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  Il papa che abbandonò i gay al loro destino



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Il papa “abbraccia” i gay dissero i laudatores, lo stesso dissero i detractores, con animo opposto. Un equivoco pazzesco! Li stava abbandonando invece, ebbene sì!


 


*Per gentile concessione del quotidiano LA CROCE (clicca su). Il mio articolo è apparso nel numero 35, di venerdì 28 febbraio 2015 col titolo (vedi foto) “Cronache grasse da un venerdì di Quaresima”.


 .


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di Antonio Margheriti Mastino


Arriva un momento in cui bisogna scegliere l’oggettività, per un attimo; un momento in cui è necessario dire parole crude e crudeli. Perché la verità dei fatti è sempre più cruda e crudele delle contrapposte rappresentazioni più o meno ideologiche dei medesimi, quasi sempre farsesche più che atroci.



LAUDATORES ET DETRACTORES



Il n° 48 del quotidiano LA CROCE, del 19 marzo 2015 sul quale il mio pezzo è comparso, alla pg. 5

Il n° 48 del quotidiano LA CROCE, del 19 marzo 2015 sul quale il mio pezzo è comparso, alla pg. 5



Non v’è dubbio, è difficile per un cattolico che scrive di Chiesa dire di papa Francesco. Sembra non esistere una via di mezzo tra l’adulazione e la demolizione, una via della ragione. Ci si deve orientare tra le opposte tifoserie da curva sud di sacrestia, violente talora, dove l’unica vittima che resta sull’arena è appunto la ragionevolezza. Talora in compagnia della decenza. Allora certe volte occorre recuperare un minimo di oggettività, avventurarsi nella missione impossibile di “capire” un gesuita, qualsiasi gesuita degno di questo nome.


Perché il problema vero che le tifoserie – quella progressista che lo tira per la mantellina, quella tradizionalista che lo spintona – il problema che hanno con Bergoglio è di comprensione. Comprendere cosa un gesuita è, comprendere la storia privata di questo gesuita in particolare. Avere il coraggio di capire e spiegare oggettivamente questo fenomeno che è Bergoglio, secondo ragione e in piena libertà – giacché ci si è dimenticati che il cattolicesimo è la patria della libertà, e della ragione – senza farsi coinvolgere e confondere dagli ottimismi sfrenati e irrazionali dei laudatores, da una parte, e i pessimismi esagitati e altrettanto irrazionali dei detractores, dall’altra. I quali di certo ripagheranno un tale sforzo non capendo gli uni, disprezzando i secondi. Dal momento che li unisce, come in tutti gli estremi che si toccato, un dato: i progressisti sperano che un papa distrugga la Chiesa per aver ragione; i tradizionalisti che la distrugga per dire “ve l’avevamo detto”. L’oggetto del loro risentimento è la Chiesa com’è nel suo complesso: i tradizionalisti non accettano quel che è diventata, i progressisti quel che non è diventata. Per questo vogliono aver ragione, ma rifiutano la ragionevolezza. E con essa la realtà delle cose.



IL GAUCHO



La famiglia di Bergoglio

La famiglia di Bergoglio



Sono appena passati due anni da quella “fine del mondo” con la quale si presentò Bergoglio in Piazza San Pietro. E da allora ad oggi, il fatto più clamoroso che ha segnato questo pontificato, fu quella frase aerea del papa sui gay: «Chi sono io per giudicare?», che è la madre di tutti gli eccessi e il padre di tutti gli equivoci, e non solo perché il seguito, «ma io sono figlio della Chiesa», ossia accetto il Catechismo, non interessò a nessuno, né a destra né a sinistra. Il vero problema è che nessuno capì veramente cosa Bergoglio stava dicendo e cosa stava davvero facendo, proprio perché ben pochi conoscono realmente l’uomo Bergoglio e la sua storia, gesuitica fin nelle midolla.


Non si può capire Bergoglio fuori dalla sua indole e dal contesto che lo ha partorito, prescindendo dalle cose che lo imbarazzano e lo ripugnano anche. Non si può capire senza prendere in esame il contesto sociale patriarcale dell’Argentina proletaria, fatto di santissime madri e venerabili padri di famiglia emigrati sovente dall’Italia povera e derelitta, rurale che andavano a incontrarsi con le mitologie virilistiche degli spagnoleschi gauchos della Pampa. È un contesto maschilista, virilistico, decisamente eterosessuale. Ed è questo il punto: Bergoglio è assolutamente, totalmente, perdutamente eterosessuale, e partecipa con la decenza che si conviene a un prete, alle sue mitologie, ai gusti, le idiosincrasie. A Bergoglio non solo piacciono – castamente, s’intende! – le donne, non solo: prova fastidio per qualsiasi effeminatezza. Lo imbarazzerebbe.


Restò noto quel fatterello che poi divenne di pubblico dominio dove Francesco ricevendo alcune vescovesse anglicane, quando s’allontanavano, faceva istantaneamente pervenire ai collaboratori il suo commento circa l’avvenenza o meno di queste, ora «troppo brutta» ora «bella donna» e il suo compiacimento o meno – a secondo della vescovessa – era scolpito in faccia, immortalato dall’impenitente fotografo ufficiale.



“PERVERSIONE”



Questo è il Bergoglio umanissimo, “pampero” e se volete “italiano”, e fa una certa simpatia. Ed è qui il punto. Un particolare rivelatore è riscontrabile nei suoi precedenti cardinalizi, dove l’unica volta che andò a testa bassa contro il pensiero unico dominante fu quando in Argentina qualcuno propose il “matrimonio” gay: si scagliò pubblicamente contro e rimase con i palchi rotti dalla reazione mediatica radical. Ne rimase traumatizzato e da allora cambiò strategia, ed evitò con cura ogni corpo a corpo su certi temi, come poi ha continuato a fare da papa.


Ma è un altro l’indizio rivelatore: quando il cardinale accettò di fare il libro intervista “El Jesuita” – titolo non casuale, da lui stesso scelto, ebbene allorché dovette rispondere sui preti pedofili e gay, Bergoglio sempre usò la parola “perversione”: arrivò a dire che se entrarono in seminario fu per copertura, perché «la perversione ce l’avevano già da prima».


Ecco, questo nel suo profondo, in base alla sua educazione crede veramente papa Francesco degli omosessuali: che siano vittime di una perversione. Nell’accezione di malattia, certo: ma morale. Dal distacco col quale ne parla, rispondendo alle domande, quasi avverti una sorta di insopprimibile, inconscia ripugnanza per quell’argomento, lontanissimo dal suo mondo. Tutto eterosessuale. Ed è qua l’altro punto.



REPULSIONE



Il Gaucho della Pampa

Il Gaucho della Pampa



In che contesto, sul famoso aereo papale, Bergoglio pronunciò la famigerata frase “sui gay”? Lo fece allorquando gli fu chiesto della lobby gay in Vaticano più in generale; e, nello specifico, su mons. Ricca che aveva appena promosso. Era venuto fuori subito dopo la nomina a prelato dello IOR, che Ricca aveva avuto in America Latina trascorsi omosessuali, e che in pratica il suo era un curriculum a luci rosse, si scrisse. Tutto vero, e il papa ne aveva preso atto. Ma con una serie di raffinati gesuitismi che pochi percepirono, liquidò la questione con un “ho visto le carte, non c’è niente”. E non mentiva: le carte che gli avevano date erano pulite, erano state ripulite. Poi lo sporco era riemerso, ma troppo tardi. E tuttavia lui non ne voleva più sapere di riesaminare la questione, di approfondire. Ma perché era parziale e partigiano? Perché non poteva ammettere di aver preso una cantonata? Assolutamente no! Proprio perché ne provava repulsione: manipolare faccende scabrose attinenti a questioni, per dirla all’argentina, di “maricones”, di pederasti è qualcosa che lo ripugna, c’è proprio un rifiuto istintivo. Se ne sentirebbe invischiato e inzozzato: non può nemmeno immaginarlo!


Le sue orecchie eterosessuali di vecchio gaucho della Pampa non possono tollerare la cacofonia dell’omosessualità, delle sue pratiche almeno. E cosciente di questo suo istintivo rifiuto, così politicamente scorretto, si sforza pubblicamente di mostrare l’atteggiamento opposto. Ma il suo imbarazzo è visibile, lo è il fastidio per certe domande sui “maricones”, è chiaro nella fretta con cui vuol liquidare simili faccende, si potrebbe dire anche i termini improvvidi con cui su quell’aereo disgraziato le liquidò.


Per lui è inconcepibile come si possa parlare tanto, dentro la Chiesa, di gay, e il troppo parlarne lo irrita perché lo disturba: il parlarne certamente, ma soprattutto l’argomento. Che altro non è, in fondo, che “perversione”. Così pensa, ma oggi, da papa, non può e non vuole dirlo. Fatto sta che laicisti e progressisti strombazzarono ai quattro venti l’avvenuta “apertura” ai gay, mentre bigotti e tradizionalisti gridarono invece allo scandalo. Gli uni e gli altri non solo non avevano capito cosa Bergoglio provava e cosa aveva appena detto, non solo. Non avevano capito soprattutto cosa stava in quel momento facendo. Una gran cosa, troppo grande per essere compresa. Ed è il punto cruciale di questa riflessione.


Il papa “abbraccia” i gay dissero i laudatores, lo stesso dissero i detractores, con animo opposto. Un equivoco pazzesco! Li stava abbandonando invece, ebbene sì! Vengo a spiegarmi.


Se c’è una cosa che a Bergoglio ripugna, dicevo, è proprio l’omosessualità, e proprio perché lo ripugna cerca di affrontarla svicolando dal problema. Su quell’aereo di ritorno da Rio non disse infatti la frase che i media riportarono, ma disse “se cercano davvero Gesù…”. Un imperativo fondamentale per aggiungerci poi quel “chi sono io per giudicare?”. Se cercano Gesù. Ossia, è sottinteso: se l’hanno davvero trovato naturaliter rinunceranno a proseguire nella loro condotta sessuale, che rientra tra i non troppi peccati, cinque o sei, che gridano la vendetta del cielo.


Papa Bergoglio, riaffermando che egli crede quello che insegna la Chiesa (lo disse) e ritiene che le gente conosca questo insegnamento, di fatto sta reagendo al problema come fece san Paolo: li sta abbandonando a se stessi, i gay. Dopo, ovviamente, aver loro ricordato che la Chiesa ha le braccia aperte – in quanto madre – ma che oltre non potrà andare e non andrà. Li sta lasciando alle loro illusioni. San Paolo infatti una sola volta condanna “i sodomiti e gli effeminati”, dopodiché non ne parla più. È un gesto eminentemente paolino il suo. Prova ne sia che mai più ha ripreso l’argomento.


E in questo contesto davvero risultano surreali se non ridicole, patetiche, le copertine delle riviste gender che intruppavano il papa “uomo dell’anno” nell’avanguardismo dei diritti gay: se avessero ancora importanza le parole a questo mondo, se la logica avesse un ruolo, gli omosessualisti dovrebbero guardarsi intorno e tremare dinanzi alla solitudine desolata in cui li ha lasciati il papa con quel gesto paolino e a suo modo alto, e come tutte le cose alte, incompreso e frainteso. Come s’addice alla dittatura imperante del superficiale mediatico. Fuori, ma anche dentro la Chiesa.



IL GESUITA TOTALE



1300-libro-bergoglioDifficilmente i dati qui riportati potranno essere smentiti, se raffrontati a tutta la vita e la personalità di Bergoglio. Ma poi c’è un altro fatto, non meno importante, e anzi decisivo: è di un gesuita, gesuita in tutto, fino in fondo all’anima che parliamo. Se non si parte da lì non si sbroglia la matassa.


Se si vuol capire davvero come la pensa, si deve leggere il più vero dei libri su di lui, quello dell’amico rabbino Skoka, perché è lì che Bergoglio, ancora cardinale, si racconta così bene che tutti i concetti espressi li ritroviamo oggi in ogni suo discorso da papa.


Sull’omosessualità dice: «La religione ha il diritto di esprimere la propria opinione poiché è al servizio della gente. E se qualcuno mi chiede un consiglio, ho il diritto di darglielo. A volte il ministro religioso richiama l’attenzione su certi punti della vita privata o pubblica perché è la guida dei fedeli. Non ha il diritto di intromettersi nella vita privata di nessuno, certo.» Ed ecco, già allora, la frase che poi diventerà famosa: «Se nella creazione Dio ha corso il rischio di renderci liberi, chi sono io per intromettermi? Condanniamo l’eccesso di pressione spirituale, che si verifica quando un ministro impone le direttive, la condotta da seguire, in modo tale da privare l’altro della sua libertà. Dio ci ha lasciato addirittura la libertà di peccare. Occorre parlare con chiarezza dei valori, dei limiti, dei comandamenti, certo, ma l’ingerenza spirituale, pastorale, non è consentita…». Chiaro.


Anche se ci sarebbe molto da discutere sul “diritto di peccare” che teologicamente è un falso, purtroppo gesuiticamente è un dato oggettivo, ma intanto abbiamo un dato certo: considera l’omosessualità un “peccato”, e ha ragione a sottolineare che una “ingerenza spirituale” non è consentita.  Ha ragione riguardo alla coscienza, perché quella è terra santa dove la coscienza dell’individuo può incontrare in solitudine il suo Dio e riconoscere la verità, nessuno può violarla o forzare le tappe. È il luogo della libertà totale, cristianamente intesa, dove Dio lascia la sua creatura libera di abbracciarlo o no.


Ha ragione Francesco, non perché questo è ciò che esattamente insegna la Chiesa ma perché è così che la vedono i gesuiti. E Bergoglio è gesuita prima che cattolico, e la sua è l’esegesi gesuitica del Vangelo.



MASCHI PIÙ MASCHI



23893331_bergoglio-il-papa-nero-gesuita-dentro-francesco-fuori-un-ossimoro-1Si deve ancora leggere bene Bergoglio gesuita per capire Bergoglio papa. Dice sempre nel dialogo con il rabbino: «L’omosessualità è sempre esistita. L’isola di Lesbo, per esempio, era nota per ospitare donne omosessuali. Ma non era mai successo nella storia che si cercasse di darle lo stesso status del matrimonio. Veniva tollerata oppure non tollerata, era apprezzata o non apprezzata, ma mai equiparata.»


Poi ha un’intuizione degna di un grande antropologo dinanzi ai tanti periodi storici da Basso Impero: «Sappiamo che durante alcuni cambiamenti epocali il fenomeno dell’omosessualità registrava una crescita. Ma nella nostra epoca è la prima volta che si pone il problema giuridico di assimilarla al matrimonio, cosa che giudico un disvalore e un regresso antropologico. Uso queste parole perché il tema trascende la questione religiosa, è prettamente antropologico. Di fronte a un’unione privata, non c’è un terzo o una società danneggiati. Se invece le si attribuisce la categoria di matrimonio e le si dà accesso all’adozione, ciò implica il rischio di danneggiare dei bambini. Ogni individuo ha bisogno di un padre maschio e una madre femmina che lo aiutino a plasmare la propria identità. E lo ribadisce: «Insisto, la nostra opinione sul matrimonio fra persone dello stesso sesso non ha un fondamento religioso, ma antropologico. Quando Mauricio Macri, sindaco di Buenos Aires, non è ricorso in appello contro la sentenza pronunciata da un giudice di prima istanza che autorizzava le nozze omosessuali, sentii che dovevo dire qualcosa, per dare un orientamento, e mi vidi obbligato a esprimere la mia opinione. È stata la prima volta in diciotto anni da vescovo che ho richiamato l’attenzione di un pubblico funzionario».


Il fatto che Bergoglio ritenesse le unioni gay un problema più antropologico che religioso, non attenua la sua critica, la rende anzi più radicale e allarmata. Sta dicendo: non è problema che deve scandalizzare solo i cattolici, ma tutti, l’uomo, l’umanità, gli uomini ragionevoli.



CHIRURGIA PIÙ CHE TEOLOGIA



È così che ragiona un gesuita… al gesuita non interessano le questioni religiose, teologiche, ma quelle umane e antropologiche: fu uno dei motivi per cui venne reiteratamente chiesta ai papi la soppressione di quel controverso Ordine. Non erano dispute teologiche le loro, ma politiche ed antropologiche, ecco perché poi vennero riammessi nella comunione ecclesiale una volta passata, con la Rivoluzione Francese, la tempesta politica che li aveva travolti e inabissati, sino all’atto clamoroso della soppressione, obtorto collo, per mano di un papa francescano, Clemente XIV. Se fossero state dispute teologiche e fossero stati soppressi in quanto eretici, nessun papa li avrebbe riammessi nella Chiesa.


Bergoglio è un gesuita fino in fondo all’anima, dunque, ha in orrore i famigerati peccati “contro natura”, e di qualsiasi altro tipo, dal furto alla corruzione, sino a quelli della carne. Ma come un chirurgo non vomita dinanzi alla ferita purulenta e incancrenita di un paziente e con freddezza professionale cerca di sanarla, così agisce Bergoglio: non affronta il problema dal punto di vista religioso, ma antropologico appunto. La carne viva dell’uomo, prima ancora dello spirito: la gerarchia degli interventi così è stabilita dalla sua formazione gesuitica.


Sempre in quel libro Bergoglio dice: «Un sacerdote di mia conoscenza diceva che Dio ci ha fatti uomo e donna perché amassimo e ci amassimo. Di solito, nell’omelia per il matrimonio dico allo sposo che deve rendere lei più donna, e alla sposa che deve rendere lui più uomo…» ed è vero, è una espressione ripetuta più volte, lo ha fatto nell’omelia per i matrimoni che ha officiato da papa.



ADDIO E COSÌ SIA!



L'equivoco pazzesco

L’equivoco pazzesco



In sostanza, a Bergoglio non importa nulla di come vivrai la tua vita privata: se tu non vuoi ascoltare il Vangelo, ti lascia alle tue “libere scelte”, non ti correrà certo dietro, ti abbandona e per lui il discorso è chiuso, non se ne interessa più di te. Dio vede e provvede. Se poi nel frattempo ti sei sfasciato le corna contro le tue illusioni e fai retromarcia, certo non ti sbatte la porta in faccia Bergoglio: le porte della Chiesa restano aperte.
Bergoglio va avanti per la sua strada, con il Vangelo alla mano ma senza usarlo come un randello. La libertà che ti concede è tutta qui: o resti e ascolti il Vangelo, o sei libero di andartene incontro ai tuoi idoli, nessuno ti darà la caccia. Non ci importa nulla – ti dice – la pelle e l’anima sono le tue. Non gli interessa parlare con o di chi, battezzato, naviga e vive contro natura. Di chi ha elevato il peccato a sistema di vita, facendosene corrompere: la parola “corruzione” è la più ricorrente nei discorsi di Bergoglio ed è quella più abominevole per lui: in Italia pensiamo che significhi solo i politici che rubano, ma ogni persona che pecca è soggetta alla “corruzione”, ossia al peccato che si fa sistematico e orienta deviandola una vita. E un’anima.

Nella Lettera ai Romani (cap.1-24) leggiamo: «Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen». Amen: così sia, significa. “Così sia”, dice Bergoglio dinanzi alle rimostranze dei gay orgogliosi. “Amen”. Fate come vi pare, non mi importa nulla. “Amen”, fine cioè.

Bergoglio applica alla lettera questo brano, lo vogliamo capire o no?

Il papa inserisce il problema dell’omosessualità non in un contesto di affettività, ma di menzogna che viene mascherata dalle “nuove idolatrie” del nostro tempo. Una di queste nuove idolatrie è l’edonismo: l’adorazione della creatura è per lui idolatria e disonore verso Dio, e in questo se “affettività” c’è, è, per Bergoglio, del tipo più prossimo al rapporto mercenario. Egli sa che uno dei fondamenti dell’omosessualità è proprio “adorare la creatura”, un’adorazione neppure delle essenze, ma della materia e della forma che la compongono,  e che difficilmente a un simile livello di amoralità e materialismo può verificarsi fra l’uomo e la donna uniti in matrimonio.

GENERALI SI NASCE E LUI LO NACQUE

Insomma per capire il Bergoglio papa è necessario leggersi e studiare il Bergoglio gesuita, non si scappa! Il gesuita però non modernista, attenzione: lui è proprio ignaziano ma con un grado in più: se Ignazio era capitano e poi è diventato generale della Compagnia, lui è stato sempre un generale, e non solo della Compagnia, ma anche nella Chiesa di Buenos Aires, come da se stesso racconta. Quindi non avremo mai un Bergoglio papa “dottrinale”, ma un generale “della santa Chiesa Gerarchica” (altro motto ignaziano da lui ripetuto spesso), e non da dietro una scrivania o da dentro il palazzo apostolico lavorando sui testi, ma nel famoso campo di battaglia, dove non sceglie le trincee o la prima fila, i tiratori scelti, no: preferisce stare e agire dall’ospedale da campo per occuparsi dei feriti. Ecco allora l’abitare a Santa Marta, eccolo allora con i suoi modi spartani ed improvvisati, bruschi spesso. Governa da vero gesuita, altro che da francescano per giunta modernista!

Questo è il vero Bergoglio. È un gesuita puro, all’ennesima potenza, ignaziano a modo suo: sant’Ignazio agiva sulle truppe con la dottrina, ma anche con il concetto antropologico del “Cristo Uomo”  (ricordiamo la canzone Capitan Gesù) che guida le truppe all’assalto. Bergoglio usa lo stesso metodo ma in modo moderno: aggrega, confonde e disperde, assalta non con la dottrina ma con l’antropologia: se Benedetto diede la priorità alla ragione dell’uomo, Bergoglio è attento alla carne viva dell’uomo. Se, buttandola in medicina, il primo fu il celebre professore di Anatomia Patologica che insegna ai medici cosa la malattia e il corpo umano sono, il secondo è il semplice medico militare che prova direttamente a prestare le prime cure al corpo del singolo malato.

È un moralista? Sì e no. Sì se ascoltiamo il ritratto che ne fanno i media; no, se lo vediamo attraverso la storia gesuitica: se facciamo caso infatti i media non hanno mai e poi mai parlato di Bergoglio gesuita. Per il resto disprezza profondamente non il peccatore che cade in un peccato occasionale, ma la corruzione nella quale sono precipitati coloro che si sono assuefatti al peccato, tanto da farne un sistema di vita. Questo non è moralismo: è essere cattolici.

È il cuore di questa sua storia totalmente gesuitica sta tutto negli Esercizi Spirituali ignaziani, le uniche ferie che Bergoglio si è sempre preso.

p.s.

Poi ci sarebbe un altro piccolo particolare, ma fondamentale, per capire l’istintiva repulsione di Bergoglio per le faccende omosessuali: una certa sana “misoginia”. E, qui pure, la si può capire e spiegare solo nello jato del gesuitismo. Il più virilistico ma anche il più misogino degli Ordini religiosi, tant’è che rimase l’unico a non avere un ramo femminile. Erano e si sentivano militari e generali. Maschi. Ma ne parleremo, forse, in altra occasione.





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)