00 20/12/2013 09:26

  Per non dimenticare Maria

Una lettura acuta e sistematiica del pensiiero del card. Joseph Ratzinger,, come espresso in alcuni suoi scritti.

Con visione sintetica, il card. Joseph Ratzinger, intervistato dal giornalista Vittorio Messori nel 1985, elenca «sei motivi per non dimenticare Maria», che a loro volta presuppongono una funzione essenzialmente unitiva e comunionale della Vergine in rapporto ai misteri della fede, alla Bibbia e alla Tradizione, all'Antico e al Nuovo Testamento, alla ragione e al cuore, all'uomo e alla donna.

Primo punto: riconoscere a Maria il posto che il dogma e la Tradizione le assegnano significa stare saldamente radicati nella cristologia autentica (Vaticano II: «La Chiesa, pensando a lei con pietà filiale e contemplandola alla luce del Verbo fatto uomo, con venerazione penetra più profondamente nell'altissimo mistero dell'incarnazione e si va sempre più conformando con il suo Sposo », Lumen gentium, 65).

È del resto al servizio diretto della fede nel Cristo – non dunque, innanzitutto, per devozione alla Madre – che la Chiesa ha proclamato i suoi dogmi mariani: prima la verginità perpetua e la maternità divina e poi, dopo una lunga maturazione e riflessione, il concepimento senza la macchia del peccato originale e l'assunzione al cielo. Questi dogmi mettono al riparo la fede autentica nel Cristo, come vero Dio e vero uomo: due nature in una sola persona.

Mettono al riparo anche l'indispensabile tensione escatologica, indicando in Maria assunta il destino immortale che tutti ci attende. E mettono al riparo pure la fede, oggi minacciata, in Dio creatore che (è tra l'altro uno dei significati della più che mai incompresa verità sulla verginità perpetua di Maria) può liberamente intervenire anche sulla materia. Insomma, come ricorda anche il Concilio, «Maria, per la sua intima partecipazione alla storia della salvezza, riunisce per così dire e riverbera i massimi dati della fede» (Lumen gentium, 65).

il card. Joseph Ratzinger a colloquio con Vittorio Messori (da sinistra), Beppe Del Colle, editorialista di Famiglia Cristiana, e don Leonardo Zega, direttore del settimanale paolino. Siamo negli anni '80 (foto TAGLIABUE).

Il card. Joseph Ratzinger a colloquio con Vittorio Messori (da sinistra), Beppe Del Colle, editorialista di Famiglia Cristiana, e don Leonardo Zega, direttore del settimanale paolino. Siamo negli anni '80 (foto TAGLIABUE).

La Parola e la Tradizione. A questo primo punto di ordine essenzialmente cristologico, che pone Maria in connessione con l'autentica fede in Cristo vero uomo e vero Dio, sicché diviene la pietra di paragone dell'ortodossia, Ratzinger ne fa seguire un secondo. Questo consiste nel saldare Parola di Dio e Tradizione ecclesiale, in quanto la figura della Vergine Madre nel suo approfondimento lungo i secoli concentra i dati biblici e il progresso nella conoscenza del mistero operata nella Chiesa.

Secondo punto: la mariologia della Chiesa suppone il giusto rapporto, la necessaria integrazione tra Bibbia e Tradizione. I quattro dogmi mariani hanno la loro base indispensabile nella Scrittura. Ma qui vi è come un germe che cresce e dà frutto nella vita calda della Tradizione così come si esprime nella liturgia, nell'intuizione del popolo credente, nella riflessione della teologia guidata dal Magistero.

Ignoto, Assunzione, miniatura del Corale B (sec. XIV), Biblioteca civica, Montepulciano (Siena, foto BONOTTO).

Ignoto, Assunzione, miniatura del Corale B (sec. XIV), Biblioteca civica, Montepulciano (Siena, foto BONOTTO).

Il terzo punto riguarda la posizione mediana ed unificante della Vergine di Nazaret, che viene storicamente a trovarsi nel crinale dove converge il moto ascensionale del popolo d'Israele e da dove parte il movimento cristiano che si diffonde nel mondo mediante l'opera evangelizzatrice della Chiesa.

Terzo punto: nella sua persona di fanciulla ebrea divenuta madre del Messia, Maria lega insieme in modo vitale e inestricabile antico e nuovo popolo di Dio, Israele e cristianesimo, Sinagoga e Chiesa. È come il punto di giunzione senza il quale la fede (come oggi succede), rischia di sbilanciarsi o sull'Antico Testamento o soltanto sul Nuovo. In lei possiamo invece vivere la sintesi della Scrittura intera.

Ratzinger scorge in Maria il «resto santo» del popolo d'Israele che si tramuta in germe del popolo cristiano. Egli vi giunge per via tipologica: «L'identificazione tipologica dell'Immacolata si ha nella teologia biblico-patristica della Ecclesia immaculata (Ef 5,27 e corrispondenti sviluppi dei Padri). La dottrina dell'Immacolata, al pari di tutta la mariologia successiva, è qui anticipata in primo luogo come ecclesiologia.

L'immagine della Chiesa verginemadre è stata riferita a Maria secondariamente, non viceversa. Ora, se il dogma dell'Immacolata applica a Maria le affermazioni che appartengono anzitutto all'antitetica vecchio-nuovo Israele e se esse sono, in questo senso, un'ecclesiologia sviluppata tipologicamente, ciò significa conseguentemente che Maria viene presentata come l'inizio e la concretezza personale della Chiesa».

Della Robbia (scuola), Assunzione (sec. XVI), Ospedale del Ceppo, Pistoia., foto BONOTTO).

Della Robbia (scuola), Assunzione (sec. XVI), Ospedale del Ceppo, Pistoia., foto BONOTTO).

La vera devozione. La funzione unitiva della Vergine si manifesta nella devozione del popolo di Dio verso di lei: essa collega insieme ragione e sentimento, razionalità e affetto, preservando o liberando il cristianesimo dagli scogli dell'intellettualismo e del sentimentalismo, ambedue sterili.

Quarto punto: la corretta devozione mariana garantisce alla fede la convivenza dell'indispensabile «ragione» con le altrettanto indispensabili «ragioni del cuore», come direbbe Pascal. Per la Chiesa l'uomo non è solo ragione né solo sentimento, è l'unione di queste due dimensioni. La testa deve riflettere con lucidità, ma il cuore deve essere riscaldato: la devozione a Maria («esente da qualunque falsa esagerazione, ma anche da una grettezza di mente che non consideri la singolare dignità della Madre di Dio», come raccomanda il Concilio), assicura alla fede la sua dimensione umana completa.

Alle motivazioni fin qui addotte, Ratzinger ne aggiunge una particolarmente attuale, quasi eco di analogo pensiero del suo collega Hans Urs von Balthasar.

«Allorché il mistero della marianità della Chiesa viene oscurato o sacrificato, il cristianesimo diventa inevitabilmente unisessuale (omosessuale), cioè pan-maschile [...]. Queste trovate tipicamente maschili e astratte non predominano forse perché la femminilità profonda, la marianità della Chiesa è andata smarrita? Senza la mariologia, il cristianesimo minaccia di disumanizzarsi inavvertitamente. La Chiesa diventa funzionalistica, senz'anima, una fabbrica febbrile incapace di sosta, dispersa in rumorosi progetti. E poiché in questo mondo dominato da uomini succedono in continuazione nuove ideologie che si soppiantano a vicenda, tutto diventa polemico, critico, aspro, piatto e infine noioso, mentre la gente si allontana in massa da una Chiesa di questo genere».

Maria contribuisce efficacemente con la sua femminilità e maternità a umanizzare il volto della Chiesa, impedendole di cadere nella burocrazia, nel formalismo astratto e nel legalismo della lettera che uccide.

Quinto punto: per usare le espressioni stesse del Vaticano II, Maria è «figura», «immagine», «modello» della Chiesa. Allora, guardando a lei, la Chiesa è messa al riparo da quel modello maschilista di cui parlavo che la vede come strumento di un programma d'azione socio-politico.

In Maria, sua figura e modello, la Chiesa ritrova il suo volto di Madre, non può degenerare in una involuzione che la trasformi in un partito, in un'organizzazione, in un gruppo di pressione a servizio di interessi umani, anche se nobilissimi.

Se in certe teologie ed ecclesiologie Maria non trova più posto, la ragione è semplice: hanno ridotto la fede ad una astrazione. E un'astrazione non ha bisogno di una madre.

Della Robbia (scuola), Assunzione (sec. XVI), Ospedale del Ceppo, Pistoia., foto BONOTTO).

G. Vasari-C. Ghirardi, La Devozione (1554), chiesa inferiore del Gesù, Cortona (Arezzo, foto BONOTTO).

Un destino altissimo. 

Il sesto ed ultimo motivo per non dimenticare Maria nel nostro tempo è la sua esemplarità per tutti e in special modo per le donne. Ella illumina il loro cammino rimandando alla vocazione e al mistero provenienti da Dio; nello stesso tempo offre l'esempio di una sintesi tra interiorità e annuncio evangelico, consacrazione e missione, coraggio e disponibilità. Sesto punto: con il suo destino, che è insieme di vergine e di madre, Maria continua a proiettare luce su ciò che il Creatore ha inteso per la donna di ogni tempo, il nostro compreso. Anzi, forse soprattutto il nostro, dove – come sappiamo – è minacciata l'essenza stessa della femminilità.
La sua verginità e la sua maternità radicano il mistero della donna in un destino altissimo da cui non può essere scardinata. Maria è l'intrepida annunciatrice del Magnificat; ma è anche colei che rende fecondi il silenzio e il nascondimento. È colei che non teme di stare sotto la croce, che è presente alla nascita della Chiesa; ma è anche colei che, come sottolinea più volte l'Evangelista, «serba e medita nel suo cuore» ciò che le avviene attorno. Creatura del coraggio e dell'obbedienza è (ancora e sempre) un esempio al quale ogni cristiano – uomo e donna – può, deve guardare. La conclusione è ovvia: condannare all'oblio una persona così significativa nella storia dell'umanità come Maria non è arricchirsi, ma impoverirsi spiritualmente, privandosi di una donna che ha dato una svolta positiva e una giusta direzione al cammino umano e quindi è divenuta un paradigma insostituibile per la rivelazione di Dio e per la maturità dei discepoli di Cristo.

 

Stefano De Fioresda
Madre di Dio aprile 2011



Celebrando il Signore lodiamo Maria

  di SERGIO GASPARI, smm


«Il profumo mariano dell'Eucaristia»

Giovedì santo: la continuità salvifica tra "il Corpo dato per noi" e "il Corpo nato dalla Vergine".

La sera del Giovedì santo, nell'invitare i fedeli a sostare in adorazione (fino a mezzanotte) del Santissimo Sacramento, è bene esortarli pure a respirare «il profumo mariano dell'Eucaristia», a contemplare cioè la continuità salvifica tra «il Corpo dato per noi» e «il Corpo nato dalla Vergine». L'Eucaristia richiama l'Annunciazione a Nazaret, ripresenta il Natale di Gesù a Betlemme, ritualizza il sacrificio pasquale della nuova ed eterna alleanza.

Roma, 15.6.2006, Basilica di San Giovanni in Laterano: Benedetto XVI celebra la Messa del Corpus Domini (foto A. GIULIANI).

Roma, 15.6.2006, Basilica di San Giovanni in Laterano: Benedetto XVI celebra la Messa del Corpus Domini (foto A. GIULIANI).

1Maria-Pasqua-Eucaristia. «L'antichità cristiana – osserva Benedetto XVI – designava con le stesse parole Corpus Christi il Corpo di Cristo nato dalla Vergine Maria, il Corpo eucaristico e il Corpo ecclesiale di Cristo» (Sacramentum caritatis, 15). Infatti sant'Ambrogio di Milano (+397), parlando del miracolo dell'Eucaristia che rende presente Cristo nella celebrazione, affermava: «Quello che noi ripresentiamo è il Corpo nato dalla Vergine » (De Mysteriis, 53). Testo così ripreso da san Tommaso d'Aquino (+1274): «Ciò che noi consacriamo è il Corpo nato dalla Vergine» (S. Th. III, q. 75, a. 4).

«Caro Christi, Caro Mariae», esclamerà Ambrogio Auperto (+781): nella Caro Christi, "Carne di Cristo", la fede della Chiesa rivede la Caro Mariae, "Carne di Maria". Senza dubbio il riferimento alla Vergine è garante della retta fede nella presenza reale di Gesù nell'Eucaristia. Quando Berengario(+1088) propose un'interpretazione simbolica dell'Eucaristia, svuotando il realismo del Corpo di Cristo, il Concilio romano del 1079 gli impose di sottoscrivere che il pane e il vino dopo la consacrazione sono «il vero Corpo di Cristo che è nato dalla Vergine» (DS 700). Ma Ratrammo di Corbie (+875) aveva già reagito alla totale identificazione tra corpo storico e corpo sacramentale, osservando la «non piccola differenza tra il corpo che esiste nel mistero e il corpo che ha patito, fu sepolto ed è risorto».

Il corpo storico «è la vera carne di Cristo», mentre il corpo del mistero «è il sacramento della sua carne»; inoltre questo «rappresenta la memoria della passione e morte del Signore» e ingloba tutti i fedeli che formano un solo corpo con lui. Riferendosi alla dimensione pasquale, Giovanni Paolo II nel 2003 precisava: «L'Eucaristia, mentre rinvia alla passione e alla risurrezione, si pone al tempo stesso in continuità con l'incarnazione » (Ecclesia de Eucharistia, 55).

Nella bolla Incarnationis mysterium (1998) il Pontefice aveva puntualizzato: «Da duemila anni, la Chiesa è la culla in cui Maria depone Gesù e lo affida all'adorazione e alla contemplazione di tutti i popoli... Nel segno del Pane e del Vino consacrati, Cristo Gesù risorto e glorificato... rivela la continuità della sua incarnazione» (n. 11).

Il 5.6.1983 Giovanni Paolo II predicava: «Quel Corpo e quel Sangue divino... conserva la sua originaria matrice da Maria... Ogni Messa ci pone in comunione intima con lei, la Madre, il cui sacrificio "ritorna presente", come "ritorna presente" il sacrificio del Figlio». E continuava: «Pane fragrante che porta ancora in sé il sapore e il profumo della Vergine Maria». Nell'enciclica Redemptoris Mater (1987) ribadiva: la maternità divina «è particolarmente avvertita e vissuta » nell'Eucaristia, dove «si fa presente Cristo, il suo vero corpo nato da Maria Vergine» (n. 44).

Roma, 22.2.2000: Giubileo della Curia romana. Celebrazione eucaristica in San Pietro presieduta da Giovanni Paolo II (GIULIANI).

Roma, 22.2.2000: Giubileo della Curia romana. Celebrazione eucaristica in San Pietro presieduta da Giovanni Paolo II (GIULIANI).

2. Sguardo alla tradizione della Chiesa. Come in una polifonia sinfonica Padri, tradizione, riti liturgici, arte e fede popolare si intrecciano armonicamente nel rilevare il nesso Eucaristia-Maria, che ruota attorno a tre cerchi concentrici: Corpo di Cristo nato da Maria, dimensione pasquale dell'Eucaristia corpo sacramentale.

Sant'Ireneo di Lione (ca. +202) afferma che se non si ammette che Cristo è vero uomo nato dalla Vergine, allora «neppure il calice dell'Eucaristia è la comunione con il suo sangue, né il pane che noi spezziamo è la comunione con il suo corpo».

Sant'Efrem Siro (+373) parla del «sacramento di quel corpo unico che (il Signore) prese da Maria», e aggiunge: «Maria ci ha dato il pane che conforta, al posto del pane che affatica datoci da Eva». Rivolgendosi al Cenacolo, Efrem esclama: «Benedetto il luogo, dove fu spezzato quel pane (proveniente) dal venerato covone (Maria). In te fu spremuto il grappolo (proveniente) da Maria, il calice della redenzione».

Ambrogio Auperto (+781) nella festa della Presentazione di Cristo al Tempio predica: il gesto della Madre che offre il Figlio profetizza misticamente l'azione sacramentale della Chiesa anch'essa offerente di Cristo.

Pascasio Radberto (ca. +865) identifica il Corpo eucaristico di Cristo con il Corpo storico avuto da Maria, quando afferma: Idem Corpus quod natum ex Virgine.

Per san Pier Damiani (+1072) il Corpo di Cristo che noi riceviamo nella Comunione eucaristica è il medesimo Corpo che Maria ha concepito, partorito, nutrito e allevato con materna sollecitudine. E conclude: «Eva ha mangiato un cibo a causa del quale ci ha condannati alla fame dell'eterno digiuno; al contrario, Maria ha confezionato un cibo che ci ha spalancato l'ingresso al convito del cielo».

Per san Bernardo di Chiaravalle (+1153) la Madre è unita al Figlio in un'unica offerta: ella sta presso la croce per presentare «la vittima santa, a Dio gradita». E in una mirabile espressione, estasiato dichiara alla Vergine: Filius tecum, qui ad condendum in te mirabile sacramentum, "Il Figlio è con te, per preparare in te il mirabile sacramento".

Arnaldo di Bonneval o di Chartres (+ dopo il 1156), biografo di san Bernardo, afferma: «Unica è la carne di Maria e quella di Cristo, unico è lo Spirito, unica la carità». E aggiunge: fin dalla Presentazione di Gesù al Tempio, si profilano due offerenti: Unum olocaustum ambo (Christus et Maria) pariter offerebant, "Nello stesso tempo ambedue (Cristo e Maria) offrivano un unico olocausto".

Isacco della Stella (ca. +1169), discepolo di san Bernardo, parla di novus Sacerdos, non vetus Melchisedech, neque natus caro de carne... sed novus Iesus natus de Spiritu, cioè l'Eucaristia richiama il mistero nuovo: nuovo annuncio alla Figlia di Sion, nuova maternità, nuova nascita di Cristo, nuovo ed eterno sacerdote.

Nell'Ufficio della primitiva festa del Corpus Domini, composto nel 1246, si afferma che questa vera carne che noi mangiamo è la stessa che Gesù ha preso dalla Vergine.

San Bonaventura (+1274) spiega: siccome il Corpo di Cristo nell'incarnazione ci è stato dato per mezzo di Maria, anche la nostra offerta e Comunione eucaristica devono realizzarsi tramite le mani di lei. Nel sec. XIV viene composta l'antifona Ave, verum Corpus, natum de Maria Virgine, che attraversa i secoli.

Santa Caterina da Siena (+1380) descrive la Vergine «terra fruttifera e germinatrice del fructo» e colei che nell'incarnazione del Verbo dà la «farina sua». Nel Pane eucaristico, frutto sacramentale dell'offerta pasquale di Cristo, la Chiesa riscontra la "farina", l'offerta olocaustica della Madre.

Il francese Giovanni di Gersone (+1429) chiama Maria madre dell'Eucaristia: «Tu sei la Madre dell'Eucaristia, perché ...tu più di tutti gli altri, dopo il Figlio, eri cosciente del sacramento nascosto ai secoli».

La Scuola francese di spiritualità del 1600-700 accentua la continuità tra la maternità di Maria e il ministero del sacerdote.

San Giovanni Eudes (+1680) vede nel sacerdote l'immagine della Vergine Madre, perché per mezzo di entrambi il Cristo è formato, è dato ai fedeli, è offerto in olocausto a Dio.

Sant'Alfonso Maria de' Liguori (+1787) è l'autore del libretto Visite al Santissimo Sacramento e a Maria Santissima.

San Giovanni Bosco (+1888) raccomandava la devozione a Gesù sacramentato e a Maria. Nel suo famoso "sogno delle due Colonne", che sono appunto l'Eucaristia e la devozione alla Vergine Santa, ribadisce la centralità non di due culti separati, ma indivisibili: la Madre conduce la Chiesa, nei figli pellegrinanti, al porto sicuro che è Cristo suo Figlio.

Leone XIII (+1903) parlava dell'Eucaristia come il prolungamento sacramentale dell'incarnazione storica del Signore dalla Vergine.

San Pio X (+1914) chiamava Lourdes «il più glorioso Santuario eucaristico» per rafforzare l'idea che ogni santuario mariano ha il suo centro unico nell'Eucaristia.

Secondo I.A. Schuster (+1954), l'Eucaristia ci "imparenta" con la Madre del Signore. Quando facciamo la Comunione ella «riconosce in noi qualche cosa che è sua e che le appartiene».

Pio XII (+1958) affermava: Maria non ha altro desiderio che di introdurre gli uomini «nel cuore del mistero della redenzione che è l'Eucaristia».

Lo scrittore ateo J.P. Sartre (+1980) fa dire alla Vergine che contempla Gesù bambino: «Questa carne divina è la mia carne... È Dio e mi assomiglia».

Benedetto XVI, domenica 9.9.2007 all'Angelus, puntualizzava: «Come Maria portò Gesù nel suo grembo e gli diede un corpo perché potesse entrare nel mondo, anche noi accogliamo Cristo nel Pane spezzato. E rendiamo il nostro corpo lo strumento dell'amore di Dio».

Sergio Gaspari, smm




 




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)