00 18/01/2014 15:35




  Papa Francesco, una chiave di lettura del suo Magistero

La persona umana in una prospettiva biblica come fondamento della vita civile

(fonte: Radio Vaticana http://it.radiovaticana.va/magistero-papa-francesco/home.asp )

Questione sociale, problema antropologico
Negli ultimi decenni, i Papi hanno parlato della crisi antropologica nella cultura odierna.

Benedetto XVI ha osservato che la stessa questione sociale è diventata un problema antropologico.

Papa Francesco dice: "è vero che c’è una crisi economica, una crisi culturale, una crisi della fede, ma in fondo è la persona umana ad essere in pericolo."

Non sono osservazioni secondarie.
In questa breve galleria, vorremmo offrire alcuni spunti di riflessione sul tema, ripercorrendo l’insegnamento di Papa Francesco.

La novità biblica si concentra sul mistero originario del maschio e della femmina, destinati all'unità.
Ci rivolgiamo alla Bibbia per cercare il senso dell'inizio dell'esistenza umana, voluta e creata da Dio.

Leggiamo nel capitolo 5 della Genesi: "Questo è il libro delle discendenze di 'Adam. Nel giorno in cui Dio creò 'Adam, lo fece a somiglianza di Dio (n.d.r. cioè ‘UNO’), maschio e femmina li creò, li benedisse e chiamò il loro nome: 'Adam nel giorno in cui furono creati («zeh sefer toledoth 'Adam» vv. 1-2).
Dobbiamo notare l'alternanza altamente significativa dei pronomi personali tra il singolare e il plurale: lo fece – li creò.
L'ESSERE UMANO, nella visione biblica l’"'Adam", comprende il maschio e la femmina INSIEME; il suo progetto, alla luce della creazione, è dinamicamente definito nella prospettiva relazionale e sociale: non è bene che l'uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli stia davanti («'ezer k'negdo» Gen 2,18).
Nel riconoscimento dell’altro, come uguale e nello stesso tempo diverso da sé, è possibile la relazione, il cui massimo grado è l’amore.
Tale amore, nella sua pienezza e completezza, permette ai due di diventare uno: i due saranno un’unica carne (Gen 2,18), laddove questa espressione – una sola carne – indica l’unione personale di due vite.
Tale unione indica un’adesione totale l’uno all’altra/o, in una fedeltà reciproca e non va vista, prima di tutto e direttamente, solo come l’unione carnale dei corpi.
Il testo della Genesi, capitolo 1, presenta dunque l’essere umano come una realtà duale ‘in fieri’, che deve realizzarsi, ‘Adam è l’essere umano nella sua duplice, differente e inseparabile, ma equivalente e paritaria realtà maschile e femminile. 
L’uomo e la donna, posti l’uno di fronte all’altro, in dialogo, sono chiamati a diventare immagine e somiglianza del Dio UNO, attraverso la loro relazione con Dio, tra di loro e con il creato, mediante l’esercizio della loro libertà. 
La prospettiva del libro della Genesi - cap.1-2,5 - presenta le cose, in modo tipicamente biblico, non come le vediamo staticamente, ma come devono diventare evolvendosi. 
La “verità” permanente della coppia umana, d’altra parte, è rivelata non dal suo concreto attuarsi storico, sottomesso alle “modifiche” prodotte dalla sua caducità. La troviamo espressa nell’intenzione originaria di Dio, che permane valida come promessa perenne, ripresa da Gesù quando afferma, in riferimento al rapporto tra uomo e donna, “Dal principio però non fu così!” (Mt 19,8).

La creazione di Adamo

In un senso vero, possiamo dire che fa parte della vocazione umana del maschio ‘la femmina’, e che della vocazione umana della femmina fa parte ‘il maschio’. Ogni maschile è orientato a intendersi e diventare uno con il femminile, e viceversa.
Possiamo dire persino che in ogni maschio c’è una percentuale femminile e in ogni femmina c’è una percentuale di maschile: la Bibbia lo esprime attraverso il racconto della costola dell’uomo trapiantata (tzela’) nella donna; al nome del maschio (in ebraico = ‘ish) inserito nel nome stesso della femmina (in ebraico = ‘ishshah), creata per essere un aiuto “che stia di fronte al maschio”.
La donna è essenziale all’uomo per essere LUI (= se stesso). È per lui il TU che la fa essere IO, e lo stesso si dica dell’uomo per la donna.
L’unione tra loro non è solo un atto prodotto dalle singole sfere personali, ma acquista una nuova dimensione comune e sociale: “per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e diventeranno un’unica carne” (Genesi cap. 2,24).
La serena nudità tra i due, libera da ogni lussuria vergognosa (in ebraico «welo’ yitboshashu», Genesi cap. 2,25), suggerisce discretamente come vi fosse non solo una mutua fiducia, ma come fosse assente ogni concupiscenza aggressiva e violenta nella sessualità dei due. Sono liberi da ogni sinuoso e torbido adescamento, che trasformi l’uno in una preda agognata dall’altro o di cui possa abusare, sottomettendola e seducendola.
L’unione dei sessi, priva di ogni violenza, rispecchierà l’esultanza, la delicata tenerezza celebrata dal precedente canto dei vv. 23-24 del cap. 2: “questa volta è carne della mia carne”.
È un fatto che ha ripercussioni importanti nella visione della vita civile e sociale, e nel campo legislativo, dando un carattere profondamente umano al tema della relazione tra le persone. La vita umana non può essere chiusa nell’individualismo puro che è l’opposto della natura dell’essere umano.

Il Peccato dell'essere umano

La Bibbia dice che il PECCATO dell’essere umano, cioè il suo “mancare lo scopo” (in ebraico = chatah), consiste nel lasciarsi indurre dalla tentazione del serpente di ri-sistemare “più o meno discretamente” la creazione. E’ la tentazione di darle un senso stabilito autonomamente dagli uomini, come nel caso della statua del vitello d’oro, con il quale il popolo sovverte i rapporti come erano intesi dal Creatore, e ad essa si rivolge dicendo: “Ecco il tuo dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto” (Esodo cap. 32,8).
Alla luce di questa tentazione di riorientare il creato in un senso deviato va riletto l’ordine dato dal Creatore ad ’Adam di “non mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male”. Si può interpretare come un invito a non farsi padrone del giardino di ‘Eden, di non voler disporre di tutto, rompendo così l’alleanza dell’ospitalità con il Signore (Genesi cap. 2,16-17).
Il peccato, svelato dal racconto biblico, colpisce alla radice l’essere umano, così come lo ha creato il Signore: maschio e femmina, l’uno insieme all’altro e per l’altro.
Il peccato consiste nel fatto che il maschio si accaparra per sé tutto il nome ‘Adam, chiamandosi “Adamo” e cambia, arrogandosene il potere, il nome alla donna che da ’Adam diventa “Eva”, ma anche una specie di “macchina per fare figli” (Genesi cap. 2,17; 3,20). Al contrario, fino al quel momento, solo il Creatore aveva dato il nome alla creatura umana (Genesi cap.5,2; 11,4).
Questo primo e fondamentale peccato scompone, divide l’'Adam creato da Dio e imprime una svolta radicale alla società umana che da paritaria,guidata dalla coppia maschio e femmina, diventa “patriarcale”. In essa ora gli uomini agiscono da soli, escludendo arbitrariamente le donne, e così facendo escono realmente dall’armonia con il Creatore e immettono falsità, menzogna e disordine nel creato (cfr. tutti i casi di autonomia maschile, “for men only” esistenti oggi di fatto e di diritto).
Dopo il peccato, la tensione tra i due sessi è ben descritta nel libro della Genesi cap.3,16: “Verso il tuo uomo la tua bramosia insistente, ed egli ti sottometterà”(in ebraico: «we’el-’ishekh teshuqatekh, wehu’ imshal-bakh»).
Allora, anche l’unione dei corpi rischia di assomigliare a un’aggressione, a una conquista e ad un mutuo impossessamento, e si comincia ad avvertire, sia pure alla lontana, il rischio di “femminicidio”.
Un simile risultato è più che evidente nella storia umana, la quale in tal modo viene “disumanizzata” e resa in-sensata e, alla fine, in-significante.
Ogni strategia di Adamo che vorrebbe concedere un po’ più di dignità al ruolo di Eva, senza riconvertire entrambi al senso originario della creazione e dell’inseparabile ’Adam, risulta artificiale e insipidamente consolatoria.
La radice della così detta “questione femminile” sta nel recupero dell’essere umano totale, l’ “HOMO”, come soggetto unico e duplice insieme, maschile e femminile, con pari dignità.


Crisi della cultura

Nella cultura di oggi esistono profonde spaccature: tra uomo e donna, con tendenze al maschilismo e al femminismo radicali; la scissione tra identità sessuale e pluralità di scelte personali; l’individualismo e la crisi dei rapporti e dei legami sui quali si basa lo sviluppo di una società civile come comunità umana.
Predominano la tendenza al consumo ad ogni costo, a danno della responsabilità nei confronti degli altri; la dimensione economica che sovrasta tutte le altre, invece di aiutare pari opportunità per tutti; un’esasperata ideologia del ‘gender’ che rischia di manipolare l’identità personale invece di recuperare l’originaria parità di genere, maschile e femminile.
L’esperienza della comunità cristiana aiuta a difendere l’umanità da forme di ‘riduzionismo’, frutto del peccato, le quali portano a enfatizzare le strutture sociali sia in senso patriarcale che femministico o culturale, per ridare il primato alle cose così come le ha fatte il Creatore.
Alla luce del Vangelo e della rivelazione biblica, l’apporto della comunità cristiana può contribuire a sviluppare i meccanismi positivi della vita sociale, necessari per la realizzazione della vocazione umana.
In questa ottica va letto l’ impegno della Chiesa per il bene dei fanciulli, la dignità della persona umana fin dall’inizio della sua esistenza e nelle fasi in cui ha più bisogno di aiuto, e le attività nel campo dell’educazione, delle cure sanitarie, del sostegno alle famiglie e ai minori, anche in situazioni difficili come le migrazioni, i conflitti, o la condizione dei rifugiati.
La società civile – quale contesto naturale delle relazioni umane- non può essere limitata alla produzione e al consumo dei beni o alla lotta tra poteri.
La società va valutata secondo i criteri che fondano la dignità della persona umana, di ogni persona, anche di quella emarginata nelle periferie esistenziali, perché sia verificata la corrispondenza di detta società ai criteri ultimi della creazione, criteri di umanità e di trascendenza.
Tra i criteri di questa verifica, i cristiani aggiungono la comprensione che ce ne ha dato Cristo nel Cenacolo della Pentecoste, l’estensione a tutti i popoli della terra della dignità dei figli di Dio ed eredi della salvezza, grazie alla morte ed alla resurrezione di Gesù.

L'insegnamento biblico nella cultura sociale e religiosa

Il crescente numero di “annullamenti di matrimoni sacramentali”, e la constatazione che sono stati compiuti senza le consapevolezza necessaria, fa riflettere.
Indica che nella cultura sociale e religiosa odierna dei cristiani, ma anche nella pastorale parrocchiale, c’è poca conoscenza e non è trasmesso l’insegnamento biblico.
La rivelazione cioè del mistero del “‘Adam, maschio e femmina”, destinati fin dall’inizio all’unità, perché creati a immagine e somiglianza di Dio, come due espressioni complementari dell’unica “persona umana”.
Nell’ambito di chi sia l’uomo, maschio e femmina, la prospettiva del Libro della Genesi è chiara ed esigente.
Il Nuovo Testamento apre un’ulteriore prospettiva, quella dell’Incarnazione di Dio, luce per la comprensione di sé da parte dell’uomo, maschio e femmina.
L’Incarnazione esprime la realtà della Parola, che è creatrice ma anche salvatrice; esprime l’umanità vissuta e realizzata da Gesù tramite la croce e la forza della risurrezione, fino alla comunione con Dio, nella Casa del Padre.
La conversione all’Evangelo di Gesù è un evento che ha luogo nella coscienza personale di colui che è chiamato alla fede.
Essa trascende totalmente i fatti e i legami di carne e di sangue: cf. Mt 10,34-39; 19,27-30; Mc 10,28-31; Lc 9,57-62; 12,51-53; 14,25-27; 18,28-30; 19,27-30.
Da essa partono e si differenziano le persone, se e quando rispondano alla chiamata alla fede.
La famiglia dev’essere vista come “legame carnale”, ma anche nella prospettiva della comunità dei credenti. L’unità tra uomo e donna, e la famiglia, non sono realtà chiuse.
Giovanni parla di “fratelli” e intende i fratelli di fede,cf. Gv 6,63, infatti:
«È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla»


La dignità del maschio e della femmina

La rilevanza della Chiesa nella cultura di oggi sta proprio in questo, nel riportare nella giusta prospettiva la questione dell’identità della persona umana e della dignità del “maschio” e della “femmina”.
Uomo e donna devono essere orientati l’uno verso l’altro, posti nel contesto dell’alleanza tra Gesù e l’umanità.
La crisi culturale della famiglia, oggi, ci spinge a sottolineare – prima di tutto nella preparazione al sacramento del matrimonio - la dignità di ogni persona umana, nel proprio genere maschile e femminile, come fondamento dell’unità.
Ci spinge ad esigere, dalla comunità cristiana, una spiccata sensibilità nei confronti della responsabilità che abbiamo verso gli altri, specialmente verso i figli, i bambini, gli anziani, i giovani “senza famiglia” privi del calore della comunità familiare, privi del calore della comunione umana fondata sulla reciprocità complementare del padre e della madre.
È importante ricordare come, grazie alla creazione, la terra passa dal caos al cosmo.
Quando il maschio e la femmina, l’uomo e la donna, da due diventano UNO, con la loro complementarietà realizzano nell’essere umano l’immagine e la somiglianza a Dio.
Grazie all’unità tra loro, essi diventano la porta d’ingresso al processo di socializzazione della vita, alla sua umanizzazione, immagine e somiglianza dell’Armonia divina.



  

                                                    
Padre Pio racconta: venne a confessarsi da me, il Demonio....


"Una mattina mentre stavo confessando gli uomini mi si presenta un signore alto, snello, vestito con una certa raffinatezza e dai modi garbati, gentili. Inginocchiatosi questo sconosciuto incomincia a palesare i suoi peccati che erano di ogni genere contro Dio, contro il prossimo, contro la morale: tutti aberranti. Mi colpì una cosa.
Per tutte le accuse, anche dopo la mia riprensione, fatta adducendo come prova la parola di Dio, il magistero della Chiesa, la morale dei santi, questo enigmatico penitente controbatteva le mie parole giustificando, con estrema abilità e con ricercatissimo garbo, ogni genere di peccato, svuotandolo di qualsiasi malizia e cercando allo stesso tempo di rendere normali, naturali, umanamente indifferenti tutti gli atti peccaminosi.
E questo non solo per i peccati che erano raccapriccianti contro Dio, Gesù, la Madonna, i Santi, che indicava con perifrasi irriverenti senza mai nominarli, ma anche per i peccati che erano moralmente tanto sporchi e rozzi da toccare il fondo della più stomachevole cloaca.

Le risposte, che questo enigmatico penitente dava di volta in volta alle mie argomentazioni, con abile sottigliezza e con ovattata malizia, mi impressionavano.
Tra me e me, domandandomi, dicevo:"Chi è costui?" Da che mondo viene? Chi sarà mai?". E cercavo di fissarlo bene in volto per leggere eventualmente qualcosa tra le pieghe del suo viso; e allo stesso tempo aguzzavo le orecchie a ogni sua parola in modo che nessuna di esse mi sfggisse per soppesarle in tutta la loro portata.

A un certo momento, per una luce interiore vivida e fulgida percepii chiaramente chi era colui che mi stava dinanzi. E con tono deciso e imperioso gli dissi:"Di' viva Gesù, viva Maria". Appena pronunziati questi soavissimi e potentissimi nomi, satana sparisce all'istante in un guizzo di fuoco, lasciando dietro a sé un insopportabile irrespirabile fetore".
Padre Pio a padre Tarcisio da Cervinara.




 

[Modificato da Caterina63 21/01/2014 13:34]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)