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  Quell’ultimo brindisi alla sua coscienza: Benedetto XVI, un anno dopo

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Nell’anniversario della Gran Rinuncia, esame, celebrazione e rimpianto di un pontificato, e del cuore del suo protagonista: Benedetto XVI. Con un brindisi alla sua grande Coscienza. Il cui primato sempre antepose a quello Petrino. Rifiutando di essere il Pontefice Principe come fosse un delitto: “contro” la coscienza dei fedeli e dei sottoposti.

Dal primato Petrino al primato del Principe Assoluto; dal primato della Coscienza al primato dell’Obbedienza. Un saggio per PP ad opera di un ecclesiastico dei Palazzi Apostolici

 

 

di Mons. Gregorio Gotha, da papalepapale.com

Città del Vaticano

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     1. E se un bambino ti chiede “cos’è vivere?”, vai in panico?

Quotidianamente, mi capita a volte di essere testimone di situazioni che, per il mio modo di approcciare la realtà, profondamente introverso, suscitano una certa ilarità, innescando al tempo stesso una catena di pensieri che immediatamente implorano una soluzione purtroppo non così semplice da offrire, a me innanzitutto.

Una di queste circostanze si è presentata proprio l’altro giorno, quando il figlio quattrenne di un caro amico, nel bel mezzo della realizzazione di un’improbabile costruzioneLego, si è fatto scuro in volto e, rivolgendosi al padre, ha chiesto: “Papà, che cosa vuol dire vivere?”.

Dopo un attimo di panico che ha trapassato la mia e la spina dorsale dell’amico dal fondo, fino a far assumere ai nostri sguardi un’espressione di sbigottimento, tale sensazione, prolungandosi oltre l’attimo, deve aver raggiunto anche il nostro cervello, tanto che, frastornati, nessuno dei due era in grado di offrire una risposta che non solo fosse vera, ma fosse anche comprensibile ad un bambino di quell’età.

Il problema principale, infatti, consisteva nello scegliere tra il difficile tentativo di rendere accessibile qualcosa che spesso anche per le categorie mentali di un adulto non è immediatamente abbordabile, oppure giocare d’astuzia attraverso la banalizzazione della domanda – evitando tra l’altro la fatica della sfida educativa in atto – e chiudere il discorso con una frase del tipo: “Sei troppo piccolo, non capiresti”. Eppure, chiunque è concorde nel ritenere che la domanda sul significato del “vivere” non solo è opportuna, ma addirittura costitutiva e fondamentale per qualsiasi essere umano, anche per un bambino.

Si trattava, dunque, di un’alternativa stringente; ed anche se non sono “un professore di teologia tedesco, nella cui mentalità c’è solo il vero e il falso” (vedi qui), sarebbe difficile affermare che non ci trovassimo dinnanzi a due opzioni profondamente diverse: una vera – e faticosa –, l’altra falsa – ma di immediato (apparente) successo.

Ora, il fatto che Davide (questo è il nome del bimbo, ndr.) abbia sentito l’urgenza di una tale domanda, implica non tanto che lui ne comprendesse la portata, quanto piuttosto il fatto che egli, nella sua pur breve vita, deve essersi impattato – complice anche il papà filosofo – in un discorso nel quale la parola “vivere” sfuggiva alla sua fanciullesca comprensione. Quel precedente contesto era troppo “adulto” per lui per poter discernere tutti i fattori in gioco e, dunque, arrivare a capire i confini della realtà descritta con tale termine. Eppure, tale quesito si è come scolpito indelebilmente nella sua memoria rasa, al punto da farlo riemergere appena ha compreso che, visto l’elevato tenore del dialogo che anche quella sera il padre stava tenendo con il sottoscritto, le condizioni erano favorevoli affinché esso potesse finalmente trovare una soluzione accettabile, soprattutto un soggetto in grado di aiutarlo a rispondere.

2. Verità è desiderio. La tiepidezza vomito

5_DSCN3413 (1)Questa lunga premessa, in realtà, serve soprattutto per portare il lettore a riflettere sull’importanza dell’educazione, in particolare dei giovani. Si badi bene, tuttavia, che nei confronti della Chiesa è bene ricordare, fin da subito, che ciascuno di noi è “giovane”, come del resto più volte ebbe a sottolineare l’anziano Giovanni Paolo II. Tale condizione è la giovinezza di chi non si ritiene un “cristiano adulto”, di chi, cioè, comprende che la fede è un cammino che non si conclude mai, per cui essa va alimentata quotidianamente nella sequela (anche critica) di chi è stato insignito del ministero di educatore e lo compie in modo più o meno fedele.

Da una tale consapevolezza nascesempre il desiderio di capire e di comprendere, nascono le domande di significato che, se poste alla persona “vera”, non ricevono una presunta verità schiacciante, quanto piuttosto una Verità che apre all’approfondimento del cammino. Il vero maestro non è chi schiaccia con la sua verità (opinione), perché la Verità, per sua natura, apre al desiderio di conoscere sempre di più. Il vero maestro nella Chiesa non è chi sciorina il suo personalissimo pensiero che in realtà risulta essere dogmaticamente logico solo nella sua mente, ma è chi accompagna il fedele (inteso come giovane) nel domandare e nell’accogliere l’unica Verità nella sua grandezza, assolutezza e poliedricità.

Tale Verità è innanzitutto grande, in quanto supera ogni possibile tentativo di riduzione e mai potrà essere posseduta interamente da alcun essere umano. Ma essa è anche poliedrica, dal momento che, come le facce di un prisma, può essere a volte percepita in modi diversi dall’uomo, a seconda della posizione (dell’approccio) che si assume di fronte ad essa. In tal senso è vero che non è tutto “vero o falso”, ma mai uno spicchio potrà contraddirne un altro in modo radicale, perché la Verità non è l’insieme acritico di qualsivoglia posizione. Infine, la Verità è anche assoluta – con buona pace di chi pensa il contrario –, in quanto assorbe in sé tutto ciò che di vero, buono e giusto esiste, non ammettendo posizioni intermedie o di tiepidezza di fronte ad essa: i tiepidi, lo sappiamo per Verità rivelata nell’Apocalisse, sono per Dio come il vomito!

La Chiesa, per tutto questo, è madre e maestra della Verità, perché nello scorrere dei secoli ha sempre cercato di interpretare lo “Spirito di Verità” ricevuto la sera di Pentecoste, quello Spirito che rivela tutta intera la Verità a coloro che la chiedono con animo umile e paziente. La Sposa di Cristo è anche madre e maestra proprio perché dotata delle virtù della pazienza e dell’umiltà. Ogni educatore dovrebbe invero allenarsi in tali virtù, perché esse sono come le due armi necessarie per la battaglia della vita, anzitutto contro la superbia e il terrore.

3. Il magistero non è che parola d’uomo, mentre la coscienza è voce di Dio

In realtà, non bastano i buoni educatori perché si dia una vera educazione. Essa è una sfida che si gioca sempre tra due persone dai ruoli ben definiti in qui ciò che lega tali soggetti è, appunto, la Verità. Ma qual è il punto di connessione? Come potremmo descrivere il legame veritativo che concatena l’uno all’altro?

Usando un’immagine, si dirà che il discente e l’educatore sono come due alpinisti in cordata che stanno scalando una vetta molto scoscesa. La fune che li tiene ancorati alla roccia e che contemporaneamente li connette tra loro è la Verità (o la ricerca di essa), per cui un passo falso potrebbe costare loro la vita (o il senso di essa); ma a cosa dovremmo paragonare, stando all’esempio, i moschettoni che permettono tale legame?

Ora, il luogo proprio in cui la Verità si manifesta e viene (ri)conosciuta è la coscienza. Con il rischio di sembrare banale, si potrebbe dire che l’imbragatura che ci tiene saldamente sospesi a grandi altezze, attraverso il passaggio della corda, è proprio la nostra coscienza. In essa, infatti, l’uomo conosce e riconosce il suo unico Signore, può ascoltarne la voce e ne discerne la veridicità. La coscienza non produce Dio, può solo riconoscerlo. Ma è lei sola, nelle sterminate galassie dell’universo, che è preposta a tale compito. Non esiste, in fondo, altra possibilità di conoscere la Verità nel cosmo se non attraverso la coscienza individuale di una persona.

La capacità naturale della coscienza umana di riconoscere la Verità nel suo proporsi, cosa che normalmente avviene nella mediazione della realtà – cioè non nell’incontro con la Verità in sé, ma attraverso le cose che esistono e che noi comprendiamo come “vere” –, è ciò che più di ogni altra cosa terrorizza i poteri di questo mondo, anche ben oltre la c.d. libertà! Infatti, la coscienza –  intendendone anche la sua libertà – è l’unica realtà che non si può interamente costringere o soffocare, dal momento che essa è il luogo sacro dell’incontro tra Dio e l’uomo, in cui nessun altro dovrebbe entrare e che mai potrà essere totalmente sopraffatta. Il tentativo di aprire le porte della coscienza altrui – tentazione sempre presente, purtroppo, anche in molti preti – è un atto talmente abominevole da potersi considerare al pari di un sacrilegio.

Le persone vanno aiutate nel discernimento della Verità (nelle manifestazioni quotidiane della Verità), ma ci si deve astenere da qualsiasi manovra perversa che miri ad entrare nel dolce scrigno, sede del dialogo dell’anima creata con l’Essere suo creatore. Il maestro non entra nella coscienza e non la supplisce, ma aiuta l’amico affinché in essa sia possibile lasciare scorrere la fune della Verità. Guai a quei curatori d’anime che, pur non dicendoselo in modo cosciente, agiscono come se fossero infallibili nel tentativo di piegare l’altrui coscienza alla propria! Questi non sono veri “padri”, bensì superbi sacrileghi che fanno tanto male alla Chiesa!

Per la Chiesa, invece, la libertà di coscienza è sempre stata un bene da tutelare, ben prima che il Cardinal Newman cominciasse a parlarne. Essa era già per la Scolastica – e in questo senso andrebbero letti tutti i documenti successivi, compresi alcuni testi ottocenteschi che per qualche paladino dell’ortodossia sembrano dire il contrario – un valore non negoziabile, rispetto al quale non ci può essere autorità superiore, neppure fosse il Papa: “Se c’è conflitto tra la parola della Chiesa e la mia coscienza a chi debbo obbedire? Il magistero non è che parola d’uomo, mentre la coscienza è voce di Dio”. Questa citazione è di San Tommaso, il quale non può certo essere considerato un modernista ante litteram.



  continua.............








Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)