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Eppure, duemila anni dopo, vi sono troppi vescovi – i custodi e i maestri della fede – che pongono (pastoralmente) obiezioni alla Parola del Signore. Ormai ilDepositum Fidei non viene più tramandato, ma “aggiornato” (2) secondo il contesto storico e culturale. La Chiesa pare non sappia più come difendere il matrimonio e la famiglia dall’attacco diabolico e massonico. Addirittura il Romano Pontefice ha convocato due sinodi dei vescovi per discutere su come rispondere a queste “sfide pastorali”, come se non avesse mai avuto, dai tempi apostolici ad oggi, l’unica vera risposta: “Maschio e femmina lo creò… l’uomo e la donna saranno una sola carne…”.

Gli stessi apostoli, comprendendo pienamente la replica del Signore ai farisei, dissero al loro Maestro: «Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi».

Può sembrare persino una battuta spiritosa, quella dei discepoli, ma non lo è! E la risposta di Gesù è altrettanto seria: «Non tutti possono capirlo, ma solo ai quali è stato concesso». Un’altra risposta secca che non ammette obiezioni. Gesù non chiede ai dodici il loro parere, né la loro interpretazione, non dice loro di accomodare la sua Volontà a secondo dei tempi. Egli spiega loro che, per quanto possa essere incomprensibile, il Comandamento divino non è interpretabile: lo si accetta in toto oppure lo si rifiuta in toto. Non c’è una via di mezzo.

Qualche lettore potrebbe dire che anche i Padri della Chiesa hanno interpretato i passi oscuri della Sacra Scrittura, ma non è esatto. I Padri della Chiesa hanno fatto delle vere e proprie catechesi, della squisita apologetica, atte a spiegare – onde proprio ad evitare interpretazioni ideologiche – il contenuto della Rivelazione.

Ai tempi dei Padri della Chiesa, i primi secoli, era necessario chiarire ilDepositum Fidei per difenderlo dalle eresie più insidiose, in particolare quella ariana, che alterava, snaturava, l’identità del Figlio di Dio: non più perfectus Deus et perfectus homo, ma una specie di uomo semi-dio.

Il metodo patristico è proprio quello paolino. Lo conferma il fatto che il Signore abbia scelto questi Padri – per esempio Sant’Atanasio, colui che sconfisse l’arianesimo – per difendere, con l’assistenza indispensabile dello Spirito Santo, per difendere non le loro opinioni (o interpretazioni), la vera Fede cristiana, approfondendo e confermando ciò che avevano ricevuto. Non hanno interpretato nulla, hanno solo di-svelato ciò che già vi era nella Sacra Scrittura. Il corpus dottrinale – la Rivelazione – si è concluso con la morte dell’ultimo apostolo. I Padri della Chiesa, così come i Dottori della Chiesa, hanno reso ilDepositum Fidei più chiaro, affinché la Chiesa diffondesse il Vangelo senza ambiguità, spiegando ad ogni generazione ciò che è stato contemplato.

Spetta alla Chiesa trovare sempre modi nuovi – i famosi Carismi – attraverso i quali evangelizzare, istruire le nuove generazioni in ogni tempo; ma non può corrompere mai il corpus dottrinale rivelato, né metterlo da parte con certe strambe “nuove pastorali”. Oggi, invece, prevale l’imposizione delle opinioni, a volte di teologi, a volte di singoli vescovi, a volte di conferenze episcopali, e quant'altro...

In nome del Vaticano II – dello “spirito del concilio” di dossettiana memoria – di fatto la dottrina non viene cambiata nella teorica, ma resa nulla nella prassi, per mezzo della pastorale casistica sociale e culturale. Stiamo diventando schiavi dei nostri bisogni (capricci) personali. La Chiesa sta diventando un super-mercato in cui ognuno va a prendere (sottocosto) il “prodotto” desiderato: fideismo, coscienzialismo, sentimentalismo, razionalismo, insomma, trovare in ogni scaffale di questo strano supermarket pacchetti in offerta per portare dottrine e comandamenti ad essere sacrificati sugli altari del nuovo culto alla persona.

In un recente articolo, Alessandro Gnocchi (clicca qui) scrive:

Ma per imitare il Maestro, per prestargli la propria persona nel sacramento, serve un profondo e perfetto senso del peccato che, nella chiesa di oggi, è moneta sempre più rara. “Come mai”, chiedeva Cristina Campo in una lettera a María Zambrano nella III domenica d’Avvento del 1965, “si celebra ancora la festa dogmatica dell’Unica Immacolata, mentre implicitamente si nega, in mille modi, la maculazione di tutti gli altri? In un mondo dove non è più riconosciuto non dico il sacrilegio, l’eresia, la blasfemia, la predestinazione al male – ma il puro e semplice concetto di peccato?”. Privata di questo concetto, la confessione può solo diventare una chiacchiera, “ascolto e dialogo” che occuperanno un altare dopo l’altro, una cappella dopo l’altra, una chiesa dopo l’altra. Non è un caso se i confessionali sono ormai caduti in disuso. Reperti di una religione in cui molti si confessavano e pochi osavano presentarsi alla comunione, sono incomprensibili là dove si pratica una religione in cui quasi nessuno si confessa e tutti corrono a comunicarsi. Al cospetto di tale mutazione, bisogna avere il coraggio di chiedersi se si tratta sempre della stessa religione. E sorge più di un dubbio, a non voler parlare di certezza.





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)