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LA MEMORIA
 

Condannò il modernismo come sintesi di tutte le eresie. A lui dobbiamo uno dei catechismo più fortunati della storia della Chiesa: una summa di San Tommaso in pillole. E grazie a lui abbiamo la musica di Lorenzo Perosi. Ma pochi sanno che fu anche profeta. 

di Rino Cammilleri
San Pio X


La storia della mia conversione al kattolicesimo è nota a quelli che hanno letto il mio libro Come fu che divenni c.c.p. (cattolico credente e praticante), Lindau. Un po’ meno noto è il seguente aneddoto. Dopo una giovinezza piuttosto scioperata in cui inseguivo il mito sessantottino (uno dei tanti) del Cantautore Impegnato e, perciò, indulgevo volentieri alla débâuche, avvenne la folgorazione sullaDamasco Road.

Solo che, a quel punto, non sapevo dove andare. Gli unici cattolici che conoscevo erano uno strano gruppetto che frequentava il mio stesso bar di studenti universitari. Così, timidamente mi aggregai. Ora, si dà il caso che quelli appartenessero tutti a un’associazione chiamata Alleanza Cattolica. Ci misi un po’ a rendermi conto che il cattolicesimo da loro professato era un po’ ai margini, giacché anche il cattolicesimo aveva le sue correnti (e io non lo sapevo). Comunque, fu quello il mio primo impatto e, dunque, la mia formazione primigenia. Che, com’è noto, non ho poi cambiato granché, almeno nelle grandi linee.

Mi fu insegnato a pregare, in latino, e a dire il rosario, sempre in latino. Si pregava, anche, «pro Pontifice nostro Paulo», perché allora regnava Paolo VI. Il quale, in quegli anni, era impegnato a – più o meno inconsapevolmente - mandare in soffitta la lingua sacra. Noi, però, continuavamo imperterriti col nostro rosario in latino, al termine del quale non mancava mai la giaculatoria «Sancte Pie Decime, ora pro nobis».

Eggià, perché in quel torno di tempo lo «spirito del Concilio» cominciava a soppiantare il Concilio stesso, mentre, passo passo, il progressismo faceva quel che fanno i giacobini di ogni tempo: quando c’è una legge che a loro non piace, la attaccano, la criticano, la lavorano ai fianchi, la logorano finché non sono riusciti a sostituirla con una di loro gradimento; quest’ultima, poi, viene difesa coi denti e col singolare argomento che «la legge è sacra e non si tocca», e secchiate di veleno vengono riversate su chiunque osi anche solo obiettare.

Il progressismo cattolico non è altro che il vecchio modernismo che ha cambiato solo il nome, perché l’eresia è rimasta identica a quella contro cui combatteva san Pio X: un demone mutaforma che quel Santo pontefice aveva perfettamente inquadrato nel definirlo «sintesi di tutte le eresie». Mentre scrivo ricorre la festa di Giuseppe Sarto (1835-1914), già vescovo di Mantova, Patriarca di Venezia e infine, contro ogni aspettativa, Papa. Perciò, voglio fare un regalo a suo nome ai lettori: questo è il link a cui troverete l’unico film a lui dedicato; è vecchissimo e in bianco e nero, ulteriore garanzia che la memoria di quel grande santo non è stata lordata da soggettisti engagé.

Penso sia inutile, qui, ripercorrerne la biografia, anche perché la si trova facilmente su wikipedia. Mi limiterò a ricordare alcuni dei motivi per cui è così odiato dal giacobinismo clericale odierno.

Uno è il suo catechismo. Piccolo e mnemonico. La Summa di san Tommaso d’Aquino ridotta in pillole e comprensibile anche ai bambini. Per paragonarlo a quello attuale, basterà un aneddoto: lo zar Nicola I esonerò dalla censura i libri di mille pagine; tanto, nessuno li leggeva.

Un altro è la musica sacra: Pio X mise tutto in mano a Lorenzo Perosi, prete e musicista di fama internazionale. E su questo tema non c’è bisogno di aneddoti. Per il resto, gli rubavano i calzini e li imponevano ai malati, che guarivano: quando glielo riferivano diceva che era «il potere delle Chiavi». Se i bene informati gli davano del «santo», lui, precisava: «no, mi chiamo Sarto, con la erre».

Quando l’ideologo Jabotinsky gli ventilò il passaggio (strumentale) dei suoi seguaci al cattolicesimo in cambio di un appoggio al sionismo, declinò gentilmente. Quando ricevette i fidanzati Carlo d’Asburgo e Zita di Borbone-Parma li salutò come «coppia imperiale», in un momento in cui Carlo era solo quarto nella successione a Francesco Giuseppe. I due credettero a una battuta, invece era una profezia. San Pio X morì praticamente di dolore per quell’«inutile strage», la  Grande Guerra, che aveva previsto e che si incolpava di non essere riuscito a scongiurare. San Pio X, prega per noi, e soprattutto per la Chiesa. 

LETTERA DEL SANTO PADRE PIO X
AL CARDINALE PIETRO RESPIGHI,
VICARIO DI ROMA,
CON LA QUALE VIENE APPROVATO
IL CATECHISMO DELLA DOTTRINA CRISTIANA
PER LA DIOCESI E LA PROVINCIA ECCLESIASTICA 
DI ROMA
 

Signor Cardinale,

Fin dai primordi del nostro Pontificato rivolgemmo la massima cura all'istruzione religiosa del popolo cristiano e in particolare dei fanciulli, persuasi che gran parte dei mali che affliggono la Chiesa provengono dall'ignoranza della sua dottrina e delle sue leggi. I nemici di essa le condannano bestemmiando ciò che ignorano, e molti de' suoi figli, mal conoscendole, vivono come se tali non fossero. Perciò insistemmo spesso sulla somma necessità dell'insegnamento catechistico, e lo promovemmo da per tutto, secondo il nostro potere, sia con le Lettere Encicliche Acerbo nimis e con le disposizioni riguardanti i catechismi nelle parrocchie, sia con le approvazioni e con gli incoraggiamenti ai congressi catechistici e alle scuole di Religione, sia con l'introdurre qui in Roma il testo del Catechismo usato da tempo in alcune grandi provincie ecclesiastiche d'Italia.

Tuttavia col volgere degli anni, tanto a cagione delle nuove difficoltà insidiosamente frapposte a un qualsiasi insegnamento della dottrina cristiana nelle scuole, dove s'impartiva da secoli, quanto anche per la provvida anticipazione, da Noi voluta, della prima comunione dei fanciulli, e per altri motivi, essendoci stato espresso il desiderio di un Catechismo sufficiente, che fosse molto più breve e più adatto alle esigenze odierne, Noi acconsentimmo che si riducesse l'antico Catechismo in uno nuovo, molto ristretto, che noi stessi esaminammo e volemmo fosse pure esaminato da molti nostri confratelli Vescovi d'Italia, affinché ci esprimessero il loro parere in generale, e indicassero in particolare, secondo la loro scienza ed esperienza, le modificazioni da introdurre.

Avuto da essi un favorevole apprezzamento quasi unanime, con non poche preziose osservazioni che ordinammo fossero tenute nel debito conto, Ci sembra di non dover ritardare più oltre una sostituzione di testo per vari motivi riconosciuta opportuna, fiduciosi che esso, con la benedizione del Signore, tornerà molto più comodo e altrettanto, se non più vantaggioso dell'antico, sia perchè il volume del libro e delle cose da apprendersi, assai diminuito, non disanimerà i giovanetti, già molto aggravati dai programmi scolastici, e permetterà ai maestri e catechisti di farlo imparare per intero; sia perchè vi si trovano, nonostante la brevità, più spiegate e accentuate quelle verità che oggidì, con immenso danno delle anime e della società, sono più combattute, o fraintese, o dimenticate.

Anzi confidiamo che anche gli adulti, i quali vogliano, come talora dovrebbero per viver meglio e per educar la famiglia, ravvivare nell'animo le cognizioni fondamentali su cui poggia la vita spirituale e morale cristiana, siano per trovare utile in ciò e gradita questa breve somma, assai accurata anche nella forma, dove incontreranno esposte con molta semplicità le capitali verità divine e le più efficaci riflessioni cristiane.

Questo Catechismo, pertanto, e i Primi elementi che da esso, per comodità dei fanciulletti, abbiamo disposto si ricavino senza mutazione di parola, Noi, con l'autorità della presente, approviamo e prescriviamo alla diocesi e provincia ecclesiastica di Roma, vietando che d'ora innanzi nell' insegnamento catechistico si segua altro testo. Quanto alle altre diocesi d' Italia, Ci basta esprimere il voto che il medesimo testo, da. Noi e da molti Ordinari giudicato sufficiente, venga pure in esse adottato, anche perchè cessi la funesta confusione e il disagio che oggidì moltissimi provano nelle frequenti mutazioni di domicilio, trovando nelle nuove residenze formole e testi notevolmente diversi che essi difficilmente imparano, mentre per desuetudine confondono e infine dimenticano anche quanto già sapevano. E peggio è per i fanciulli, perchè nulla è sì fatale alla buona riuscita d'un insegnamento quanto il proseguirlo con un testo diverso da quello a cui il giovanetto è già, più o meno, assuefatto.

E poiché per l'introduzione del testo presente qualche difficoltà potranno incontrare gli adulti, perchè si scosta dal precedente anche in talune formole; così, a togliere gl'inconvenienti, ordiniamo che a tutte le messe principali festive, come pure in tutte le classi della dottrina cristiana, siano recitate in principio, ad alta voce, chiaramente, posatamente, le prime preghiere e le principali altre formole. In tal maniera, dopo qualche tempo, senza sforzo, tutti le avranno imparate; e s'introdurrà un'ottima e cara consuetudine di comune preghiera e d'istruzione, che da tempo è in vigore in molte diocesi italiane, con non poca edificazione e profitto.

Esortiamo vivamente nel Signore tutti i catechisti, ora che la brevità stessa del testo ne agevola il lavoro, a volere con tanto maggior cura spiegare e far penetrare nelle anime dei giovanetti la dottrina cristiana, quanto maggiore è oggidì il bisogno d'una soda istruzione religiosa, per il dilagare dell'empietà e dell'immoralità. Ricordino sempre che il frutto del Catechismo dipende quasi totalmente dal loro zelo e dalla loro intelligenza e maestria nel renderne l'insegnamento più lieve e gradito agli alunni.

Preghiamo Dio che, come oggi i nemici della Fede, ognora crescenti per numero e per potenza, con ogni mezzo vanno propagando l'errore, così sorgano numerosissime le anime volonterose a coadiuvare con grande zelo i parroci, i maestri e i genitori cristiani nell'insegnamento quanto necessario altrettanto nobile e fecondo del Catechismo.

Con questo augurio impartiamo di cuore a Lei, signor Cardinale, e a quanti avrà cooperatori in così santo ministero, l'apostolica benedizione.

Dal Vaticano, 18 ottobre 1912.

 

PIUS PP. X



ALLOCUZIONE DEL SANTO PADRE PIO X
 

pronunziata nel Concistoro del 16 decembre 1907*

 

Venerabili Fratelli,

In procinto di lasciar la Chiesa, acquistata col sangue suo, e di far ritorno da questo mondo al Padre, Cristo signor nostro, più volte e senza ambagi, pronunziò che noi saremmo sempre in balìa della persecuzione dei nemici, e mai su questa terra non saremmo liberi da tribolazioni. La sorte cioè dello Sposo doveva essere riserbata eziandio alla Sposa; talché, come all'uno era stato detto: Tu regnerai nel mezzo dei tuoi nemici (Ps. CIX. 2), così l'altra attraverso ai nemici ed alle lotte dominasse dall'uno all'altro estremo della terra, finché posto il piede nella patria di promissione godesse il felice acquisto d' indefettibile tranquillità. E questo oracolo del Redentore divino, come già d'ogni tempo, noi oggi lo vediamo avverarsi a capello. Dove ad oste schierata e con aperte battaglie, dove con arti subdole e con coperte insidie, dappertutto scorgiamo la Chiesa pigliata d'assalto.

Quanto essa ha di diritti si combatte e si misconosce: le sue leggi sono fatte segno al disprezzo pur di coloro che ne dovrebbero tutelare l'autorità: e intanto con una colluvie di stampe empie e spudorate si gitta l'onta sulla santità della fede e sulla purezza del costume, con somma rovina delle anime, nè minor danno e sconvolgimento del civile consorzio; ciò che voi, come soventi altre volte, così non gran tempo indietro in queste nostre stesse contrade avete visto coi vostri occhi. Ma a tutto questo si aggiunge ora un altro male fuor di dubbio gravissimo: uno spirito che largamente diffondesi. smanioso di novità e insofferente d'ogni disciplina e comando; che, pigliando di mira le dottrine della Chiesa e fino la verità da Dio rivelata, si argomenta di scrollare dai fondamenti la nostra religione santissima. Da siffatto spirito sono agitati (e piacesse a Dio che in minor numero!) coloro, che con cieco impeto abbracciano le audacissime aspirazioni di ciò che volgarmente esaltano siccome scienza e critica e progresso e civiltà. Volta in dileggio ogni autorità così del Romano Pontefice come dei Vescovi, pongono costoro in voga un dubbio metodico pieno di empietà circa le basi stesse della fede; e specialmente se fanno parte del clero, sprezzato lo studio della cattolica teologia, traggono la loro filosofia, sociologia e letteratura da fonti ammorbate; e spacciano a gran voce una coscienza laica in opposizione alla scienza cattolica; e si arrogano il diritto insieme ed il dovere di correggere e raddrizzare le coscienze del cattolicismo.

Sarebbe certamente da deplorare se siffatti uomini, abbandonata interamente la Chiesa, passassero ad arrotarsi fra i nemici dichiarati di lei: ma assai più lagrimevole è il vederli caduti in tanto eccesso di cecità, da credersi tuttavia e dichiararsi figli della medesima Chiesa, benché, coi fatti se non forse colle parole, abbiano disdetto quella promessa di fedeltà che nel Battesimo pronunziarono. E cosi, cullandosi in una falsa tranquillità di coscienza, mantengono tuttora le pratiche cristiane, si cibano delle carni sacrosante di Cristo e, ciò che è orrendo, montano altresì all'altare di Dio per offrirvi il sacrifizio: e intanto ciò che proclamano, ciò che fanno, ciò che con la massima pertinacia professano, mostra che essi han perduta la fede e che, mentre si lusingano di trovarsi ancor sulla nave, hanno fatto miseramente naufragio.

Seguendo l'esempio dei Nostri Predecessori, i quali con somma vigilanza e con petto fortissimo tutelarono la sana dottrina, solleciti che punto non se ne alterasse la purezza, Noi pure, ricordando il detto dell'Apostolo: Custodisci il buon deposito (Tim 13) pubblicammo, non ha guari il decreto Lamentabili, e poco stante le Lettere encicliche Pascendi dominici gregis; e con gravissime parole ammonimmo l'Episcopato che, oltre alle rimanenti Nostre disposizioni, vegliasse con somma attenzione sopra i seminarii per impedire che non si recasse danno alla formazione della gioventù, che quivi si educa nella speranza di entrare un giorno nel clero: e, godiamo qui dirlo, tutti i Vescovi accolsero con animo volenteroso l'ammonimento e l'eseguiscono con zelo.

Però alle paterne Nostre premure pel ravvedimento degli animi fuorviati voi non ignorate, o Venerabili Fratelli, in che modo si sia risposto dai fuorviati stessi. Altri, con ipocrita menzogna, protestarono che le Nostre parole non facevano per loro, con astuti cavilli studiando di sottrarsi alla condanna. Altri, a gran cordoglio di tutti i buoni, con audacia insolente opposero apertissima resistenza. Per lo che, usate inutilmente le arti della carità, fummo finalmente costretti, con sommo strazio dell'animo, a fulminar le pene canoniche.

Con ciò, non cessiamo dal pregare con le più grandi istanze Iddio, Padre dei lumi e delle misericordie, perchè voglia richiamar gli erranti sul sentiero della giustizia. E questo stesso, o Venerabili Fratelli, chiediamo insistentemente che facciate ancor voi, certissimi che insiem con Noi adoprerete ogni sforzo per allontanare il più possibile questa peste di errori.

Ed ora passando al motivo per cui vi abbiamo oggi raccolti, vogliamo innanzi tutto farvi noto che, avendo lungamente e con ogni affezione resistito alle replicate istanze del diletto Nostro Figlio Giuseppe Sebastiano Neto circa il rinunziare al Patriarcato di Lisbona, abbiamo finalmente accettato cotal rinunzia. Il nuovo Patriarca, che succede in suo luogo, sarà subito da Noi designato nel decreto e nelle schede concistoriali.

Dopo ciò, abbiamo determinato di creare e proclamare Cardinali di S. R. C. quattro egregi personaggi, tutti per la loro virtù e pei vari ufficii sostenuti provati degni di essere annoverati nell'amplissimo vostro Collegio.

 


*La Civiltà Cattolica, anno 59 (1908), pp. 3-7.


[Modificato da Caterina63 09/10/2017 22:27]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)