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  4. Indissolubilità


4.1. Il principio


La tradizione della chiesa primitiva, che si fonda sull’insegnamento di Cristo e degli apostoli, afferma l’indissolubilità del matrimoni anche in caso di adulterio. Questo principio si impone nonostante alcuni maldestri tentativi di interpretazione ed esempi di indulgenza nei confronti di persone che si trovavano in situazioni molto difficili. D’altronde non è facile valutare esattamente l’estensione e la frequenza di questi fatti.


4.2. La dottrina della chiesa


Il concilio di Trento ha dichiarato che la chiesa non si sbaglia quando ha insegnato e insegna, secondo la dottrina evangelica e apostolica, che il legame matrimoniale non può essere sciolto dall’adulterio (DS 1807). Tuttavia, il concilio ha colpito con l’anatema solo coloro che negano l’autorità della chiesa in questo campo. Le ragioni di questa riserva sono da ricercare in alcuni dubbi sorti nel corso della storia (le opinioni dell’Ambrosiaster, di Catharinus e di Cajetano) e, da un altro punto di vista, prospettive che si avvicinano all’ecumenismo. Non si può quindi affermare che il concilio abbia avuto l’intenzione di definire solennemente l’indissolubilità del matrimonio come verità di fede. Si dovrà tuttavia tener conto delle parole pronunciate da Pio XI nella Casti Connubii, in riferimento a questo canone: « Se la chiesa non si è mai sbagliata e non si sbaglia quando ha dato e da questo insegnamento, è dunque assolutamente certo che il matrimonio non può essere sciolto neppure in caso di adulterio. È altresì evidente che le altre cause di divorzio, molto più fragili di quanto si possa supporre, hanno un valore ancora minore e non possono essere prese in considerazione » (cf. DS1807).


4.3. Indissolubilità intrinseca


L’indissolubilità intrinseca del matrimonio può essere consi­derata sotto diversi aspetti e avere molti fondamenti.


Si può considerare il problema in riferimento agli sposi. In questo caso si affermerà: l’unione intima del matrimonio, dono reciproco di due persone, l’unione coniugale stessa, il bene dei figli esigono l’unità indissolubile di queste persone. Da qui deriva, per gli sposi l’obbligo morale di proteggere il loro patto coniugale, di conservarlo e di farlo progredire.


È inoltre necessario collocare il matrimonio nella prospettiva di Dio. L’atto umano attraverso il quale gli sposi si donano e si ricevono scambievolmente, crea un legame che è fondato sulla volontà di Dio. Questo legame è inscritto nello stesso atto creativo e supera la volontà degli uomini. Non dipende dal potere degli sposi e per questo è intrinsecamente indissolubile.


Vista nelle (prospettive cristologiche, l’indissolubilità del matrimonio cristiano ha un fondamento ultimo ancora più profondo. Esso consiste nel fatto che il matrimonio cristiano è immagine, sacramento e testimonianza dell’unione indissolubile tra Cristo e la chiesa. Ciò è stato chiamato il bonum sacramenti. In questo senso, l’indissolubilità diventa un avvenimento di grazia.


Anche le prospettive sociali fonderanno la indissolubilità: essa è richiesta dall’istituzione stessa. La decisione personale dei coniugi è assunta, protetta e fortificata dalla società, soprattutto dalla comunità ecclesiale. È la dimensione giuridico-ecclesiale del matrimonio.


Questi diversi aspetti sono intimamente legati tra di loro. La fedeltà a cui gli sposi sono obbligati deve essere protetta dalla società stessa, in modo particolare dalla società ecclesiale. È richiesta sia da Dio creatore che da Cristo che la rende possibile in forza della sua grazia.


4.4. Indissolubilità estrinseca e potere della Chiesa sui matrimoni


La Chiesa, contemporaneamente alla sua prassi, ha elaborato una dottrina sul proprio potere nell’ambito dei matrimoni. Ne ha così precisato l’ampiezza e i limiti. La chiesa non si riconosce alcun potere di sciogliere un matrimonio sacramentale celebrato e consumato (ratum et consummatum). Per gravissimi motivi, per il bene della fede e la salvezza delle anime, gli altri matrimoni possono essere sciolti dall’autorità ecclesiastica competente o, secondo un’altra interpretazione, essere dichiarati nulli.


Questo insegnamento è soltanto un caso particolare della teoria che si riferisce al modo in cui evolve la dottrina cristiana nella chiesa. Oggi, essa è accettata da quasi tutti i teologi cattolici.


Non è escluso tuttavia che la chiesa possa precisare meglio le nozioni di sacramentalità e di consumazione. In questo caso, ne spiegherà ancor meglio il significato. Così, l’insieme della dottrina sull’indissolubilità del matrimonio potrebbe essere proposta in una sintesi più profonda e più esatta.


5. Divorziati risposati


5.1. Radicalismo evangelico


Fedele al radicalismo del vangelo, la chiesa non può porsi nei confronti dei fedeli con parole diverse da quelle dell’apostolo Paolo: « Agli sposati ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito — e qualora si separi, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito — e il marito non ripudi la moglie » (1 Cor 7, 10-11). Ne deriva che le nuove unioni, dopo un divorzio ottenuto con una legge civile, non sono né regolari né legittime.


5.2. Testimonianza profetica


Questo rigore non è dovuto a una legge puramente disciplinare o a un certo legalismo. Si fonda sul giudizio che il Signore ha dato a questo proposito (Mc 10, 6 ss.). In quest’ottica, questa regola severa è una testimonianza profetica resa alla fedeltà irreversibile dell’amore che lega il Cristo alla chiesa. Essa dimostra ancora come l’amore degli sposi sia assunto nella carità stessa di Cristo (Ef 5, 23-32).


5.3. La « non-sacramentalizzazione »


L’incompatibilità dello stato dei « divorziati-risposati » con il precetto e il mistero dell’amore pasquale del Signore comporta per questi l’impossibilità di ricevere, nella santa eucaristia, il segno dell’unità con Cristo. L’ammissione alla comunione eucaristica può avvenire solo dopo la penitenza che implica « il pentimento per il peccato commesso e il buon proposito di non commetterlo più in futuro » (Concilio di TrentoDS 1676). Tutti i cristiani debbono ricordarsi le parole dell’apostolo: «... Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna » (1 Cor11, 27-29).


5.4. Pastorale dei divorziati risposati


Questa situazione illegittima non consente di vivere in piena comunione con la chiesa. E tuttavia i cristiani che vi si trovano non sono esclusi dall’azione della grazia di Dio e dal legame con la chiesa. Non debbono essere privati della cura dei pastori (Allocuzione pontificia di Paolo VI, 4 novembre 1977). Essi hanno ancora molti compiti che loro derivano dal battesimo. Devono attendere all’educazione religiosa dei loro bambini. La preghiera cristiana sia pubblica che privata, la penitenza, certe attività apostoliche sono sempre modi per vivere la loro vita cristiana. Non debbono essere disprezzati ma aiutati come tutti i cristiani che, con l’aiuto della grazia di Cristo, si sforzano per liberarsi dal peccato.


5.5. Combattere le cause del divorzio


È sempre più necessario svolgere un’azione pastorale che tenda ad evitare il moltiplicarsi dei divorzi e delle nuove unioni civili dei divorziati. In particolare è necessario inculcare ai nuovi sposi una coscienza viva di tutte le loro responsabilità di coniugi e di genitori. È fondamentale presentare in modo sempre più efficace il significato autentico del matrimonio sacramentale come alleanza realizzata « nel Signore » (1 Cor 7, 39). In questo modo i cristiani saranno più preparati a conformarsi al comandamento del Signore e a rendere testimonianza all’unione di Cristo con la chiesa. Questo d’altronde sarà fatto per il maggior bene degli sposi, per quello dei bambini come pure per la società stessa.







Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)