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Francesco: il cristiano è misericordioso, rigidità è segno di cuore debole




Il Papa a Santa Marta - OSS_ROM





15/12/2014 



Gesù ci rende misericordiosi verso la gente, mentre chi ha il cuore debole perché non fondato su Cristo rischia di essere rigido nella disciplina esteriore, ma ipocrita e opportunista dentro: è quanto ha detto il Papa nell’omelia mattutina a Casa Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti:


Al centro dell’omelia del Papa il Vangelo del giorno, in cui i capi dei sacerdoti chiedono a Gesù con quale autorità compia le sue opere. E’ una domanda – spiega – che dimostra il “cuore ipocrita” di questa gente: “a loro non interessava la verità”, cercavano solo i loro interessi e andavano “secondo il vento: ‘Conviene andare di qua, conviene andare di là…’ erano banderuole, eh, tutti! Tutti. Senza consistenza. Un cuore senza consistenza. E così negoziavano tutto: negoziavano la libertà interiore, negoziavano la fede, negoziavano la patria, tutto, meno le apparenze. A loro importava uscire bene dalle situazioni”. Erano opportunisti: “approfittavano delle situazioni”.


Eppure – ha proseguito il Papa – “qualcuno di voi potrà dirmi: ‘Ma padre, questa gente era osservante della legge: il sabato non camminavano più di cento metri - o non so quanto si poteva fare – mai, mai andavano a tavola senza lavarsi le mani e fare le abluzioni; ma era gente molto osservante, molto sicura nelle sue abitudini’. Sì, è vero, ma nelle apparenze. Erano forti, ma al di fuori. Erano ingessati. Il cuore era molto debole, non sapevano in cosa credevano. E per questo la loro vita era, la parte di fuori, tutta regolata, ma il cuore andava da una parte all’altra: un cuore debole e una pelle ingessata, forte, dura. Gesù al contrario, ci insegna che il cristiano deve avere il cuore forte, il cuore saldo, il cuore che cresce sulla roccia, che è Cristo, e poi nel modo di andare, andare con prudenza: “In questo caso faccio questo, ma…” E’ il modo di andare, ma non si negozia il cuore, non si negozia la roccia. La roccia è Cristo, non si negozia!”:


“Questo è il dramma dell’ipocrisia di questa gente. E Gesù non negoziava mai il suo cuore di Figlio del Padre, ma era tanto aperto alla gente, cercando strade per aiutare. ‘Ma questo non si può fare; la nostra disciplina, la nostra dottrina dice che non si può fare!’ dicevano loro. ‘Perché i tuoi discepoli mangiano il grano in campagna, quando camminano, il giorno del sabato? Non si può fare!’. Erano tanto rigidi nelle loro discipline: ‘No, la disciplina non si tocca, è sacra’”.


Papa Francesco ricorda quando “Pio XII ci liberò da quella croce tanto pesante che era il digiuno eucaristico”:


“Ma alcuni di voi forse ricordano. Non si poteva neppure bere un goccio d’acqua. Neppure! E per lavarsi i denti, si doveva fare in modo che l’acqua non venisse ingoiata. Ma io stesso da ragazzo sono andato a confessarmi di aver fatto la comunione, perché credevo che un goccio d’acqua fosse andato dentro. E’ vero o no? E’ vero. Quando Pio XII ha cambiato la disciplina – ‘Ah, eresia! No! Ha toccato la disciplina della Chiesa!’ - tanti farisei si sono scandalizzati. Tanti. Perché Pio XII aveva fatto come Gesù: ha visto il bisogno della gente. ‘Ma povera gente, con tanto caldo!’. Questi preti che dicevano tre Messe, l’ultima all’una, dopo mezzogiorno, in digiuno. La disciplina della Chiesa. E questi farisei erano così – ‘la nostra disciplina’ - rigidi nella pelle, ma, come Gesù gli dice, ‘putrefatti nel cuore’, deboli, deboli fino alla putredine. Tenebrosi nel cuore”.


“Questo è il dramma di questa gente” e Gesù denuncia ipocrisia e opportunismo: 


“Anche la nostra vita può diventare così, anche la nostra vita. E alcune volte, vi confesso una cosa, quando io ho visto un cristiano, una cristiana così, col cuore debole, non fermo, non saldo sulla roccia – Gesù – e con tanta rigidità fuori, ho chiesto al Signore: ‘Ma Signore buttagli una buccia di banana davanti, perché faccia una bella scivolata, si vergogni di essere peccatore e così incontri Te, che Tu sei il Salvatore’. Eh, tante volte un peccato ci fa vergognare tanto e incontrare il Signore, che ci perdona, come questi ammalati che erano qui e andavano dal Signore per guarire”.


“Ma la gente semplice” - osserva il Papa - “non sbagliava”, nonostante le parole di questi dottori della legge, “perché la gente sapeva, aveva quel fiuto della fede”.


Il Papa conclude con questa preghiera la sua omelia: “Chiedo al Signore la grazia che il nostro cuore sia semplice, luminoso con la verità che Lui ci dà, e così possiamo essere amabili, perdonatori, comprensivi con gli altri, di cuore ampio con la gente, misericordiosi. Mai condannare, mai condannare. Se tu hai voglia di condannare, condanna te stesso, che qualche motivo avrai, eh?”. “Chiediamo al Signore la grazia che ci dia questa luce interiore, che ci convinca che la roccia è soltanto Lui e non tante storie che noi facciamo come cose importanti; e che Lui ci dica – Lui ci dica! – la strada, Lui ci accompagni nella strada, Lui ci allarghi il cuore, perché possano entrare i problemi di tanta gente e Lui ci dia una grazia che questa gente non aveva: la grazia di sentirci peccatori”.   







Francesco: la salvezza è un cuore umile che si fida di Dio

Francesco tiene l'omelia del mattino a S. Marta - OSS_ROM

16/12/2014 

Dio salva “un cuore pentito”, mentre chi non confida in Lui attira su di sé la “condanna”. Lo ha ribadito Papa Francesco nella sua omelia del mattino, presiedendo la Messa nella cappella di Casa S. Marta. Il servizio diAlessandro De Carolis:

L’umiltà salva l’uomo agli occhi di Dio, la superbia lo perde. La chiave sta nel cuore. Quello dell’umile è aperto, sa pentirsi, accettare una correzione e si fida di Dio. Quello del superbo è speculare all’opposto: arrogante, chiuso, non conosce vergogna, è impermeabile alla voce di Dio. Il brano del profeta Sofonia e quello del Vangelo suggeriscono a Papa Francesco una riflessione in parallelo. Entrambi i testi, osserva, parlano di un “giudizio” dal quale dipendono salvezza e condanna.

L’umiltà, l’unica strada
La situazione descritta dal profeta Sofonia è quella di una città ribelle, nella quale tuttavia c’è un gruppo che si pente dei propri peccati: questo, sottolinea il Papa, è il “popolo di Dio” che ha in sé le “tre caratteristiche” di “umiltà, povertà, fiducia nel Signore”. Ma nella città ci sono anche quelli che, dice Francesco, “non hanno accettato la correzione, non hanno confidato nel Signore”. A loro toccherà la condanna:

“Questi non possono ricevere la Salvezza. Sono chiusi, loro, alla Salvezza. ‘Lascerò in mezzo a te un popolo umile e povero; confiderà nel nome del Signore’, per tutta la vita. E questo fino a oggi, no? Quando vediamo il santo popolo di Dio che è umile, che ha le sue ricchezze nella fede nel Signore, nella fiducia nel Signore – il popolo umile, povero che confida nel Signore: e questi sono i salvati e questa è la strada della Chiesa, no? Deve andare per questa strada, non per l’altra strada che non ascolta la voce, che non accetta la correzione e non confida nel Signore”.

Sinceramente pentìti, non ipocriti
La scena del Vangelo è quella del contrasto tra i due figli invitati dal padre a lavorare nella vigna. Il primo rifiuta ma poi si pente e va, il secondo dice sì al padre ma in realtà lo inganna. Gesù racconta questa storia ai capi del popolo affermando con chiarezza che sono loro a non aver voluto ascoltare la voce di Dio attraverso Giovanni e che per questo nel Regno dei cieli saranno superati da pubblicani e prostitute, che invece a Giovanni hanno creduto. E lo scandalo suscitato da quest'ultima affermazione, osserva Papa Francesco, è identico a quello di tanti cristiani che si sentono “puri” solo perché vanno a Messa e fanno la comunione. Ma Dio, dice, ha bisogno di altro:

“Se il tuo cuore non è un cuore pentito, se tu non ascolti il Signore, non accetti la correzione e non confidi in Lui, tu hai un cuore non pentito. Ma questi ipocriti che si scandalizzano di questo che dice Gesù sui pubblicani e le prostitute, ma poi di nascosto andavano da loro o per sfogare le loro passioni o per fare affari – ma  tutto di nascosto – erano puri! E questi il Signore non li vuole”.

Offrire persino i peccati
Questo giudizio “ci dà speranza”, assicura Papa Francesco. Purché, conclude, si abbia il coraggio di aprire il cuore a Dio senza riserve, donandogli anche la “lista” dei propri peccati. E per spiegarlo, il Papa ricorda la storia di quel santo che pensava di aver dato tutto al Signore, con estrema generosità:

“Ascoltava il Signore, andava sempre secondo la sua volontà, dava al Signore e il Signore: ‘Ma tu non mi hai dato una cosa, ancora”. E il povero era tanto buono e dice: ‘Ma, Signore, cosa non ti ho dato? Ti ho dato la mia vita, lavoro per i poveri, lavoro per la catechesi, lavoro qui, lavoro là…’. ‘Ma qualcosa tu non mi hai dato ancora’.- ‘Che, Signore?. ‘I tuoi peccati’. Quando noi saremo in grado di dire al Signore: ‘Signore, questi sono i miei peccati – non sono di quello, di quello, sono i miei… Sono i miei. Prendili tu e così io sarò salvo’ – quando noi saremo capaci di fare questo noi saremo quel bel popolo, ‘popolo umile e povero’, che confida nel nome del Signore. Il Signore ci conceda questa grazia”.





Il Papa: Dio fa la storia con noi e la corregge quando sbagliamo

Il Papa a Santa Marta - OSS_ROM

18/12/2014 

Affidarsi a Dio anche nei momenti bui, anche se non capiamo a volte la storia che fa con noi: ma è sempre storia di salvezza. E’ quanto ha affermato Papa Francesco nella Messa mattutina a Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti:

“Dio ha voluto salvarci nella storia” – ha affermato il Papa - la nostra salvezza “non è una salvezza asettica, di laboratorio. No! E’ storica. Lui ha fatto un cammino nella storia col suo popolo”. Dunque, “non c’è una salvezza senza storia. E per arrivare al punto di oggi c’è stata una lunga storia, una lunghissima storia”:

“E così, passo a passo, si fa la storia. Dio fa la storia, anche noi facciamo la storia; e quando noi sbagliamo, Dio corregge la storia e ci porta avanti, avanti, sempre camminando con noi. Se noi non abbiamo questo chiaro, mai capiremo il Natale! Mai capiremo l’Incarnazione del Verbo! Mai! E’ tutta una storia che cammina. ‘Padre, è finita questa storia col Natale?’; ‘No! Adesso ancora il Signore ci salva nella storia. E cammina col suo popolo’”.

In questa storia – ha proseguito Papa Francesco - ci sono gli eletti di Dio, quelle persone che Lui sceglie “per aiutare il suo popolo ad andare avanti”, come Abramo, Mosè, Elia. Per loro “ci sono alcuni momenti brutti”, “momenti bui, momenti scomodi, momenti che danno fastidio”. Persone che magari vogliono vivere tranquille, ma che “il Signore scomoda. Il Signore ci scomoda per far la storia! Ci fa andare tante volte su strade che noi non vogliamo”. Tanto che Mosè ed Elia a un certo punto vorrebbero anche morire, ma poi confidano nel Signore.

Il Vangelo del giorno parla di “un altro momento brutto nella storia di salvezza”, quello di Giuseppe che scopre che la sua promessa sposa, Maria, è incinta: “Lui soffre, vede le donne del villaggio che chiacchieravano nel mercato; ma lui soffre. ‘Ma questa è buona, io la conosco! E’ una donna di Dio. Ma cosa mi ha fatto? Non è possibile!”. Se l’accusa, la lapideranno. Ma non vuole, anche se non capisce. Sa che Maria “è incapace di infedeltà”. “In questi momenti brutti” – ha sottolineato il Papa – “questi eletti di Dio, per fare la storia devono prendere il problema sulle spalle, senza capire”. Così, “il Signore fa la storia”.

“Così fa Giuseppe, l’uomo che nel momento più brutto della sua vita, il momento più oscuro, prende su di sé il problema. E lui accusa se stesso agli occhi degli altri per coprire la sua sposa. Forse qualche psicanalista dirà che questo sonno è il condensato dell’angoscia, che cerca una uscita… ma dicano quello che vogliono. Ma cosa ha fatto Giuseppe? Dopo il sonno, prese con sé la sua sposa. ‘Non capisco niente, ma il Signore mi ha detto questo e questo apparirà come mio figlio!’”.

“Fare storia con il suo popolo – ha osservato il Papa - significa per Dio camminare e mettere alla prova i suoi eletti”. Ma alla fine li salva: “Ricordiamo sempre, con fiducia, anche nei momenti più brutti, anche nei momenti della malattia, quando noi ci accorgeremo che dobbiamo chiedere l’estrema unzione, perché non c’è uscita, di dire: ‘Ma, Signore, la storia non è incominciata con me né finirà con me! Tu vai avanti, io sono disposto’. E metterci nelle mani del Signore”. Cosa ci insegnano, dunque, gli eletti di Dio?

“Che Dio cammina con noi, che Dio fa storia, che Dio ci mette alla prova e che Dio ci salva nei momenti più brutti, perché è nostro Padre. E secondo Paolo è il nostro Papà. Che il Signore ci faccia capire questo mistero del suo camminare col suo popolo nella storia, del suo mettere alla prova i suoi eletti e la grandezza di cuore dei suoi eletti, che prendono su di loro i dolori, i problemi, anche l’apparenza di peccatori – pensiamo a Gesù – per portare avanti la storia”.





Il Papa: Chiesa sia madre non imprenditrice, potere ci fa sterili

Messa di Papa Francesco a Casa Santa Marta - OSS_ROM

19/12/2014 

La Chiesa sia madre, non imprenditrice. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, l’ultima del 2014 con un gruppo di fedeli e omelia. Il Pontefice ha messo l’accento sulla “nuova Creazione”, rappresentata dalla nascita di Gesù, che rifà nuove tutte le cose. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Due donne che da sterili diventano feconde. Papa Francesco ha sviluppato la sua omelia partendo dalle Letture del giorno che narrano le nascite miracolose di Sansone e Giovanni Battista. Nel Popolo di Israele, ha affermato, era “quasi una maledizione non avere figli” ed ha rammentato che nella Bibbia incontriamo tante donne sterili e lì “il Signore fa il miracolo”. La Chiesa, ha rilevato il Pontefice, mostra "questo simbolo di sterilità proprio prima della nascita di Gesù", anche per mezzo di una "donna incapace di avere un figlio per la sua decisione di rimanere in verginità”. Questo, ha commentato, è “il segno dell’umanità incapace di dare un passo in più”. Dunque, la Chiesa “vuol farci riflettere sull’umanità sterile”:

Sterilità e nuova Creazione
“Dalla sterilità, il Signore è capace di ricominciare una nuova discendenza, una nuova vita. E questo è il messaggio di oggi. Quando l’umanità è esaurita, non può andare più, viene la grazia e viene il Figlio, e viene la Salvezza. E quella Creazione esaurita lascia posto alla nuova creazione…”

“Questa ‘seconda’ Creazione quando la Terra è esaurita – ha proseguito – è il messaggio di oggi”. Noi, ha detto, aspettiamo Colui che è “capace di ricreare tutte le cose, di fare nuove le cose. Aspettiamo la novità di Dio”. Questo, ha ribadito, è Natale: “La novità di Dio che rifà, in un modo più meraviglioso della Creazione, tutte le cose”. Francesco ha evidenziato dunque che sia la moglie di Manoach, madre di Sansone, che Elisabetta avranno figli grazie all’azione dello Spirito del Signore. Qual è dunque il messaggio di queste letture, si chiede il Papa? “Apriamoci allo Spirito di Dio – è la risposta – Noi, da soli, non ce la facciamo. E’ lui che può fare le cose”:

Apertura alle novità di Dio
“Anche, questo mi fa pensare, alla nostra madre Chiesa; anche a tante sterilità che ha la nostra madre Chiesa: quando, per il peso della speranza nei Comandamenti, quel pelagianismo che tutti noi portiamo nelle ossa, diventa sterile. Si crede capace di partorire … no, non può! La Chiesa è madre, e diventa madre soltanto quando si apre alla novità di Dio, alla forza dello Spirito. Quando dice a se stessa: ‘Io faccio tutto, ma, ho finito, non posso andare in più!’, viene lo Spirito”.

Madre non imprenditrice
Una constatazione, questa, che ha suscitato al Papa una riflessione sulle sterilità nella Chiesa e l’apertura alla fecondità nella fede:

“E anche, oggi è un giorno per pregare per la nostra madre Chiesa, per tante sterilità nel popolo di Dio. Sterilità di egoismi, di potere … quando la Chiesa crede di potere tutto, di impadronirsi delle coscienze della gente, di andare sulla strada dei Farisei, dei Sadducei, sulla strada dell’ipocrisia, eh, la Chiesa è sterile. Pregare. Questo Natale anche faccia la nostra Chiesa aperta al dono di Dio, che si lasci sorprendere dallo Spirito Santo e sia una Chiesa che faccia figli, una Chiesa madre. Madre. Tante volte io penso che la Chiesa in alcuni posti, più che madre è una imprenditrice”

“Guardando questa storia di sterilità del popolo di Dio e tante storie nella Storia della Chiesa che hanno fatto la Chiesa sterile – ha concluso il Papa – chiediamo al Signore, oggi, guardando il Presepe”, la grazia “della fecondità della Chiesa. Che prima di tutto, la Chiesa sia madre, come Maria”.





[Modificato da Caterina63 19/12/2014 11:38]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)