DIFENDERE LA VERA FEDE

Cari Vescovi, vi supplichiamo, non tacete più, gridate dai tetti la Verità (2)

  • Messaggi
  • OFFLINE
    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 16/09/2014 12:56

    <header class="article-header">

    CHIESA – Il Card. Collins: sui divorziati risposati «la dottrina della Chiesa è immutabile»


    </header>

    Il Cardinale e Arcivescovo dell’Ontario (Canada), Thomas Collins (nella foto), in un’intervista rilasciata a Randon Vogt, direttore del Word on Fire Catholic Ministries, ha spiegato come le numerose ragioni, per le quali i divorziati risposati non possono ricevere la Comunione, al di là delle loro disposizioni personali, si riassumano sostanzialmente in una: la «chiave di tutto – ha precisato – non sta nell’aver commesso un peccato; la misericordia del Signore è sovrabbondante, specie attraverso il Sacramento della Riconciliazione. Ma, in caso di divorzio e di seconde nozze, il problema sta nella decisione consapevole di persistere in una situazione duratura di lontananza dal mandato di Gesù». Sua Eminenza ricorda come né la Chiesa, né il Papa, possano cambiare la dottrina rivelata da Dio.


    Per questo non possono ricevere l’Eucarestia: «Dobbiamo trovare strade migliori – ha proseguito – per aiutare chi si trovi in tale stato, offrendo piuttosto una cura amorevole ed efficace, ma senza porre in pericolo la santità del matrimonio, poiché questo avrebbe pesanti ripercussioni su tutto, specialmente in un mondo in cui la stabilità coniugale è già tragicamente compromessa».

    Assecondare queste persone significherebbe dar loro «un sollievo soltanto temporaneo al prezzo però di sofferenze a lungo termine.
    L’indebolirsi dell’istituto nuziale finisce infatti per colpire i bambini, coloro cioè che maggiormente ne hanno a patire con dolore».

    Il Card. Collins ha ricordato come «vi fosse un’aspettativa diffusa che la Chiesa mutasse le proprie posizioni anche negli anni che precedettero l’enciclica di Paolo VI Humanae Vitae, enciclica con cui si riaffermò invece l’immutabile insegnamento, secondo cui la contraccezione non è in accordo con la volontà di Dio. Questo tipo di aspettativa si basava sull’idea che la dottrina cristiana fosse come la politica di un governo, che muta a seconda delle circostanze o del parere della maggioranza.
    Molti restarono sconvolti e semplicemente decisero di ignorare tale istruzione. Questa è anche la situazione, in cui ci troviamo oggi».

    Il fatto è che «la dottrina cristiana si basa sulla legge naturale, che è stata scritta nei nostri cuori da Dio, nonché sulla Parola di Dio rivelata. Noi scopriamo la volontà del Signore, non la plasmiamo a nostro piacimento: le Scritture e la fede viva della Chiesa ci aiutano a compierLa».




    Grandi manovre per il Sinodo Anche il Corriere vuole "guidare" il Papa

    di Matteo Matzuzzi e Stefano Fontana18-09-2014

    Sinodo dei vescovi

    S'infiamma il dibattito intorno al tema più discusso del prossimo Sinodo straordinario sulla Famiglia (5-19 ottobre): la comunione ai divorziati risposati. L'apertura del cardinale Kasper contestata in un libro scritto anche dal prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, a cui si aggiungono la rivista teologica Communio e il cardinale Pell. 
    Sull'altro fronte l'episcopato tedesco fa quadrato attorno al cardinale Kasper. E in Italia si inserisce il Corriere della Sera che, con un commento di Alberto Melloni, arruola il Papa tra i progressisti e accusa i cardinali fedeli alla dottrina della Chiesa, di compiere manovre per boicottare papa Francesco.

     - I VESCOVI TEDESCHI FANNO QUADRATO ATTORNO A KASPER
        di Matteo Matzuzzi
    In vista del Sinodo si delineano le posizioni sull'argomento più discusso: la comunione ai divorziati risposati. Anche il cardinale Pell contro orientamenti pastorali che cambierebbero la dottrina, ma i vescovi tedeschi annunciano un documento pro-Kasper a favore dell'accesso alla comunione.

     - MELLONI ARRUOLA IL PAPA COME LEADER DEI PROGRESSISTI
       di Stefano Fontana
    A corredo di due pagine del Corriere dedicate all'argomento, il capo della Scuola di Bologna attacca i cardinali che si oppongono alle posizioni di Kasper sulla comunione ai divorziati risposati, accusandoli di manovre contro il Papa, che invece aveva incoraggiato un ampio dibattito.








     18/09/2014 
    Comunione ai risposati, Scola dice no: «Ma snellire i processi di nullità»

    L’Arcivescovo di Milano: «Il problema non è il peccato ma la condizione di vita di chi ha stabilito un nuovo vincolo»



    ANGELO SCOLA*
    MILANO
    Nell’ambito del dibattito sul prossimo Sinodo sulla famiglia convocato da papa Francesco, pubblichiamo in esclusiva un articolo a firma dell’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola. Nella forma integrale apparirà sul prossimo numero (16/2014) della testata bolognese Il Regno, quindicinale edito dal Centro editoriale dehoniano di Bologna. 

    Spesso la Chiesa viene accusata di insensibilità e incomprensione di fronte al fenomeno dei divorziati risposati senza ponderare attentamente il motivo di questa posizione, che essa riconosce fondata nella divina rivelazione. 
    Infatti non si tratta di un arbitrio del magistero ecclesiale, ma della consapevolezza della natura singolare della differenza sessuale e dell’inscindibilità del legame tra eucaristia e matrimonio.

    Eucaristia, singolarità della differenza sessuale, riconciliazione e divorziati risposati: le ragioni del magistero. 
    In questa prospettiva vanno richiamati due elementi che è necessario continuare ad approfondire. Certamente nell’eucaristia, a determinate condizioni, è presente un aspetto di perdono, tuttavia essa non è un sacramento di guarigione. La grazia del mistero eucaristico attua l’unità della Chiesa come sposa e corpo di Cristo e questo esige in chi riceve la comunione sacramentale l’oggettiva possibilità di lasciarsi incorporare perfettamente a lui. 

    Alla luce di questo intrinseco rapporto si deve dire che ciò che impedisce l’accesso alla riconciliazione sacramentale e all’eucaristia non è un singolo peccato, sempre perdonabile quando la persona si pente e chiede a Dio perdono. Ciò che rende impossibile l’accesso a questi sacramenti è invece lo «stato» (condizione di vita) in cui coloro che hanno stabilito un nuovo vincolo vengono a trovarsi. Una condizione che domanda di essere cambiata per poter corrispondere a quanto si attua nei due sacramenti. 

    Nello stesso tempo è importante evidenziare molto meglio come il non accesso ai sacramenti della riconciliazione e dell’eucaristia di coloro che hanno stabilito un nuovo vincolo non sia da ritenersi una «punizione» rispetto alla propria condizione, ma l’indicazione di un cammino possibile, con l’aiuto della grazia di Dio e dell’immanenza nella comunità ecclesiale. Per questa ragione, ogni comunità ecclesiale è chiamata a porre in essere tutte le forme adeguate per la loro effettiva partecipazione alla vita della Chiesa, nel rispetto della loro concreta situazione e per il bene di tutti i fedeli. 

    Senza negare il dolore e la ferita, la non accessibilità al sacramento dell’eucaristia invita a un percorso verso una comunione piena che avverrà nei tempi e nei modi decisi alla luce della volontà di Dio.

    Nel quadro di una antropologia adeguata poi è decisivo considerare attentamente l’esperienza comune: ogni uomo è situato come «singolo» entro la differenza sessuale, che non può mai essere superata. Misconoscere l’insuperabilità della differenza sessuale significa confondere il concetto di differenza con quello di diversità. Ciò avviene spesso nella cultura contemporanea che al binomio «identità-differenza» sostituisce il binomio «uguaglianza-diversità». 

    La diversità mette in campo la relazione all’altro («inter-personale»). Al contrario, ciò che sperimentiamo nella differenza indica una dimensione insuperabile interna all’io («intra-personale»). È qualche cosa che riguarda l’identità costitutiva di ogni singolo. 

    Le cause di nullità matrimoniale 
    Occorre inoltre prendere in attenta considerazione la condizione di quanti ritengono in coscienza che il loro matrimonio non sia stato valido. 

    La singolarità della differenza sessuale e la intrinseca relazione tra matrimonio ed eucaristia, impongono una riflessione attenta sulle problematiche legate alla dichiarazione di nullità del matrimonio. Quando se ne presenti il bisogno e venga richiesto dai coniugi, diventa essenziale verificare rigorosamente se il matrimonio sia stato valido e pertanto sia indissolubile. Sappiamo bene quanto sia difficile per le persone coinvolte tornare sul proprio passato, segnato da sofferenze profonde. Anche a questo livello emerge l’importanza di concepire in modo unitario la dottrina e la disciplina canonistica. 

    Tra le questioni da approfondire va menzionata la relazione tra fede e sacramento del matrimonio, sulla quale Benedetto XVI è tornato più volte. In effetti la rilevanza della fede in ordine alla validità del sacramento del matrimonio è uno dei temi che la condizione culturale attuale, soprattutto in Occidente, costringe a valutare con molta cura. Oggi, almeno in determinati contesti, non si può dare per scontato che i coniugi con la celebrazione delle nozze intendano «fare quello che intende fare la Chiesa». Una mancanza di fede potrebbe oggi condurre a escludere i beni stessi del matrimonio. Se è vero che non è possibile giudicare ultimamente la fede di una persona, non si può però negare la necessità di un «minimum fidei» senza il quale il sacramento del matrimonio non è valido. 

    Come emerge anche nell’Instrumentum laboris, è auspicabile che a proposito dei processi di nullità si tenti qualche via che non solo ne snellisca i tempi – nel pieno rispetto di tutti i passaggi necessari – ma renda più evidente l’intima natura pastorale di tali processi. In tal senso la prossima Assemblea straordinaria potrebbe suggerire al Papa di valorizzare di più il ministero del vescovo. In concreto, potrebbe suggerire di verificare la praticabilità dell’ipotesi, indubbiamente complessa, di dar vita a un procedimento canonico di carattere non giudiziale e avente come referente ultimo non un giudice (o un collegio di giudici), ma il vescovo o un suo delegato. Intendo un procedimento normato dalla legge della Chiesa, con modalità formali di acquisizione delle prove e di valutazione delle stesse. 

    A titolo puramente esemplificativo si potrebbe esplorare il ricorso ai seguenti elementi: la presenza in ogni diocesi (o in un insieme di piccole diocesi) di un servizio di ascolto delle situazioni di fedeli che hanno dubbi circa la validità del loro matrimonio. Da qui potrebbe prendere avvio un procedimento di valutazione della validità del vincolo, rigoroso nella raccolta di elementi di prova, condotto da un apposito incaricato, da trasmettere al vescovo, con il parere dello stesso incaricato, del difensore del vincolo e di una persona che assiste il richiedente. Il vescovo sarebbe chiamato a decidere in merito alla nullità. Contro tale decisione sarebbe sempre possibile l’appello (da parte di uno o dell’altro coniuge) alla Santa Sede. Questa ipotesi non vuole essere un escamotage per affrontare la delicata situazione dei divorziati risposati, intende piuttosto rendere più evidente il nesso tra dottrina, pastorale e disciplina canonica. 

    *Cardinale Arcivescovo di Milano




    [Modificato da Caterina63 19/09/2014 01:21]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)