazione. Anche molti insegnanti cominciano a far sentire la loro insoddisfazione. C’è il pericolo che i bambini e i ragazzi non vengano più educati a leggere nella natura umana, compresa la propria identità sessuata, un progetto di vita vero e buono, ma solo l’espressione di un desiderio. C’è anche il pericolo che venga deformato il significato umano della procreazione e della famiglia.


I recenti interventi del Magistero


Benedetto XVI, nel discorso alla Curia romana del 21 dicembre 2012, aveva rappresentato le conseguenze molto negative dell’ideologia del “gender”: «Se non esiste la dualità di maschio e femmina come dato della creazione, allora non esiste neppure più la famiglia come realtà prestabilita dalla creazione e anche la prole ha perso il senso che fino ad ora le spettava e la particolare dignità che le è propria».
Parlando ai componenti dell’Ufficio Internazionale Cattolico per l’Infanzia l’11 aprile 2014, il Santo Padre Francesco ha detto: «Occorre ribadire il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al loro sviluppo e alla loro maturazione affettiva. Continuando a maturare nella relazione, nel confronto con ciò che è la mascolinità e la femminilità di un padre e di una madre, e così preparando la maturità affettiva.
Ciò comporta al tempo stesso sostenere il diritto dei genitori all’educazione morale e religiosa dei propri figli. E a questo proposito vorrei manifestare il mio rifiuto per ogni tipo di sperimentazione educativa con i bambini. Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio! Gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti; conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, con pretesa di modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del “pensiero unico”. Mi diceva, poco più di una settimana fa, un grande educatore: “A volte, non si sa se con questi progetti – riferendosi a progetti concreti di educazione – si mandi un bambino a scuola o in un campo di rieducazione”».


Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei Vescovi italiani, nella sua prolusione al Consiglio permanente del 24 marzo 2014, ha detto: «È la lettura ideologica del “genere” una vera dittatura che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni. Viene da chiederci con amarezza se si vuol fare della scuola dei “campi di rieducazione”, di “indottrinamento”. Ma i genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati? Si è chiesto a loro non solo il parere ma anche l’esplicita autorizzazione? I figli non sono materiale da esperimento in mano di nessuno, neppure di tecnici o di cosiddetti esperti. I genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c’è autorità che tenga».

I Vescovi del Triveneto sono intervenuti su questo argomento con la Nota su alcune urgenti questioni di carattere antropologico ed educativo del 2 febbraio 2014.

Questi recenti insegnamenti del Magistero, in continuità con la dottrina che la Chiesa ha sempre insegnato, indicano la gravità della situazione e il dovere di una testimonianza di verità da parte di tutti.


Una cultura rispettosa della persona umana


Considerata la situazione descritta e i recenti insegnamenti dei Pontefici e dei nostri Pastori, questa Commissione ritiene necessario, prima di tutto, collaborare per la diffusione di una cultura rispettosa della natura della persona umana, nella quale non si incontrano ostacoli o impedimenti, ma un messaggio di verità e di bene che l’uomo fa liberamente proprio. Nulla nell’uomo è solo un dato materiale e fisico. L’identità sessuata maschio e femmina è un progetto di vita, di costruzione di sé, di complementarietà e di accoglienza, che non chiude e non limita, ma apre ad un universo di declinazioni esistenziali. L’unità della persona umana, anima e corpo, viene impedita nel costruirsi come una identità pienamente umana qualora si consideri indifferente il corpo: esso, infatti, non è solo corpo, ma espressione di un modo umano e personale di essere. Considerando, invece, il sesso come indifferente alla costruzione di sé, si propone una visione solo tecnica della sessualità e della procreazione, separandole, come degli strumenti, dai fini che l’individuo può ormai porsi in anarchica libertà, dato che non li trova più già implicati nel linguaggio naturale del suo proprio essere.
Questa Commissione auspica che a tutti i livelli sia promossa una cultura della natura umana intesa come capacità di riconoscere chi siamo e a cosa dobbiamo tendere a partire dalla realtà definita come “maschio” e “femmina”.

Quando la nostra società lascia e, peggio, impone ad ognuno la libertà di scegliere chi essere, compresa la libertà di scegliere la propria identità sessuata o di cambiarla a seconda delle voglie o dei sentimenti, in realtà lo abbandona all’arbitrio, all’angoscia dell’indefinitezza, al paradosso del “non essere”.



La coppia naturale eterosessuale è il fondamento della società e della socialità



Questa Commissione ritiene che non sia qui in gioco il rispetto che a tutte le persone deve essere dovuto, quanto piuttosto il rifiuto di alcuni valori che la comunità ritiene di tutelare pubblicamente in quanto espressivi delle sue stesse ragioni di essere. È del tutto evidente che alla base di ogni società non stanno due individui asessuati, ma una coppia eterosessuale aperta alla vita. Se così non fosse nella società non ci sarebbero complementarietà ed accoglienza reciproca fra esseri sessualmente definiti come “maschio” e “femmina”, ma solo giustapposizione e la comunità non si riprodurrebbe in via naturale. Per questo motivo la società non può mettere sullo stesso piano tutti i percorsi sessuali, ma deve tutelare e promuovere la coppia naturale perché solo essa è veramente la cellula fondamentale della società.
Ciò deve essere tenuto presente anche nell’educazione e all’interno delle istituzioni scolastiche. Gli insegnanti, i dirigenti scolastici e quanti a livello istituzionale si occupano di istruzione e di educazione non possono imporre un’educazione all’omosessualità, o all’indifferenza degli orientamenti sessuali, o all’apertura ad accogliere tutte le proposte di relazione sessuale tra cui poi eventualmente scegliere. Non possono né produrre una sessualizzazione precoce, né introdurre testi e strumenti finalizzati ad una educazione sessualmente indifferente o sessualmente pluri-indirizzata, né abituare il bambino/a e il ragazzo/a a forme di rapporto con il proprio corpo e con quello degli altri che possano preludere ad una considerazione strumentale dello stesso, anziché dentro una visione completa e corretta della persona.


L’ideologia del gender e la scuola


La penetrazione dell’ideologia del gender nella scuola avviene oggi in molte forme. Accade dunque che gli insegnanti frequentino corsi di formazione gestiti da associazioni favorevoli a questa ideologia e che la presentano loro come qualcosa di scientifico e didatticamente interessante, utilizzando un metodo molto efficace: principi e valori come la tolleranza, la libertà, l’uguaglianza, in sé positivi, vengono qui adoperati in modo strumentale per convincere di una trasmutazione antropologica.
Un’altra forma, come già detto, sono i corsi extracurricolari ed anche curricolari di educazione all’affettività e alla sessualità per i bambini stessi.

Orientamenti e Linee Guida di organismi internazionali, come l’OMS, o nazionali, come quelle del Dipartimento Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio, spesso orientano in modo ideologico questi corsi e propongono ai bambini e agli adolescenti in forma precoce atteggiamenti e convincimenti deformanti la loro personalità.

Ci sono però anche altre forme che non vanno trascurate. Sempre più spesso i testi scolastici delle materie scientifiche, in particolare le parti concernenti la biologia e la fisiologia, sono riscritti con grandi aperture all’ideologia del gender. Film, video, testi per rappresentazioni teatrali sono ampiamente presenti nelle scuole e utilizzati. Per certi versi esiste la possibilità che l’intera cultura trasmessa venga riplasmata in funzione di questa ideologia, compresa l’arte e la letteratura.

Una mobilitazione per difendere i bambini


Di fronte a questa situazione la Commissione diocesana per la cultura, la scuola e l’università invita tutte le persone che amano la verità ad un impegno individuale e comunitario, culturale e operativo per contrastare questa pericolosa tendenza e difendere i nostri figli dalla sua pressione su di loro.
Serve prima di tutto un’azione di attenta sorveglianza da parte di tutti, ma soprattutto da parte dei genitori e degli insegnanti. Costoro devono interessarsi molto da vicino delle attività didattiche proposte ai loro figli e non concedere alle istituzioni la buona fede a scatola chiusa. Devono verificare i programmi e gli strumenti e pretendere di poter dare la loro autorizzazione quando si tratta di insegnamenti che toccano aspetti delicati della formazione dei loro figli. Non si accontentino di generiche informazioni. I genitori non si coinvolgono solo informandoli, ma rendendoli veramente protagonisti e sottoponendosi al loro giudizio ultimo, dato che sono essi i primi responsabili della formazione dei loro figli.

Genitori e insegnanti, però, non sono sempre in grado di esaminare e di intervenire. Occorrono talvolta conoscenze tecniche e giuridiche. Ecco perché auspichiamo la costituzione di Gruppi di sostegno e consulenza per i genitori e gli insegnanti. Sostegno, affinché essi non si sentano soli. Consulenza, affinché siano messi a conoscenza di norme e regolamenti da adoperare adeguatamente per far valere la loro posizione. La Commissione reputa anche molto utile che si crei una sinergia informativa capace di far conoscere queste situazioni. I giornali allineati non ne parlano quasi mai. Viene considerato positivo l’impegno del settimanale diocesano Vita Nuova a dare voce alle preoccupazioni dei genitori e ad informare in modo serio sulla natura di questa ideologia. È bene che queste sinergie comunicative continuino e si approfondiscano, anche in relazione a gruppi e associazioni attivi nella società per contrastare questa tendenza sul piano legislativo.


Proporre sempre la forma completa dell’amore umano


Questa Commissione ritiene che, oltre a quanto è stato proposto di fare nelle righe precedenti, sia necessario e urgente che la comunità cristiana trovi sempre la forza di proporre una visione piena e completa dell’amore umano in una visione piena e completa della persona, identità di anima e di corpo. L’esistenza di un progetto naturale sull’uomo e sulla società, che per il credente si rafforza come “progetto del Creatore”, è la garanzia di una visione integrata e complementare di tutti gli aspetti della vita umana, comprese l’identità e le relazioni sessuali.
La Chiesa di San Giusto è anche una comunità che produce cultura e che fa educazione, a diversi livelli. Sul piano scientifico è auspicabile che, nei luoghi in cui si insegnano e si apprendono le varie discipline, si miri a illuminare la poliedrica unità della persona, evitando i riduzionismi che la spezzettano.

Sul piano educativo può essere molto utile predisporre materiali per una sana educazione all’affettività e alla sessualità in modo da aiutare docenti, genitori e formatori non solo a riconoscere e a contestare le violazioni del diritto della famiglia ad educare, ma soprattutto a formulare proposte positive rispetto ai valori pienamente umani e naturali.

Uno sforzo deve essere fatto anche per far comprendere la dimensione sociale e politica, e non solo di morale individuale, della ideologia del gender, affinché si riconosca che le leggi e le politiche non possono assecondare desideri individuali, ma li devono orientare alla luce del vero bene comune.

La luce della rivelazione cristiana, trasmessa dalla tradizione e insegnata dalla Chiesa, aiuta la ragione e la volontà umane a conoscere più a fondo la verità dell’uomo e della vita sociale anche a proposito di questi argomenti.

La prima e più importante cosa da fare, anche a questo riguardo, è l’evangelizzazione.


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Bambini che studiano a casa
 

Al via a Staggia Senese una nuova scuola parentale, la Hobbit, una iniziativa che in Italia - pur marginale - sta crescendo rapidamente. Giulia Pieragnoli, coordinatrice della Scuola Hobbit: «È una possibilità garantita dalla Costituzione e nasce dall'esigenza dei genitori di garantire una scuola cattolica, libera dai lacci che lo Stato mette anche alle paritarie».

È ancora possibile oggi parlare di libertà di educazione? In una realtà dove lo Stato prepotente si è preso il monopolio dell’istruzione e la scuola paritaria rischia di essere  ridotta, suo malgrado, ad una fotocopia sbiadita e costosa della formula pubblica, c’è ancora spazio per i genitori che desiderano essere i protagonisti dell’educazione dei propri figli? Esiste una possibilità perché mamme e papà si riapproprino del “diritto e dovere di educare e istruire”, senza stare a guardare impotenti il cocktail letale che lo Stato somministra ai propri pargoli? Leggasi da ultimo, l’imminente obbligo ministeriale all’insegnamento delle teorie gender nelle scuole di ogni ordine e grado. È tutto già scritto? Ai genitori non rimane che il compito di tamponare e arginare - se va bene - i danni della mala educación scolastica? 

Non esageriamo nel denunciare la deriva del sistema scolastico pubblico, cosi come non sono retorica le nostre domande. Questi stessi interrogativi animano la mente e il cuore di molti genitori, tutti quei genitori che desiderano educare i propri figli secondo i sani principi della nostra tradizione: l’amore incondizionato per la vita, dall’inizio alla fine; il valore della famiglia, una e indivisibile; il senso del bene, del vero e del bello. Ma si scontrano con una Scuola che, sempre più, li tradisce e li ostacola. Se molti di loro, per come possono, cercano di darvi una risposta, alcuni hanno deciso di farlo in un modo davvero speciale. 

È quanto sta accadendo a Staggia Senese, un paesello di poco più di tremila anime in provincia di Siena (Toscana). È qui che un gruppo di mamme e papà hanno capito che per avere una scuola libera-per-davvero, non gli rimaneva che farsela da sé. Nasce così la Scuola Hobbit, una scuola parentale che si ispira al modello di Home-schooling nato in America una trentina di anni fa. Questa esperienza, in verità, non è che l’inizio di un’onda che sta coprendo tutte le regioni d’Italia, con una serie d’iniziative destinate a moltiplicarsi assai rapidamente. Il motivo? Lo ha detto in modo molto semplice Papa Francesco: “Per favore, non lasciamoci rubare l’amore per la scuola!” .

Ne abbiamo parlato con Giulia Pieragnoli, coordinatrice della Scuola Hobbit. Giulia come nasce l’idea della Scuola Hobbit?
Come gruppo di giovani genitori della nostra parrocchia, avendo ciascuno due o tre figli in età scolare, ci siamo posti la semplice domanda: dove mandiamo i nostri bambini a scuola? Desideravamo una scuola cattolica, ma soprattutto libera, cioè una scuola che ci garantisse la piena responsabilità educativa dei nostri figli. Cercando, abbiamo scoperto la realtà delle scuole parentali già presenti in tutta Italia, per esempio a Bologna la scuola parentale "Mariele Ventre". In Toscana non ne esisteva ancora una, dunque ci siamo detti: perché non iniziare noi? Abbiamo chiesto la disponibilità dei locali della parrocchia al nostro parroco don Stefano Bimbi e lui si è dimostrato molto accogliente.

Cos’è l’educazione parentale?
Significa che il genitore si prende carico personalmente dell’educazione e dell’istruzione dei propri figli.

Cioè non manda i figli a scuola?
Il genitore può decidere di istruirli lui stesso a casa, oppure, come accade per la Scuola Hobbit, può decidere di affidare l’istruzione dei figli a persone di sua fiducia, cioè gli insegnanti della nostra scuola.

Ma è legale non mandare i figli alle cosiddette “scuole dell’obbligo”?
Non solo è legale. È un diritto sancito dalla Costituzione. L’articolo 34 della Costituzione Italiana recita: “L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita”. Quindi è l’istruzione ad essere obbligatoria, non la scuola. La “scuola dell’obbligo” non esiste. Inoltre l’articolo 30 dice che “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli”. Ciò significa che l’istruzione dei figli è in primis una responsabilità dei genitori, non dello Stato. In concreto, è sufficiente inoltrare una comunicazione formale e scritta alla direzione didattica di competenza in cui il singolo dichiara di prendersi carico in prima persona dell’istruzione del figlio. A quel punto la palla passa ai genitori che decidono personalmente come procedere.

Ma perché costruire una scuola parentale? Non bastava la scuola paritaria?
No, purtroppo oggi nemmeno la scuola paritaria cattolica è lasciata libera di insegnare ai bambini solo e precisamente quei principi che vogliono i genitori. 

Per esempio?
Per esempio la teoria del gender entrerà a pieno regime nel sistema scolastico statale e presto diventerà insegnamento obbligatorio anche nella scuola paritaria. Il metodo è sempre lo stesso: lo Stato, per concedere la parificazione, costringe la scuola paritaria a ricalcare in tutto e per tutto la scuola statale. Come, del resto, è già accaduto in Inghilterra, dove lo Stato ha detto alle scuole paritarie: o insegnate la teoria del gender o vi ritiriamo l’autorizzazione. Bene, è realistico pensare che questo accadrà anche in Italia. Invece noi, sganciandoci completamente dal sistema dello Stato, saremo veramente liberi di insegnare ciò che riteniamo positivo e di non insegnare ciò che riconosciamo come negativo per i bambini. Noi non siamo una scuola autorizzata dallo Stato proprio perché non vogliamo alcuna autorizzazione. Quello che vogliamo, al contrario, è realizzare un ambito di piena libertà di educazione in capo a genitori e insegnanti. E’ questo il vero motivo per cui nasce la Scuola Hobbit: la libertà di educazione. Tutti a parole la invocano, ma poi di fatto non esiste. Nel nostro caso sì.

Parliamo della Scuola Hobbit. Quali sono gli elementi di novità rispetto alle scuole che conosciamo?
Nella Scuola Hobbit le classi saranno massimo di dieci bambini, perché crediamo sia fondamentale che gli insegnanti seguano personalmente ogni singolo alunno. Alle elementari abbiamo recuperato il vecchio e sano modello della maestra unica, la cosiddetta maestra-mamma, affinché i bambini possano avere una figura unica e stabile di riferimento. A livello didattico, non solo svolgeremo i programmi ministeriali come tutti, ma faremo molto di più. 

Il nostro obiettivo è la personalizzazione del percorso educativo: i bambini non sono tutti uguali e perciò non apprendono tutti in modo uguale. Inoltre ognuno ha le sue inclinazioni e interessi per cui è giusto dare di più a chi ne ha la possibilità. Dunque la scuola Hobbit vede la diversità di ciascun bambino come una ricchezza e intende valorizzarla invece che livellarla, come è obbligato a fare chi si trova a insegnare in classi di 25/30 alunni.
Arricchiremo i programmi ministeriali con moltissime altre attività. C’è una mostra interessante in città? Si va. Il bambino racconta del nonno che coltiva la terra, si coglie l’occasione per una lezione nell’orto. Un genitore è esperto di musica? Si assiste insieme ad un concerto e via dicendo. Con massima libertà e in un filo diretto tra genitore e insegnante. 

Come si svolge una mattinata in una scuola parentale?
La Scuola Hobbit è una scuola cattolica, è per noi fondamentale iniziare la mattinata con un momento di preghiera insieme e l’ascolto di un canto sacro. Poi il tempo sarà gestito liberamente, giorno per giorno, dagli insegnanti, vale a dire: non ci sono gli schemi rigidi della campanella, il cambio d’insegnante, le materie a rotazione, l’intervallo fisso, ma sarà un tempo a misura di bambino. Se insieme ci si sta appassionando alla lettura di un racconto, non ci sarà certo la campanella e l’ingresso di una seconda maestra a interrompere l’attenzione. Sarà, per esempio, l’interesse del bambino a segnalare l’approfondimento di un dato argomento o la sua stanchezza ad indicare la necessità di una pausa, magari all’aria aperta. Il pomeriggio invece i bambini torneranno a casa dove saranno liberi di giocare, i compiti alla Scuola Hobbit si fanno la mattina. Il fatto di avere un tempo a misura di bambino, non ha nulla a che vedere con l’improvvisazione. Tutti gli insegnanti sono preparatissimi, ma soprattutto molto appassionati allo studio e all’insegnamento. 

In un ambiente così confidenziale, familiare e ristretto, non c’è il rischio che i bambini siano tenuti sotto una campana di vetro?
Questo è il punto più difficile da fare comprendere alle persone che non conoscono la realtà delle scuole parentale. Cioè, c’è la convinzione che si crei un ghetto, un ambiente ovattato e autoreferenziale e che, di conseguenza, i bambini facciano più fatica a socializzare, trovandosi poi disorientati nell’impatto con la realtà. Ecco tutto questo è assolutamente un falso mito, una leggenda. Anzi, l’esperienza che raccontano i genitori delle scuole parentali è l’esatto opposto. Tutti testimoniano una maggiore capacità di socializzazione dei propri bambini rispetto ai loro coetanei. 

Perché?
Il fatto che la scuola rappresenti un contesto protetto e sicuro fa crescere l’autostima nel bambino. Lo rende più sicuro di sé. Per esempio, è difficile che nella scuola parentale si verifichino episodi di bullismo, perché i ragazzi sono seguiti personalmente anche nelle loro difficoltà e nei loro disagi. Sicché, un bambino che si sente sicuro e fa un’esperienza di relazione positiva nel piccolo, è poi portato ad aprirsi con fiducia anche in situazioni più articolate. Viceversa, il bambino che - pur in mezzo a 20 o 30 bambini - è però lasciato a se stesso ha più paura di socializzare. 

Alla Scuola Hobbit, cosa significa educare?
Papa Francesco, nell’incontro con il mondo della Scuola italiana, lo scorso maggio ha detto: “Amo la scuola perché ci educa al vero, al bene e al bello. Vanno insieme tutti e tre. L’educazione non può essere neutra. O è positiva o è negativa; o arricchisce o impoverisce; o fa crescere la persona o la deprime, persino può corromperla. La missione della scuola è di sviluppare il senso del vero, il senso del bene e il senso del bello. (…) La vera educazione ci fa amare la vita, ci apre alla pienezza della vita! E per favore... per favore, non lasciamoci rubare l’amore per la scuola!” Questo, per noi della Scuola Hobbit, significa educare.

 GUIDA ALL'EDUCAZIONE PARENTALE, di G. Brienza








 

[Modificato da Caterina63 26/02/2015 09:39]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)