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Lettera P

Motti latini, sentenze e citazioni di uso quotidiano, con indicazione delle fonti, con i chiarimenti necessari e la traduzione italiana.

Motti latini che iniziano con la lettera P.



Panem et circenses. (Giovenale, Satire X, 81). 
Pane e giochi del circo. - Sono parole di Giovenale che si lamenta come questo fosse, ai suoi tempi, l'unico desiderio del popolino. Tredici secoli più tardi Lorenzo il Magnifico sosteneva: Pane e feste tengon il popol quieto. Nel regno delle Due Sicilie, per raggiungere lo stesso scopo, la politica dei Borboni aveva come fondamento le tre F: feste, farina, forca. 

Parcere subiectis et debellare superbos. (Virgilio, Aen. VI, 853). 
Risparmiare i vinti e debellare i superbi. - Celebre verso di Virgilio in cui il poeta ha voluto esprimere il criterio ispiratore della politica imperiale dei Romani. 

Parce sepulto. (Virgilio, Aen. III, 41). 
Perdona a chi è sepolto. - E' la voce che lo spirito di Polidoro, il più giovane dei figli di Priamo, rivolge ad Enea. Oggi con parce sepulto intendiamo che è ingeneroso avere risentimento per i torti subiti da chi non è più, e talora, in senso estensivo, usiamo l'espressione con riferimento a chi è stato già punito dalla sorte o non ha più capacità di nuocere. 

Parva sed apta mihi
Piccola, ma adatta a me. - Verso che Ludovico Ariosto fece scrivere sopra l'ingresso della casa fattasi costruire a Ferrara, e che continua: sed nulli obnoxia, sed non Sordida, parta meo sed tamen aere domus, ma non soggetta ad alcuno, ma non squallida, ma acquistata col mio denaro. Il verso iniziale viene talora usato, con lo stesso significato, in riferimento alla propria abitazione, o con significati analoghi. 

Pater familias
Padre di famiglia. - Nella famiglia romana indicava colui che, non avendo più ascendenti vivi in linea maschile, era il capo della famiglia, acquistando un complesso di poteri sulla moglie, sui figli e sui servi, che si riassumevano nel termine giuridico di manus o potestas (potestà), intendendosi con potestà un concetto assai vicino a proprietà. Col passar del tempo, queste tiranniche prerogative del pater familias vennero temperate dal costume e dalla giurisprudenza. 

Pax et bonum
Pace e bene. - Formula di saluto caratteristica della predicazione di san Francesco e dei suoi seguaci. Si vede scritta spesso sulle porte o sulle pareti dei conventi francescani. Viene usata (tradotta o no) come saluto e augurio tra religiosi o fedeli. 

Pax tibi
Pace a te. - Nello stemma di Venezia il leone di san Marco pone una zampa sopra un libro dove sta scritto Pax tibi Marce evangelista meus, pace a te, Marco, mio evangelista. Parole queste che, secondo una leggenda, un angelo apparso in sogno a san Marco, approdato in un'isola della laguna veneta, avrebbe pronunciato quasi ad annunciargli che lì, in quelle terre, il suo corpo dopo la morte avrebbe trovato riposo. 

Per angusta ad augusta. 
Per vie anguste ad auguste cose. - Motto gentilizio di Ernesto di Brandeburgo, menzionato da Victor Hugo nel IV atto dell'Ernani come parola d'ordine dei congiurati contro Carlo V. L'espressione è usata nell'uso comune (anche nella forma ad augusta per angusta) per significare che i grandi risultati si ottengono solo superando difficoltà d'ogni genere. 

Per aspera ad astra
Alle stelle attraverso le asperità. - Frase con cui si suole significare che senza sacrifici non si raggiungono traguardi ambiziosi. Il motto riecheggia frasi della tradizione letteraria (cfr. Virgilio,Aen., IX, 641: Sic itur ad astra, così si giunge all'immortalità; Seneca, Herc. furens., 441: Non est ad astra mollis e terra via, la via per giungere dalla terra agli astri non è facile). 

Perinde ac cadaver
Alla stregua di un cadavere. - Con questa locuzione, prima san Francesco e poi i gesuiti sintetizzarono la sottomissione assoluta alla regola e alla volontà dei superiori, con rinuncia alla propria personalità. 

Pluralis maiestatis
Plurale di maestà. - Negli atti ufficiali re e pontefici usano la prima persona plurale del pronome (noi) e delle forme verbali e nominali che con essa concordano. Per estensione, la prima persona plurale del pronome viene usata anche da personaggi d'alto rango o investiti di cariche particolarmente importanti. 

Pollice verso
Col pollice all'ingiù. - Era il segnale di morte, decretata dall'imperatore e dal pubblico quando nel circo un gladiatore ferito finiva a terra, e l'avversario domandava agli spettatori se doveva risparmiarlo o dargli il colpo di grazia. L'espressione, accompagnata o no dal gesto, è usata in contesti italiani per significare condanna, disapprovazione, rifiuto e simili. 

Post factum lauda
Loda dopo il fatto. - Motto latino usato per significare che, prima di lodare, bisogna aspettare che un fatto, un lavoro sia compiuto e se ne vedano gli effetti. 

Post factum nullum consilium
Dopo il fatto nessun consiglio. - Motto latino usato per significare che, quando un fatto è avvenuto, non v'è più rimedio e non serve discuterne. 

Post fata resurgam
Risorgerò dopo la morte. - Motto dell'araba fenice, mitico uccello sacro agli antichi Egiziani. Secondo una leggenda, ogni cinquecento anni essa volava dall'Arabia, sua terra natale, a Eliopoli; secondo altri , giunta alla vecchiaia, si dava fuoco su una pira di legni aromatici, per poi risorgere dalle ceneri. Il motto si usa per esprimere fiducia nella propria capacità di risollevarsi dalle disavventure e di vincere le avversità del destino. 

Post hoc ergo propter hoc
Dopo questo, quindi a causa di questo. - Argomentazione fallace degli scolastici secondo cui c'è un rapporto di causalità tra due avvenimenti per il solo fatto che l'uno è posteriore all'altro; ma non bisogna confondere il rapporto di precedenza, di tempo, col rapporto di causalità. 

Post mortem
dopo la morte. - Locuzione latina usata soprattutto con riferimento al riconoscimento di meriti, a commemorazioni, busti, targhe stradali, che non hanno avuto luogo durante la vita della persona interessata: onorificenza post mortem

Primum vivere deinde philosophari
Prima vivere, poi fare della filosofia. - Frase usata come richiamo a una maggiore concretezza e a una maggiore aderenza agli aspetti pratici della vita. Viene tradizionalmente attribuita al filosofo inglese Thomas Hobbes (1588-1679), ma probabilmente è molto più antica.Primus inter pares
Primo tra uguali. - Locuzione usata con riferimento a chi, tra persone di pari grado o dignità o posizione gerarchica, è considerato il capo per la funzione che esercita o per altri motivi di preminenza. 

Pro aris et focis. (Cicerone, De natura deorum III, 40 e altrove). 
In difesa degli altari e dei focolari. - Antico grido con cui si animavano i cittadini alla difesa. Cicerone riporta questo motto nel senso che ogni cittadino deve operare per la patria e per la famiglia. 

Pro bono pacis
Per il bene della pace. - Locuzione latina che equivale all'italiana per amor di pace. Si usa spesso con rferimento a concessioni fatte per evitare contrasti, per non turbare il buon accordo o la tranquillità. 

Procul negotiis. (Orazio, Epodi II, 1). 
Lontano dagli affari. - Beatus ille qui procul negotiis/Ut prisca gens mortalium, Beato colui che è lontano dagli affari, come i primi padri degli uomini. Sono le parole di Orazio che vengono talvolta citate (nella forma abbreviata procul negotiis), per alludere a un periodo di tempo, o a una vita intera, trascorsi in riposante tranquillità, lontano dalle preoccupazioni quotidiane del lavoro. 

Pro domo sua
Per la propria casa. - Titolo di un'orazione di Cicerone che viene ripetuta spesso (per lo più nella forma Cicero pro domo sua) con riferimento a chi parla o agisce in proprio favore, per il proprio tornaconto. 

Pro forma
Per la forma. - Locuzione latina, frequente anche nel linguaggio comune, per significare una cosa fatta per pura formalità, per salvare le apparenze, per obbedire a una ritualità che non ha alcun riscontro nella sostanza: gli hanno fatto un' ispezione pro forma

Pro indiviso
Per non diviso. - Locuzione latina del linguaggio giuridico, usata nell'espressione communio pro indiviso, per indicare la comunione di beni (riferita specialmente all'asse ereditario) tra più comproprietari, ciascuno dei quali possiede idealmente una quota. 

Promoveatur ut amoveatur
Sia promosso affinché sia rimosso. - Motto latino con cui si allude a promozione o avanzamento di grado concessi con lo scopo di rimuovere una persona da una carica o da un luogo dove essa eserciti un'azione o un'influenza, specialmente politica, che ai suoi superiori non sia gradita, o per allontanare un impiegato, un funzionario da un posto al quale si sia dimostrato inetto, nei casi in cui non si voglia o non si possa agire diversamente. 

Pro quota
Per la quota. - L'espressione completa è pro quota parte che significa genericamente per la parte a ciascuno spettante, ed è usata per indicare, nel linguaggio economico e finanziario, un sistema di ripartizione di capitali, redditi, diritti e obbligazioni, in parti proporzionali alle quote concorrenti alla loro formazione. In diritto ereditario, l'espressione sta a significare la divisione di beni tra i congiunti aventi diritto per legge, nella misura spettante a ciascuno in base al grado di parentela. 

Pro tempore
Per un certo tempo. - L'espressione è usata per indicare che un incarico, una concessione, una funzione sono dati soltanto per un determinato periodo, temporaneamente: affidare, esercitare pro tempore una funzione, una carica; anche con uso aggetivale: presidente pro tempore della commissione edilizia

Pulsate et aperietur vobis. (Matteo VII, 7; Luca XI, 9) 
Bussate e vi sarà aperto. - Frase di un più ampio contesto: petite et dabitur vobis; quaerite et invenietis; pulsate et aperietur vobis, chiedete, e vi sarà dato; cercate, e troverete; bussate, e vi sarà aperto. Con queste tre espressioni diverse, Gesù nel Discorso della montagna vuole affermare il concetto che ogni preghiera è sempre esaudita dalla infinita bontà di Dio. La terza espressione è talvolta ripetuta in senso estensivo, come esortazione a insistere nel chiedere ciò di cui si ha bisogno. 

Pulvis es et in pulverem reverteris. (Genesi, III, 19). 
Polvere sei e in polvere ritornerai. - Recitando questo versetto del Genesi, nel giorno delle Ceneri, il sacerdote segna, con un pizzico di cenere, la fronte dei fedeli. Anche il pagano Orazio nelle Odi (IV, 7) è della stessa opinione e dice: pulvis et umbra sumus, siamo polvere e ombra (vedi Memento mori).







Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)