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Dice ragionevolmente la Lumen Gentium al n.26: che ognuna di queste Chiese è il Corpo di Cristo in un luogo particolare, in poche parole le Chiese non devono diventare una sorta di suddivisione territoriale amministrativa o come succursale locale di una catena di ristoranti "fast food".

 

SECONDA PARTE

 

Se avete avuto la pazienza di leggere qui, la prima parte di questo argomento, vi chiediamo un ulteriore piccolo sforzo per raggiungere delle conclusioni.

 

2. Che cosa è, o sarebbe, cambiato oggi nella Chiesa?

Quale la corretta interpretazione alla svolta del Vaticano II?

 

Ci faremo aiutare da un interessante passo riportato sulla rivista 30giorni del settembre 2000.

 

«Si vuole riportare la Chiesa cattolica a Pio IX e al primo Concilio Vaticano» ha denunciato Hans Küng all’indomani della presentazione della Dichiarazione Dominus Jesus (5).

E c’è stato anche chi, come Giancarlo Zizola sul Sole-24Ore, ha lasciato intendere che la Dominus Jesus abbia addirittura smentito innovazioni dottrinali appoggiate dal Papa: «Le posizioni sostenute dal documento della Congregazione per la dottrina [...] sembrano lasciare prive di sostanziali coperture, e dunque splendide nella loro solitudine, le innovazioni dottrinali appoggiate formalmente dal Papa».

 

È lo stillicidio solito, ma non per questo meno efficace – gutta cavat lapidem –, di timori e scongiuri di fronte a un supposto ritorno a posizioni preconciliari. Si dice in sostanza: non è lecito ritornare alla dottrina precedente dopo le innovazioni introdotte dal Concilio Vaticano II (e ancora più audacemente da Giovanni Paolo II) nella dottrina della unicità e universalità salvifica di Cristo e della Chiesa.

 

Prima di dibattere, però, se sia lecito o meno il ritorno a Pio IX logica vuole che ci si chieda se il Beato Pio IX in questa questione sia davvero rétro. 

 

Monsignor Gérard Philips, autore della più autorevole esegesi della Lumen gentium (L’Église et son mystère, del 1967-68, che citeremo dalla traduzione in italiano della Jaca Book del 1975) commentando il numero 14 di essa, che tratta ex professo del nostro argomento, scriveva: «Certuni pensano che la Chiesa romana, che continua a considerarsi come la sola vera Chiesa, abbia però praticamente abbandonato il suo preteso monopolio di condurre gli uomini alla salvezza. Una tale asserzione non è esatta né dal punto di vista teologico né da quello storico» (p. 169).

 

Da una parte, infatti, Philips dimostra (servendosi probabilmente di un lavoro precedente di Hugo Rahner - da non confondere con Karl) che il principio, che in prosieguo di tempo sarebbe stato espresso icasticamente con le parole extra Ecclesiam nulla salus (nessuna salvezza fuori della Chiesa), vigeva fin dall’antichità presso tutti i Padri.

Da Ireneo a Cipriano, da Girolamo ad Agostino non c’è chi non lo abbia fatto proprio. Dall’altra, avverte che i Padri non intendono riferirsi «al fedele isolato che s’inganna in buona fede; quando questo si presenta, è oggetto della loro misericordia» (p. 172).

Gli fa eco Henri de Lubac (in un testo dello stesso 1967, Paradoxe et mystère de l’Église): «Il celebre assioma extra Ecclesiam nulla salus non ebbe in origine presso i Padri della Chiesa quel senso generale che molti oggi pretendono; esso riguardava, in situazioni molto concrete, fautori di scismi, ribellioni, tradimenti» (pp. 152-153).

Con questa intenzione, l’assioma sarà ripreso, in formulazioni conciliari e dogmatiche, dal Medioevo fino a Pio IX... 

LA DISTINZIONE INTRODOTTA DAL BEATO PIO IX

 

«Per quanto possa a prima vista stupire, è soprattutto a Pio IX e poi a Pio XII che dobbiamo un allargamento di orizzonti. Dopo aver insistito ancora una volta sull’adagio “fuori della Chiesa nessuna salvezza”, Pio IX [nella enciclica del 1863 Quanto conficiamur moerore] considera la situazione dell’uomo vittima di una ignoranza invincibile riguardo alla Rivelazione e alla Chiesa. Poiché Dio vuole la salvezza di tutti, è evidente che un tale uomo, rispettoso della legge naturale scritta da Dio nel cuore di ciascuno, può arrivare alla vita eterna» (Philips, p. 174).

 

Pio IX introduce così la distinzione fra «gli “eretici materiali”, vale a dire uomini che in buona fede aderiscono a tesi eterodosse» (Philips, p. 175) e gli eretici o scismatici formali, cioè i nemici dell’unità, «consapevoli di strappare la tunica inconsutile rifiutando di restare nell’unica Chiesa cattolica» (Philips, p. 174). Heinrich Denzinger, nella celeberrima raccolta che porta il suo nome, commenta così questo passo fatto da Pio IX nella Quanto conficiamur moerore (DS2865-67): «È merito di Pio IX l’aver per primo introdotto esplicitamente questa distinzione nei documenti del Magistero».

 

Pio IX innovatore? Ebbene sì.

 

Non c’è da meravigliarsi che dalla custodia del deposito scaturisca un vero progresso religioso. Sembra venire a proposito qui quel che scriveva nel 1930 Giovanni Battista Montini, quando, giovane tra i giovani, opponeva l’amore alla Tradizione e quindi il progresso religioso all’utopia: «Guardarsi bisogna dall’utopia che la verità cercata si raggiunga per rivoluzione, piuttosto che per rinnovazione, per un amore cioè che è fedele al passato in ciò che ebbe di buono, in ciò che di grande creò e ideò, e che perciò sa aggiungere, modificare, migliorare. [...] Il protestantesimo negò la Chiesa e negò la Tradizione. Negò quindi il progresso religioso: tornò alle origini e si fissò nella lettera: incapace di restarvi, s’abbandonò ad una nuova tradizione: quella del dubbio che distrugge la fede da esso tanto magnificata. Fu una tradizione a ritroso. La Chiesa invece custodì il dogma, linea indefettibile della sua strada attraverso la storia. Custodì, come dice un suo santo dottore, Ireneo, il “depositum iuvenescens et iuvenescere faciens ipsum vas in quo est”: il deposito sempre giovane che fa ringiovanire».

 

IL VENERABILE PIO XII DIFENDE LA DOTTRINA TRADIZIONALE DAI RIGORISTI

 

Ma torniamo al nostro tema. Pio XII fece suo il progresso di Pio IX e distinse nella Mystici Corporis coloro che, «non appartenendo al visibile ordinamento della Chiesa» (ad adspectabilem non pertinent catholicae Ecclesiae compagem), pur tuttavia, «per un certo desiderio e un’aspirazione inconsci, sono orientati al mistico Corpo del Redentore» (inscio quodam desiderio ac voto ad mysticum Redemptoris Corpus ordinentur) da «quelli che si sono voluti separare o sono stati separati per colpe gravissime dalla compagine del Corpo» (a Corporis compage semetipsos misere separarunt vel ob gravissima admissa a legitima auctoritate seiuncti sunt): cosa che accade nel caso di scisma, eresia o apostasia (Mystici Corporis 102 e 20).

 

Dunque, «quanto a quelli che sono nell’errore solo materialmente» commenta Philips «Pio XII è d’accordo che il loro votum basta per salvarli»(Philips, p. 178).

 

Pio XII d’altra parte tratta la condizione di coloro che in atto non appartengono alla Chiesa come una condizione storico-esistenziale, quindi precaria, non come un’ipostasi ovvero una condizione posta una volta per tutte. È per questo che, seguendo il commento di Agostino al Vangelo di Giovanni, tiene presente l’eventuale, sempre possibile dinamica d’ingresso nell’unico ovile di Cristo di chi non vi fa parte: «È assolutamente necessario che ciò sia fatto di libera e spontanea volontà, non potendo credere se non chi lo vuole. Se alcuni non credenti vengono di fatto forzati a entrare nell’edificio della Chiesa, ad appressarsi all’altare, a ricevere i sacramenti, costoro, senza alcun dubbio, non diventano veri cristiani, poiché la fede senza la quale è impossibile piacere a Dio deve essere libero “ossequio dell’intelletto e della volontà” (Concilio Vaticano I, De fide catholica 3).

 

E ancora continua Pio XII: - Se dunque dovesse talvolta accadere che, in contrasto con la costante dottrina di questa Sede apostolica (cfr. Leone XIII, Immortale Dei), taluno venga spinto suo malgrado ad abbracciare la fede cattolica, Noi non possiamo esimerci, per coscienza del nostro dovere, dall’esprimere la nostra riprovazione. E poiché gli uomini godono di libera volontà e possono anche, sotto l’impulso di perturbazioni d’animo e di perverse passioni, abusare della propria libertà, è perciò necessario che vengano attratti con efficacia alla verità dal Padre dei lumi per opera dello Spirito del suo diletto Figlio» (Mystici Corporis 103).

 

Non potendo «l’attrazione efficace» essere prodotta dall’uomo, Pio XII lega finalmente il destino di salvezza di coloro che sono lontani dalla verità cattolica alla preghiera, non solo loro propria ma pure di coloro che appartengono alla visibile compagine della Chiesa (e con ciò lega anche modo Deo cognito – dirà il Vaticano II – gli uni agli altri): «Se ancora molti, purtroppo, vagano lontani dalla cattolica verità e non piegano l’animo all’afflato della grazia divina, ciò avviene perché né essi né i fedeli cristiani innalzano a Dio più ferventi preghiere a tal fine. Noi quindi vivamente e insistentemente esortiamo tutti coloro che sentono amore per la Chiesa affinché, seguendo l’esempio del divino Redentore, non cessino mai di elevare tali suppliche» (Mystici Corporis 104).

 

Forse Pio XII era andato troppo avanti. E aveva irritato coloro che pensavano e pensano – contro Agostino che insegna che «non intratur in veritatem nisi per charitatem» (Contra Faustum 32, 18) – che per riconoscere salubriter (cfr. sempre Agostino, Sermone 68) la verità non ci sia bisogno di preghiera né di alcuna attrattiva di grazia.

 

Infatti in contemporanea con l’uscita della Mystici Corporis si diffuse in alcuni centri di studio cattolici degli Stati Uniti un insegnamento «di una severità che nessun autore antico o medievale aveva mai sostenuto» (Philips, p. 174). Secondo tale insegnamento rigoristico i non cattolici, esclusi i catecumeni che hanno già espresso l’esplicito desiderio di entrare a far parte della Chiesa, sarebbero esclusi dalla salvezza eterna. Pertanto, in una lettera all’arcivescovo di Boston Richard J. Cushing dell’8 agosto 1949, il Sant’Uffizio ribadiva la dottrina della Mystici Corporis. Negando, da una parte, che ogni religione sia ugualmente (aequaliter) buona per salvarsi, e affermando, dall’altra, che in ordine alla salvezza eterna basta il voto implicito di aderire alla Chiesa.





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)