00 01/05/2014 20:35

  Ma che succede a quelli che non sono toccati dalla luce della fede?


Molte persone che sperimentano l’infertilità sono sensibili a tale perdita e credo che molti di loro si sentano perduti, come se stessero annegando, e cercano un significato nella vita e credono di trovarlo procreando dei figli biologici, così che non dovranno fare esperienza di quella morte eterna. Tutto ciò avviene, però, attraverso la fecondazione in vitro, la distruzione di embrioni, un sottrarre valore alla vita ed altro ancora, solo per avere dei bambini. Ma la faccenda può andare oltre.


Vita nascente. Non è tutelata nemmeno quando si fa di tutto per averla in modi innaturali

Vita nascente. Non è tutelata nemmeno quando si fa di tutto per averla in modi innaturali



Anni fa, uscì un articolo sui cosiddetti “sperminatori”, termine un po’ crudo specialmente per certi fedeli. Ebbene, quell’articolo spiegava come negli Stati Uniti lo sperma di qualcuno, nel caso venga rubato, non viene considerato alla stregua di un tessuto, come ad esempio nel prelevare organi. Non è previsto dalle nostre leggi. Per cui il pezzo spiegava che c’è un mercato nero dello sperma: uomini vengono pagati per donare il loro seme alle banche dello sperma, le quali cercano persone con determinate caratteristiche (tipo essere istruiti) per poter pagare. Ma perché pagare per il seme quando puoi prelevarlo da un morto, mettiamo una celebrità? C’è dunque un mercato nero dove avviene una procedura chiamata “elettroeiaculazione”, normalmente applicata ai cavalli per recuperarne lo sperma, che si dice sia stata compiuta sui cadaveri di alcune persone famose.


Stai dipingendo un quadro già visto: togli il timore di Dio dalla cornice, e si finirà con degli scienziati pazzi che giocano a fare Dio utilizzando altri uomini come cavie.


Sì, l’articolo descriveva a quali estremi la gente può arrivare pur di avere il figlio ideale. Arriverebbero al punto di prendere il DNA di una celebrità solo per giungere ad avere una razza perfetta, quel bambino perfetto. Vi si raccontava anche la storia di un dottore il cui figlio morì tragicamente in seguito ad un incidente d’auto. Era ancora in stato di coma, fidanzato prossimo al matrimonio, e il padre era così devastato dalla perdita del suo unico figlio, dalla fine della sua discendenza e dalla non perpetuazione del proprio nome, che prelevò personalmente lo sperma dal figlio in coma e lo offrì alla fidanzata, nella disperazione di poter vedere sangue e nome continuare. Perciò, per tornare a prima, se trovassero un gene omosessuale, credo che molti morirebbero dal desiderio di assicurarsi che qualunque figlio dovessero avere possa proseguire la discendenza.



La croce della testimonianza che cambia i cuori



Il messaggio che porta avanti Rebbecca.

Il messaggio che porta avanti Rebecca.



Cosa si può fare allora per contrastare una cultura follemente individualistica che oggettifica l’umanità facendone un mezzo per raggiungere la propria “felicità”?


Per prima cosa, dobbiamo affrontare le persone e assicurarci di non radunarci in cerchio, come nel football americano. Hai presente quando i giocatori si radunano per decidere uno schema segreto senza farsi sentire dagli avversari? Utilizzo questa similitudine per descrivere una situazione in cui un gruppo di persone si rinchiude nel proprio circolo. Credo che a volte, come gente di fede, tendiamo a radunarci in cerchio con persone che la pensano come noi, per condividere il nostro segreto fra di noi, per parlare di aborto fra di noi, ma non andiamo fuori a parlarne per renderla una questione culturalmente rilevante.


Perché accade questo?


Il problema è che, in questo paese, molta gente non ritiene l’aborto materia di dibattito. Anche se la maggioranza degli americani sono pro-vita, non votano per la vita. Sono convinta che non lo facciano poiché ritengono non sia un problema rilevante, che la faccenda sia stata chiusa e il loro voto non conterà anche se votano a favore della vita. Ma questo è il punto in cui l’essere umani e la vita reale devono entrare nel quadro, perché è quando le persone iniziano a parlare dell’aborto condividendo le proprie esperienze personali che cominciano a cambiare i cuori e le idee. Finché l’aborto rimane solo una discussione filosofica, perdiamo. Quando vado a parlare nelle università, durante la sessione di domande e risposte, c’è gente che mi dice: <<Molto di quel che dici è soggettivo, la tua storia è soggettiva>>. E allora racconto loro di altre storie presenti sul mio sito di persone concepite in uno stupro e mi ripetono: <<Beh, anche queste sono soggettive>>. Così rigettano sommariamente la mia storia, perché non vogliono che alcuno riesca a perforare il muro che si sono costruiti attorno al cuore. E come replicare con un argomento filosofico? Vedi, lì non avrei problemi. La mia dissertazione sull’aborto è da anni in cima ai criteri di ricerca di Google riguardo i saggi filosofici sull’aborto. Sono capace di affrontare la materia da giurista e dal punto di vista filosofico. Ma ho osservato che quando lo faccio nel dibattiti universitari, vedo molti sorrisetti. A quel punto, mantenere la discussione nell’ambito della filosofia li porta a pensare: <<Qualunque cosa possa dire, non si tratta di vita vissuta>>. E credo che non ci sia nulla di più potente da toccare il cuore della storia di una persona reale.


Volontari prolife

Volontari prolife



Dobbiamo dunque essere pessimisti riguardo alle nuove generazioni?


Ci sono moltissimi giovani che sono stati più abortisti che pro-vita, ma attraverso le esperienze della vita il loro cuore viene ferito poiché finiscono con lo sperimentare il dolore dell’aborto o hanno amici e amiche che lo soffrono, che ne soffrono uno spontaneo loro oppure della propria moglie, o la perdita di un bambino. La vita inizia ad accadere e i loro cuori vengono trafitti, per questo sempre più persone divengono pro-vita. E’ una grande cosa combattere contro l’aborto con argomenti filosofici o biblici, ma c’è bisogno di esser pronti a condividere la propria storia. Purtroppo, molta gente non intende farlo. Può essere doloroso, si può venire attaccati, ed io ne ho fatto esperienza.


In che modo, quindi, queste persone possono trovare il coraggio di aprirsi e condividere la propria esperienza?


La forza della vita, il diritto di vivere

La forza della vita, il diritto di vivere



Nelle Scritture ricorre questo tema dove i personaggi sono chiamati ad alzarsi e parlare. Ad esempio, quando Dio dice a Mosè di non temere di alzarsi e parlare al popolo poiché l’avrebbe istruito, ma Mosè fa poi parlare Aronne. E Gesù stesso affronta questo timore di comunicare quando dice ai discepoli: <<Se andate in una città e non vi ascoltano, scuotete la polvere dai vostri piedi>>. Avevano paura, perché sapevano di poter essere respinti. Ed è in effetti quel che accade quando cominci a condividere la testimonianza di ciò che ti è accaduto: verrai ridicolizzato, rifiutato, perseguitato. Crocifisso. Troppe persone, però, non intendono arrivare a questo, ed allora mi sento di incoraggiarle: Lui è con te. L’ho provato io stessa. Lui è con te nei momenti oscuri in cui sei attaccato e perseguitato. Ecco perché incoraggio gli altri a condividere. E poiché condivido la mia storia ed è stata tradotta in diverse lingue, essa può contribuire a toccare il cuore delle persone. Gente che lavora per organizzazioni pro-vita all’estero mi dice: <<Vorremmo tanto avere gente qui che condivida la propria storia, ma non abbiamo nessuno come te>>. E non è che non ne abbiano perché negli altri paesi non esistono persone concepite in uno stupro; certo che ci sono. E’ che non hanno il coraggio di farsi avanti e parlare. La mia idea è che, poiché negli Stati Uniti abbiamo goduto per oltre due secoli della libertà di espressione, forse le persone di altri paesi tendono a non essere aperte come noi. Ma forse non siamo aperti abbastanza. Ritengo che i credenti dovrebbero sentirsi investiti di più potere di quello offerto dalla nostra Costituzione o dalla Carta dei diritti. Dovremmo sentirci più “empowered” non perché il governo ci concede tale libertà, ma perché la troviamo in Cristo. Ecco perché spero che la mia storia possa spingere altri a condividere la propria.



Strategie culturali e politiche tra Dio e Cesare



Campagna newyorkese contro le gravidanze adolescenziali.

Campagna newyorkese contro le gravidanze adolescenziali.



Sono convinto che non ci si può efficacemente opporre all’aborto se non si combatte il contesto che lo coltiva ed incentiva, cioè quello dell’ossessiva “sessualizzazione” della società. In questo quadro di irreversibile decadenza, il cristiano deve continuare a tenere il dito puntato contro le contraddizioni di una cultura che ha sequestrato parole come “diritti”, “dignità”, “libertà” , mentre non promuove che la degradazione e desertificazione di corpi ed anime.


Un esempio concreto: tempo fa, l’amministrazione cittadina di New York promosse una campagna di utilizzo dei profilattici intitolata “Il mio corpo, i miei rischi, le mie regole”, eloquente promozione del relativismo più totale in fatto di responsabilità dei comportamenti sessuali. Dopo poco, ha proposto una campagna contro le gravidanze adolescenziali chiamata “Non adesso” in cui, ad esempio, un bambino piangente veniva fatto dire alla madre: <<Ho due volte più probabilità di non diplomarmi alle superiori perché mi hai partorito da adolescente>>.


Insomma: da una parte si propagandava la più assoluta liberalità dei costumi sessuali specie fra i giovanissimi, poi dall’altra ci si preoccupava delle conseguenze di tali azioni quando, viene da sospettare, non si è riusciti ad evitarle facendo ricorrere le giovani madri all’aborto [si pensi che, in questa città, una minorenne non ha nemmeno bisogno del consenso dei genitori per accedere a farmaci abortivi]. Come ritieni si possa contrastare il veleno di tale ideologia a livello di processi decisionali?


Pam Stenzel, altra nota prolife americana

Pam Stenzel, altra nota prolife americana



Innanzitutto, io penso che le culture possano essere cambiate. Pensa ai Vangeli: molte delle culture che gli apostoli andavano ad evangelizzare erano pagane e prevedevano sacrifici. E guarda a come quelle culture furono cambiate dai Vangeli. Per questo credo che le culture si possano trasformare, ne abbiamo esempi storici. Certo, normalmente quel tipo di paganesimo risulta nel collasso delle istituzioni di governo: un impero crolla e viene sostituito da un altro. Per questo, credo che il paganesimo possa portare alla fine di un impero, ma le persone che vivono in quella determinata regione, le generazioni possono essere cambiate dal Vangelo. Credo che, in ultima istanza, si concentri tutto sulle questioni dell’anima.


Una delle mie migliori amiche, Pam Stenzel (anche lei concepita in uno stupro ed è un’oratrice pro-vita a livello internazionale), parlando ai bambini delle malattie sessualmente trasmissibili (MST), ha tentato di andare molto più in profondità. Perché puoi fornire loro fatti sulle MST, puoi parlare loro dell’AIDS, di contraccettivi, eccetera. Puoi dare loro tutti questi dati, ma può darsi che non tocchi la loro anima, perché c’è nelle persone una dimensione spirituale dove nuove e ben più grandi prospettive entrano in gioco. Domande come: <<perché sono qui?>>, <<qual è il mio scopo?>>. Perciò, quando le persone sentono di non avere un fine, possono cominciare a credere che non serve relazionarsi con gli altri, per cui una ragazza può pensare: <<Essere promiscua è indifferente. Alla fine, non gliene frega a nessuno. Non ci sono conseguenze. Non possiedo nulla di speciale>>. Queste sono questioni spirituali, del cuore. Ed ecco che molte ragazze inseguono uomini sessualmente attivi, ma non perché, come direbbe la gente, <<sono delle sgualdrine>>. E’ solo perché vogliono essere amate e sentirsi speciali.


Per questo, ripeto, dobbiamo parlare al cuore delle persone e mostrare loro che contano e sono degne che si investa tempo con loro. Non so se le istituzioni governative possono farlo. Penso che ci voglia fede perché si possa decidere di entrare nelle vite degli altri. E’ una cosa che ho verificato un’infinità di volte: alle persone non interessa sapere quanto sai, fin quando non sanno quanto esse ti interessano. E’ necessario che entriamo nelle loro vite, in situazioni terribili e in ambienti sgradevoli per mostrare alle persone che ci interessano, che sono speciali.


Riguarda salute e sicurezza. Non della vita, però, dato che è un manifesto della Planned Parenthood.

Riguarda salute e sicurezza. Non della vita, però, dato che è un manifesto della Planned Parenthood.



Certamente: agire. Come tradurre questa affezione per le persone in azione politica e culturale?


New York è l’esempio più sfrenato della cultura che descrivevi. Sono completamente andati. Hanno il più alto tasso di aborto del paese ed il maggior numero di cliniche abortive. Hanno le leggi abortiste più liberalizzate eppure detengono il primato del più alto tasso di infanticidi a livello nazionale, sebbene lo slogan abortista prima della Roe vs. Wade fosse “ogni bambino, un bambino voluto” [coniato dalla fondatrice di Planned Parenthood, Margaret Sanger, n.d.a.]. Hanno votato le “Safe haven laws” [“Leggi del rifugio sicuro”] in base a cui, pur di non gettarlo nella spazzatura, si può lasciare un neonato davanti ad un ospedale o una stazione di pompieri senza essere perseguiti. E nonostante abbiano questa legge, detengono ancora il più alto tasso di infanticidi, e ne deriva una cosa che andrebbe sottolineata molto più di quanto non si faccia, vale a dire: la promessa che con la legalizzazione dell’aborto l’abuso di minori, il loro abbandono e l’affidamento sarebbero divenuti rari era in realtà una menzogna, poiché si sono svalutati i bambini e la vita umana.


Per tornare poi alla questione dell’attivismo politico, essere pro-vita a New York è oggettivamente difficile in questo momento. Ma ci sono altri Stati in una situazione intermedia, i cosiddetti “Stati viola”. Sai che qui abbiamo gli Stati repubblicani che sono rossi e i democratici blu, e poi ci sono i viola dove la situazione è più bilanciata. Io vivo in uno di questi, il Michigan, dove abbiamo la più forte organizzazione pro-vita a livello statale, “Right to life of Michigan” , che è anche il più potente comitato di azione politica pro-vita della nazione. La maniera in cui operano è l’esempio da seguire: partendo dal coinvolgimento personale, bisogna avere una comunità di azione politica ed i vari comitati devono unirsi, e questi comitati di azione devono appoggiare determinati candidati. “Right to life of Michigan” ha sostenuto candidati sia repubblicani che democratici. Io sono repubblicana per la semplice ragione che un comitato non può nemmeno approvare leggi pro-vita o avere un’opportunità di votarle se i repubblicani non controllano un Parlamento statale o il Senato. Il modo in cui quell’organizzazione lavora, dunque, è di appoggiare candidati pro-vita anche in distretti fortemente democratici, dove si sa per certo che un repubblicano non verrà eletto.


Proteste degli attivisti americani in favore della vita. Sempre più organizzati.

Proteste degli attivisti americani in favore della vita. Sempre più organizzati.



Sembra che i pro-lifers americani siano ben consapevoli della necessità di costituirsi in organizzazioni ben strutturate.


In realtà, non sempre. Una volta, ero in viaggio per lo Stato ad incontrare organizzazioni pro-vita e ai loro affiliati chiedevo: <<Chi di voi fa volontariato?>>. E alcuni di loro: <<Io>>. <<E chi altri con te?>>. <<Beh, solo io>>. E allora sbottai: <<Cosa?! Che differenza potrai mai fare se sei da solo? Non hai amici? Non cerchi di coinvolgere persone? Devi raccogliere discepoli!>>. E’ impossibile pensare di poter guidare un’organizzazione pro-vita senza un’attiva azione di reclutamento. In un’occasione nella mia città ebbi cinquanta volontari capaci di raccogliere mille firme. In un solo evento. Non posso credere che ci siano tante persone nel movimento pro-vita abituatesi a vivacchiare, contente di essere da sole. Non puoi essere solo tu. Devi reclutare persone, perché le persone vogliono far parte di un’organizzazione, essere attive, sentirsi incoraggiate dall’esser parte di qualcosa di più grande che sia in grado di cambiare le cose. Poi c’è anche un altro aspetto da considerare: molte persone di fede non si impegnano in politica, perché pensano che i credenti non vi abbiano un ruolo e che a Dio in fondo non interessi la politica. Stiamo scherzando?! Mai sentito parlare del “Libro dei Re”, “Giudici”, eccetera? La Bibbia è estremamente politica. Queste persone devono comprendere che, invece, conta chi sono i leader. Pensiamo solo al Nuovo Testamento e agli eventi che conducono alla crocifissione: hanno un alto contenuto politico. Lo stesso San Paolo ne parla e si appella ai propri diritti di cittadino romano. Dunque, c’è sicuramente uno spazio in cui impegnarci ed esercitare i nostri diritti.


Rebecca-Kiessling_aborto_stuproSono d’accordo. E, in quanto cattolici, c’è altro in aggiunta alle Scritture: la Dottrina Sociale della Chiesa, le encicliche o penso allo stesso Papa Francesco quando di recente disse che i cattolici hanno il dovere di non essere timidi quando si tratta di questioni politiche. Purtroppo, però, parecchi cattolici hanno annacquato la propria fede nell’idea che non debbano manifestare la propria identità nell’arena politica, rendendo così oggetto di un equivoco il rapporto tra fede e politica, tra Dio e Cesare.


In Proverbi 24, 11-12 si legge: <<Libera quelli che sono condotti a morte, e salva quelli che, vacillando, vanno al supplizio. Se dici: “Ma noi non ne sapevamo nulla!…” Colui che pesa i cuori, non lo vede egli? Colui che veglia sull’anima tua non lo sa forse? E non renderà egli a ciascuno secondo le opere sue?>>. Di questo si tratta: siamo noi quelli che devono andare in aiuto dei bisognosi.

   continua.....




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)