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Omelia di Benedetto XVI sulla recita del Rosario (Visita Pastorale al Pontificio Santuario di Pompei, 19 ottobre 2008):

Il Rosario è preghiera contemplativa accessibile a tutti: grandi e piccoli, laici e chierici, colti e poco istruiti. E’ vincolo spirituale con Maria per rimanere uniti a Gesù, per conformarsi a Lui, assimilarne i sentimenti e comportarsi come Lui si è comportato. Il Rosario è “arma” spirituale nella lotta contro il male, contro ogni violenza, per la pace nei cuori, nelle famiglie, nella società e nel mondo. […] Lasciamo…che sia Maria, la nostra Madre e Maestra, a guidarci nella riflessione sulla Parola di Dio. […]

Sin dai suoi inizi, la comunità cristiana ha visto nella personificazione di Israele e di Gerusalemme in una figura femminile un significativo e profetico accostamento con la Vergine Maria, la quale viene riconosciuta proprio quale “figlia di Sion” e archetipo del popolo che “ha trovato grazia” agli occhi del Signore. E’ una interpretazione che ritroviamo nel racconto evangelico delle nozze di Cana (Gv 2,1-11). L’evangelista Giovanni mette in luce simbolicamente che Gesù è lo sposo d’Israele, del nuovo Israele che siamo noi tutti nella fede, lo sposo venuto a portare la grazia della nuova Alleanza, rappresentata dal “vino buono”. Al tempo stesso, il Vangelo dà risalto anche al ruolo di Maria, che viene detta all’inizio “la madre di Gesù”, ma che poi il Figlio stesso chiama “donna” – e questo ha un significato molto profondo: implica infatti che Gesù, a nostra meraviglia, antepone alla parentela il legame spirituale, secondo il quale Maria impersona appunto la sposa amata del Signore, cioè il popolo che lui si è scelto per irradiare la sua benedizione su tutta la famiglia umana. Il simbolo del vino, unito a quello del banchetto, ripropone il tema della gioia e della festa. Inoltre il vino, come le altre immagini bibliche della vigna e della vite, allude metaforicamente all’amore: Dio è il vignaiolo, Israele è la vigna, una vigna che troverà la sua realizzazione perfetta in Cristo, del quale noi siamo i tralci; e il vino è il frutto, cioè l’amore, perché proprio l’amore è ciò che Dio si attende dai suoi figli. 









Pio XII, Lettera Enciclica “Ingruentium Malorum”: la Recita del Rosario Mariano

Noi desideriamo che in seno alla famiglia sia dappertutto diffusa la consuetudine del santo rosario... Invano, infatti, si cerca di portare rimedio alle sorti vacillanti della vita civile, se la società domestica, principio e fondamento dell'umano consorzio non sarà diligentemente ricondotta alle norme dell'evangelo. A svolgere un compito così arduo, Noi affermiamo che la recita del santo rosario in famiglia è mezzo quanto mai efficace. Quale spettacolo soave e a Dio sommamente gradito, quando, sul far della sera, la casa cristiana risuona al frequente ripetersi delle lodi in onore dell'augusta Regina del Cielo! Allora il rosario recitato in comune aduna davanti all'immagine della Vergine, con una mirabile unione di cuori, i genitori e i figli, che ritornano dal lavoro del giorno; li congiunge piamente con gli assenti, coi trapassati; tutti infine li stringe, più strettamente, con un dolcissimo vincolo di amore, alla Vergine santissima, che, come madre amorosissima, verrà in mezzo allo stuolo dei suoi figli, facendo discendere su di essi con abbondanza i doni della concordia e della pace familiare.

Allora la casa della famiglia cristiana, fatta simile a quella di Nazaret, diventerà una terrestre dimora di santità e quasi un tempio, dove il rosario mariano non solo sarà la preghiera particolare che ogni giorno sale al cielo in odore di soavità, ma costituirà altresì una scuola efficacissima di virtuosa vita cristiana. I grandi misteri della redenzione, infatti, proposti alla loro contemplazione, col mettere sotto i loro occhi i fulgidi esempi di Gesù e Maria, insegneranno ai grandi a imitarli ogni giorno, a ricavare da essi conforto nelle avversità, e, dagli stessi, verranno richiamati a umilmente volgersi verso quei celesti tesori «dove non giunge ladro, né tignola consuma» (Lc 12, 33); porteranno, inoltre, a conoscenza dei piccoli le principali verità della fede, facendo quasi spontaneamente sbocciare nelle loro anime innocenti la carità verso l'amorevolissimo Redentore, mentre essi, dietro il buon esempio dei loro genitori genuflessi davanti alla maestà di Dio, fin dai teneri anni impareranno quanto sia grande il valore della preghiera recitata in comune.





Riflessione sulla preghiera del Rosario, dalla Lettera Enciclica “Christi Matri” di Paolo VI

Durante il mese di ottobre, il popolo cristiano è solito intrecciare come mistiche corone alla Madre di Cristo mediante la preghiera del Rosario. E Noi che, sull'esempio dei Nostri Predecessori, vivamente approviamo questa usanza, chiamiamo…tutti i figli della Chiesa a tributare alla Beatissima Vergine particolari attestazioni di pietà. […] Sono [infatti….] motivo di turbamento le notizie di ciò che avviene in altre regioni dei mondo, come la crescente corsa agli armamenti nucleari, i nazionalismi,…i movimenti rivoluzionari,… i criminosi attentati, l'eccidio di persone innocenti… Tutte queste cose possono fornire l'esca di un immane flagello. E poiché nei momenti di dubbio e di trepidazione la Chiesa ricorre all'intercessione validissima di Colei che le è Madre, a Maria Noi rivolgiamo il pensiero...; essa, infatti, come dice sant'Ireneo, «è divenuta causa di salvezza per tutto il genere umano». Nulla Ci sembra di maggiore opportunità e importanza, quanto l'innalzarsi al Cielo delle suppliche di tutta la cristianità verso la Madre di Dio, invocata come la «Regina della pace». […]

Ma poiché, se crescono i pericoli, occorre che aumenti la pietà del popolo di Dio, desideriamo, Venerabili Fratelli, che, col vostro esempio, con la vostra esortazione, col vostro impulso, la Madre clementissima del Signore sia più instantemente invocata durante il mese di ottobre con la pia pratica del Rosario. […] Tale fruttuosa preghiera non soltanto ha una grandissima efficacia nello stornare i mali e nel tener lontane le calamità….[ma] anche alimenta doviziosamente la vita cristiana. […]

Pertanto nel mese di ottobre, dedicato alla Beata Vergine del Rosario, aumentino le preghiere, si moltiplichino le implorazioni, affinché per sua intercessione brilli finalmente sugli uomini l'aurora della vera pace, anche nei confronti della religione, che purtroppo in questa epoca non tutti possono professare liberamente.





Dalle «Opere» di santa Teresa di Gesù, dott. della Chiesa
«Ricordiamoci sempre dell'amore di Cristo»


Chi ha come amico Cristo Gesù e segue un capitano così magnanimo come lui, può certo sopportare ogni cosa; Gesù infatti aiuta e dà forza, non viene mai meno ed ama sinceramente. Infatti ha sempre riconosciuto e tuttora vedo chiaramente che non possiamo piacere a Dio e da lui ricevere grandi grazie, se non per le mani della sacratissima umanità di Cristo, nella quale egli ha detto di compiacersi.


Ne ho fatto molte volte l'esperienza, e me l'ha detto il Signore stesso. Ho visto nettamente che dobbiamo passare per questa porta, se desideriamo che la somma Maestà ci mostri i suoi grandi segreti. Non bisogna cercare altra strada, anche se si è raggiunto il vertice della contemplazione, perché per questa via si è sicuri. E' da lui, Signore nostro, che ci vengono tutti i beni. Egli ci istruirà.

Meditando la sua vita, non si troverà modello più perfetto. Che cosa possiamo desiderare di più, quando abbiamo al fianco un così buon amico che non ci abbandona mai nelle tribolazioni e nelle sventure, come fanno gli amici del mondo? […]

Ogni volta poi, che pensiamo a Cristo, ricordiamoci dell'amore che lo ha spinto a concederci tante grazie e dell'accesa carità che Dio ci ha mostrato dandoci in lui un pegno della tenerezza con cui ci segue: amore infatti domanda amore. Perciò sforziamoci di considerare questa verità e di eccitarci ad amare.

(Opusc. «Il libro della vita», cap. 22, 6-7, 14)




«Lo sviluppo del dogma»
Dal «Primo Commonitorio» di san Vincenzo di Lerino, sacerdote (V sec.)
(Cap. 23; PL 50, 667-668)

Qualcuno forse potrà domandarsi: non vi sarà mai alcun progresso della religione nella Chiesa di Cristo? Vi sarà certamente e anche molto grande. Chi infatti può esser talmente nemico degli uomini e ostile a Dio da volerlo impedire? Bisognerà tuttavia stare bene attenti che si tratti di un vero progresso della fede e non di un cambiamento. Il vero progresso avviene mediante lo sviluppo interno. Il cambiamento invece si ha quando una dottrina si trasforma in un'altra.

E' necessario dunque che, con il progredire dei tempi, crescano e progrediscano quanto più possibile la comprensione, la scienza e la sapienza così dei singoli come di tutti, tanto di uno solo, quanto di tutta la Chiesa. Devono però rimanere sempre uguali il genere della dottrina, la dottrina stessa, il suo significato e il suo contenuto. La religione delle anime segue la stessa legge che regola la vita dei corpi. Questi infatti, pur crescendo e sviluppandosi con l'andare degli anni, rimangono i medesimi di prima. Vi è certamente molta differenza fra il fiore della giovinezza e la messe della vecchiaia, ma sono gli stessi adolescenti di una volta quelli che diventano vecchi. Si cambia quindi l'età e la condizione, ma resta sempre il solo medesimo individuo. Unica e identica resta la natura, unica e identica la persona. […]

Anche il dogma della religione cristiana deve seguire queste leggi. Progredisce, consolidandosi con gli anni, sviluppandosi col tempo, approfondendosi con l'età. E' necessario però che resti sempre assolutamente intatto e inalterato. […]

E' anzi giusto e del tutto logico escludere ogni contraddizione tra il prima e il dopo. Noi mietiamo quello stesso frumento di verità che fu seminato e che crebbe fino alla maturazione.
Poiché dunque c'è qualcosa della primitiva seminagione che può ancora svilupparsi con l'andar del tempo, anche oggi essa può essere oggetto di felice e fruttuosa coltivazione.



«La preghiera del Rosario». 
Leone XIII, Lettera Enciclica “Supremi Apostolatus”, 1883

Fu in ogni tempo…costume del popolo cattolico ricorrere nei trepidi e dubbiosi eventi a Maria e rifugiarsi nella sua materna bontà. Ciò dimostra la fermissima speranza, anzi la piena fiducia, che la Chiesa cattolica ha sempre a buon diritto riposto nella Madre di Dio. Infatti la Vergine Immacolata, prescelta ad essere Madre di Dio, e per ciò stesso fatta corredentrice del genere umano, gode presso il Figlio di una potenza e di una grazia così grande che nessuna creatura né umana né angelica ha mai potuto né mai potrà raggiungerne una maggiore. E poiché la gioia per Lei più gradita è quella di aiutare e consolare ogni singolo fedele che invochi il suo soccorso, non vi può essere dubbio che Ella voglia molto più volentieri accogliere, anzi esulti nel soddisfare i voti di tutta la Chiesa. […]

Il bisogno…del divino aiuto non è certamente minore oggi di quando il glorioso San Domenico introdusse la pratica del Rosario Mariano per guarire le piaghe della società. Egli, illuminato dall’alto, vide chiaramente che contro i mali del suo tempo non esisteva rimedio più efficace che ricondurre gli uomini a Cristo, che è "via, verità e vita", mediante la frequente meditazione della Redenzione… Per questo motivo egli compose la formula del sacro Rosario in modo che fossero successivamente ricordati i misteri della nostra salvezza, e a questo dovere della meditazione s’intrecciasse un mistico serto di salutazioni angeliche, intercalate dalla preghiera a Dio, Padre del Nostro Signore Gesù Cristo. Noi dunque…non dubitiamo che la stessa preghiera…tornerà efficacissima nell’alleviare anche le calamità dei nostri tempi.

Per la qual cosa non solo esortiamo caldamente tutti i fedeli affinché, o in pubblico o in privato, ciascuno nella propria casa e famiglia, si studino di praticare la devozione del Rosario, senza mai tralasciarne l’uso, ma vogliamo altresì che l’intero mese d’ottobre del corrente anno sia dedicato e consacrato alla celeste Regina del Rosario.



7 ottobre, memoria liturgica della B. Maria Vergine del Rosario

Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica "Rosarium Virginis Mariae"

Recitare il Rosario…non è altro che contemplare con Maria il volto di Cristo. […] Il Rosario, proprio a partire dall'esperienza di Maria, è una preghiera spiccatamente contemplativa. Privato di questa dimensione, ne uscirebbe snaturato, come sottolineava Paolo VI: « Senza contemplazione, il Rosario è corpo senza anima, e la sua recita rischia di divenire meccanica ripetizione di formule e di contraddire all'ammonimento di Gesù: 'Quando pregate, non siate ciarlieri come i pagani, che credono di essere esauditi in ragione della loro loquacità' (Mt 6, 7). Per sua natura la recita del Rosario esige un ritmo tranquillo e quasi un indugio pensoso, che favoriscano nell'orante la meditazione dei misteri della vita del Signore, visti attraverso il Cuore di Colei che al Signore fu più vicina ». […]

Cristo è il Maestro per eccellenza, il rivelatore e la rivelazione. Non si tratta solo di imparare le cose che Egli ha insegnato, ma di 'imparare Lui'. Ma quale maestra, in questo, più esperta di Maria? Se sul versante divino è lo Spirito il Maestro interiore che ci porta alla piena verità di Cristo (cfr Gv 14, 26; 15, 26; 16, 13), tra gli esseri umani, nessuno meglio di Lei conosce Cristo, nessuno come la Madre può introdurci a una conoscenza profonda del suo mistero. […]

Il primo dei 'segni' compiuto da Gesù – la trasformazione dell'acqua in vino alle nozze di Cana – ci mostra Maria appunto nella veste di maestra, mentre esorta i servi a eseguire le disposizioni di Cristo (cfr Gv 2, 5). E possiamo immaginare che tale funzione Ella abbia svolto per i discepoli dopo l'Ascensione di Gesù, quando rimase con loro ad attendere lo Spirito Santo e li confortò nella prima missione. Il passare con Maria attraverso le scene del Rosario è come mettersi alla 'scuola' di Maria per leggere Cristo, per penetrarne i segreti, per capirne il messaggio. […]

Ella ci invita, come nella sua Annunciazione, a porre con umiltà gli interrogativi che aprono alla luce, per concludere sempre con l'obbedienza della fede: « Sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto » (Lc 1, 38). […]

Se Gesù, unico Mediatore, è la Via della nostra preghiera, Maria, pura trasparenza di Lui, mostra la Via, ed « è a partire da questa singolare cooperazione di Maria all'azione dello Spirito Santo, che le Chiese hanno sviluppato la preghiera alla santa Madre di Dio, incentrandola sulla persona di Cristo manifestata nei suoi misteri ».



Dalla «Lettera a tutti i fedeli» di san Francesco d’Assisi: «Dobbiamo essere semplici, umili e puri»

Il Padre altissimo fece annunziare dal suo arcangelo Gabriele alla santa e gloriosa Vergine Maria che il Verbo del Padre, così degno, così santo e così glorioso, sarebbe disceso dal cielo, e dal suo seno avrebbe ricevuto la vera carne della nostra umanità e fragilità. Egli, essendo oltremodo ricco, volle tuttavia scegliere, per sé e per la sua santissima Madre, la povertà.

Gli uomini perdono tutto quello che lasciano in questo mondo. Portano con sé solo la mercede della carità e delle elemosine che hanno fatto. È il Signore che dà loro il premio e la ricompensa.

Non dobbiamo essere sapienti e prudenti secondo la carne, ma piuttosto semplici, umili e 
casti. Non dobbiamo mai desiderare di essere al di sopra degli altri, ma piuttosto servi e sottomessi a ogni umana creatura per amore del Signore. E su tutti coloro che avranno fatte tali cose e perseverato fino alla fine, riposerà lo Spirito del Signore. Egli porrà in essi la sua dimora ed abitazione. Saranno figli del Padre celeste perché ne compiono le opere. Saranno considerati come fossero per il Signore o sposa o fratello o madre.



2 ottobre, memoria dei SS. Angeli Custodi

Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate: «Ti custodiscano in tutti i tuoi passi»

«Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi» (Sal 90, 11). […] O Signore, che cos'è l'uomo, per curarti di lui o perché ti dai pensiero per lui? Ti dai pensiero di lui, di lui sei sollecito, di lui hai cura. Infine gli mandi il tuo Unigenito, fai scendere in lui il tuo Spirito, gli prometti anche la visione del tuo volto. E per dimostrare che il cielo non trascura nulla che ci possa giovare, ci metti a fianco quegli spiriti celesti, perché ci proteggano, e ci istruiscano e ci guidino.

Anche se gli angeli sono semplici esecutori di comandi divini, si deve essere grati anche a loro perché ubbidiscono a Dio per il nostro bene. […] Amiamo affettuosamente gli angeli di Dio, come quelli che saranno un giorno i nostri coeredi, mentre nel frattempo sono nostre guide e tutori, costituiti e preposti a noi dal Padre. Ora, infatti, siamo figli di Dio. Lo siamo, anche se questo attualmente non lo comprendiamo chiaramente, perché siamo ancora bambini sotto amministratori e tutori e, conseguentemente, non differiamo per nulla dai servi. Del resto, anche se siamo ancora bambini e ci resta un cammino tanto lungo e anche tanto pericoloso, che cosa dobbiamo temere sotto protettori così grandi? Non possono essere sconfitti né sedotti e tanto meno sedurre, essi che ci custodiscono in tutte le nostre vie. Sono fedeli, sono prudenti, sono potenti. Perché trepidare? Soltanto seguiamoli, stiamo loro vicini e restiamo nella protezione del Dio del cielo.




Dall’«Autobiografia» di santa Teresa di Gesù Bambino, vergine: «Nel cuore della Chiesa io sarò l’amore»

Siccome le mie immense aspirazioni erano per me un martirio, mi rivolsi alle lettere di san Paolo, per trovarvi finalmente una risposta. […] Trovai così una frase che mi diede sollievo: «Aspirate ai carismi più grandi. E io vi mostrerò una via migliore di tutte» (1 Cor 12, 31). L’Apostolo infatti dichiara che anche i carismi migliori sono un nulla senza la carità, e che questa medesima carità è la via più perfetta che conduce con sicurezza a Dio. Avevo trovato finalmente la pace.

Considerando il corpo mistico della Chiesa, non mi ritrovavo in nessuna delle membra che san Paolo aveva descritto, o meglio, volevo vedermi in tutte. La carità mi offrì il cardine della mia vocazione. Compresi che la Chiesa ha un corpo composto di varie membra, ma che in questo corpo non può mancare il membro necessario e più nobile. Compresi che la Chiesa ha un cuore, un cuore bruciato dall’amore. Capii che solo l’amore spinge all’azione le membra della Chiesa e che, spento questo amore, gli apostoli non avrebbero più annunziato il Vangelo, i martiri non avrebbero più versato il loro sangue. Compresi e conobbi che l’amore abbraccia in sé tutte le vocazioni, che l’amore è tutto, che si estende a tutti i tempi e a tutti i luoghi, in una parola, che l’amore è eterno.

Allora con somma gioia ed estasi dell’animo gridai: O Gesù, mio amore, ho trovato finalmente la mia vocazione. La mia vocazione è l’amore. Sì, ho trovato il mio posto nella Chiesa, e questo posto me lo hai dato tu, o mio Dio. Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’amore ed in tal modo sarò tutto e il mio desiderio si tradurrà in realtà.



Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa: «L'appellativo “angelo” designa l'ufficio, non la natura»

E' da sapere che il termine «angelo» denota l'ufficio, non la natura. Infatti quei santi spiriti della patria celeste sono sempre spiriti, ma non si possono chiamare sempre angeli, poiché solo allora sono angeli, quando per mezzo loro viene dato un annunzio. Quelli che recano annunzi ordinari sono detti angeli, quelli invece che annunziano i più grandi eventi son chiamati arcangeli.A essi vengono attribuiti nomi particolari, perché anche dal modo di chiamarli appaia quale tipo di ministero è loro affidato. […]

Così Michele significa: Chi è come Dio?, Gabriele: Fortezza di Dio, e Raffaele: Medicina di Dio.

Quando deve compiersi qualcosa che richiede grande coraggio e forza, si dice che è mandato Michele, perché si possa comprendere, dall'azione e dal nome, che nessuno può agire come Dio. L'antico avversario che bramò, nella sua superbia, di essere simile a Dio, dicendo: Salirò in cielo (cfr. Is 14, 13-14), sulle stelle di Dio innalzerò il trono, mi farò uguale all'Altissimo, alla fine del mondo sarà abbandonato a se stesso e condannato all'estremo supplizio. Orbene egli viene presentato in atto di combattere con l'arcangelo Michele, come è detto da Giovanni: «Scoppiò una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago» (Ap 12, 7).

A Maria è mandato Gabriele, che è chiamato Fortezza di Dio; egli veniva ad annunziare colui che si degnò di apparire nell'umiltà per debellare le potenze maligne dell'aria. Doveva dunque essere annunziato da «Fortezza di Dio» colui che veniva quale Signore degli eserciti e forte guerriero.

Raffaele, come abbiamo detto, significa Medicina di Dio. Egli infatti toccò gli occhi di Tobia, quasi in atto di medicarli, e dissipò le tenebre della sua cecità. Fu giusto dunque che venisse chiamato «Medicina di Dio» colui che venne inviato a operare guarigioni.



Dal «Discorso sui pastori» di sant'Agostino, vescovo: Insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna (Disc. 46, 14-15; CCL 41, 541-542)

«E non avete riportato le disperse, non siete andati in cerca delle smarrite» (Ez 34, 4). Da questo momento ci troviamo come tra le mani di ladri e le zanne di lupi furiosi e per questi pericoli vi domandiamo preghiere. Per di più anche le pecore non sono docili. Se noi andiamo in cerca di loro quando si smarriscono, dicono, per loro errore e per loro rovina, che non ci appartengono. Perché ci desiderate, esse dicono, perché venite in cerca di noi? [...] Rispondo: Perché sei nell`errore, voglio richiamarti; perché ti sei smarrito, voglio ritrovarti. Replicano: Voglio smarrirmi così, voglio perdermi così.

Così vuoi smarrirti, così vuoi perderti? Ma io con tanta maggior forza non voglio questo. Te lo dico chiaramente: Voglio essere importuno. Poiché mi risuonano alla mente le parole dell'Apostolo che dice: «Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna» (2 Tm 4, 2). Per chi a tempo opportuno e per chi a tempo non opportuno? Certamente a tempo opportuno, per chi vuole; a tempo inopportuno, per chi non vuole. [...] Devo forse avere più timore di te che di lui? «Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo» (2 Cor 5, 10).

Riporterò quindi la pecora dispersa, andrò in cerca di quella smarrita... Anche se nella mia ricerca sarò lacerato dai rovi della selva, mi caccerò nei luoghi più stretti, cercherò per tutte le siepi, percorrerò ogni luogo, finché mi sosteranno quelle forze che il timore di Dio mi infonde. [...] Temo che, trascurando te, abbia ad uccidere anche chi è forte. Senti infatti che cosa viene dopo: E le pecore grasse le avete ammazzate (cfr. Ez 34, 3).
Se trascurerò la pecora smarrita, la pecora che si perde, anche quella che è forte si sentirà trascinata ad andar vagando e a perdersi.



Dal «Discorso sui pastori» di sant'Agostino, vescovo: «Prepara la tua anima alla tentazione»

La pecora è soggetta a malattie, ha il cuore debole, cosicché facilmente potrà soccombere alla tentazione, se questa la trova indifesa, impreparata.

Il pastore negligente, quando scorge uno del suo gregge, non gli dice: Figlio, se ti presenti per servire il Signore, stà saldo nella giustizia e nel timore, e preparati alla tentazione (cfr. Sir 2,1). Chi parla così conforta chi è debole e lo rende saldo, perché egli, avendo abbracciato la fede, non speri nella prosperità di questo mondo. Se infatti gli verrà insegnato a sperare nella felicità del mondo, sarà rovinato dalla felicità stessa: al sopraggiungere delle avversità, rimarrà sconvolto o addirittura perirà, e perciò il pastore che così costruisce il fedele, lo costruisce sulla sabbia e non sulla roccia, che è Cristo (cfr. 1Cor 10,4).

Il debole invece viene rinfrancato quando gli si predica: Aspettati pure le tentazioni di questo mondo, ma il Signore ti libererà da tutte, se il tuo cuore non si allontanerà da lui. Egli infatti proprio per confortare il tuo cuore venne a patire, venne a morire, venne ad essere coperto di sputi, venne ad essere coronato di spine, venne a subire gli insulti e, in fine, venne a farsi inchiodare in croce. Tutto questo egli l'ha sofferto per te, e tu nulla. L'ha sofferto non per il suo vantaggio, ma per il tuo.



Dal «Discorso sui pastori» di sant’Agostino, vescovo: « Sii di esempio ai fedeli» 


Avendo il Signore detto che cosa abbiano a cuore certi pastori, aggiunge anche quali doveri essi trascurino. I difetti delle pecore, infatti, sono largamente diffusi. Pochissime sono le pecore…ben salde nel cibo della verità, che usufruiscono con vantaggio dei pascoli donati da Dio. Ma quei pastori malvagi non risparmiano neppure queste. Non basta che essi trascurino le pecore malate o deboli, sbandate e smarrite. Per quanto sta in loro, uccidono anche quelle che sono forti e in buona salute… Come le uccidono?, dirai. Vivendo male, dando loro cattivo esempio.
Fu detto forse senza ragione a quel servo di Dio…: Offri te stesso come esempio in tutto di buona condotta? (cfr. Tt 2, 7)… Una pecora infatti, anche se sana, osservando che il suo pastore abitualmente vive male, se distoglie gli occhi dalla legge del Signore e guarda l’uomo, comincia a dire in cuor suo: Se il mio superiore vive così, chi mi vieta di fare altrettanto? In tal modo il pastore uccide la pecora sana. Dunque se uccide la pecora sana, che farà mai delle altre pecore? […]
Vi sono pecore che vivono, sono salde nella parola del Signore e si attengono a quella norma che hanno udito da lui: «Quanto vi dicono fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere» (Mt 23, 3). Tuttavia il pastore, che dinanzi al popolo si comporta male, per quanto sta in lui, uccide colui dal quale viene osservato... Quel tale vive, ma il pastore si rende ugualmente un omicida. […] È questo il rimprovero che fa il Signore: «Ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il mio gregge» (Ez 34, 3).







Dal «Discorso sulle
beatitudini» di san Leone Magno, papa: «La beatitudine del regno di Cristo»

Carissimi, l’afflizione, alla quale qui viene promesso il conforto eterno, non
ha nulla in comune con le tribolazioni di questo mondo. Né si tratta di quei
lamenti che vengono emessi dagli uomini nel loro comune dolore. Questi lamenti
non rendono beato nessuno.

Diversa è la natura dei gemiti dei santi, come pure diversa
è la causa delle lacrime che meritano di essere chiamate beate. Il dolore
propriamente religioso è quello che piange o il peccato proprio o quello degli
altri. Né si duole perché questo male è colpito dalla giustizia divina, ma, se
si attrista, lo fa per quanto viene commesso dalla iniquità umana.

È il caso di piangere più colui che compie le opere del male, che chi ne è la
vittima, perché la malizia fa sprofondare l’iniquo nell’abisso della pena, la
sopportazione, invece, conduce il giusto alla gloria.

Perciò la terra promessa ai miti, e che toccherà in eredità
ai mansueti, rappresenta il loro corpo che, grazie ai meriti della loro umiltà,
nella beata risurrezione verrà trasformato e rivestito di gloria immortale. Il
loro corpo non sarà più assolutamente in contrasto con lo spirito, ma sarà
perfettamente conforme e unito al volere dell’anima. Allora infatti l’uomo
esteriore sarà possesso santo e pacifico dell’uomo interiore.

I miti allora possederanno la terra in pace duratura, senza
che sia menomato alcuno dei propri diritti. «Quando questo corpo corruttibile
si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità» (1 Cor
15, 54), allora il pericolo si cambierà in premio e ciò che fu di onere
gravoso, sarà di onore.





[Modificato da Caterina63 29/10/2014 22:28]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)