La forza della vita cristiana è nell’incontro tra i nostri peccati e Cristo che ci salva. Dove non c’è questo incontro, le chiese sono decadenti e i cristiani tiepidi: è quanto ha detto Papa Francesco nella Messa mattutina a Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti:
Pietro e Paolo ci fanno capire che un cristiano si può vantare di due cose: “dei propri peccati e di Cristo crocifisso”. La forza trasformante della Parola di Dio – spiega il Papa – parte da questa consapevolezza. Così Paolo, nella prima Lettera ai Corinzi, invita chi si crede saggio a “farsi stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio”:
“Paolo ci dice che la forza della Parola di Dio, quella che cambia il cuore, che cambia il mondo, che ci dà speranza, che ci dà vita, non è nella sapienza umana: non è in un bel parlare e un bel dire le cose con intelligenza umana. No. Quella è stoltezza, dice lui. La forza della Parola di Dio viene da un’altra parte. Anche, la forza della Parola di Dio passa per il cuore del predicatore, e per questo dice a quelli che predicano la Parola di Dio: ‘Fatevi stolti’, cioè non mettete la vostra sicurezza nella vostra sapienza, nella sapienza del mondo”.
L’apostolo Paolo non si vantava dei suoi studi – “aveva studiato con i professori più importanti del tempo” - ma “soltanto di due cose”:
“Lui stesso dice: ‘Io soltanto mi vanto dei miei peccati’. Scandalizza, questo. E poi, in un altro brano, dice: ‘Io soltanto mi vanto in Cristo e questo Crocifisso’. La forza della Parola di Dio è in quell’incontro tra i miei peccati e il sangue di Cristo, che mi salva. E quando non c’è quell’incontro, non c’è forza nel cuore. Quando si dimentica quell’incontro che abbiamo avuto nella vita, diventiamo mondani, vogliamo parlare delle cose di Dio con linguaggio umano, e non serve: non dà vita”.
Anche Pietro – nel Vangelo della pesca miracolosa - fa l’esperienza di incontrare Cristo vedendo il proprio peccato: vede la forza di Gesù e vede se stesso. Si getta ai suoi piedi, dicendo: “Signore, allontanati da me perché sono un peccatore”. In questo incontro tra Cristo e i miei peccati c’è la salvezza:
“Il luogo privilegiato per l’incontro con Gesù Cristo sono i propri peccati. Se un cristiano non è capace di sentirsi proprio peccatore e salvato dal sangue di Cristo, questo Crocifisso, è un cristiano a metà cammino, è un cristiano tiepido. E quando noi troviamo Chiese decadenti, quando noi troviamo parrocchie decadenti, istituzioni decadenti, ma sicuramente i cristiani che sono lì mai hanno incontrato Gesù Cristo o si sono dimenticati di quell’incontro con Gesù Cristo. La forza della vita cristiana e la forza della Parola di Dio è proprio in quel momento dove io, peccatore, incontro Gesù Cristo e quell’incontro rovescia la vita, cambia la vita … E ti dà la forza per annunziare la salvezza agli altri”.
Papa Francesco invita a porsi alcune domande: “Ma, io sono capace di dire al Signore: ‘Sono peccatore’”, non in teoria, ma confessando “il peccato concreto?. E sono capace di credere che proprio Lui, con il Suo Sangue, mi ha salvato dal peccato e mi ha dato una vita nuova? Ho fiducia in Cristo?”. Quindi conclude: “Di quali cose si può vantare un cristiano? Due cose: dei propri peccati e di Cristo crocifisso”.
Il Vangelo “è novità”, Gesù ci chiede di “lasciare da parte le strutture caduche”. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha sottolineato che il cristiano non deve essere “schiavo di tante piccole leggi”, ma aprire il cuore al comandamento nuovo dell’amore. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Gli scribi vogliono mettere in difficoltà Gesù, gli domandano perché i suoi discepoli non digiunino, ma il Signore non cade nella trappola e risponde parlando di festa e novità. Papa Francesco ha preso spunto dal passo del Vangelo del giorno per soffermarsi proprio sulla novità portata da Gesù, che esorta a mettere il vino nuovo in otri nuovi:
“A vini nuovi, otri nuovi. La novità del Vangelo. Cosa ci porta il Vangelo? Gioia e novità. Questi dottori della legge erano rinchiusi nei loro comandamenti, nelle loro prescrizioni. San Paolo, parlando di loro, ci dice che prima che venisse la fede - cioè Gesù - noi tutti eravamo custoditi come prigionieri sotto la legge. Questa legge di questa gente non era cattiva: custoditi ma prigionieri, in attesa che venisse la fede. Quella fede che sarebbe stata rivelata, in Gesù stesso”.
Il popolo, ha osservato il Papa, “aveva la legge che aveva dato Mosé” e poi tante di queste “consuetudini e piccole leggi” che avevano codificato i dottori. “La legge – ha commentato – li custodiva, ma come prigionieri! E loro erano in attesa della libertà, della definitiva libertà che Dio avrebbe dato al suo popolo col suo Figlio”. La novità del Vangelo, ha dunque sottolineato, “è questa: è per riscattare dalla legge”:
“Qualcuno di voi può dirmi: ‘Ma, Padre, i cristiani non hanno legge?’; Sì! Gesù ha detto: ‘Io non vengo a chiudere la legge, ma a portarla alla sua pienezza’. E la pienezza della legge, per esempio, sono le Beatitudini, la legge dell’amore, l’amore totale, come Lui - Gesù - ci ha amato. E quando Gesù rimprovera questa gente, questi dottori della legge, li rimprovera di non aver custodito il popolo con la legge, ma fatto schiavo di tante piccole leggi, di tante piccole cose che si dovevano fare”.
Cose da fare, ha soggiunto, “senza la libertà che Lui ci porta con la nuova legge, la legge che Lui ha sancito col suo sangue”. Questa, ha ribadito il Papa, “è la novità del Vangelo, che è festa, è gioia è libertà”. E’ “proprio il riscatto che tutto il popolo attendeva” quando era “custodito dalla legge, ma come prigioniero”. Questo, ha sottolineato, è quello che Gesù vuol dirci: “Alla novità, novità; a vini nuovi, otri nuovi. E non avere paura di cambiare le cose secondo la legge del Vangelo”:
“Paolo distingue bene: figli della legge e figli della fede. A vini nuovi, otri nuovi. E per questo la Chiesa ci chiede, a tutti noi, alcuni cambiamenti. Ci chiede di lasciare da parte le strutture caduche: non servono! E prendere otri nuovi, quelli del Vangelo. Non si può capire la mentalità - per esempio - di questi dottori della legge, di questi teologi farisei: non si può capire la mentalità loro con lo spirito del Vangelo. Sono cose diverse. Lo stile del Vangelo è uno stile diverso, che porta alla pienezza la legge. Sì! Ma in un modo nuovo: è il vino nuovo, in otri nuovi”.
“Il Vangelo – ha detto ancora Francesco – è novità! Il Vangelo è festa! E soltanto si può vivere pienamente il Vangelo in un cuore gioioso e in un cuore rinnovato”. Che il Signore, è stata la sua invocazione, “ci dia la grazia di questa osservanza alla legge. Osservare la legge - la legge che Gesù ha portato alla sua pienezza - nel comandamento dell’amore, nei comandamenti che vengono dalle Beatitudini”. Il Signore, ha concluso, ci dia la grazia di “non rimanere prigionieri”, ma “ci dia la grazia della gioia e della libertà che ci porta la novità del Vangelo”.
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da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.201, Ven. 05/09/2014)
«Di quali cose si può vantare un cristiano? Due cose: dei propri peccati e di Cristo crocifisso». E una sola conta veramente: l’incontro con Cristo che cambia la vita dei cristiani “tiepidi” e trasforma il volto di parrocchie e comunità “decadenti”. È questa l’indicazione suggerita da Papa Francesco durante la messa celebrata giovedì 4 settembre, nella cappella della Casa Santa Marta.
A ispirare le parole del Pontefice è stata anzitutto la prima lettura della liturgia, tratta dalla prima Lettera di san Paolo ai corinzi (3, 18-23). L’apostolo, ha spiegato il Papa, «in questi brani che abbiamo letto nelle liturgie di questi giorni scorsi, parla della forza della parola di Dio». Di più, ha aggiunto, «possiamo dire» che «fa come una teologia della parola di Dio». E finisce con questa riflessione: «Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio».
In pratica, ha affermato il Pontefice, «Paolo ci dice che la forza della parola di Dio, quella che cambia il cuore, che cambia il mondo, che ci dà speranza, che ci dà vita, non è nella sapienza umana». Quindi «non è in un bel parlare e un bel dire le cose con intelligenza umana. No, quella è stoltezza». Invece «la forza della parola di Dio viene da un’altra parte». Certamente «passa anche per il cuore del predicatore». Ed è per questo che Paolo raccomanda a quanti predicano la parola di Dio: «Fatevi stolti». Li avverte di non mettere la propria sicurezza «nella sapienza del mondo». Quindi, prosegue l’apostolo, «nessuno ponga il suo vanto negli uomini».
A questo punto viene da chiedersi «dov’è la sicurezza di Paolo, dove lui trova la radice della sua sicurezza». Del resto, ha fatto notare il Papa, «anche lui aveva studiato con i professori più importanti del tempo». Eppure non se ne vantava. Piuttosto «si vantava soltanto di due cose, e queste cose delle quali si vantava Paolo, sono proprio il posto dove la parola di Dio può venire ed essere forte». Infatti egli dice di se stesso: «Io soltanto mi vanto dei miei peccati». Parole che scandalizzano, ha commentato il Pontefice. E poi, ha aggiunto, «in un altro brano, dice: Io soltanto mi vanto in Cristo e in questo Crocifisso». Dunque «la forza della parola di Dio è in quell’incontro tra i miei peccati e il sangue di Cristo che mi salva. E quando non c’è quell’incontro, non c’è forza nel cuore». Se finiamo per dimenticare questo — ha avvertito il Pontefice — «diventiamo mondani, vogliamo parlare delle cose di Dio con linguaggio umano, e non serve», perché «non dà vita».
È decisivo allora «l’incontro tra i miei peccati e Cristo». È ciò che avviene quando, nel passo del Vangelo di Luca (5, 1-11), Gesù dice a Simone di prendere il largo e di gettare le reti per la pesca. E Pietro, ha notato Francesco, gli risponde: «Ma abbiamo fatto tutta la notte e non abbiamo preso niente... Ma sulla tua parola le getterò». E così, ha proseguito, avviene «quella pesca miracolosa».
Di fronte a questo fatto «cosa pensa Pietro?», si è chiesto il vescovo di Roma. La sua reazione non è di soddisfazione per l’insperato esito della pesca o per il futuro guadagno. Egli — ha spiegato il Papa — «soltanto vede Cristo, vede la sua forza e vede se stesso». Così si inginocchia ai piedi di Gesù dicendo: «Signore, allontanati da me perché sono un peccatore».
Per Pietro avviene dunque «questo incontro con Gesù Cristo», l’incontro tra i suoi peccati e la forza del Signore che salva. In tale situazione, ha evidenziato il Pontefice, «il segno della salvezza è stato il miracolo della pesca; il luogo privilegiato per l’incontro con Gesù Cristo sono i propri peccati».
«Se un cristiano — ha continuato Francesco — non è capace di sentirsi proprio peccatore e salvato dal sangue di Cristo crocifisso, è un cristiano a metà cammino, è un cristiano tiepido». E «quando noi troviamo chiese decadenti, quando noi troviamo parrocchie decadenti, istituzioni decadenti, sicuramente i cristiani che sono lì mai hanno incontrato Gesù Cristo o si sono dimenticati di quell’incontro con Gesù Cristo».
«La forza della vita cristiana e la forza della Parola di Dio — ha chiarito ancora — è proprio in quel momento dove io, peccatore, incontro Gesù Cristo. E quell’incontro rovescia la vita, cambia la vita. E ti dà la forza per annunciare la salvezza agli altri».
Le parole di Paolo e il Vangelo di Luca propongono ai credenti «tante domande». Secondo il Pontefice bisognerebbe chiedere a se stessi: «Ma io sono capace di dire al Signore: sono peccatore?». Una questione non teorica ma pratica, perché l’esame di coscienza riguarda soprattutto la capacità di riconoscere «il peccato concreto». Il Papa ha quindi suggerito altre domande da fare a se stessi: «Sono capace di credere che proprio lui, con il suo sangue, mi ha salvato dal peccato e mi ha dato una vita nuova? Ho fiducia in Cristo? Mi vanto della croce di Cristo? Mi vanto anche dei miei peccati, in questo senso?».
Papa Francesco ha consigliato, in proposito, di ritornare al momento dell’«incontro con Gesù Cristo», per verificare di non essersene dimenticati, chiedendosi: «Ho incontrato Gesù Cristo? Ho sentito la sua forza?». Sono domande fondamentali, ha concluso, perché «quando un cristiano dimentica questo incontro perde la forza: è tiepido, è incapace di dare agli altri, con forza, la parola di Dio».
2014-09-08 Radio Vaticana
Guardando la storia di Maria, domandiamoci se lasciamo che Dio cammini con noi. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, nella Festa della Natività della Madonna. Il Pontefice ha sottolineato che Dio sta “nelle cose grandi”, ma anche nelle piccole ed ha la “pazienza” di camminare con noi, anche se siamo peccatori. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Nel giorno in cui si festeggia la Natività di Maria, Papa Francesco ha offerto la sua meditazione sulla Creazione e il cammino che Dio fa con noi nella storia. Quando leggiamo il libro della Genesi, ha osservato, “c’è il pericolo di pensare che Dio sia stato un mago” che faceva le cose “con la bacchetta magica”. Ma, ha avvertito, “non è stato così’, perché “Dio ha fatto le cose” e “le ha lasciate andare con le leggi interne, interiori che Lui ha dato ad ognuna, perché si sviluppassero, perché arrivassero alla pienezza”. Il Signore, ha soggiunto, “alle cose dell’universo ha dato autonomia, ma non indipendenza”:
“Perché Dio non è mago, è creatore! Ma quando al sesto giorno, di quel racconto, arriva la creazione dell’uomo dà un’altra autonomia, un po’ diversa, ma non indipendente: un’autonomia che è la libertà. E dice all’uomo di andare avanti nella storia, lo fa il responsabile della creazione, anche perché dominasse il creato, perché lo portasse avanti e così arrivasse alla pienezza dei tempi. E quale era la pienezza dei tempi? Quello che Lui aveva nel cuore: l’arrivo di suo Figlio. Perché Dio – abbiamo sentito Paolo – ci ha predestinati, tutti, ad essere conformi all’immagine del Figlio”.
E questo, ha affermato, “è il cammino dell’umanità, è il cammino dell’uomo. Dio voleva che noi fossimo come suo Figlio e che suo Figlio fosse come noi”. Il Papa ha così rivolto il pensiero al passo del Vangelo odierno che narra la genealogia di Gesù. In “questo elenco – ha annotato – ci sono dei santi e anche dei peccatori, ma la storia va avanti perché Dio ha voluto che gli uomini fossero liberi”. E se è vero che quando l’uomo “ha usato male la sua libertà, Dio lo ha cacciato via dal Paradiso” gli “ha fatto una promessa e l’uomo è uscito dal Paradiso con speranza. Peccatore, ma con speranze!”. Il “loro cammino – ha ribadito – non lo fanno da soli: Dio cammina con loro. Perché Dio ha fatto una opzione: ha fatto l’opzione per il tempo, non per il momento. E’ il Dio del tempo, è il Dio della storia, è il Dio che cammina con i suoi figli”. E questo fino alla “pienezza dei tempi” quando suo Figlio si fa uomo. Dio, ha affermato ancora, “cammina con giusti e peccatori”. Cammina “con tutti, per arrivare all’incontro, all’incontro definitivo dell’uomo con Lui”.
Il Vangelo, ha detto ancora, finisce questa storia di secoli “in una cosa piccolina, in un piccolo paese” con Giuseppe e Maria. “Il Dio della grande storia - ha rilevato - è anche nella piccola storia, lì, perché vuole camminare con ognuno”. Francesco ha citato San Tommaso, laddove afferma: “Non spaventarsi delle cose grandi, ma anche avere conto delle piccole, questo è divino”. “E così è Dio – ha ripreso il Papa – sta nelle cose grandi”, ma anche nelle piccole:
“E il Signore che cammina con Dio è anche il Signore della pazienza. La pazienza di Dio. La pazienza che ha avuto con tutte queste generazioni. Con tutte queste persone che hanno vissuto la loro storia di grazia e peccato, Dio è paziente. Dio cammina con noi, perché Lui vuole che tutti noi arriviamo ad essere conformi all’immagine di Suo Figlio. E da quel momento che ci ha dato la libertà nella creazione - non l’indipendenza - fino ad oggi continua a camminare”.
E così, dunque, “arriviamo a Maria”. Oggi, ha detto il Papa, “siamo nell’anticamera di questa storia: la nascita della Madonna”. E “chiediamo nella preghiera che ci dia il Signore unità per camminare insieme e pace nel cuore. E’ la grazia di oggi”:
“Oggi possiamo guardare la Madonna, piccolina, santa, senza peccato, pura, prescelta per diventare la Madre di Dio e anche guardare questa storia che è dietro, tanto lunga, di secoli e domandarci: ‘Come cammino io nella mia storia? Lascio che Dio cammini con me? Lascio che Lui cammini con me o voglio camminare da solo? Lascio che Lui mi carezzi, mi aiuti, mi perdoni, mi porti avanti per arrivare all’incontro con Gesù Cristo?’ Questo sarà il fine del nostro cammino: incontrarci col Signore. Questa domanda ci farà bene oggi. ‘Lascio che Dio abbia pazienza con me?’. E così, guardando questa storia grande e anche questo piccolo paese, possiamo lodare il Signore e chiedere umilmente che ci doni la pace, quella pace del cuore che soltanto Lui ci può dare, che soltanto ci dà quando noi lasciamo Lui camminare con noi”.