Angelus Domini nuntiavit Mariae. Così scandiva il tempo — le ore del giorno — il mistero dell’Incarnazione.
Così, al mattino, a mezzogiorno e alla sera, il tocco della campana interrompeva il lavoro di tutti i cattolici, re e contadini, come l’uomo e la donna del famoso dipinto di Jean-François Millet, in mezzo ai campi, a capo chino e a mani giunte.
E pure il goffo sacrestano, nel primo atto della Tosca, interrompeva il suo lavoro, e recitava sottovoce quella preghiera antica, interrotto solo dall’irrompere sulla scena del pittor Cavaradossi.
Lo scrive Luigi Testa sottolineando che si tratta di un appuntamento più antico di quanto si ricordi. Un appuntamento fisso: «Ci vogliono i riti», spiega saggiamente la volpe al Piccolo principe, che quest’anno compie sessant’anni. E, a guardare le folle di ogni domenica, non porta neanche il segno di una ruga.
Aveva cominciato Pio XII, nel 1954, anno mariano.
«L’Osservatore Romano» del 16-17 agosto di quell’anno riportava: «Alle ore 12 di ieri domenica, festività di Maria SS. Assunta, il Santo Padre ha benevolmente acconsentito che la Sua recita dell’Angelus Domini venisse radiodiffusa dalla stazione radio del Vaticano a cui era collegata la rete nazionale della Radiotelevisione Italiana.
In tal modo l’Augusto Pontefice, aderendo al filiale desiderio dell’Azione Cattolica Italiana, ha dato modo nella solennissima ricorrenza dell’insigne gloria della Vergine Santa, in questo radioso Anno Mariano, agli iscritti e a tutti gli altri fedeli di unirsi devotamente a lui, nel pio saluto alla Madre di Dio».