DIFENDERE LA VERA FEDE

TESTI E COMMENTI UFFICIALI SINODO SULLA FAMIGLIA 2014

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    Caterina63
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    00 06/10/2014 09:49
     Cari Amici, dopo la PREPARAZIONE di questo Sinodo che potrete ripercorrere qui:


    DOCUMENTO PREPARATORIO III ASSEMBLEA GENERALE STRAORDINARIA SINODO DEI VESCOVI SULLA FAMIGLIA

    apriamo ora qui i lavori sinodali, solo UFFICIALI.......






    SALUTO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
    AI PADRI SINODALI DURANTE LA I CONGREGAZIONE GENERALE DELLA
     
    III ASSEMBLEA GENERALE STRAORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI

    Lunedì, 6 ottobre 2014

     

    Eminenze, Beatitudini, Eccellenze, fratelli e sorelle,

    vi do il mio cordiale benvenuto a questo incontro e vi ringrazio di cuore per la vostra premurosa e qualificata presenza e assistenza.

    A nome vostro, vorrei esprimere il mio vivo e sentito ringraziamento a tutte le persone che hanno lavorato con dedizione, con pazienza e con competenza, per lunghi mesi, leggendo, valutando, ed elaborando i temi, i testi e i lavori di questa Assemblea Generale Straordinaria.

    Permettetemi di rivolgere un particolare e cordiale ringraziamento al Cardinale Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo, a Mons. Fabio Fabene, Sotto-segretario, e unitamente a loro a tutti i relatori, gli scrittori, i consultori, i traduttori e a tutto il personale della segreteria del Sinodo dei Vescovi. Hanno lavorato instancabilmente, e continuano a lavorare, per il buon esito del presente Sinodo: grazie davvero tanto e che il Signore vi ricompensi!

    Ringrazio ugualmente il consiglio post-sinodale, il relatore e il Segretario Generale; le Conferenze Episcopali che hanno lavorato davvero tanto e, con loro, ringrazio i tre Presidenti delegati …

    Ringrazio anche voi, cari cardinali, patriarchi, vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, laici e laiche per la vostra presenza e per la vostra partecipazione che arricchisce i lavori e lo spirito di collegialità e di sinodalità per il bene della Chiesa e delle famiglie! Anche questo spirito di sinodalità, ho voluto che fosse nella elezione del relatore, del segretario generale e dei presidenti delegati. I primi due sono stati eletti direttamente dal Consiglio post-sinodale, eletto anch’esso dai partecipanti dell’ultimo Sinodo. Invece, siccome i presidenti delegati devono essere scelti dal Papa, ho chiesto alla stesso Consiglio post-sinodale di proporre dei nomi, ed ho nominato coloro che il Consiglio mi ha proposto.

    Voi portate la voce delle Chiese particolari, radunate a livello di Chiese locali mediante le Conferenze Episcopali. La Chiesa universale e le Chiese particolari sono di istituzione divina; le Chiese locali così intese sono di istituzione umana. Questa voce voi la porterete in sinodalità. E' una grande responsabilità: portare le realtà e le problematiche delle Chiese, per aiutarle a camminare su quella via che è il Vangelo della famiglia.

    Una condizione generale di base è questa: parlare chiaro. Nessuno dica: "Questo non si può dire; penserà di me così o così...". Bisogna dire tutto ciò che si sente con parresia. Dopo l'ultimo Concistoro (febbraio 2014), nel quale si è parlato della famiglia, un Cardinale mi ha scritto dicendo: peccato che alcuni Cardinali non hanno avuto il coraggio di dire alcune cose per rispetto del Papa, ritenendo forse che il Papa pensasse qualcosa di diverso. Questo non va bene, questo non è sinodalità, perché bisogna dire tutto quello che nel Signore si sente di dover dire: senza rispetto umano, senza pavidità. E, al tempo stesso, si deve ascoltare con umiltà e accogliere con cuore aperto quello che dicono i fratelli. Con questi due atteggiamenti si esercita la sinodalità.

    Per questo vi domando, per favore, questi atteggiamenti di fratelli nel Signore: parlare con parresia e ascoltare con umiltà.

    E fatelo con tanta tranquillità e pace, perché il Sinodo si svolge sempre cum Petro et sub Petro, e la presenza del Papa è garanzia per tutti e custodia della fede.

    Cari fratelli, collaboriamo tutti quanti perché si affermi con chiarezza la dinamica della sinodalità. Grazie.












    [Modificato da Caterina63 06/10/2014 12:02]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 06/10/2014 12:09

     

    Synod14 - 1a Congregazione generale: Omelia del Card. Lluís Martínez Sistach, Arcivescovo di Barcelona, durante la preghiera dell’Ora Terza, 06.10.2014


    Omelia del Card. Lluís Martínez Sistach, Arcivescovo di Barcelona, durante la preghiera dell’Ora Terza

     

     

    Siamo riuniti nel nome del Signore per servire il popolo di Dio con la celebrazione di questa Assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi. Papa Francesco ci ha convocato per un lavoro ecclesiale e lo iniziamo lodando il Signore con la preghiera dei salmi.

    Questa mattina l'apostolo Paolo, nel brano della seconda lettera ai Corinzi che abbiamo ascoltato, ci dà delle raccomandazioni che offrono lo spirito e mostrano lo stile per il nostro lavoro in questi giorni dell'assemblea sinodale.

    Nel commiato della seconda lettera ai Corinzi, l'Apostolo riversa di nuovo tutto il suo cuore sui fedeli di quella Chiesa esortandoli a vivere tra loro la fraternità propria dei cristiani, con la conseguente pace e unità tra di loro (cfr 1Cor 1,10-17). E san Giovanni Crisostomo predice quale ne sarà il risultato: "Vivete nell'unità e nella pace, e Dio sarà certamente con voi, perché Dio è un Dio d'amore e un Dio di pace, e lì mette le sue delizie. Il suo amore produrrà la vostra pace ed ogni male sarà bandito dalla vostra Chiesa". (Omelia su 2 Corinzi, 30).

    Il nostro lavoro sinodale è un servizio ecclesiale e deve essere pienamente evangelizzatore perché, come ci ricordava Paolo VI, la Chiesa esiste per evangelizzare. Condividiamo la gioia del Vangelo e la gioia di evangelizzare, come espone Papa Francesco nella Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium. È la gioia che ci augura l'Apostolo: siate allegri. Gesù ci ha fatto conoscere tutte le cose che ha udito da suo Padre (Gv 15,15), e questa è la ragione più profonda della nostra gioia. Così ci dice il Signore stesso: "Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena" (Gv 15, 11). Ed è anche la gioia di comunicare queste cose che Gesù ci ha detto, affinché gli altri abbiano una gioia completa. Il Papa afferma che è "la dolce e confortante gioia di evangelizzare" (EG 9).

    La gioia è una caratteristica essenziale di una vita veramente cristiana; la gioia che scaturisce dalla fede che Dio ci ha perdonato ed è sempre disposto a perdonarci se noi non ci stanchiamo di rifugiarci nella sua misericordia e chiedergli perdono per i nostri peccati, debolezze e omissioni.

    Recuperiamo e aumentiamo il fervore nell'evangelizzazione "anche quando bisogna seminare in mezzo alle lacrime. E voglia il cielo che il mondo di oggi- che sta cercando, a volte con angoscia, a volte con speranza- possa ricevere la Buona Novella, non attraverso evangelizzatori tristi, scoraggiati, impazienti o ansiosi, ma da ministri del Vangelo, la cui vita irradia il fervore di coloro che hanno ricevuto, prima di tutto in se stessi, la gioia di Cristo" (Paolo VI, Evangelii Nuntiandi, 75, citato in Evangelii Gaudium, 10).

    Il Papa ci ha convocato per riflettere, dialogare e dibattere sulle sfide della famiglia nel contesto dell'evangelizzazione. Per realizzare questo compito, l'apostolo Paolo ci chiede di esortarci a chiedere allo Spirito di illuminarci nel lavoro sinodale per il bene delle coppie e delle famiglie, perchè, come ci dice il Concilio Vaticano II, "il benessere dell'individuo e della società umana e cristiana è strettamente legata alla prosperità della comunità coniugale e familiare" (Gaudium et Spes, 47).

    Paolo ci raccomanda che nei contributi e nel dialogo manteniamo gli stessi sentimenti, le stesse convinzioni gioiose e grate di essere membri della Chiesa una e unica di Gesù Cristo, estesa da oriente a occidente. Che possiamo avere i sentimenti del Buon Pastore che si prende cura delle novantanove pecorelle e va in cerca della pecorella smarrita, consapevoli del fatto che oggi in diverse latitudini della Chiesa il numero si sta invertendo, e che possiamo avere anche i sentimenti del buon samaritano che guarda il ferito, gli si avvicina e lo aiuta, offrendogli quello che gli serve in quel momento per recuperare la salute.

    Il consiglio dell'apostolo Paolo che "viviamo in pace" è sempre utile. Parleremo della bellezza della famiglia che Dio ha creato e che Cristo ha elevato a sacramento e terremo presenti le famiglie che non sono riuscite a vivere la bellezza della intima comunità di vita e di amore nel loro matrimonio. E come buoni pastori e buoni samaritani faremo tutto seguendo questa raccomandazione paolina che il Dio dell'amore e della pace sia con noi e benedica il nostro lavoro sinodale per poter offrire a Papa Francesco i nostri consigli di amore e di pace che lo aiutino nel suo ministero di Successore di Pietro per il bene di tutta la Chiesa di Gesù Cristo.




    Synod14 - 1a Congregazione generale: Saluto del Presidente Delegato, Card. André Vingt-Trois all’apertura dei lavori sinodali, 06.10.2014


     

     

     

    Queste le parole che il Presidente delegato di turno, Card. André Vingt-Trois, Arcivescovo di Paris (Francia), ha rivolto al Santo Padre all’apertura della prima Congregazione generale di questa mattina nell’Aula del Sinodo:

     

    Très Saint Père,

    Au nom des présidents-délégués et des participants à cette session extraordinaire du synode des évêques, je suis heureux de vous exprimer la reconnaissance de tous.

    Notre reconnaissance d'abord pour avoir convoqué cette session extraordinaire un an avant la session ordinaire. Votre intention de développer la pratique de la collégialité entre les évêques, les conférences épiscopales et le siège apostolique (ou, pour parler comme vous le faites avec persévérance, avec l'évêque de Rome), cette intention donc trouve un bon exemple d'application dans ces deux sessions du synode. Non seulement vous augmentez le temps et les moyens du partage, mais le choix d'un même sujet ouvre devant nous la possibilité d'un travail progressif entre les deux sessions. Nous ne sommes pas bousculés par l'urgence de résoudre des problèmes graves en deux semaines. Nous sommes plutôt invités à approfondir les résultats de cette première session en les partageant avec nos conférences épiscopale.

    Nous vous exprimons aussi notre reconnaissance pour le choix que vous avez fait du thème de ces deux sessions du synode. La famille est un des éléments constitutifs de la Nouvelle Évangélisation dans laquelle notre Église voit se renouveler sa mission. L'accueil très favorable qui a été réservé au questionnaire préparatoire et l'amplitude des réponses ont montré combien l'avenir des familles est au coeur des préoccupations de nos contemporains. Comment assurer la solidarité entre les générations ? Comment mettre en oeuvre les meilleures conditions pour l'accueil et l'éducation des enfants qui sont notre avenir ? Comment permettre à un homme et à une femme qui s'engagent l'un envers l'autre de devenir l'un pour l'autre artisans de bonheur et de paix. ?

    Ces questions ne trouvent jamais des réponses simples et beaucoup de facteurs de la vie de notre humanité du XXI° siècle constituent des obstacles plus que des aides. L'Église s'est beaucoup exprimée sur ces sujets par la voix du Magistère, notamment saint Jean-Paul II. Elle s’exprime aussi par le signe que donnent des millions de familles stables et heureuses qui vivent leur sacrement de mariage à travers le monde. Elle s'exprime encore par sa présence chaleureuse auprès des familles frappées par l'échec.

    La mission pastorale de l'Église, comme vous le rappelez sans cesse, n'est pas de rendre plus difficile la situation des enfants de Dieu, mais de leur apporter une aide dans la recherche de la vérité de leur vie. Vous nous appelez à entrer dans le regard d'amour que le Christ porte sur la foule sans pasteur, vous nous appelez à témoigner de la miséricorde de Dieu. Vous nous invitez à ne pas désespérer de la puissance de l'amour et à travailler avec persévérance pour que chaque homme et chaque femme de notre monde puisse entendre l'appel à la conversion et ose engager sa vie à la suite du Christ.

    Nous souhaitons que le travail de cette session qui commence aujourd'hui soit conduit par l 'Esprit-Saint et qu 'il fasse progresser toute l'Église dans sa mission. Que notre participation corresponde à vos attentes et à l’attente des hommes.

    [03005-03.01] [Texte original: Français]



    una traduzione da google

    Santo Padre,

    A nome dei presidenti e delegati e partecipanti alla sessione speciale del Sinodo dei Vescovi, sono lieto di esprimere l'apprezzamento di tutti.

    La nostra gratitudine prima convocazione per questa sessione speciale un anno prima della sessione ordinaria. La vostra intenzione di sviluppare la pratica della collegialità tra i vescovi, conferenze episcopali e la Sede Apostolica (o, per parlare come si fa con perseveranza, con il Vescovo di Roma), che l'intenzione è quindi un buon esempio di applicazione nelle due sessioni del sinodo. Non solo si aumenta la condivisione di tempo e di risorse, ma la scelta dello stesso soggetto si apre davanti a noi la possibilità di un lavoro progressivo tra le due sessioni. Non sono interrotti dall'urgenza di risolvere gravi problemi in due settimane. Piuttosto, siamo invitati ad approfondire i risultati della prima sessione condividendo con i nostri conferenze episcopali.

    Esprimiamo inoltre il nostro apprezzamento per le scelte che avete fatto il tema delle due sessioni del sinodo. La famiglia è uno dei componenti della nuova evangelizzazione in cui la nostra Chiesa vede rinnovare la sua missione. L'accoglienza molto favorevole è stato riservato per il questionario preparatorio e la gamma di risposte ha mostrato come il futuro delle famiglie è al centro delle preoccupazioni dei nostri contemporanei. Come garantire la solidarietà tra le generazioni? Come implementare le migliori condizioni per la cura e l'educazione dei bambini che sono il nostro futuro? Come consentire a un uomo e una donna che si impegnano reciprocamente a diventare uno per gli altri architetti di felicità e di pace. Mi serve benzina normale.

    Questi problemi non sono mai risposte semplici e un sacco di fattori nella vita della nostra umanità del XXI secolo sono gli ostacoli più che un aiuto. La Chiesa ha espresso molto su questi temi dalla voce del Magistero, tra cui Giovanni Paolo II. Si esprime anche il segno che donano milioni di famiglie stabili e felici che vivono il loro sacramento del matrimonio in tutto il mondo. Lei esprime ancora la sua calda presenza alle famiglie colpite dal fallimento.

    La missione pastorale della Chiesa, come si ricorderà mai, non è quello di rendere più difficile la situazione dei figli di Dio, ma per dare loro un aiuto nella ricerca della verità della loro vita. Tu ci chiami nel look d'amore che Cristo ha sulla folla senza pastore, ci chiami a testimoniare la misericordia di Dio. Tu ci inviti a non disperare del potere dell'amore e lavorare con costanza in modo che ogni uomo e donna nel nostro mondo possono sentire la chiamata alla conversione e osa impegnare la sua vita a seguire Cristo.

    Ci auguriamo che il lavoro di questa sessione che inizia oggi sarà guidata dallo Spirito Santo e che rende il progresso in tutta la Chiesa nella sua missione. Che la nostra partecipazione soddisfi le vostre aspettative e le aspettative degli uomini.







    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Sesso: Femminile
    00 06/10/2014 12:49

    Synod14 - 1a Congregazione generale: "Relatio ante disceptationem" del Relatore generale, Card. Péter Erdő, 06.10.2014



     

    Questa mattina, nel corso della prima Congregazione generale della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi, sul tema: Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione (5-19 ottobre 2014), il Relatore generale Cardinale Péter Erdő, Arcivescovo di Esztergom-Budapest, ha tenuto la Relatio ante disceptationem.

    Pubblichiamo di seguito il testo in lingua italiana della Relatio ante disceptationem, mentre le traduzioni in lingua inglese, spagnola e francese sono disponibili online nel Bollettino della Sala Stampa ai rispettivi indirizzi linguistici:

     

    Relazione del Relatore generale, Card. Péter Erdő

     

    Introduzione

    1. Il Vangelo della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione

    a) Metodo del discernimento sulla famiglia

    b) Metodo del lavoro sinodale

    2. Il Vangelo della famiglia e la pastorale familiare

    a) La sfida educativa della famiglia: scuola di umanità, socialità, ecclesialità e santità

    b) Solidità e chiarezza nei percorsi formativi

    c) La famiglia come protagonista dell’evangelizzazione

    d) L’azione pastorale in situazioni di crisi

    e) Difficoltà interne alla famiglia e pressioni esterne

    3. Le situazioni pastorali difficili

    a) La Chiesa come "casa paterna" (EG 47)

    b) Verità e misericordia

    c) Le convivenze e i matrimoni civili

    d) La cura pastorale dei divorziati risposati

    e) La prassi canonica delle cause matrimoniali e la via extra-giudiziale

    f) La prassi delle Chiese ortodosse

    4. La famiglia e il Vangelo della vita

    a) Annunciare il Vangelo della vita

    b) La famiglia nel contesto relazionale

    c) La responsabilità della Chiesa e l’educazione

    d) Temi riguardanti l’Humanae vitae

    Conclusione

     

    * * *

    Introduzione

     

    Beatissimo Padre,

    Eminentissimi ed Eccellentissimi Padri sinodali,

    cari fratelli e sorelle,

    Gesù Cristo è il nostro primo Maestro ed il nostro unico Signore. Solo in Lui si trovano «parole di vita eterna» (cf Gv 6, 68). Questo vale anche riguardo alla vocazione umana e alla famiglia. Il messaggio di Cristo non è comodo, ma esigente: richiede la conversione dei nostri cuori. Eppure esso è una verità che ci libera. L’obiettivo fondamentale della proposta cristiana sulla famiglia deve essere «la gioia del Vangelo» che «riempie il cuore e la vita intera di coloro che s’incontrano con Gesù» e «si lasciano salvare da Lui» sperimentando la liberazione «dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento» - come insegna papa Francesco nellaEvangelii gaudium (n. 1). Per questo è opportuno richiamare l’importanza dei temi della speranza (cf Gaudium et spes n. 1) e della misericordia, tanto sottolineata da Papa Francesco (cf, ad esempio, Evangelii gaudium, 119 e 198).

    L’annuncio, quindi, si articola come proposta, dialogo e cammino insieme. Come dice papa Paolo VI nella sua magistrale esortazione apostolica Evangelii nuntiandi (n. 3) "… è assolutamente necessario metterci di fronte ad un patrimonio di fede che la Chiesa ha il dovere di preservare nella sua purezza intangibile, ma anche di presentare agli uomini del nostro tempo, per quanto possibile, in modo comprensibile e persuasivo".

    La base, il contenuto dell’annuncio è la fede della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia, riassunta in diversi documenti, in modo speciale nella Gaudium et spes, nella Familiaris consortio di San Giovanni Paolo II, chiamato da papa Francesco "papa della famiglia", nel Catechismo della Chiesa Cattolica ed in numerosi altri testi del Magistero. La famiglia di oggi è non solo oggetto di evangelizzazione, ma anche soggetto primario nell’annuncio della buona novella di Cristo nel mondo. Perciò è necessaria l’incessante comprensione e attualizzazione del Vangelo della famiglia che lo Spirito suggerisce alla Chiesa. Le stesse problematiche familiari più gravi vanno considerate come un "segno dei tempi", da discernere alla luce del Vangelo: da leggere con gli occhi ed il cuore di Cristo,e con il suo guardo in casa di Simone il fariseo (cf Lc 7,36-50).

    1. Il Vangelo della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione 

     

    a) Metodo del discernimento sulla famiglia

     

    La ricerca delle risposte pastorali si svolge nel contesto culturale dei nostri giorni. Molti dei nostri contemporanei provano difficoltà nel ragionare logicamente, nel leggere testi lunghi. Viviamo in una cultura dell’audio-visualità, dei sentimenti, delle esperienze emozionali, dei simboli. I luoghi di pellegrinaggio, in molti paesi, persino in quelli più secolarizzati, sono sempre più frequentati. Decine di migliaia di coniugi vanno per esempio nel santuario mariano di Šaštin, in Slovacchia, per chiedere l’aiuto della Madonna nei loro problemi matrimoniali. Molti percepiscono la loro vita non come un progetto, ma come una serie di momenti nei quali il valore supremo è di sentirsi bene, di stare bene. In tale visione ogni impegno stabile sembra temibile, l’avvenire appare come una minaccia, perché può accadere che nel futuro ci sentiremo peggio. Anche i rapporti sociali possono apparire come limitazioni ed ostacoli. Rispettare, "volere il bene" di un'altra persona, può richiedere anche rinunce. L’isolamento è spesso collegato quindi con questo culto del benestare momentaneo. Tale cultura generale si rispecchia nel gran numero delle risposte al questionario preparatorio di questa assemblea sinodale, le quali presentano un fatto quasi globale, cioè il calo dei matrimoni civili, la tendenza sempre più tipica di vivere insieme senza alcun matrimonio religioso o civile. La fuga dalle istituzioni si presenta come segno di individualizzazione, ma anche come sintomo di crisi di una società ormai appesantita di formalismi, obbligazioni e burocrazia. La fuga dalle istituzioni quindi come segno di povertà, di debolezza dell’individuo di fronte alla dilagante "complicatezza" delle strutture. E’ in questo contesto che dobbiamo annunciare il Vangelo della famiglia.

    Eppure, la cultura della parola non è scomparsa. La trasmissione del Vangelo avviene tenendo presente la ricchezza dell’insegnamento della Chiesa. Abbiamo bisogno della forza dello Spirito Santo per trovare le vie della verità nella carità, le risposte che esprimono la giustizia e allo stesso tempo la misericordia, perché queste due sono inseparabili. Hesed e tzedaka, misericordia e giustizia sono nell’Antico Testamento proprietà di Dio che in Lui coincidono. Nel Suo aiuto confidiamo nei nostri lavori.

    Va sottolineato che il Vangelo della famiglia è prima di tutto buona novella di una grazia donata dallo Spirito nel sacramento del matrimonio: è possibilità nuova offerta alla fragilità dell’uomo, da accogliere e celebrare con gioia e gratitudine, a livello sia personale, che comunitario. Gli obblighi derivanti dal matrimonio non vanno certamente dimenticati, ma evidenziati come esigenze del dono, che lo stesso dono rende possibili. Vale anche a questo riguardo il monito di Papa Francesco: «Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita» (Evangelii gaudium, n. 49).

    La chiara e piena verità del Vangelo dà quella luce, quel senso e quella speranza dei quali l’uomo di oggi ha tanto bisogno. Tale "verità medicinale", la Chiesa deve proporla in maniera da essere effettivamente riconosciuta come "rimedio", anche per le tante situazioni familiari problematiche, spesso molto sofferte. In altre parole, senza sminuire la verità, essa va proposta ponendosi anche dall’angolazione di coloro che più "fanno fatica" a riconoscerla come tale e a viverla.

     

    b) Metodo del lavoro sinodale

     

    Nel momento attuale della cultura, quando siamo inclini a dimenticare le verità essenziali, il quadro complessivo, e tentati a smarrirci nei dettagli, risulta particolarmente utile che ai pastori delle comunità locali vengano offerte delle linee direttrici chiare per poter aiutare a quanti vivono in situazioni difficili. Infatti, non si può realisticamente aspettare che essi trovino da soli le giuste soluzioni conformi alla verità del Vangelo e vicine alle situazioni particolari. In questa luce, la collegialità episcopale, che ha nel Sinodo un’espressione privilegiata, è chiamata a caratterizzare le sue proposte, armonizzando il rispetto e la promozione delle specifiche esperienze delle singole Conferenze episcopali, con la ricerca di linee pastorali condivise. Questo deve valere anche a livello di chiese locali, evitando le improvvisazioni di una "pastorale del fai da te", che finisce con il rendere più difficile l’accoglienza del Vangelo della famiglia. Va poi richiamato che l’assemblea sinodale straordinaria del 2014 è la prima tappa di un cammino ecclesiale che sfocerà nell’assemblea ordinaria del 2015. Ne deriva che il linguaggio e le indicazioni devono essere tali da promuovere l’approfondimento teologico più nobile, per ascoltare con la massima attenzione il messaggio del Signore, incoraggiando allo stesso tempo la partecipazione e l’ascolto di tutta la comunità dei fedeli. Per questo è importante la preghiera affinché il nostro lavoro dia i migliori frutti, quelli che Dio vuole.

    2. Il Vangelo della famiglia e la pastorale familiare

     

     a) La sfida educativa della famiglia: scuola di umanità, socialità, ecclesialità e santità

     

    La cura di pastori e fedeli nei confronti delle giovani generazioni si esprime, in modo particolare, nell’impegno formativo verso coloro che intraprendono con coraggio e speranza la via che conduce al matrimonio. Pertanto, è compito proprio della pastorale familiare quello di sostenere la sfida educativa, nelle sue diverse fasi: attraverso la formazione generale dei giovani all’affettività, nella preparazione prossima alle nozze, con l’accompagnamento nella vita matrimoniale e specialmente mediante il sostegno nelle situazioni più difficili, in modo che la famiglia costituisca un’autentica scuola di umanità, socialità, ecclesialità e santità. La famiglia èscuola di umanità, perché scuola di amore nella vita e nella crescita della persona (cf GS 52: famiglia "scuola di umanità"), grazie alla relazione che il matrimonio richiede e stabilisce fra i coniugi e fra genitori e figli (cf Gaudium et Spes 49 e Familiaris consortio 11). La famiglia è scuola di socialità perché fa crescere la persona nello sviluppo delle sue capacità di socializzazione e nella costruzione della società (cf FC 15 e 37). In maniera analoga, la famiglia è grembo di vita ecclesiale, che educa a vivere nella comunione della Chiesa e ad essere protagonisti attivi in essa (cf FC 48 e 50). La famiglia è, infine, anche scuola di santificazione, in cui si esercita e si alimenta il cammino di santità dei coniugi e dei figli (cf GS 48 e FC 56 e 59). Per queste ragioni la Chiesa annuncia il valore e la bellezza della famiglia. Con questo rende un servizio decisivo a un mondo il quale chiede, quasi implora di essere rischiarato dalla luce della speranza.

    Il variegato profilo della realtà familiare, che emerge dall’Instrumentum Laboris, mostra come nella varietà dei contesti socio-culturali ci sia un consenso, più grande di quanto non appaia a prima vista, sul fatto che matrimonio e famiglia sono beni originari della cultura dell’umanità, patrimonio che deve essere custodito, promosso e, quando necessario, difeso. Anche oggi la maggior parte degli esseri umani cerca la felicità della propria vita in un legame durevole tra un uomo ed una donna, insieme con i figli generati dalla loro unione. La famiglia incontra certamente oggi molte difficoltà; ma non è un modello fuori corso, si rileva anzi diffusamente fra i giovani un nuovo desiderio di famiglia. Lo dimostra, non da ultimo, la testimonianza dei molti matrimoni e delle famiglie cristiane vissute felicemente. Queste esperienze positive non vanno perse di vista, malgrado le diffuse situazioni precarie ed irregolari.

    Tra i cristiani cattolici la sostanza dell’insegnamento del Nuovo Testamento e del Catechismo della Chiesa Cattolica sul matrimonio sembra abbastanza conosciuta. Però, gli aspetti specifici della dottrina e del Magistero della Chiesa sul matrimonio e la famiglia non sono sempre sufficientemente conosciuti dai fedeli. Oltre alla questione della conoscenza si prende atto del fatto che tale dottrina spesso non è seguita nella prassi. Questo non significa che la dottrina sia messa in discussione in linea di principio dalla stragrande maggioranza dei fedeli e dei teologi. Nella forma in cui è presentata dal Concilio Vaticano II (cf Gaudium et spes 47-52), riassunta nell’Instrumentum Laboris, la dottrina incontra un ampio consenso tra i cattolici praticanti. Ciò vale in particolare per quanto riguarda l’indissolubilità del matrimonio e la sua sacramentalità tra battezzati. Non viene messa in questione la dottrina dell’indissolubilità del matrimonio in quanto tale, essa è anzi incontestata e nella maggior parte osservata anche nella prassi pastorale della Chiesa con le persone che hanno fallito nel loro matrimonio e che cercano un nuovo inizio. Quindi, non le questioni dottrinali, ma le questioni pratiche – inseparabili d’altro canto dalle verità della fede - sono in discussione in questo Sinodo, di natura squisitamente pastorale.

    Infine, dall’Instrumentum Laboris emergono due aspetti chiari riguardo l’omosessualità. Prima di tutto, un ampio consenso riguardo al fatto che persone di tendenza omosessuale non devono essere discriminate, come ribadisce anche il Catechismo della Chiesa Cattolica (nn. 2357-2359). In secondo luogo emerge con altrettanta chiarezza che da parte della maggioranza dei battezzati – e della totalità delle conferenze episcopali - non è attesa una equiparazione di questi rapporti con il matrimonio tra uomo e donna. Neppure le forme ideologiche delle teorie del gender trovano consenso presso la stragrande maggioranza dei cattolici.

    Molti vogliono, invece, superare i tradizionali ruoli sociali, condizionati culturalmente, e la discriminazione delle donne, che continua a essere presente, senza con questo negare la differenza naturale e creaturale tra i sessi e la loro reciprocità e complementarietà.

    Non c’è dunque motivo all’interno della Chiesa per uno stato d’animo di catastrofismo o di abdicazione. Esiste un patrimonio di fede chiaro e ampiamente condiviso, dal quale l’Assemblea Sinodale può partire, di cui si dovrebbero rendere più universalmente consapevoli i fedeli attraverso una più profonda catechesi sul matrimonio e la famiglia. Sulla base di questa fondamentale convinzione è possibile una riflessione comune sui compiti missionari delle famiglie cristiane e sulle questioni della giusta risposta pastorale alle situazioni difficili.

    Sarebbe auspicabile che il Sinodo, partendo dalla comune base di fede, guardasse al di là della cerchia dei cattolici praticanti e, considerando la situazione complessa della società, trattasse delle obiettive difficoltà sociali e culturali che pesano oggi sulla vita matrimoniale e familiare. Non abbiamo a che fare solo con problemi di etica individuale, ma con strutture di peccato ostili alla famiglia, in un mondo di disuguaglianza e d’ingiustizia sociale, di consumismo da una parte e di povertà dall’altra. Il rapido cambiamento culturale in tutti gli ambiti trascina le famiglie, che sono la cellula fondamentale della società, in un processo di stravolgimento che mette in questione la tradizionale cultura familiare e spesso la distrugge. D’altra parte, la famiglia è quasi l’ultima realtà umana accogliente in un mondo determinato pressoché esclusivamente dalla finanza e dalla tecnologia. Una nuova cultura della famiglia può essere il punto di partenza per una rinnovata civiltà umana.

     

    b) Solidità e chiarezza nei percorsi formativi

     

    Accostando ora più da vicino la pastorale rivolta alle famiglie in via di costituzione, si deve rilevare l’incertezza che accompagna molti giovani, che aspirano con speranza ad un amore stabile e duraturo. Rivolgendosi alla Chiesa, essi domandano - non sempre in modo esplicito - di essere motivati a vincere le loro legittime paure e ad essere accolti da una comunità, che testimoni loro la bellezza e la concretezza della vita matrimoniale con tutte le sue reali difficoltà, specialmente relazionali ed economiche. Il desiderio di famiglia che essi portano nel cuore ha bisogno di essere confermato e sostenuto da catechesi solide, che invitino loro anche ad inserirsi nella comunità delle famiglie credenti. Tali comunità sono presenti in molte parrocchie del mondo e sono un segno molto incoraggiante dei nostri tempi.

    In tal senso, occorre accompagnare i nubendi verso una chiara consapevolezza di quello che è il matrimonio nel disegno del Creatore, alleanza che tra i battezzati ha sempre la dignità sacramentale (CIC, can. 1055 §§ 1-2). Gli elementi sostanziali e le proprietà essenziali (unicità, fedeltà, fecondità) di questo disegno, se sono non semplicemente disattesi, ma esclusi con un atto positivo di volontà, rendono invalido il matrimonio. D’altra parte, la fede personale facilita l’accoglienza della grazia sacramentale, per la quale il matrimonio cristiano viene corroborato, nel perseguimento responsabile dei suoi beni essenziali. Malgrado le parole molto chiare della liturgia che gli sposi pronunciano, non pochi, infatti, si accostano al sacramento senza la chiara consapevolezza di assumere dinanzi al Signore l’impegno di accogliere e donare la vita al coniuge, senza condizioni e per sempre. Anzi, sotto l’influsso della cultura dominante, non pochi si riservano il cosiddetto "diritto" di non osservare la fedeltà coniugale, di divorziarsi e risposarsi se il matrimonio non dovesse funzionare, o di non aprirsi alla vita. La serena e coraggiosa assunzione di tale responsabilità, invece, è segno della personale scelta di fede senza la quale il sacramento, seppur valido, non risulta efficace. Il matrimonio, infatti, oltre ad essere un rapporto personalissimo ed un vincolo spirituale, è necessariamente anche un’istituzione della società. Questo vuol dire che la condizione matrimoniale della persona davanti a Dio, realtà che non è percepibile con i sensi umani, deve essere accolta nel modo più vero possibile anche dalla comunità. Perciò alcune presunzioni sono indispensabili circa lo stato matrimoniale della persona. Dalla stessa natura delle presunzioni consegue però la possibilità della divergenza tra la condizione presunta e quella reale, sacramentale, della persona. Infatti, anche se l’amore in sé non è una realtà soggetta al giudizio ed alla verifica di terzi, lo è, senza dubbio, l’istituto del matrimonio e della famiglia, vista la loro rilevanza sociale ed ecclesiale.

    Nel corso dei secoli, la Chiesa ha voluto salvaguardare la verità dell’umano anche con norme giuridiche tese a garantire che l’impegno della libertà, assunto con consapevolezza nell’atto del consenso, non venisse equiparato a qualsiasi altro impegno. Lo sforzo pastorale della Chiesa nell’accompagnare i fidanzati al matrimonio dovrà essere sempre maggiore per mostrare il valore ed il fascino di un legame perenne.

     

    c) La famiglia come protagonista dell’evangelizzazione

     

    Oltre alla vocazione speciale e primaria della famiglia all’educazione umana e cristiana dei figli, esiste una missione dei membri della famiglia di trasmettere la fede e renderne testimonianza davanti agli altri. La famiglia risulta anche nucleo della comunità parrocchiale. In molti paesi del mondo esistono comunità vive nelle parrocchie, composte da coniugi o da famiglie intere, che si incontrano regolarmente, pregano insieme, studiano e approfondiscono il Catechismo, leggono la Bibbia, parlano di problemi della vita quotidiana, delle difficoltà e bellezze della vita comune della coppia, di questioni di educazione. In altre parole, si sforzano di coniugare la fede con la vita. Si aiutano a vicenda in caso di malattia, disoccupazione od altri problemi. Molti di loro partecipano al lavoro della caritas. Non pochi aiutano nella preparazione degli sposi al matrimonio stabilendo con loro rapporti di amicizia che durano anche dopo la celebrazione del matrimonio. Ci sono gruppi di giovani madri cattoliche con figli piccoli che accolgono anche madri senza un’appartenenza religiosa o non credenti, realizzando così una nuova forma di missione. Dalle famiglie provengono diverse nuove comunità che aiutano alle coppie in crisi o assistono alle donne in difficoltà esistenziali o psicologiche. Sembra importante di promuovere e diffondere queste iniziative per tutta la Chiesa.

    d) L’azione pastorale in situazioni di crisi

     

    L’Instrumentum Laboris constata: «che la perdita di valori, e addirittura la disgregazione della famiglia, possono trasformarsi in occasione di fortificazione del legame coniugale. Per superare la crisi può essere di aiuto il sostegno di altre famiglie disposte ad accompagnare il difficile cammino della coppia in crisi. In particolare, si sottolinea la necessità che la parrocchia si faccia prossima come una famiglia di famiglie» (n. 63).

     

    e) Difficoltà interne alla famiglia e pressioni esterne

     

    La diffusa difficoltà a stabilire una comunicazione serena all’interno del nucleo familiare è dovuta a molteplici fattori quali: le preoccupazioni di tipo lavorativo ed economico; visioni diverse nell’educazione dei figli, provenienti da differenti modelli educativi genitoriali; tempi ridotti del dialogo e del riposo. A ciò si aggiungono fattori disgreganti quali la separazione e il divorzio, con le conseguenze di realtà familiari allargate o, viceversa, monoparentali, in cui i riferimenti genitoriali si confondono o si riducono, fino ad annullarsi. Infine, non è di poco conto la diffusa mentalità egoista che si chiude alla vita, con la preoccupante crescita della pratica abortiva. Lo stesso egoismo può condurre alla falsa visione di considerare i figli come oggetti di proprietà dei genitori, che possono essere fabbricati secondo i loro desideri.

    Specialmente in contesti dove la povertà è ampiamente diffusa, sono particolarmente le donne e i bambini a risentire di violenza ed abusi; tuttavia, anche nei contesti maggiormente sviluppati non mancano fattori disgreganti, dovuti a varie forme di dipendenza, come alcol, droghe, gioco d’azzardo, pornografia, altre forme di dipendenza sessuale e social network. Dinanzi a tali sfide, la Chiesa avverte l’urgenza di evangelizzare la famiglia mediante l’annuncio della sobrietà e dell’essenzialità, incoraggiando il valore delle relazioni personali, la sensibilità verso i più poveri, la capacità di un uso responsabile dei mass media e delle nuove tecnologie, nel rispetto della dignità delle persone, specialmente le più deboli e indifese, che pagano il prezzo più alto della solitudine e dell’emarginazione.

    Tra le pressioni esterne, la crescente precarietà lavorativa rappresenta un incubo per molte famiglie; il fenomeno migratorio induce spesso nella famiglia consistenti squilibri, come quelli sperimentati da coloro che si muovono dalla propria terra - spesso a causa della guerra e della povertà - o da coloro che si trovano a riceverli nel proprio paese. Il concreto sostegno da parte della Chiesa verso queste famiglie non può prescindere da un fattivo impegno degli Stati e degli enti pubblici preposti alla tutela e promozione del bene comune, mediante politiche adeguate.

     

    3. Le situazioni pastorali difficili

     

    a) La Chiesa come "casa paterna" (EG 47)

    Come afferma il Papa Francesco: «La famiglia attraversa una crisi culturale profonda, come tutte le comunità [...] la fragilità dei legami diventa particolarmente grave perché si tratta della cellula fondamentale della società» (Evangelii gaudium, 66).

    Al riguardo, l’Instrumentum Laboris rileva: «Dalle risposte emerge la comune considerazione che, nell’ambito di quelle che possono definirsi situazioni matrimoniali difficili, si celano storie di grande sofferenza, come pure testimonianze di sincero amore. "La Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre"» (EG 47). Una vera urgenza pastorale è quella di permettere a queste persone di curare le ferite, di guarire e di riprendere a camminare insieme a tutta la comunità ecclesiale.

    Per affrontare correttamente tali situazioni, in primo luogo, la Chiesa afferma il valore irrinunciabile della verità dell’indissolubilità del matrimonio, fondata già sul progetto originale del Creatore (Gen 1,27; 2,24; cf Mt 19, 4-9). Riguardo alla dignità sacramentale, invece, che esso riveste fra battezzati, afferma che si basa sul profondo collegamento fra il vincolo nuziale e quello indissolubile di Cristo con la Chiesa (Ef 5,22-33). In secondo luogo, è necessaria una rinnovata e adeguata azione di pastorale familiare. Essa deve sostenere i coniugi nel loro impegno di fedeltà reciproca e di dedizione ai figli. Inoltre, è necessario riflettere sul modo migliore di accompagnare le persone che si trovano nelle suddette situazioni, in modo che non si sentano escluse dalla vita della Chiesa. Infine, occorre individuare forme e linguaggi adeguati per annunciare che tutti sono e restano figli e sono amati da Dio Padre e dalla Chiesa madre.

     

    b) Verità e misericordia

     

    Negli ultimi decenni il tema della misericordia è emerso sempre più in primo piano come un punto di vista importante nell’annuncio del Vangelo. La misericordia di Dio, già presentata diffusamente nell’Antico Testamento (cf Es 34,6; 2 Sam 24,14; Sal 111,4 ecc.), è rivelata al suo vertice soprattutto nei gesti e nella predicazione di Gesù. Nella parabola del Padre misericordioso (cf Lc 15,11-32), oltre che in tutto il Nuovo Testamento, la misericordia costituisce una verità centrale: Dio è ricco di misericordia (cf Ef 2,4). Secondo Tommaso d’Aquino, essa è la più importante proprietà di Dio (cf. Summa theol. II/II q. 30 a. 4; Evangelii gaudium, 37); esprime l’assoluta sovranità di Dio e indica la creatrice fedeltà a se stesso del Dio che è amore (cf. 1Gv 4, 8.16). Per ricevere questa misericordia il figliol prodigo ritorna al Padre, chiede perdono, comincia una vita nuova. La manifestazione più decisiva della divina misericordia verso l’umanità è l’Incarnazione e l’Opera salvifica di Cristo. Secondo il Vangelo di San Marco, Cristo stesso comincia l’annuncio della Buona Novella con l’appello alla conversione: "Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15). Dio infatti non si stanca mai di perdonare al peccatore che si converte, e non si stanca di dargli sempre di nuovo una possibilità. Questa misericordia non significa giustificazione del peccato, ma giustificazione del peccatore però nella misura in cui si converte e si propone di non peccare più.

    La misericordia significa dare oltre al doveroso, regalare, aiutare. Solo la misericordia di Dio può realizzare il vero perdono dei peccati. Nell’assoluzione sacramentale Dio ci perdona mediante il ministero della Chiesa. Per noi rimane il compito di rendere testimonianza della misericordia di Dio e di esercitare gli atti classici, conosciuti già nell’Antico Testamento, della misericordia spirituale e corporale. Il luogo privilegiato di vivere questi atti di misericordia è proprio la famiglia.

    Il significato della misericordia per la Chiesa di oggi è stato messo in risalto da San Giovanni XXIII all’apertura del Concilio Vaticano II. Egli ha dichiarato che la Chiesa in ogni tempo deve opporsi all’errore; oggi tuttavia essa deve ricorrere alla medicina della misericordia più che alle armi del rigore. In questo modo il Papa ha conferito la tonalità fondamentale al Concilio. San Giovanni Paolo II ha ripreso questa istanza nella sua seconda enciclica Dives in misericordia (1980) e ha dedicato alla Divina Misericordia la seconda domenica del tempo pasquale. Papa Benedetto XVI ha approfondito il tema nell’enciclica Deus caritas est (2005). Sin dall’inizio del Suo pontificato, Papa Francesco ha ribadito: "Dio mai si stanca di perdonarci, mai! [...] noi, a volte, ci stanchiamo di chiedere perdono" (Angelus del 17 marzo 2013). Anche nel caso della famiglia, del matrimonio, del significato della sua indissolubilità, valgono le parole di Papa Francesco: «La salvezza che Dio ci offre è opera della sua misericordia. Non esiste azione umana, per buona che possa essere, che ci faccia meritare un dono così grande. Dio, per pura grazia, ci attrae per unirci a Sé. Egli invia il suo Spirito nei nostri cuori per farci suoi figli, per trasformarci e per renderci capaci di rispondere con la nostra vita al suo amore. La Chiesa è inviata da Gesù Cristo come sacramento della salvezza offerta da Dio» (EG 112). Essa è «il luogo della misericordia gratuita, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere secondo la vita buona del Vangelo» (ivi 114).

    La misericordia, come tema centrale della rivelazione di Dio, è insomma importante per l’ermeneutica dell’agire ecclesiale (cf EG 193 ss.); naturalmente, essa non elimina la verità e non la relativizza, ma conduce a interpretarla correttamente nel quadro della gerarchia delle verità (cf UR 11; EG 36-37). Non elimina neanche l’esigenza della giustizia.

    La misericordia non toglie quindi neppure gli impegni che nascono dalle esigenze del vincolo matrimoniale. Questi continuano a sussistere anche quando l’amore umano si è affievolito o è cessato. Ciò significa che, nel caso di un matrimonio sacramentale (consumato), dopo un divorzio, mentre il primo coniuge è ancora in vita, non è possibile un secondo matrimonio riconosciuto dalla Chiesa.

     

    c) Le convivenze e i matrimoni civili

     

    Com’è stato rilevato dalle risposte al Questionario e riassunto nell’Instrumentum Laboris, le situazioni difficili o irregolari sono diverse e non si può stabilire per tutte in forma rigida il medesimo percorso (cf n. 52) occorre discernere caso per caso. In tal senso, una dimensione nuova della pastorale familiare odierna, consiste nel cogliere la realtà dei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, anche delle convivenze. Infatti, quando l’unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico è connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da capacità di resistere nelle prove, e può essere vista come un germe da accompagnare nello sviluppo verso il sacramento del matrimonio. Molto spesso invece la convivenza si stabilisce non in vista ad un possibile futuro matrimonio, ma senza alcuna intenzione di stabilire un rapporto istituzionale.

    La Chiesa non può non cogliere anche in situazioni, a prima vista lontane da criteri rispondenti al Vangelo, un’opportunità per farsi accanto alle persone al fine di farle arrivare ad una consapevole, vera e giusta decisione circa il loro rapporto. Non c’è alcuna situazione umana che non possa diventare per la Chiesa occasione per trovare linguaggi adeguati a far comprendere il valore dell’unione matrimoniale e della vita familiare alla luce del Vangelo. La sfida che ci è posta oggi, consiste nel riuscire a mostrare quel meglio che spesso non si coglie o si è incapaci di cogliere.

     

    d) La cura pastorale dei divorziati risposati

     

    Innanzitutto, quello dei divorziati risposati civilmente è solo un problema nel grande numero di sfide pastorali oggi acutamente avvertite (cf in proposito FC 84). Anzi è da registrare che in alcuni paesi non si dà questo problema, in quanto non esiste matrimonio civile, in altri paesi la percentuale dei divorziati risposati tende a diminuire a motivo della non volontà di contrarre un nuovo matrimonio – neanche civile – dopo il fallimento del primo. In base alle risposte date al Questionario risulta che questo problema ha accenti diversi nelle singole regioni del mondo (cf Instrumentum Laboris nn. 98-100).

    Alla luce di quanto è già stato detto, non si tratta di mettere in questione la parola di Cristo (cf Mt 19,3-12 par.) e la verità dell’indissolubilità del matrimonio (cf Denzinger - Hünermann 1327; 1797; 1807; GS 49), e neanche di ritenerle di fatto non più in vigore. Sarebbe inoltre fuorviante il concentrarsi solo sulla questione della recezione dei sacramenti. La risposta, quindi, può essere cercata nel contesto di una più ampia pastorale giovanile e di preparazione al matrimonio. E’ necessario anche un accompagnamento pastorale intensivo del matrimonio e della famiglia, in particolare nelle situazioni di crisi.

    Per quel che concerne i divorziati che si sono risposati civilmente, non pochi ribadiscono che bisogna tener conto della differenza tra chi colpevolmente ha rotto un matrimonio e chi è stato abbandonato. La pastorale della Chiesa dovrebbe prendersi cura di loro in modo particolare.

    I divorziati risposati civilmente appartengono alla Chiesa. Hanno bisogno e hanno il diritto di essere accompagnati dai loro pastori (cfSacramentum caritatis n. 28). Essi sono invitati ad ascoltare la parola di Dio, a partecipare alla liturgia della Chiesa, alla preghiera e a compiere le opere buone della carità. La pastorale della Chiesa deve prendersi cura di loro in un modo tutto particolare, tenendo presente la situazione di ciascuno. Da qui la necessità di avere almeno in ogni chiesa particolare un sacerdote, debitamente preparato, che possa previamente e gratuitamente consigliare le parti sulla validità del loro matrimonio. Infatti, molti sposi non sono coscienti dei criteri di validità del matrimonio e tanto meno della possibilità dell’invalidità. Dopo il divorzio, questa verifica deve essere portata avanti, in un contesto di dialogo pastorale sulle cause del fallimento del matrimonio precedente, individuando eventuali capi di nullità. Allo stesso tempo, evitando ogni apparenza di un semplice espletamento burocratico ovvero di interessi economici. Se tutto questo si svolgerà nella serietà e nella ricerca della verità, la dichiarazione di nullità produrrà una liberazione delle coscienze delle parti.

     

    e) La prassi canonica delle cause matrimoniali e la via extra-giudiziale

     

    Tenendo presente quanto rilevato dall’Instrumentum Laboris, a proposito della ampia richiesta di semplificazione delle cause matrimoniali (cf nn. 98-102), dal punto di vista pastorale, e tenendo conto della diffusione della mentalità divorzista in ordine alla valida celebrazione del sacramento, non sembra azzardato, come appena accennato, ritenere che non pochi dei matrimoni celebrati in Chiesa possano risultare non validi. Per accertare in maniera efficace e snella l’eventuale nullità del vincolo sembra, a non pochi, che sia da rivedere, in primo luogo, l’obbligatorietà della doppia sentenza conforme per la dichiarazione di nullità del vincolo matrimoniale, procedendo al secondo grado solo se c’è appello da una o da entrambe le parti ovvero da parte del difensore del vincolo, entro un tempo definito. Un eventuale soluzione di questo genere dovrebbe, in ogni caso, evitare qualsiasi meccanicità e l’impressione della concessione di un divorzio. Tuttavia, in certi casi potrebbero essere necessarie altre garanzie, per esempio l’obbligo del difensore del vincolo ad appellare, al fine di evitare soluzioni ingiuste e scandalose.

    In secondo luogo, per la già accennata larga diffusione della mentalità divorzista in molte società e vista la prassi dei tribunali civili che pronunciano le sentenze di divorzio, accade frequentemente che le parti che celebrano un matrimonio canonico, lo fanno riservandosi il diritto di divorziare e contrarre un altro matrimonio in presenza di difficoltà nella convivenza. Tale simulazione, anche senza la piena consapevolezza di questo aspetto ontologico e canonico, rende invalido il matrimonio. Per provare detta esclusione dell’indissolubilità basta la confessione della parte simulante confermata dalle circostanze ed altri elementi (cf CIC cann. 1536 § 2, 1679). Se è così già nel processo giudiziale, è pensabile, per alcuni, la produzione della stessa prova nel quadro di un processo amministrativo. Inoltre, secondo proposte autorevoli, occorrerebbe valutare la rilevanza dell’intenzione della fede dei nubendi in ordine alla validità del matrimonio sacramento, secondo il principio generale che per la validità di un sacramento è necessario che vi sia l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa (cf Benedetto XVI, Discorso al Tribunale della Rota Romana, 26 gennaio 2013, n. 4).Questa via extra-giudiziale potrebbe prevedere – secondo loro - un itinerario di conoscenza, discernimento e approfondimento che, nel caso di presenza delle condizioni di invalidità, potrebbe culminare nella dichiarazione di nullità da parte del Vescovo diocesano, il quale andrebbe anche a proporre un cammino di presa di coscienza e conversione alla persona interessata in vista di un eventuale futuro matrimonio, per non ripetere la stessa simulazione.

    In terzo luogo, bisogna tenere presente che per risolvere certi casi esiste la possibilità di applicare il "privilegio paolino" (cf CIC, cann. 1143-1147) o ricorrere al "privilegio petrino" (nei casi di matrimoni contratti con disparità di culto). Infine, bisogna anche tenere presente la possibilità dello scioglimento, "per grazia", del matrimonio rato e non consumato.

     

    f) La prassi delle Chiese ortodosse

     

    L’Instrumentum Laboris segnala che certe risposte suggeriscono di esaminare più approfonditamente la prassi di alcune delle Chiese ortodosse, che prevede la possibilità di seconde nozze e terze connotate da un carattere penitenziale (cf n. 95). Detto studio si rende necessario per evitare interpretazioni e conclusioni non sufficientemente fondate. Questo tema sottolinea l’importanza dello studio della storia della disciplina della Chiesa in Oriente e in Occidente. A questo riguardo si potrebbe riflettere sul possibile contributo della conoscenza della tradizione disciplinare, liturgica e dottrinale delle Chiese orientali.

     

    4. La famiglia e il Vangelo della vita

     

     a) Annunciare il Vangelo della vita

     

    Data la diversità culturale e di tradizioni in seno alle varie realtà che compongono la Chiesa cattolica, risulta di grande aiuto nell’opera di evangelizzazione, di inculturazione del Vangelo, l’apporto delle singole Conferenze episcopali. Ugualmente a quanto si realizza nella comunione episcopale, è necessario che questa sinergia nell’annuncio si realizzi sub Petro et cum Petro.

    L’apertura alla vita non si aggiunge, per un’imposizione esterna o per una scelta opinabile e facoltativa, all’amore coniugale, ne è parte essenziale, esigenza intrinseca, perché quest’amore tende alla comunione e la comunione genera vita. Nel mondo occidentale non è raro trovare coppie che scelgono deliberatamente di non avere figli, situazione paradossalmente simile a quella di chi fa di tutto per averne. In entrambi i casi la possibilità di generare un figlio è appiattita sulla propria capacità di autodeterminazione, ricondotta a una dimensione di progettazione che mette se stessi al centro: i propri desideri, le proprie aspettative, la realizzazione dei propri progetti che non tengono presente l’altro.

    L’amore sponsale, e più in generale la relazione, non deve mai costruirsi come un circolo chiuso. Nell’accoglienza dei figli si condensa l’accoglienza dell’altro, degli altri, con cui si impara a scoprire e a costruire la nostra umanità. Accogliere un figlio non è soltanto metterlo al mondo, ma generarlo nella sua alterità, dargli la vita.

    L’accoglienza della vita non può essere pensata come limitata unicamente al concepimento e alla nascita. Essa si completa nell’educazione dei figli, nel sostegno offerto alla loro crescita. E anche su questo versante si richiede una riflessione che tocca le dinamiche culturali e sociali, soprattutto il rapporto tra le diverse generazioni.

    b) La famiglia nel contesto relazionale

     

    È anche vero tuttavia che l’accoglienza della vita, l’assunzione di responsabilità in ordine alla generazione della vita e alla cura che essa richiede, sono possibili solo se la famiglia non si concepisce come un frammento isolato, ma si avverte inserita in una trama di relazioni. Ci si educa ad accogliere veramente il figlio se si è dentro una realtà di relazioni parentali, amicali, istituzionali, sia civili che ecclesiali. Diventa sempre più importante non lasciare la famiglia, le famiglie, da sole, ma accompagnarne e sostenerne il cammino. Quando questo non accade, le tensioni e le inevitabili fatiche di quella comunicazione che è implicata nella vita della famiglia, nella relazione tra coniugi o in quella tra genitori e figli, possono acquistare talvolta toni drammatici, tanto da esplodere in gesti di follia distruttrice. Dietro le tragedie familiari c’è molto spesso una disperata solitudine, un grido di sofferenza che nessuno ha saputo scorgere.

    Perché si possa veramente accogliere la vita nella famiglia e averne cura sempre, dal concepimento fino alla morte naturale, è necessario ritrovare il senso di una solidarietà diffusa e concreta. Recuperare la responsabilità formativa della comunità, in particolare della comunità ecclesiale. Attivare a livello istituzionale le condizioni che rendano possibile questa cura facendo cogliere la nascita di un bambino, così come l‘assistenza a un anziano, quale bene sociale da tutelare e favorire. C’è bisogno di comunità ecclesiali che organizzano i tempi e gli spazi della pastorale a misura di famiglia. C’è bisogno, poi, di superare la tendenza alla privatizzazione degli affetti. Il mondo occidentale rischia di fare della famiglia una realtà affidata esclusivamente alle scelte del singolo, totalmente sganciata da un quadro normativo e istituzionale. Una simile privatizzazione rende più fragili i legami familiari, li svuota progressivamente del senso che è loro proprio.

    La relazione che dà vita ad una famiglia, le relazioni che si stabiliscono al suo interno, sono punto di incrocio tra la dimensione privata e quella sociale. Nelle società tradizionali la dimensione sociale del matrimonio e della famiglia si esplica in un controllo comunitario così forte da risultare talvolta soffocante. Occorre trovare il giusto punto di equilibrio tra queste differenti dimensioni, entrambe però essenziali alla vita della famiglia così come alla realtà della persona, che è sempre insieme persona singola e persona sociale.

    Nella vita della famiglia si sperimenta come nelle scelte più intime del soggetto sia presente una dimensione di trascendenza. Attraverso i coniugi, il loro concreto aprirsi alla generazione della vita, si fa l’esperienza di un mistero che ci trascende. L’amore che unisce i due coniugi e che diventa principio di nuova vita, è l’amore di Dio.

    c) La responsabilità della Chiesa e l’educazione

     

    Alla Chiesa spetta annunciare e testimoniare l’altissima dignità della persona umana. La Chiesa non si limita a dire ai fedeli e agli uomini di buona volontà cosa essi debbano fare, ma si fa solidale con loro. Condivide le loro speranze, i loro desideri e le loro difficoltà. Questo è un forte segno di credibilità davanti agli occhi del mondo.

    Una particolare cura va destinata in tal senso all’educazione dell’affettività e della sessualità. Occorre infatti prima di tutto saperla apprezzare e annunciarne il valore. Va ribadita in tal senso l’importanza dei cammini formativi. La testimonianza da parte degli adulti aggiunge credibilità agli ideali che devono essere presentati con chiarezza. Senza dubbio, alle giovani generazioni aiuta molto la testimonianza di un amore fedele e profondo fatto di tenerezza, di rispetto, di accoglienza reciproca, di perdono, capace di crescere nel tempo senza consumarsi nell’immediatezza. Nello stesso tempo occorre però evitare banalizzazioni, superficialità e forme di "tolleranza" che nascondono una sostanziale indifferenza e incapacità di attenzione.

    Risulta inoltre necessario continuare nella proposta della visione personalista dell’amore coniugale delineata dal Vaticano II (cfGaudium et spes, n. 49), tenuto conto anche delle grandi sfide costituite dal modo di presentare l’amore e la famiglia in molti mass media. Anche questo è un tema che richiede più studio.

    d) Temi riguardanti l’Humanae vitae

    Su queste prospettive è possibile una riproposta positiva del messaggio dell’Humanae vitae attraverso un’ermeneutica storica adeguata, che sappia cogliere i fattori storici e le preoccupazioni che hanno retto la sua stesura da parte di Paolo VI. In altre parole, occorre rileggere l’Enciclica nella prospettiva che lo stesso Paolo VI indicava nell’udienza del 31 luglio 1968: «… non è soltanto la dichiarazione di una legge morale negativa, cioè l’esclusione di ogni azione, che si proponga di rendere impossibile la procreazione (n. 14), ma è soprattutto la presentazione positiva della moralità coniugale in ordine alla sua missione d’amore e di fecondità "nella visione integrale dell’uomo e della sua vocazione, non solo naturale e terrena, ma anche soprannaturale ed eterna" (n. 7). È il chiarimento di un capitolo fondamentale della vita personale, coniugale, familiare e sociale dell’uomo, ma non è la trattazione completa di quanto riguarda l’essere umano nel campo del matrimonio, della famiglia, dell’onestà dei costumi, campo immenso nel quale il magistero della Chiesa potrà e dovrà forse ritornare con disegno più ampio, organico e sintetico».

    Va poi specificato che la norma morale da essa ricordata si attua alla luce della "legge della gradualità", secondo le indicazioni già formulate nel n. 34 di Familiaris consortio: ricordando che l’uomo in quanto essere storico «… conosce ama e compie il bene morale secondo tappe di crescita».

    Conclusione

     

    Se guardiamo alle origini del cristianesimo, vediamo come esso sia riuscito ad essere accettato ed accolto – malgrado ogni rifiuto e diversità culturale – per la profondità e forza intrinseca del suo messaggio. Infatti, è riuscito a illuminare la dignità della persona alla luce della Rivelazione, anche riguardo l’affettività, la sessualità e la famiglia.

    La sfida da accogliere da parte del Sinodo è proprio di riuscire a proporre nuovamente al mondo di oggi, per certi versi così simile a quello dei primi tempi della Chiesa, il fascino del messaggio cristiano riguardo il matrimonio e la famiglia, sottolineando la gioia che danno, ma allo stesso tempo di dare delle risposte vere ed impregnate di carità (cf Ef 4,15) ai tanti problemi che specialmente oggi toccano l’esistenza della famiglia. Evidenziando che la vera libertà morale non consiste nel fare ciò che si sente, non vive solo di emozioni, ma si realizza solamente nell’acquisizione del vero bene.

    In concreto ci viene chiesto prima di tutto di porci a fianco delle nostre sorelle e dei nostri fratelli con lo spirito del buon Samaritano (cf Lc 10, 25-37): essere attenti alla loro vita, essere in particolare vicini a coloro che sono stati "feriti" dalla vita ed aspettano una parola di speranza, che noi sappiamo, solo Cristo può darci (cf Gv6, 68).

    Il mondo ha bisogno di Cristo. Il mondo ha bisogno anche di noi, perché apparteniamo a Cristo.


    [Modificato da Caterina63 06/10/2014 12:53]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 06/10/2014 12:54
    [SM=g1740758] qui posteremo i video interessanti....

    ore 11.00 - Diretta video della Relazione introduttiva al Sinodo straordinario sulla Famiglia del Relatore generale, da parte del Relatore Generale il card. Peter Erdö il cui testo abbiamo postato sopra [SM=g1740733]

    Aula del Sinodo, Vaticano
    Streaming live of Introductory Report of the Relator general of the Synod, Cardinal Peter Erdo

    www.youtube.com/watch?v=7cA5ZbLfhHs








    [SM=g1740771]


    [Modificato da Caterina63 06/10/2014 12:56]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 07/10/2014 13:16
      aggiornamenti UFFICIALI  in tempo reale



















    Synod14 - 2a Congregazione generale: Sintesi del dibattito generale (6 ottobre, pomeriggio), 07.10.2014

     

    Seconda Congregazione generale: Sintesi del dibattito generale

     

    Santo Padre: presente
    Padri Sinodali: 180

     

    Nel corso della seconda Congregazione generale, è iniziato il dibattito generale. Il tema previsto, secondo l’ordine dell’Instrumentum Laboris, era: "Il disegno di Dio su matrimonio e famiglia" (I parte, cap. 1) e "Conoscenza e ricezione della Sacra Scrittura e dei documenti della Chiesa su matrimonio e famiglia" (I parte, cap. 2).

    Partendo dalla premessa che la famiglia è nucleo fondamentale della società umana, culla dell’amore gratuito, e che parlare di famiglia e di matrimonio implica una educazione alla fedeltà, si è ribadito che la famiglia va tutelata perché ne va del futuro dell’umanità.

    Da più parti, inoltre, è emersa la necessità di adeguare il linguaggio della Chiesa, affinché la dottrina sulla famiglia, la vita, la sessualità sia compresa nel modo giusto: bisogna entrare in dialogo con il mondo, guardando all’esempio del Concilio, ovvero con un’apertura critica, ma sincera. Perché se la Chiesa non ascolta il mondo, il mondo non ascolterà la Chiesa. Ed il dialogo si può basare su temi importanti, come la pari dignità tra uomo e donna ed il rifiuto della violenza.

    Il Vangelo non va spiegato, ma va mostrato  – si è detto in Aula – e soprattutto vanno coinvolti i fedeli laici nell’annuncio della Buona Novella, evidenziandone il carisma missionario. L’evangelizzazione non deve essere una teoria spersonalizzata, ma deve fare sì che le famiglie stesse diano, concretamente, testimonianza della bellezza e della verità evangeliche. La sfida, si è detto, è quella di passare da una situazione difensiva ad una propositiva e attiva, ovvero rilanciare la capacità di proporre il patrimonio della fede con un nuovo linguaggio, con speranza, ardore, entusiasmo, offrendo testimonianze convincenti, creando un ponte tra il linguaggio della Chiesa e quello società.

    In questo senso, è stato auspicato l’uso di una catechesi "biblica" piuttosto che "teologico-speculativa" perché – nonostante le apparenze – la gente non è più soddisfatta dall’egoismo e cerca ideali. Anche perché l’uomo vuole la felicità ed il cristiano sa che la felicità è Cristo, ma non riesce più a trovare il linguaggio adatto per dirlo al mondo. La Chiesa, invece, deve essere "magnetica", lavorare per attrazione, con un atteggiamento di amicizia nei confronti del mondo.

    Quanto alle coppie in difficoltà, si è sottolineato la necessità che la Chiesa deve essere loro vicina con comprensione, perdono e misericordia: la misericordia – è stato detto – è la prima prerogativa di Dio, ma bisogna guardarla nel contesto della giustizia, solo così si rispetterà davvero l’insieme del piano di Dio.

    Il matrimonio è e resta un sacramento indissolubile; tuttavia, poiché la verità è Cristo, una Persona, e non un insieme di regole, è importante mantenere i principi, pur cambiando le forme concrete della loro attuazione. Insomma, come diceva Benedetto XVI, novità nella continuità: il Sinodo non mette in discussione la Dottrina, ma riflette sulla Pastorale, ovvero sul discernimento spirituale per l’applicazione di tale Dottrina davanti alle sfide della famiglia contemporanea. In questo senso, la misericordia non elimina i comandamenti, ma ne è la chiave ermeneutica.

    Inoltre, è stato sottolineato come anche situazioni imperfette debbano essere considerate con rispetto: ad esempio, unioni di fatto in cui si conviva con fedeltà ed amore, presentano elementi di santificazione e di verità. Essenziale, quindi, guardare innanzitutto agli elementi positivi, affinché il Sinodo infonda coraggio e speranza anche a forme imperfette di famiglia, che possono essere valorizzate, secondo il principio della gradualità. Bisogna amare davvero le famiglie in difficoltà.

    Nel contesto di una società in cui prevale una sorta di "ego-latria" che porta alla defamiliarizzazione, bisogna rilevare una perdita del senso dell’Alleanza tra l’uomo (e la donna) e Dio. L’annuncio della bellezza della famiglia, quindi, non deve essere un estetismo, la presentazione di un mero ideale da imitare, ma deve presentare l’importanza dell’impegno definitivo fondato sull’Alleanza dei coniugi con Dio.

    Altro punto essenziale, il rifiuto del clericalismo: talvolta la Chiesa sembra più preoccupata del potere che del servizio ed è per questo che non ispira i cuori degli uomini. Necessario, allora, tornare ad imitare Cristo, ritrovare l’umiltà: la riforma della Chiesa deve iniziare dalla riforma del clero, perché se i fedeli vedono pastori che imitano Cristo, allora torneranno ad avvicinarsi alla Chiesa, così che essa potrà passare dal solo evangelizzare all’essere evangelizzatrice.

    E’ stato anche affrontato il tema del valore essenziale della sessualità all’interno del matrimonio: si parla talmente tanto, infatti, criticamente della sessualità al di fuori del matrimonio, che quella coniugale sembra quasi la concessione verso una imperfezione. Il Sinodo ha poi accennato – in modo più sintetico - alla necessità di una maggiore formazione per i sacerdoti, di politiche in favore della famiglia e del rilancio della trasmissione della fede all’interno della famiglia.

    Durante l’ora di discussione libera, dalle 18.00 alle 19.00, sono emersi anche due suggerimenti: che il Sinodo mandi un messaggio di incoraggiamento e di stima alle famiglie in Iraq, minacciate dallo sterminio perpetrato dal fanatismo islamico e costrette a fuggire per non rinunciare alla loro fede. Il suggerimento è stato sottoposto a votazione ed approvato a maggioranza.

    Un altro invito ha riguardato la necessità di riflettere anche sul clero sposato delle Chiese orientali, che spesso vive anch’esso delle "crisi familiari", che possono giungere alla domanda del divorzio.




    Synod14 - 3a Congregazione generale: Sintesi del dibattito generale (7 ottobre, mattina), 07.10.2014

     

    Terza Congregazione generale: Sintesi del dibattito generale

     

    Santo Padre: presente
    Padri Sinodali: 184

     

    La terza Congregazione generale ha visto il proseguimento del dibattito generale. Il tema previsto, secondo l’ordine dell’Instrumentum laboris, era: "Vangelo della famiglia e legge naturale" (I parte, cap. 3) e "La famiglia e la vocazione della persona in Cristo" (I parte, cap. 4).

    In apertura di Congregazione, è stato reso noto che il Concistoro ordinario, convocato dal Santo Padre per lunedì 20 ottobre, sarà dedicato alla situazione in Medio Oriente, sulla base dei risultati della riunione di alcuni Rappresentanti Pontifici e dei Superiori dei Dicasteri competenti, svoltasi in Vaticano dal 2 al 4 ottobre scorsi. Il tema del Concistoro verrà presentato dal Segretario di Stato, card. Pietro Parolin. All’incontro prenderanno parte anche sei Patriarchi orientali ed il Patriarca latino di Gerusalemme, S. B. Fouad Twal.

    Il dibattito generale è quindi proseguito sugli argomenti previsti: si è detta necessaria una maggiore preparazione al matrimonio, affinché esso sia non solo valido, ma anche fruttuoso. Il suggerimento è stato quello di non guardare solo ai rimedi per il fallimento dell’unione coniugale, ma anche alle condizioni che lo rendono valido e fruttuoso. Ciò che bisogna trasmettere è una visione del matrimonio non solo come un punto di arrivo, ma come un cammino verso una meta più alta , una strada di crescita personale e in coppia, una forza e fonte di energia. La scelta matrimoniale è una vera e propria vocazione ed in quanto tale ha bisogno di fedeltà e coerenza per risultare vero luogo di crescita e di salvaguardia dell’umano.

    Per questo, i coniugi vanno accompagnati costantemente nel loro percorso di vita, attraverso una pastorale familiare intensa e vigorosa. Il cammino di preparazione al sacramento matrimoniale, quindi, deve essere lungo, personalizzato ed anche severo, senza timori di veder eventualmente diminuire il numero di nozze celebrate in Chiesa. Altrimenti, si correrebbe il rischio di intasare i Tribunali con le cause matrimoniali.

    Altro punto evidenziato in Aula è stato quello dell’influenza dei mass-media, a volte invadente, nel presentare ideologie contrarie alla dottrina della Chiesa sulla famiglia ed il matrimonio.  In questa ottica, si è detto, i cattolici vanno sì protetti, ma anche preparati meglio: la Chiesa deve offrire il suo insegnamento in maniera più incisiva, presentando la dottrina non come un elenco di divieti, ma facendosi vicina ai fedeli, così come faceva Gesù. In questo modo, agendo con empatia e tenerezza, sarà possibile ridurre il divario tra la dottrina e la prassi, tra gli insegnamenti della Chiesa e la vita quotidiana delle famiglie. Perché ciò che occorre non è una scelta tra la dottrina e la misericordia, ma l’avvio di una pastorale illuminata, per incoraggiare soprattutto le famiglie in difficoltà, che spesso avvertono un senso di non appartenenza alla Chiesa.

    E proprio sulle coppie in difficoltà, i divorziati risposati, è tornato a riflettere il dibattito odierno: a loro, si è detto, la Chiesa deve presentare non un giudizio, ma una verità, con uno sguardo di comprensione, perché la gente segue la verità e segue la Chiesa se essa dice la verità. La "medicina" della misericordia dona accoglienza, cura e sostegno. Anche perché - è stato evidenziato - le famiglie sofferenti non cercano soluzioni pastorali rapide, non vogliono essere una mera cifra statistica, ma sentono il bisogno di essere ispirate, di sentirsi accolte ed amate. Deve essere lasciato più spazio alla logica sacramentale, piuttosto che a quella giuridica.

    Quanto all’accostamento all’Eucaristia da parte dei divorziati risposati, è stato ribadito che tale sacramento non è il sacramento dei perfetti, ma di coloro che sono in cammino.

    Come ieri pomeriggio, inoltre, il dibattito si è soffermato sull’esigenza di rinnovare il linguaggio dell’annuncio del Vangelo e della trasmissione della dottrina: la Chiesa deve aprirsi di più al dialogo, deve ascoltare più frequentemente (e non solo in casi eccezionali) le esperienze delle coppie sposate, poiché le loro lotte, i loro fallimenti non possono essere ignorati, anzi: possono essere fondamento di una teologia reale, vera.
    E sempre a proposito del linguaggio, è stata rilevata qualche perplessità sul suggerimento – inserito nell’Instrumentum laboris – di approfondire il concetto, di ispirazione biblica, di "ordine della creazione", come possibilità di rileggere in modo più significativo la "legge naturale": non basta cambiare il vocabolario, si è detto, se poi non si riesce a creare un ponte di dialogo efficace con i fedeli. In questo senso, la tanto avvertita e diffusa esigenza di cambiamento è da intendere – si è detto – come conversione pastorale, per rendere l’annuncio del Vangelo più efficace.

    In Aula, poi, sono state presentate tre dimensioni specifiche della famiglia: la vocazione alla vita; la missionarietà, intesa come testimoniare Cristo attraverso l’unità familiare; e l’accoglienza dell’altro, perché la famiglia è la prima scuola di alterità, il luogo in cui si possono imparare la pazienza e la lentezza, in contrapposizione alla frenesia del mondo contemporaneo. Una ulteriore dimensione del nucleo familiare è stata evidenziata anche nella santità, poiché la famiglia educa alla santità, è icona della Trinità, Chiesa domestica al servizio dell’evangelizzazione, futuro dell’umanità.

    Altri punti accennati durante la terza Congregazione generale hanno riguardato l’importanza della catechesi per le famiglie, soprattutto per i bambini, e della preghiera tra le mura domestiche, poiché essa dà luogo ad una vera e propria generazione della fede, permettendone la trasmissione dai genitori ai figli. Infine, è stata sottolineata la necessità di una formazione più approfondita per i sacerdoti ed i catechisti.


    [Modificato da Caterina63 07/10/2014 17:53]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 07/10/2014 18:14


      Sinodo. Card. Sgreccia: famiglie più salde se formate con continuità

    Il card. Elio Sgreccia

    07/10/2014

    Vangelo della famiglia e legge naturale al centro questa mattina della riflessione dei Padri sinodali. In molti Paesi, sottolinea l’"Instrumentum laboris", i sistemi legislativi regolamentano situazioni contrarie alla legge naturale, il cui significato è spesso incompreso e frainteso.
    Di qui, il suggerimento di trovare parole efficaci per comunicare in modo più comprensibile all’uomo di oggi l’ordine della creazione.
    Al microfono del nostro inviato al Sinodo, Paolo Ondarza, la riflessione del cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita:

    R. – Questa caduta del concetto spontaneo, diciamo, di legge naturale e morale è dovuta al fatto che è caduto, con la secolarizzazione, il concetto di "creazione": perché è Dio che crea le cose, è Dio che crea anche lo statuto fondamentale della nostra vita e se siamo liberi e siamo responsabili è perché c’è uno statuto che ce lo consente e che è nella nostra spiritualità, nella nostra anima strettamente unita al corpo. Anche l’unità corpo-spirito che fa parte della natura è un radicamento creazionistico. Allora, certamente, se si ignora questa origine della vita, questo essere iniziati con Dio nella creazione, riesce più faticoso e confuso comprendere il concetto di natura. Ognuno se la immagina come vuole.

    D. – Di fronte a tutto ciò, quale deve essere la proposta pastorale? Come deve orientarsi?

    R. – Serve una pastorale che illumini bene le grandezze, il fascino, la bellezza della vocazione cristiana alla famiglia, al matrimonio, come pienezza del proprio essere, compimento della persona nell’amore umano e nell’amore divino. Bisogna proporre una catechesi che non sia sbocconcellata durante l’infanzia e poi non più, ma una catechesi che continui, che sia continuativa. Credo sia l’ora di avviare questa novità: una evangelizzazione – diciamo meglio – che accompagni tutta la vita e conduca veramente alla maturità. Molti matrimoni si rompono prima di aver conosciuto che cosa sia il matrimonio, forse non c’è stata mai una vera e propria catechesi di presentazione del matrimonio...

    D. – Questa catechesi  continuativa che lei suggerisce, probabilmente eviterebbe di ridursi all’ultimo, prima del matrimonio, a partecipare ai corsi pre-matrimoniali solo  per obbligo…

    R. – Alle volte vengono fatti per obbligo, alle volte vengono fatti in fretta, alle volte sfugge l’aspetto più importante che è quello dell’aspetto soprannaturale: l’alleanza con Dio. Se non si arriva a questo, tutte le tattiche – anche psicologiche – descrittive delle difficoltà sociali non bastano. E’ il soprannaturale che è ignoto e che ha bisogno di essere illuminato da un’evangelizzazione forte. Ora, credo che questa si faccia raramente…

    D. – Per trasmettere, comunicare il Vangelo della famiglia e la morale sessuale della Chiesa, che spesso non viene capita, secondo lei oltre al ruolo dei pastori è fondamentale un coinvolgimento del laicato…

    R. – Oggi, ci vogliono delle persone complementari alla competenza del pastore. Il sacerdote è necessario perché non deve mancare per una guida spirituale, ma ci vuole anche il medico, perché alla fine la gente ascolta i medici nel momento in cui da alla vita un bambino, o vive una gravidanza difficile o affronta l’accoglienza di una nuova vita. Ci vogliono anche gli avvocati, gli psicologi, i pedagogisti: ci vuole attorno alla pastorale un laicato maturo. Questo non diminuisce certo il ruolo dei pastori, che danno luce, che danno sicurezza e che danno verifica. Occorre prestare attenzione alla preparazione di questi laici, come si fa con i ricercatori o con i professionisti.

     

    - Radio Vaticana





    Sinodo. Card. Filoni: grande esempio di forza e unità da famiglie irachene

    Il cardinale Fernando Filoni

    07/10/2014

    Un messaggio di stima e incoraggiamento alle famiglie in Iraq, minacciate dallo sterminio perpetrato dal fanatismo islamico e costrette a fuggire per non rinunciare alla loro fede. I padri sinodali hanno approvato a maggioranza questa proposta lanciata in aula e sulla quale si sofferma ilcardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, inviato lo scorso mese di agosto da Papa Francesco in Iraq. L’intervista è di Paolo Ondarza:  

    R. – Una delle realtà più drammatiche è proprio quella che avviene in Iraq, dove le famiglie sono dovute fuggire, perché messe di fronte ad un’alternativa: o rinunziare alla fede o andarsene. Mi pare che questa sia la testimonianza più bella da un punto di vista della fede. Loro, cioè, testimoniano la fede, nonostante i problemi di lasciare la casa, i propri beni e così via. La cosa che mi ha colpito, quand’ero in Iraq, è che queste famiglie rimangono unite e dovunque siano fuggite hanno sempre mantenuto l’unione. E’ molto bello, quindi, anche in questa sede del Sinodo poter dire che non solo la testimonianza di fede delle famiglie cristiane irachene è molto bella e vale per tutti, ma che esse continuano a rimanere unite pur nella difficoltà.

    D. – Pensando alle situazioni irregolari, alle cosiddette coppie di fatto, lei ha detto: “Queste non sono situazioni inedite, c’erano già al tempo di Gesù”. Come si poneva, quindi, Gesù di fronte a queste situazioni?

    R. – Sì, proprio nell’omelia di domenica scorsa il Papa ha detto di mettere al centro il mistero di Gesù, la sua vita, il suo comportamento, il suo dire. A me sembra che Gesù abbia affrontato già con molta chiarezza la tematica, che noi oggi ovviamente sotto tanti profili vediamo ancora attuale e anche, per certi aspetti, drammatica. Io mi domando: come Gesù avrebbe potuto rispondere, cosa avrebbe fatto di fronte alle problematiche attuali? C’è un prodromo in Giovanni Battista, lui è l’antesignano della missione di Gesù. Giovanni Battista fu ucciso esattamente, perché volle tenere fede a quello che era l’insegnamento di Dio, il progetto di Dio. Non era lecito ad Erode avere con sé la moglie di suo fratello e Giovanni Battista non ha trovato un “accomodamento” per questa situazione. Erode ha capito bene quale fosse la verità e Giovanni Battista ha pagato con la sua vita. Ma questo messaggio è quello di Gesù. La Chiesa ha la missione di Giovanni Battista: indicare Cristo e portare a Cristo. Qui c’è una coincidenza.

    D. – Altra icona biblica, che lei ha citato come esempio di verità e di misericordia, è l’incontro tra Gesù e la Samaritana. Cristo ama e accoglie questa donna al pozzo di Sichem, ma non le nasconde la sua situazione di irregolarità...

    R. – Dice la verità e in questa verità ha fatto una straordinaria opera di misericordia.

    D. – Cosa chiede oggi il mondo alla Chiesa?

    R. – La verità e la misericordia insieme, ma non c’è misericordia senza verità.


    -Radio Vaticana


    Sinodo Famiglie - intervista integrale al card. Grocholewski

    Il card. Zenon GROCHOLEWSKI






    Mentre è in svolgimento il Sinodo sulla famiglia voluto da Papa Francesco, monsignor Georg Gaenswein, prefetto della Casa pontificia e segretario personale del Papa Emerito Benedetto, in un'intervista al direttore del settimanale "Chi" Alfonso Signorini, sottolinea: "La Chiesa deve aver il coraggio di esprimere le sue convinzioni perché altrimenti non farebbe un servizio alla verità".

    Sulla Comunione ai divorziati sottolinea: "E' una questione molto delicata, è in gioco il matrimonio sacramentale che secondo la dottrina cattolica è indissolubile, proprio come l'amore di Dio verso l'uomo. Chi avvia una nuova unione contraddice con la sua scelta quanto è indicato dallo stesso Signore. Certo, solo Dio scruta e conosce le coscienze di ciascuno. Per quanto io possa constatare, Papa Francesco segue la linea dei suoi predecessori il cui magistero sul matrimonio sacramentale è molto chiaro". E aggiunge: "Sul Sinodo recentemente si è letto molto e non sempre cose documentate. La tematica principale del Sinodo è la famiglia. La Chiesa non chiude gli occhi davanti alle difficoltà dei fedeli che vivono in situazioni delicate e spinose. Tuttavia la Chiesa deve offrire risposte sincere che si orientano non allo spirito dei tempi, ma al Vangelo, alla parola di Gesù Cristo, che è il figlio di Dio. Dio accoglie, perdona, questo è vero, ma è anche vero che chiede la conversione".

    Anche sull'omosessualità monsignor Gaenswein resta in linea con la dottrina: "La Chiesa, appoggiandosi sulla Sacra Scrittura e la Tradizione, ha sempre dichiarato che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati. Sono contrari alla legge naturale perché precludono all'atto sessuale il dono della vita" ma "devono essere accolti con rispetto, compassione e delicatezza. A loro riguardo si deve evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione".

    Sulla lotta pedofilia il segretario di Ratzinger ricorda che "già Papa Benedetto, continuando la linea da lui stesso tracciata quando era cardinale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ha dato un'impronta decisiva nella lotta contro questa piaga. Papa Francesco - conclude - prosegue su questa strada".
       

    RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA 7 ottobre 2014






    [Modificato da Caterina63 09/10/2014 00:39]
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    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 08/10/2014 19:41

    Synod14 - 5ª Congregazione generale: "Le sfide pastorali sulla famiglia (II parte, cap. 2)", 08.10.2014




     

    Introduzione del Presidente delegato, Card. Raymundo Damasceno Assis

     

    Alle ore 9 di oggi si tiene nell’Aula del Sinodo in Vaticano la quinta Congregazione generale del Sinodo straordinario sulla famiglia, per la continuazione del dibattito generale, che segue un ordine tematico in corrispondenza con le parti e i capitoli dell’Instrumentum laboris.

    Questa sessione tematica è focalizzata sul capitolo 2 della II Parte: Le sfide pastorali sulla famiglia e riguarda 4 temi: a) La crisi della fede e la vita familiare; b) Situazioni critiche interne alla famiglia; c) Pressioni esterne alla famiglia; d) Alcune situazioni particolari.

    I lavori si sono aperti con una breve presentazione del Presidente delegato di turno, il Card Raymundo Damasceno Assis, Arcivescovo di Aparecida (Brasile), che ha introdotto la testimonianza della Sig.ra Jeannette TOURÉ, Presidente Nazionale dell’Associazione Donne Cattoliche in Costa d'Avorio [AFEC] (Costa d'Avorio), sposata con un musulmano, presente al Sinodo come Uditrice.
    Ne riportiamo di seguito i testi:

     

    Introduzione del Presidente delegato, Card. Raymundo Damasceno Assis

     

     

    Questa Congregazione Generale sarà dedicata alla tematica delle sfide pastorali sulla famiglia, argomento presentato nella II Parte dell’Instrumentum laboris. In particolare, si focalizzerà l’attenzione sul Cap. 2, che riguarda 4 temi ben definiti.

    In primo luogo, la crisi della fede e la vita familiare (62-63). In una Chiesa che il Santo Padre non ha esitato a paragonare con un "ospedale da campo dopo una battaglia" (La Civiltà Cattolica, agosto 2013), vogliamo uscire come Pastori all’incontro di tante famiglie in crisi per dare una risposta ispirata al Vangelo della misericordia.

    In secondo luogo, non possiamo ignorare le tante situazioni critiche della vita familiare, dovute sia a fattori interni che esterni. L’Instrumentum laboris elenca tra quelli interni: la difficoltà di relazione e di comunicazione tra i membri della famiglia (n. 64), tra i coniugi, tra genitori e figli e tra fratelli; la frammentazione e disgregazione (n. 65), provocata sia dal divorzio o dalla separazione dei coniugi, sia da altre situazioni critiche, che vanno dalle realtà familiari allargate con molteplici relazioni invasive alle unioni di fatto, e tante altre situazioni che richiedono la nostra attenzione e carità pastorale; le diverse forme si violenza e abuso a livello psicologico, fisico e sessuale in detrimento delle donne e soprattutto dei bambini, che interpellano fortemente non solo la società ma anche la Chiesa stessa (nn. 66-67); le diverse dipendenze (droga, alcool, gioco d’azzardo), i media e il social network (nn. 68-69). A tutte queste realtà la Chiesa vuole dare una risposta adeguata ai tempi di oggi.

    In terzo luogo, non vogliamo che si spenga la gioia di vivere per la mancanza di rispetto e per la violenza, (cf. EG 52) provocate da quelle pressioni esterne alla famiglia quali l’incidenza dell’attività lavorativa sulla famiglia (70-71), il fenomeno migratorio (72), la povertà e la lotta per la sussistenza (73), il consumismo e l’individualismo (74), le contro-testimonianze nella Chiesa (75).

    Infine, non possiamo dimenticarci di alte situazioni particolari, accennate nell’Instrumentum laboris, tra cui il peso delle aspettative sociali sull’individuo (76), l’impatto delle guerre (77); la disparità di culto (78) e altre realtà (79).

    Attenti ai segni dei tempi, vogliamo ascoltare la testimonianza della Sig.ra Jeannette TOURÉ, Presidente Nazionale dell'Associazione Donne Cattoliche in Costa d'Avorio. Proprio dall’Africa, questo grande Continente, nel quale vive una parte significativa del Popolo di Dio, si leva la voce dei poveri e noi, guidati dal Vangelo della misericordia e dall’amore verso l’altro, vogliamo ascoltare il grido di coloro che cercano la giustizia.




    Synod14 - 4a Congregazione generale: Sintesi non ufficiale del dibattito generale (7 ottobre 2014, pomeriggio), 08.10.2014


     

     

     

    Sintesi in lingua italiana

    Traduzione in lingua inglese

    Traduzione in lingua spagnola

    Traduzione in lingua francese

    Sintesi in lingua italiana

    Quarta Congregazione generale: Sintesi non ufficiale del dibattito generale

     

    Santo Padre: presente
    Padri Sinodali: 182

     

    Nella quarta Congregazione generale è proseguito il dibattito generale, secondo l’ordine dell’Instrumentum laboris. Il tema era: "La pastorale della famiglia: le varie proposte in atto" (II parte, cap. 1).

    In primo luogo, è stato sottolineato il legame tra crisi della fede e crisi della famiglia: la prima genera la seconda, si è detto. Questo perché la fede viene vista perlopiù come un insieme di contributi dottrinali, mentre essa è anzitutto un atto libero con cui ci si affida a Dio. Di qui, fra l’altro, il suggerimento di pensare ad un "Vademecum" dedicato alla catechesi sulla famiglia, così che possa rafforzare la sua missione evangelizzatrice. E’ stata sottolineata, inoltre, la debolezza di fede di molti battezzati, che spesso porta al matrimonio senza che i coniugi ne abbiano la giusta consapevolezza.

    In secondo luogo, è stata evidenziata una grande sfida che oggi la famiglia deve affrontare, ovvero la "dittatura del pensiero unico" che mira ad introdurre nella società quei controvalori che distorcono la visione del matrimonio come unione tra uomo e donna. La crisi di valori, il secolarismo ateo, l’edonismo, l’ambizione del potere oggi distruggono la famiglia, la snaturano, indeboliscono le persone e, di conseguenza, rendono fragile anche la società. E’ importante, allora, recuperare nei fedeli la consapevolezza di appartenere alla Chiesa, perché la Chiesa cresce per attrazione e sono le famiglie della Chiesa che attraggono le altre famiglie.

    Dal suo canto, la Chiesa, esperta di umanità, deve sottolineare la bellezza e la necessità che ciascuno ha della famiglia, poiché essa è insostituibile. Bisogna risvegliare nell’uomo il senso di appartenenza al nucleo familiare. Non solo: in quanto riflesso dell’amore di Dio, che non è mai un amore isolato, la famiglia apre ai rapporti ed alle relazioni con gli altri, divenendo fondamento della società.

    Si è anche ricordata l’importanza del legame tra sacerdoti e famiglie: essi accompagnano le famiglie in tutte le tappe più importanti della vita, condividendone gioie e difficoltà; le famiglie, a loro volta, aiutano i sacerdoti a vivere il celibato come affettività piena, equilibrata, e non come rinuncia. Non solo: la famiglia è stata definita "culla di vocazioni" perché è proprio tra le mura domestiche, nella preghiera vissuta in comune, che nasce frequentemente la chiamata al sacerdozio.

    Un ulteriore legame che è stato sottolineato è quello tra il battesimo ed il matrimonio: senza una iniziazione cristiana seria ed approfondita il significato del sacramento coniugale viene sminuito. Di qui, il richiamo al fatto che il matrimonio cristiano non può essere solo una tradizione culturale o un’esigenza sociale, ma deve essere inteso come una decisione vocazionale, intrapresa con la dovuta preparazione, che non può essere improvvisata in pochi incontri, ma va avviata per tempo.

    Quindi, si è riflettuto su come il lavoro si ripercuota sulle dinamiche familiari: si tratta di due dimensioni che necessitano di essere conciliate – è stato detto – anche a causa di orari lavorativi sempre più flessibili, nuovi modelli contrattuali, distanze geografiche tra abitazione e luogo di lavoro. Non solo: la tecnologia porta il lavoro nelle case, rendendo difficile il dialogo familiare.

    Numerosi interventi, in particolare relativi all’Africa, hanno richiamato l’attenzione sulle tante sfide che devono affrontare le famiglie in questo continente: poligamia, levirato, sètte, guerra, povertà, il doloroso dramma della migrazione, la pressione internazionale per il controllo delle nascite. Si tratta di problemi che minano la stabilità familiare, mettendola in crisi. Di fronte a tali sfide, è necessario rispondere con: un’evangelizzazione approfondita, capace di promuovere i valori della pace, della giustizia e dell’amore; una adeguata promozione del ruolo della donna nella società; un’accurata educazione dei bambini e la tutela dei diritti per tutte le vittime di violenza.

    Nell’ora dedicata agli interventi liberi – tra le 18.00 e le 19.00 – si è tornati a parlare dell’esigenza di un nuovo linguaggio nell’annuncio del Vangelo, con particolare riferimento alle nuove tecnologie mediatiche. Quanto all’indissolubilità del matrimonio, è stato evidenziato che oggi sembra che la legge si contrapponga al bene della persona. In realtà, la verità del legame coniugale e della sua stabilità è iscritta nella persona stessa, quindi non si tratta di contrapporre legge e persona, ma di comprendere come aiutare a non tradire la propria verità.

    E’ stata suggerita, inoltre, una riflessione sulle famiglie che non hanno avuto il dono dei figli pur desiderandolo, così come su quelle delle regioni colpite dal virus Ebola.

    Infine, è stata richiamata l’immagine della Chiesa come luce, con l’auspicio che essa non sia solo la luce di un faro, che rimane fermo ed illumina da lontano, ma sia fiaccola, ovvero "luce gentile" che accompagna gli uomini nel loro cammino, passo dopo passo.

    Il Pontificio Consiglio per la Famiglia ha fatto dono ai membri del Sinodo di una copia del voluminoso Enchiridion sulla famiglia.

    [03025-01.01] [Testo originale: Italiano]





    Synod14 - 5a Congregazione generale: Sintesi non ufficiale del dibattito generale (8 ottobre 2014, mattina), 08.10.2014


     

     

     

    Sintesi in lingua italiana

    Traduzione in lingua inglese

    Traduzione in lingua spagnola

    Traduzione in lingua francese

    Sintesi in lingua italiana

    Quinta Congregazione generale: Sintesi non ufficiale del dibattito generale

     

    Santo Padre: assente (Udienza generale)
    Padri Sinodali: 182

     

    Nella quinta Congregazione generale, il dibattito generale è proseguito sui temi previsti dall’Instrumentum laboris: "Le sfide pastorali sulla famiglia (II parte, cap. 2). La crisi della fede e la vita familiare/ Situazioni critiche interne alla famiglia. Pressioni esterne alla famiglia/Alcune situazioni particolari".

    Innanzitutto, il dibattito si è soffermato sulla Chiesa del Medioriente e dell’Africa del Nord: entrambe vivono in contesti politici, economici e religiosi difficili, con gravi ripercussioni sulle famiglie. Là dove, infatti, le leggi impediscono le riunificazioni familiari, la povertà spinge alla migrazione, dove vi è fondamentalismo religioso e i cristiani non hanno parità di diritti con i cittadini musulmani, si pongono spesso difficili problemi per le famiglie che risultano da matrimoni misti.

    In questi contesti, infatti, sono presenti ed in aumento i casi di matrimoni interreligiosi, i così detti "matrimoni misti". La sfida della Chiesa, allora – si è detto – è quella di capire quale catechesi si può offrire ai figli nati da tale unioni e come si possa rispondere all’incognita di quei cattolici che, uniti in matrimonio misto, vogliono continuare a praticare la loro fede. Tali coniugi – si è detto – non possono essere trascurati e la Chiesa deve continuare ad occuparsi di loro. Un’ulteriore sfida è rappresentata anche da quei cristiani che si convertono all’Islam per sposarsi: anche in questo caso, è necessaria una riflessione adeguata.

    La questione non è soltanto interreligiosa, ma talvolta anche ecumenica: ci sono casi in cui, poiché un cattolico che ha contratto matrimonio canonico non riesce ad ottenere la dichiarazione di nullità, passa ad un’altra confessione cristiana, sposandosi nuovamente in una Chiesa che lo permette. In ogni caso, fermo restando il patrimonio di fede condiviso, è stata sottolineata la necessità di incamminarsi sulla via della misericordia per le situazioni difficili.

    Quanto alla questione dei divorziati risposati, è stato evidenziato che la strada sinodale dovrà certamente occuparsene, con la prudenza richiesta per le grandi cause, ma anche coniugando l’obiettività della verità con la misericordia per la persona e la sua sofferenza. Bisogna ricordare che numerosi fedeli si trovano in questa situazione non per colpa loro.

    E’ stato ricordato l’impegno della Santa Sede che non cessa di far sentire la sua voce in difesa della famiglia a tutti i livelli – internazionali, nazionali e regionali – con l’obiettivo di risaltarne la dignità, richiamarne i diritti ed i doveri, e sempre evidenziando che, come diceva Benedetto XVI, i suoi "no" sono, in realtà, i "sì" alla vita. Per questo, è stato sottolineato che la Chiesa deve combattere il silenzio educativo e religioso nelle famiglie, perché non c’è posto per le esitazioni: è necessario un maggiore impegno nella testimonianza del Vangelo. E’ sempre necessaria la creatività nella pastorale.

    Si è inoltre riflettuto sull’apporto insostituibile dei fedeli laici all’annuncio del Vangelo della famiglia: soprattutto i giovani, i movimenti ecclesiali e le nuove comunità compiono un servizio di vitale importanza, portando avanti una missione profetica e controcorrente rispetto all’epoca contemporanea. Ascoltare e credere di più nei laici, dunque, risulta essenziale, poiché è in loro e con loro che la Chiesa può trovare le risposte ai problemi delle famiglie.

    Altro tema affrontato è stato quello della precarietà del lavoro e della disoccupazione: l’angoscia per la mancanza di un impiego sicuro crea difficoltà nelle famiglie, così come la povertà economica che spesso non permette di avere un’abitazione. Non solo: la mancanza di denaro talvolta fa sì che esso venga "divinizzato" e che le famiglie siano sacrificate sull’altare del profitto. E’ necessario, invece ribadire che il denaro deve servire e non governare.

    Ancora: si è tornati a riflettere sulla necessità di una maggiore preparazione al matrimonio, anche con un’attenzione specifica all’educazione affettiva e sessuale, incoraggiando una vera mistica familiare della sessualità. Quindi, è stato ricordato il grande contributo dei nonni alla trasmissione della fede in famiglia e, sempre in riferimento agli anziani, è stato evidenziato quanto sia importante che il nucleo familiare accolga, con solidarietà, cura e tenerezza, le persone della terza età. Uguale sollecitudine deve essere riservata agli ammalati, per vincere quella "cultura dello scarto", da cui spesso Papa Francesco mette in guardia.

    [03026-01.01] [Testo originale: Italiano]




    Synod14 - 6ª Congregazione generale: "Le situazioni pastorali difficili (II parte, cap. 3)", 08.10.2014


     

    Introduzione del Presidente delegato, Card. Raymundo Damasceno Assis

    Testimonianza dei coniugi Stephen e Sandra Conway, Responsabili regionali per l’Africa di Retrouvailles (Sud Africa)

    Alle ore 16.30 di oggi, alla presenza del Santo Padre, si tiene nell’Aula del Sinodo in Vaticano la sesta Congregazione generale del Sinodo straordinario sulla famiglia, per la continuazione del dibattito generale, che segue un ordine tematico in corrispondenza con le parti e i capitoli dell’Instrumentum laboris.

    La sessione di questo pomeriggio - "Le situazioni pastorali difficili" (II parte, Cap. 3) - pone l’attenzione nello specifico sui punti: a)Situazioni familiari; b) Circa le unioni tra persone dello stesso sesso.

    Il Presidente delegato di turno, Card. Raymundo Damasceno Assis, Arcivescovo di Aparecida (Brasile), ha introdotto la testimonianza dei coniugi Sig. Stephen e Sig.ra Sandra Conway, provenienti dal Sud Africa, Responsabili regionali per l’Africa di Retrouvailles e presenti al Sinodo come Uditori. Ne riportiamo di seguito i testi:

     

    Introduzione del Presidente delegato, Card. Raymundo Damasceno Assis

     

    In questa Congregazione Generale affronteremo la complessa tematica presentata nel Cap. III della II Parte dell’Instrumentum laboris, ovvero le situazioni pastorali difficili. Esse riguardano due tipi di realtà: da una parte le situazioni familiari difficili, dall’altra le unioni tra persone dello stesso sesso.

    Sono situazioni che esigono un accompagnamento da parte della Chiesa nei confronti delle persone coinvolte che vivono le loro esperienze come profonde ferite nella propria umanità, nel rapporto con gli altri e con Dio. Rispondendo all’appello di Papa Francesco vogliamo imparare insieme l’arte dell’accompagnamento, per "dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana" (EG169).

    Riguardo alle situazioni familiari difficili che richiedono un’urgente risposta pastorale l’Instrumentum laboris accenna alle seguenti realtà: le convivenze (n. 81); le unioni di fatto (n. 83); la situazione dei separati, dei divorziati e dei divorziati risposati (n. 86); i figli e coloro che restano soli (n. 87); le ragazze madri (n. 88); le situazioni di irregolarità canonica (n. 89); l’accesso ai sacramenti in tutti questi casi (nn. 93-95); altre richieste (n. 96); la situazione particolare dei separati e divorziati (n. 97); la semplificazione delle cause matrimoniali (nn. 98-102); la cura pastorale delle situazioni difficili (nn. 103-104); la richiesta del sacramento del matrimonio da parte dei non praticanti e dei non credenti (nn. 105-109).

    In relazione alle unioni tra persone dello stesso sesso, la discussione si apre ai seguenti temi: il riconoscimento civile di tali unioni (nn. 110-112); la valutazione che ne fanno le Chiese particolari (nn. 113-115); alcune indicazioni pastorali in proposito (nn. 116-120).

    Lungi dal chiuderci in uno sguardo legalista, vogliamo dunque calarci nel profondo di queste situazioni difficili per accogliere tutti coloro che vi sono coinvolti e per far si che la Chiesa sia la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa. Ringraziamo vivamente la testimonianza dei coniugi Conway, Stephen e Sandra, che provengono dal Sud Africa e sono Responsabili regionali per l’Africa del movimento Retrouvailles, e ascoltiamoli con attenzione e con quell’apertura di mente e di cuore che deve caratterizzare il nostro ministero pastorale nel mondo odierno.



    Sinodo, mons. Menichelli: aiutare a vivere il Matrimonio è la vera sfida per la Chiesa

    Mons. Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona-Osimo, tra i partecipanti al prossimo Sinodo sulla famiglia

    16/09/2014

    "Una testimonianza di quanto il Santo Padre goda del suo impegno di Pastore della Chiesa di Roma e quindi della Chiesa universale". Così,mons. Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancora- Osimo, fra i partecipanti al prossimo Sinodo straordinario sulla famiglia, commenta la scelta del Papa di celebrare il Matrimonio di 20 coppie della diocesi di roma, domenica 14 settembre, nella Basilica Vaticana. "Francesco - spiega il presule - ha voluto dare un attestato di quanto sia vicino agli sposi e di quanto lui desideri che il sacramento del matrimonio sia ben accolto, capito, celebrato e vissuto".

    Nell'omelia il Papa ha affermato, tra l'altro, che "il Matrimonio è simbolo della vita reale e non è una fiction". "L'amore non è una parola - commenta mons. Menichelli - ma è sempre un fatto. Anzi, per noi l'amore è una persona, è Gesù Cristo. Allora, tutto quello che, per così dire, 'gira' intorno all'amore deve avere la capacità di essere il segno dell'amore di Cristo. Gesù ci ha insegnato che l'amore è toccabile. Non per niente lui si è incarnato. Quindi la parola del Santo Padre risuona molto utile perché viviamo in un tempo in cui l'amore più che essere un fatto, un avvenimento, una persona, un'incarnazione, viene celebrato e raccontato come sentimento, come passione o peggio come piacere. Ma l'amore vissuto in Gesù Cristo è un'altra cosa. Perciò il Papa fa bene a ricordarci che il Matrimonio è dentro la vita e non è una fiction".

    La circostanza che tra le 20 coppie unite in Matrimonio dal vescovo di Roma ci fossero persone di età e cammini di vita diversi e anche persone risposate dopo che la precedente unione era stata riconosciuta nulla dalla Chiesa, può essere letta come un'indicazione pastorale? "La Chiesa ha sempre accolto tutti", precisa l'arcivescovo di Ancona-Osimo. "Non è che questo matrimonio celebrato dal Papa sia l'unico. Ormai, nelle nostre realtà diocesane, queste situazioni di persone che convivono o hanno ferite alle spalle o persone che hanno avuto esperienze matrimoniali fallite, per un verso, ma sanate alla luce della fede, e giungono al matrimonio, si ripetono spesso". "Dobbiamo sempre ricordarci che noi siamo pastori e in quanto tali dobbiamo essere vicini a tutti". "Ma pastore - precisa mons. Menichelli - non significa accontentare tutti, ma educare, accogliere, accompagnare e invitare alla conversione profonda del cuore". "Credo - aggiunge Menichelli -  che nel gesto del Papa tutto questo ci sia in pienezza".   

    L'arcivescovo di Ancona-Osimo è stato inserito tra i membri di nomina pontificia nell'elenco dei 253 partecipanti al prossimo Sinodo straordinario dedicato alla famiglia, in programma in Vaticano dal 5 al 19 ottobre. "Sono molto onorato della scelta del Papa e vorrei dire fin da adesso a me stesso e a tutta la mia diocesi di pregare per noi padri sinodali, affinché possiamo diventare docili alle indicazioni dello spirito, sereni nella valutazione e capaci di offrire alla nostra gente parole di consolazione e di conversione". "Il problema centrale del Sinodo - precisa mons. Menichelli - non è 'comunione no o comunione sì a una certa categoria di persone'. Il problema è come noi aiutiamo le persone a celebrare e a vivere il Matrimonio. E' questo l'elemento più importante che siamo chiamati ad approfondire ed è necessario pregare perché lo Spirito ci illumini e renda docili i nostri cuori e le nostre menti alle sue sollecitazioni. In obbedienza alla Verità e nell'esercizio della Misericordia". 



    [Modificato da Caterina63 08/10/2014 21:10]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 09/10/2014 00:56
     in attesa di ulteriori aggiornamenti dal Sinodo, vi proponiamo quanto segue ....


    Da uno scritto poco conosciuto del cardinale Joseph Ratzinger pubblicato nel 1998 a proposito di alcune obiezioni contro la dottrina della Chiesa circa la recezione della Comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati. Per l’attualità e l’ampiezza di prospettive di questo scritto poco conosciuto, ne riproponiamo la terza parte, con l’aggiunta di tre note.

     

     

    di Joseph cardinal Ratzinger

     

    La Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede circa la recezione della Comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati del 14 settembre 1994 ha avuto una vivace eco in diverse parti della Chiesa. Accanto a molte reazioni positive si sono udite anche non poche voci critiche. Le obiezioni essenziali contro la dottrina e la prassi della Chiesa sono presentate qui di seguito in forma per altro semplificata.

    Alcune obiezioni più significative — soprattutto il riferimento alla prassi ritenuta più flessibile dei Padri della Chiesa, che ispirerebbe la prassi delle Chiese orientali separate da Roma, così come il richiamo ai principi tradizionali dell’epikèia e della aequitas canonica — sono state studiate in modo approfondito dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Gli articoli dei professori Pelland, Marcuzzi e Rodriguez Luño (1) sono stati elaborati nel corso di questo studio. I risultati principali della ricerca, che indicano la direzione di una risposta alle obiezioni avanzate, saranno ugualmente qui brevemente riassunti.

     

    1. Molti ritengono, adducendo alcuni passi del Nuovo Testamento, che la parola di Gesù sull’indissolubilità del matrimonio permetta un’applicazione flessibile e non possa essere classificata in una categoria rigidamente giuridica.

    Alcuni esegeti rilevano criticamente che il Magistero in relazione all’indissolubilità del matrimonio citerebbe quasi esclusivamente una sola pericope — e cioè Marco , 10, 11-12 — e non considererebbe in modo sufficiente altri passi del Vangelo di Matteo e della prima Lettera ai Corinzi. Questi passi biblici menzionerebbero una qualche “eccezione” alla parola del Signore sull’indissolubilità del matrimonio, e cioè nel caso di pornèia (Matteo 5, 32; 19, 9) e nel caso di separazione a motivo della fede (1Corinzi 7, 12-16). Tali testi sarebbero indicazioni che i cristiani in situazioni difficili avrebbero conosciuto già nel tempo apostolico un’applicazione flessibile della parola di Gesù.

    A questa obiezione si deve rispondere che i documenti magisteriali non intendono presentare in modo completo ed esaustivo i fondamenti biblici della dottrina sul matrimonio. Essi lasciano questo importante compito agli esperti competenti. Il Magistero sottolinea però che la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio deriva dalla fedeltà nei confronti della parola di Gesù. Gesù definisce chiaramente la prassi veterotestamentaria del divorzio come una conseguenza della durezza di cuore dell’uomo. Egli rinvia — al di là della legge — all’inizio della creazione, alla volontà del Creatore, e riassume il suo insegnamento con le parole: «L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto» (Marco 10, 9). Con la venuta del Redentore il matrimonio viene quindi riportato alla sua forma originaria a partire dalla creazione e sottratto all’arbitrio umano — soprattutto all’arbitrio del marito, per la moglie infatti non vi era in realtà la possibilità del divorzio. La parola di Gesù sull’indissolubilità del matrimonio è il superamento dell’antico ordine della legge nel nuovo ordine della fede e della grazia. Solo così il matrimonio può rendere pienamente giustizia alla vocazione di Dio all’amore ed alla dignità umana e divenire segno dell’alleanza di amore incondizionato di Dio, cioè «Sacramento» (cfr. Efesini , 5, 32).

    La possibilità di separazione, che Paolo prospetta in 1Corinzi 7, riguarda matrimoni fra un coniuge cristiano e uno non battezzato. La riflessione teologica successiva ha chiarito che solo i matrimoni tra battezzati sono «sacramento» nel senso stretto della parola e che l’indissolubilità assoluta vale solo per questi matrimoni che si collocano nell’ambito della fede in Cristo. Il cosiddetto «matrimonio naturale» ha la sua dignità a partire dall’ordine della creazione ed è pertanto orientato all’indissolubilità, ma può essere sciolto in determinate circostanze a motivo di un bene più alto — nel caso la fede. Così la sistematizzazione teologica ha classificato giuridicamente l’indicazione di san Paolo come privilegium paulinum, cioè come possibilità di sciogliere per il bene della fede un matrimonio non sacramentale. L’indissolubilità del matrimonio veramente sacramentale rimane salvaguardata; non si tratta quindi di una eccezione alla parola del Signore. Su questo ritorneremo più avanti.

    A riguardo della retta comprensione delle clausole sulla pornèia esiste una vasta letteratura con molte ipotesi diverse, anche contrastanti. Fra gli esegeti non vi è affatto unanimità su questa questione. Molti ritengono che si tratti qui di unioni matrimoniali invalide e non di eccezioni all’indissolubilità del matrimonio. In ogni caso la Chiesa non può edificare la sua dottrina e la sua prassi su ipotesi esegetiche incerte. Essa deve attenersi all’insegnamento chiaro di Cristo.

     

    2. Altri obiettano che la tradizione patristica lascerebbe spazio per una prassi più differenziata, che renderebbe meglio giustizia alle situazioni difficili; la Chiesa cattolica in proposito potrebbe imparare dal principio di «economia» delle Chiese orientali separate da Roma.

    Si afferma che il Magistero attuale si appoggerebbe solo su di un filone della tradizione patristica, ma non su tutta l’eredità della Chiesa antica. Sebbene i Padri si attenessero chiaramente al principio dottrinale dell’indissolubilità del matrimonio, alcuni di loro hanno tollerato sul piano pastorale una certa flessibilità in riferimento a singole situazioni difficili. Su questo fondamento le Chiese orientali separate da Roma avrebbero sviluppato più tardi accanto al principio della akribìa, della fedeltà alla verità rivelata, quello della oikonomìa, della condiscendenza benevola in singole situazioni difficili. Senza rinunciare alla dottrina dell’indissolubilità del matrimonio, essi permetterebbero in determinati casi un secondo e anche un terzo matrimonio, che d’altra parte è differente dal primo matrimonio sacramentale ed è segnato dal carattere della penitenza. Questa prassi non sarebbe mai stata condannata esplicitamente dalla Chiesa cattolica. Il Sinodo dei Vescovi del 1980 avrebbe suggerito di studiare a fondo questa tradizione, per far meglio risplendere la misericordia di Dio.

     

    Lo studio di padre Pelland mostra la direzione, in cui si deve cercare la risposta a queste questioni. Per l’interpretazione dei singoli testi patristici resta naturalmente competente lo storico. A motivo della difficile situazione testuale le controversie anche in futuro non si placheranno. Dal punto di vista teologico si deve affermare:

    a. Esiste un chiaro consenso dei Padri a riguardo dell’indissolubilità del matrimonio. Poiché questa deriva dalla volontà del Signore, la Chiesa non ha nessun potere in proposito. Proprio per questo il matrimonio cristiano fu fin dall’inizio diverso dal matrimonio della civiltà romana, anche se nei primi secoli non esisteva ancora nessun ordinamento canonico proprio. La Chiesa del tempo dei Padri esclude chiaramente divorzio e nuove nozze, e ciò per fedele obbedienza al Nuovo Testamento.

    b. Nella Chiesa del tempo dei Padri i fedeli divorziati risposati non furono mai ammessi ufficialmente alla sacra comunione dopo un tempo di penitenza. È vero invece che la Chiesa non ha sempre rigorosamente revocato in singoli Paesi concessioni in materia, anche se esse erano qualificate come non compatibili con la dottrina e la disciplina. Sembra anche vero che singoli Padri, ad esempio Leone Magno, cercarono soluzioni “pastorali” per rari casi limite.

    c. In seguito si giunse a due sviluppi contrapposti:

    — Nella Chiesa imperiale dopo Costantino si cercò, a seguito dell’intreccio sempre più forte di Stato e Chiesa, una maggiore flessibilità e disponibilità al compromesso in situazioni matrimoniali difficili. Fino alla riforma gregoriana una simile tendenza si manifestò anche nell’ambito gallico e germanico. Nelle Chiese orientali separate da Roma questo sviluppo continuò ulteriormente nel secondo millennio e condusse a una prassi sempre più liberale. Oggi in molte Chiese orientali esiste una serie di motivazioni di divorzio, anzi già una «teologia del divorzio», che non è in nessun modo conciliabile con le parole di Gesù sull’indissolubilità del matrimonio. Nel dialogo ecumenico questo problema deve essere assolutamente affrontato.

    — Nell’Occidente fu recuperata grazie alla riforma gregoriana la concezione originaria dei Padri. Questo sviluppo trovò in qualche modo una sanzione nel concilio di Trento e fu riproposto come dottrina della Chiesa nel concilio Vaticano II.

    La prassi delle Chiese orientali separate da Roma, che è conseguenza di un processo storico complesso, di una interpretazione sempre più liberale — e che si allontanava sempre più dalla parola del Signore — di alcuni oscuri passi patristici così come di un non trascurabile influsso della legislazione civile, non può per motivi dottrinali essere assunta dalla Chiesa cattolica. Al riguardo non è esatta l’affermazione che la Chiesa cattolica avrebbe semplicemente tollerato la prassi orientale. Certamente Trento non ha pronunciato nessuna condanna formale. I canonisti medievali nondimeno ne parlavano continuamente come di una prassi abusiva. Inoltre vi sono testimonianze secondo cui gruppi di fedeli ortodossi, che divenivano cattolici, dovevano firmare una confessione di fede con un’indicazione espressa dell’impossibilità di un secondo matrimonio.

     

    3. Molti propongono di permettere eccezioni dalla norma ecclesiale, sulla base dei tradizionali principi dell’epikèia e della aequitas canonica. Alcuni casi matrimoniali, così si dice, non possono venire regolati in foro esterno. La Chiesa potrebbe non solo rinviare a norme giuridiche, ma dovrebbe anche rispettare e tollerare la coscienza dei singoli. Le dottrine tradizionali dell’epikèia e della aequitas canonica potrebbero giustificare dal punto di vista della teologia morale ovvero dal punto di vista giuridico una decisione della coscienza, che si allontani dalla norma generale. Soprattutto nella questione della recezione dei sacramenti la Chiesa dovrebbe qui fare dei passi avanti e non soltanto opporre ai fedeli dei divieti.

     

    I due contributi di don Marcuzzi e del professor Rodríguez Luño illustrano questa complessa problematica. In proposito si devono distinguere chiaramente tre ambiti di questioni:

    a. Epikèia ed aequitas canonica sono di grande importanza nell’ambito delle norme umane e puramente ecclesiali, ma non possono essere applicate nell’ambito di norme, sulle quali la Chiesa non ha nessun potere discrezionale. L’indissolubilità del matrimonio è una di queste norme, che risalgono al Signore stesso e pertanto vengono designate come norme di «diritto divino». La Chiesa non può neppure approvare pratiche pastorali — ad esempio nella pastorale dei Sacramenti —, che contraddirebbero il chiaro comandamento del Signore. In altre parole: se il matrimonio precedente di fedeli divorziati risposati era valido, la loro nuova unione in nessuna circostanza può essere considerata come conforme al diritto, e pertanto per motivi intrinseci non è possibile una recezione dei sacramenti. La coscienza del singolo è vincolata senza eccezioni a questa norma. (2)

    b. La Chiesa ha invece il potere di chiarire quali condizioni devono essere adempiute, perché un matrimonio possa essere considerato come indissolubile secondo l’insegnamento di Gesù. Nella linea delle affermazioni paoline in 1Corinzi 7 essa ha stabilito che solo due cristiani possano contrarre un matrimonio sacramentale. Essa ha sviluppato le figure giuridiche del privilegium paulinum e del privilegium petrinum. Con riferimento alle clausole sulla pornèia in Matteo e in Atti 15, 20 furono formulati impedimenti matrimoniali. Inoltre furono individuati sempre più chiaramente motivi di nullità matrimoniale e furono ampiamente sviluppate le procedure processuali. Tutto questo contribuì a delimitare e precisare il concetto di matrimonio indissolubile. Si potrebbe dire che in questo modo anche nella Chiesa occidentale fu dato spazio al principio della oikonomìa , senza toccare tuttavia l’indissolubilità del matrimonio come tale.

    In questa linea si colloca anche l’ulteriore sviluppo giuridico nel Codice di Diritto Canonico del 1983, secondo il quale anche le dichiarazioni delle parti hanno forza probante. Di per sé, secondo il giudizio di persone competenti, sembrano così praticamente esclusi i casi, in cui un matrimonio invalido non sia dimostrabile come tale per via processuale. Poiché il matrimonio ha essenzialmente un carattere pubblico-ecclesiale e vale il principio fondamentale nemo iudex in propria causa («Nessuno è giudice nella propria causa»), le questioni matrimoniali devono essere risolte in foro esterno. Qualora fedeli divorziati risposati ritengano che il loro precedente matrimonio non era mai stato valido, essi sono pertanto obbligati a rivolgersi al competente tribunale ecclesiastico, che dovrà esaminare il problema obiettivamente e con l’applicazione di tutte le possibilità giuridicamente disponibili.

    c. Certamente non è escluso che in processi matrimoniali intervengano errori. In alcune parti della Chiesa non esistono ancora tribunali ecclesiastici che funzionino bene. Talora i processi durano in modo eccessivamente lungo. In alcuni casi terminano con sentenze problematiche. Non sembra qui in linea di principio esclusa l’applicazione della epikèia in “foro interno”. Nella Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede del 1994 si fa cenno a questo, quando viene detto che con le nuove vie canoniche dovrebbe essere escluso «per quanto possibile» ogni divario tra la verità verificabile nel processo e la verità oggettiva (cfr. Lettera, 9). Molti teologi sono dell’opinione che i fedeli debbano assolutamente attenersi anche in “foro interno” ai giudizi del tribunale a loro parere falsi. Altri ritengono che qui in “foro interno” sono pensabili delle eccezioni, perché nell’ordinamento processuale non si tratta di norme di diritto divino, ma di norme di diritto ecclesiale. Questa questione esige però ulteriori studi e chiarificazioni. Dovrebbero infatti essere chiarite in modo molto preciso le condizioni per il verificarsi di una “eccezione”, allo scopo di evitare arbitri e di proteggere il carattere pubblico — sottratto al giudizio soggettivo — del matrimonio.

     

    4. Molti accusano l’attuale Magistero di involuzione rispetto al Magistero del Concilio e di proporre una visione preconciliare del matrimonio.

    Alcuni teologi affermano che alla base dei nuovi documenti magisteriali sulle questioni del matrimonio starebbe una concezione naturalistica, legalistica del matrimonio. L’accento sarebbe posto sul contratto fra gli sposi e sullo ius in corpus . Il Concilio avrebbe superato questa comprensione statica e descritto il matrimonio in un modo più personalistico come patto di amore e di vita. Così avrebbe aperto possibilità per risolvere in modo più umano situazioni difficili. Sviluppando questa linea di pensiero alcuni studiosi pongono la domanda se non si possa parlare di «morte del matrimonio», quando il legame personale dell’amore fra due sposi non esiste più. Altri sollevano l’antica questione se il Papa non abbia in tali casi la possibilità di sciogliere il matrimonio.

    Chi però legga attentamente i recenti pronunciamenti ecclesiastici riconoscerà che essi nelle affermazioni centrali si fondano su Gaudium et spes e con tratti totalmente personalistici sviluppano ulteriormente sulla traccia indicata dal Concilio la dottrina ivi contenuta. È tuttavia inadeguato introdurre una contrapposizione fra la visione personalistica e quella giuridica del matrimonio. Il Concilio non ha rotto con la concezione tradizionale del matrimonio, ma l’ha sviluppata ulteriormente. Quando ad esempio si ripete continuamente che il Concilio ha sostituito il concetto strettamente giuridico di “contratto” con il concetto più ampio e teologicamente più profondo di “patto”, non si può dimenticare in proposito che anche nel “patto” è contenuto l’elemento del “contratto” pur essendo collocato in una prospettiva più ampia. Che il matrimonio vada molto al di là dell’aspetto puramente giuridico affondando nella profondità dell’umano e nel mistero del divino, è già in realtà sempre stato affermato con la parola “sacramento”, ma certamente spesso non è stato messo in luce con la chiarezza che il Concilio ha dato a questi aspetti. Il diritto non è tutto, ma è una parte irrinunciabile, una dimensione del tutto. Non esiste un matrimonio senza normativa giuridica, che lo inserisce in un insieme globale di società e Chiesa. Se il riordinamento del diritto dopo il Concilio tocca anche l’ambito del matrimonio, allora questo non è tradimento del Concilio, ma esecuzione del suo compito.

    Se la Chiesa accettasse la teoria che un matrimonio è morto, quando i due coniugi non si amano più, allora approverebbe con questo il divorzio e sosterrebbe l’indissolubilità del matrimonio in modo ormai solo verbale, ma non più in modo fattuale. L’opinione, secondo cui il Papa potrebbe eventualmente sciogliere un matrimonio sacramentale consumato, irrimediabilmente fallito, deve pertanto essere qualificata come erronea. Un tale matrimonio non può essere sciolto da nessuno. Gli sposi nella celebrazione nuziale si promettono la fedeltà fino alla morte.

    Ulteriori studi approfonditi esige invece la questione se cristiani non credenti — battezzati, che non hanno mai creduto o non credono più in Dio — veramente possano contrarre un matrimonio sacramentale. In altre parole: si dovrebbe chiarire se veramente ogni matrimonio tra due battezzati è ipso facto un matrimonio sacramentale. Di fatto anche il Codice indica che solo il contratto matrimoniale «valido» fra battezzati è allo stesso tempo sacramento (cfr. Codex iuris canonici , can. 1055, § 2). All’essenza del sacramento appartiene la fede; resta da chiarire la questione giuridica circa quale evidenza di «non fede» abbia come conseguenza che un sacramento non si realizzi. (3)

     

    5. Molti affermano che l’atteggiamento della Chiesa nella questione dei fedeli divorziati risposati è unilateralmente normativo e non pastorale.

    Una serie di obiezioni critiche contro la dottrina e la prassi della Chiesa concerne problemi di carattere pastorale. Si dice ad esempio che il linguaggio dei documenti ecclesiali sarebbe troppo legalistico, che la durezza della legge prevarrebbe sulla comprensione per situazioni umane drammatiche. L’uomo di oggi non potrebbe più comprendere tale linguaggio. Gesù avrebbe avuto un orecchio disponibile per le necessità di tutti gli uomini, soprattutto per quelli al margine della società. La Chiesa al contrario si mostrerebbe piuttosto come un giudice, che esclude dai sacramenti e da certi incarichi pubblici persone ferite.

    Si può senz’altro ammettere che le forme espressive del Magistero ecclesiale talvolta non appaiano proprio come facilmente comprensibili. Queste devono essere tradotte dai predicatori e dai catechisti in un linguaggio, che corrisponda alle diverse persone e al loro rispettivo ambiente culturale. Il contenuto essenziale del Magistero ecclesiale in proposito deve però essere mantenuto. Non può essere annacquato per supposti motivi pastorali, perché esso trasmette la verità rivelata. Certamente è difficile rendere comprensibili all’uomo secolarizzato le esigenze del Vangelo. Ma questa difficoltà pastorale non può condurre a compromessi con la verità. Giovanni Paolo II nella Lettera EnciclicaVeritatis splendor ha chiaramente respinto le soluzioni cosiddette «pastorali», che si pongono in contrasto con le dichiarazioni del Magistero (cfr. ibidem , 56).

    Per quanto riguarda la posizione del Magistero sul problema dei fedeli divorziati risposati, si deve inoltre sottolineare che i recenti documenti della Chiesa uniscono in modo molto equilibrato le esigenze della verità con quelle della carità. Se in passato nella presentazione della verità talvolta la carità forse non risplendeva abbastanza, oggi è invece grande il pericolo di tacere o di compromettere la verità in nome della carità. Certamente la parola della verità può far male ed essere scomoda. Ma è la via verso la guarigione, verso la pace, verso la libertà interiore. Una pastorale, che voglia veramente aiutare le persone, deve sempre fondarsi sulla verità. Solo ciò che è vero può in definitiva essere anche pastorale. «Allora conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Giovanni 8,32).

     

    Note

    1 Cfr. Ángel Rodríguez Luño, L’epicheia nella cura pastorale dei fedeli divorziati risposati, in Sulla pastorale dei divorziati risposati , Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1998, («Documenti e Studi», 17), pp. 75-87; Piero Giorgio Marcuzzi, s.d.b., Applicazione di «aequitas et epikeia» ai contenuti della Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede del 14 settembre 1994 , ibidem , pp. 88-98; Gilles Pelland, s. j., La pratica della Chiesa antica relativa ai fedeli divorziati risposati , ibidem , pp. 99-131.

    2 A tale riguardo vale la norma ribadita da Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica postsinodale Familiaris consortio , n. 84: «La riconciliazione nel sacramento della penitenza — che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico — può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che quando l’uomo e la donna, per seri motivi — quali, ad esempio, l’educazione dei figli — non possono soddisfare l’obbligo della separazione, “assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi”». Cfr. anche Benedetto XVI, Lettera apostolica postsinodale Sacramentum caritatis, n. 29.

    3 Durante un incontro con il clero della diocesi di Aosta, svoltosi il 25 luglio 2005, Papa Benedetto XVI ha affermato in merito a questa difficile questione: «Particolarmente dolorosa è la situazione di quanti erano sposati in Chiesa, ma non erano veramente credenti e lo hanno fatto per tradizione, e poi trovandosi in un nuovo matrimonio non valido si convertono, trovano la fede e si sentono esclusi dal Sacramento. Questa è realmente una sofferenza grande e quando sono stato prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ho invitato diverse Conferenze episcopali e specialisti a studiare questo problema: un sacramento celebrato senza fede. Se realmente si possa trovare qui un momento di invalidità perché al sacramento mancava una dimensione fondamentale non oso dire. Io personalmente lo pensavo, ma dalle discussioni che abbiamo avuto ho capito che il problema è molto difficile e deve essere ancora approfondito.

     

    © L'OSSERVATORE ROMANO (30 novembre 2011)






    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 09/10/2014 13:31

    Synod14 - 7a Congregazione generale: Omelia di S.E. Mons. Lúcio Andrice Muandula, Vescovo di Xai-Xai (Mozambico) durante la preghiera dell’Ora Terza, 09.10.2014




     

     

    Questa mattina alle ore 9, con il canto dell’Ora Terza, si è aperta nell’Aula del Sinodo in Vaticano la settima Congregazione generale del Sinodo straordinario sulla famiglia.
    Di seguito riportiamo l’omelia che S.E. Mons. Lúcio Andrice Muandula, Vescovo di Xai-Xai (Mozambico), ha tenuto durante la preghiera dell’Ora Terza:

    Omelia di S.E. Mons. Lúcio Andrice Muandula

     

    «In ogni cosa, o Signore, tu hai fatto grande il tuo popolo e l’hai ricolmato di onori e non hai dimenticato di stargli vicino in ogni tempo e in ogni luogo» (Sap 19,22)

    Il libro della Sapienza, dal quale è tratto il brano che abbiamo appena ascoltato, fu molto probabilmente scritto in Alessandria d'Egitto e i suoi destinatari erano soprattutto i membri della diaspora giudaica che, a contatto con l'ambiente ellenistico, rischiavano di credere all'idolatria, abbandonando completamente la fede nel Dio dell'Alleanza con i Padri.

    In esso, mediante la presentazione di due figure caratteristiche degli scritti sapienziali: il giusto (o sapiente), quale immagine del credente israelita, fedele alle tradizioni del padri, e l’empio (o stolto), immagine dei pagani e di chi si dedica all’idolatria (cc. 13-15), l’autore sacro ripropone a quei numerosi Ebrei che già nel II sec. a.C. si erano stabiliti in Alessandria, una riflessione sull'agire di Dio e dell'uomo, tutta ispirata alla tradizione biblica e tesa a rinsaldare la loro fede e la loro speranza.

    Infatti, il contatto con il mondo ellenistico, con il quale l'autore entra in dialogo e a volte anche in polemica, ha contribuito a presentare la sapienza biblica come dono divino, che conduce alla salvezza chi lo sa accogliere (come ha fatto Israele), mentre manifesta le colpe di chi lo rifiuta (come hanno fatto gli Egiziani e i pagani in generale).

    In questo senso, il brano che abbiamo appena ascoltato racchiude in sé una vera professione di fede dell'autore sacro, ancorata nell'esperienza biblica dell'Esodo, ed e un invito anche a noi, a lasciarci guidare dalla sapienza biblica, in un mondo sempre più globalizzato, con il quale siamo chiamati ad istaurare un dialogo di fede e nel quale si rischia però di perdere la propria fiducia in Dio, per adottare uno stile di vita completamente pagano.

    Che il buon Dio ci illumini col Suo Spirito di sapienza nei lavori di questa giornata e ci faccia comprendere che Egli non dimentica mai il Suo popolo e gli sta sempre vicino col dono della Sua salvezza in Gesù Cristo Suo Figlio.






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    Mons. Mbonytege: Sinodo cerca di capire come vivere dottrina in nuovi contesti

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    2014-10-09 Radio Vaticana

    La famiglia è in tanti contesti di guerra e sofferenza una realtà capace di resistere alle alle difficoltà e in alcuni casi uno strumento di riconciliazione. Così è avvenuto in Rwanda, come spiega mons. Smaragde Mbonytege, vescovo della diocesi di Kabgayi. L’intervista è di Paolo Ondarza:

    R. – La famiglia è il segreto della Chiesa. La vocazione della famiglia è la più importante e oggi vediamo che è la più minacciata anche a causa della secolarizzazione. In Rwanda c’è una Chiesa che ha sofferto tanto con il genocidio, con la guerra, con i profughi, e ha trovato una nuova partenza con la famiglia, come priorità pastorale.

    D. – Viene messa in rilievo anche l’importanza del ruolo della donna, ad esempio: la parità tra uomo e donna. E questa è un’esigenza, un’istanza che viene presentata da molti vescovi provenienti dal continente africano …

    R. – Io posso dire che la promozione femminile nel contesto della Chiesa in Rwanda è veramente molto avanti rispetto a tanti altri Paesi, anche europei. Per esempio, in Parlamento il 70 per cento degli eletti sono donne; però, c’è la sfida familiare: la donna e la sua maternità, la sua presenza nella famiglia. Dobbiamo cercare un equilibrio e lo cerchiamo come Chiesa, parlando con le diverse componenti – anche con lo Stato – perché la promozione femminile non deve comportare la distruzione della famiglia. E credo si debba cercare di trovare un equilibrio. Questa non è una realtà propria solo del Rwanda: esiste anche in altri Paesi.

    D. – Il suo augurio per questo Sinodo …

    R. – Questo Sinodo non è per cercare una nuova dottrina del matrimonio: no, non è questo il suo compito. Il suo compito è di capire come vivere la dottrina della Chiesa sulla famiglia nel contesto pastorale particolare. Non è forse possibile trovare una soluzione universale per far fronte a tutte le sfide poste alla famiglia nei vari contesti del mondo. Credo che l’orientamento corretto sia quello di riconoscere la possibilità adeguata a ciascuna identità culturale di studiare le sfide poste alla famiglia e di proporre le soluzioni appropriate per quel contesto. Ma non credo sia possibile trovare una soluzione universale.

    (Da Radio Vaticana)





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    Sinodo: la Chiesa non è una dogana ma una casa paterna

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    2014-10-09 Radio Vaticana

    La Chiesa “non è una dogana”, è “una “casa paterna”. Con questa riflessione, alla presenza di Papa Francesco proseguono in Vaticano i lavori della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei vescovi, dedicato alla famiglia. Stamani, nella quarta giornata di incontri, attenzione puntata su: “Le sfide pastorali circa l’apertura alla vita”.

    A seguire, il briefing di padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Il servizio di Giada Aquilino:

    Un accompagnamento paziente a tutte le persone, nella chiave della misericordia. Questa la sintesi dei lavori dell’assemblea sinodale di ieri pomeriggio e questa mattina. Un “crescendo di partecipazione e di passione, di coinvolgimento da parte dell’assemblea”, ha detto padre Lombardi. Affrontate le “situazioni pastorali difficili”, il dibattito generale ha fatto il quadro di una Chiesa che racchiude famiglie sane e famiglie in crisi, sottolineando come quotidianamente lo sforzo non debba essere quello di mostrare indifferenza nei confronti della debolezza, perché la pazienza implica l’aiutare attivamente il più debole. A proposito dei divorziati risposati, ha spiegato padre Lombardi, in aula emergono più indirizzi:

    “C’è una linea che parla con molta decisione dell’annuncio del Vangelo del matrimonio, che esige di affermare che, se c’è un legame valido matrimoniale esistente, non è possibile l’ammissione ai Sacramenti di divorziati risposati.
    Quindi, diciamo, un’affermazione della coerenza della dottrina proprio per fedeltà alla Parola del Signore.
    E una linea che, non negando in alcun modo la indissolubilità del matrimonio nella proposta del Signore Gesù, però vuole vedere – nella chiave della misericordia, che naturalmente è importantissima per tutti - le situazioni vissute e fare un discernimento su come affrontarle nelle diverse situazioni che sono a volte piuttosto specifiche.
    Ecco: quindi, vedere come - senza negare in alcun modo la dottrina fondamentale - si può venire incontro alle esigenze della misericordia in un approccio pastorale, alle diverse situazioni che si devono affrontare”.

    Registrato, ha aggiunto il portavoce vaticano, “uno spazio molto ampio di consenso” su tutta una serie di approcci alla questione dei divorziati risposati: invocata “l’esigenza di snellimento nelle procedure”, integrando più laici competenti nei Tribunali ecclesiastici, salvaguardando sempre il rispetto della verità e i diritti delle parti ed evitando superficialità:

    “Ci sono state anche proposte abbastanza concrete di organizzazioni di uffici diocesani che affrontino la tematica sotto la direzione del vescovo. Allo stesso tempo, anche su questa tematica si insiste sull’attenzione alle esigenze della verità e della giustizia, per non arrivare a una specie di divorzio cattolico, e quindi inserire e riconoscere l’importanza, anche del processo e dei procedimenti canonici, in una pastorale d’insieme di vera attenzione al bene del popolo di Dio e delle persone”.

    Il processo - si è detto ai lavori - non è contrario “alla carità pastorale” e la pastorale giudiziale deve “evitare idee colpevolizzanti, incoraggiando una trattazione serena dei casi”. D’altra parte, è emerso negli interventi, per i divorziati risposati “il fatto di non potersi accostare all’Eucaristia non significa assolutamente che non siano membri della comunità ecclesiale”: “si è invitato a riconsiderare che esistono diverse responsabilità che essi possono esercitare”. Ancora padre Lombardi:

    “Ci sono stati racconti di incontri in cui c’è una preghiera in comune, una domanda di perdono insieme e anche la ricerca di forme di manifestare la benedizione e l’amore del Signore, anche se non c’è la partecipazione alla comunione sacramentale. Si è parlato in diversi interventi del valore della comunione spirituale come qualcosa di non formale ma di molto significativo che va valorizzato, anche per le persone che non possono accedere alla comunione sacramentale”.

    L’importanza dell’ascolto, anche in gruppi, è stata inoltre riproposta per la pastorale per le persone omosessuali, pur ribadendo ai lavori “l’impossibilità di riconoscere il matrimonio tra persone dello stesso sesso”:

    “Se n’è parlato nella linea della pastorale dell’ascolto, del rispetto, dell’accoglienza pur tenendo fede alla visione della Chiesa che il matrimonio è tra un uomo e una donna e non è mai tra un uomo e un uomo o tra una donna e una donna. E in questo senso del rispetto e dell’accoglienza, anche attenzione al linguaggio che viene utilizzato e che viene spesso ritenuto poco rispettoso”.

    Riguardo alla poligamia, pur essendo ormai “una realtà in via di diminuzione”, in aula sono stati menzionati i “poligami convertiti al cattolicesimo” che desiderano ricevere i Sacramenti dell’iniziazione cristiana. Affrontata poi la questione dei cattolici che mutano confessione cristiana e viceversa, con tutte le difficili conseguenze che ne derivano per i matrimoni interconfessionali e la valutazione della loro validità, alla luce delle possibilità di divorzio previste dalle Chiese ortodosse. Per quanto riguarda i matrimoni misti, si è messa in luce la possibilità che essi offrono di testimoniare l’armonia ed il dialogo interreligioso. Considerato poi, nuovamente, il tema del linguaggio affinché la Chiesa riesca a coinvolgere credenti e non credenti, e tutte le persone di buona volontà per individuare modelli di vita familiare che favoriscano lo sviluppo integrale della persona umana ed il benessere della società. Il suggerimento - si è detto - è quello di parlare di famiglia con una “grammatica della semplicità” che arrivi ai cuori dei fedeli. Ancora una volta poi si è tornati sulla necessità di una maggiore preparazione al matrimonio, soprattutto fra i giovani ai quali va presentata la bellezza dell’unione sacramentale.

    Nelle testimonianze al Sinodo, ha informato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, sono stati introdotti inoltre “il tema dei metodi di regolazione naturale delle nascite e il tema della paternità responsabile e come la si eserciti all’interno della vita familiare”. Ribadito che il dono della vita così come la virtù della castità sono valori fondanti del matrimonio cristiano. Sottolineati nel dibattito “la gravità di un crimine come l’aborto” e l’“impatto negativo” della contraccezione sulla società, che ha comportato l’abbassamento della natalità. Di fronte a tale scenario - si è detto - i cattolici non devono restare in silenzio, bensì devono portare un messaggio di speranza.

    Padre Lombardi ha quindi ricordato che oggi pomeriggio terminano gli interventi dei Padri in assemblea, poi sarà la volta dei circoli minori. E ha infine aggiunto che in aula è stato rilanciato il Concistoro ordinario di lunedì 20 ottobre, dedicato all’attuale situazione dei cristiani in Medio Oriente e all’impegno della Chiesa per la pace, alla luce anche della recente riunione dei nunzi apostolici della regione.

    (Da Radio Vaticana)





    [Modificato da Caterina63 09/10/2014 17:47]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 10/10/2014 13:36
     inseriamo questo testo di Tosatti, al di fuori degli interventi UFFICIALI del Sinodo perchè, effettivamente, anche noi stiamo registrando una grave CENSURA nei testi che NON ci pervengono dal Sinodo... testi FILTRATI, tagliati, NON tradotti in italiano e così incmprensibili a molti e riferimenti ad interventi piuttosto DI PARTE tanto che sono testi che i Media stanno gestendo contro la dottrina cattolica sul Sacramento del matrimonio... ci chiediamo: a che servono e a chi, queste censure e questi filtri?

    "Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio (...) 
    IL VOSTRO PARLARE SIA SI, SI - NO, NO, IL DI PIU' VIENE DAL MALIGNO...." (Mt.5,31-37)

    Sinodo: Müller > la censura

     

     

     

    Il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Gerhard Müller, si è espresso contro la censura imposta agli interventi dei partecipanti al Sinodo. Secondo quanto riporta l’ AP, il porporato tedesco ha detto a una delle televisioni cattoliche presenti in alcuni momenti dei lavori che “Tutti i cristiani hanno il diritto di essere informati sugli interventi dei loro vescovi”.   

    Attualmente invece l’informazione sul Sinodo è fornita dal Direttore della Sala Stampa, padre Federico Lombardi, coadiuvato da un sacerdote anglofono e da uno ispanofono. Nel briefing si offre un panorama generico della giornata, indicando i temi, ma non gli interventi in maniera citabile, né chi è autore degli interventi.  

    Ed è un peccato, perché certamente ci sono stati interventi che meriterebbero di essere conosciuti più in dettaglio. Così, per esempio, un vescovo ha criticato duramente la proposta del card. Kasper di dare l’eucaristia ai divorziati risposati, affermando che si tratta di “Un rimedio peggiore della malattia”.  

    Mentre un altro ha osservato che la pastorale per i divorziati deve ricordare che si tratta di già sposati, e che ci sono stati Papi anche prima del 2014, e che non si può dire che non fossero misericordiosi. Un altro ha osservato che oltre a dire sempre misericordia dobbiamo evangelizzare di più; ci si riferisce spesso alla formazione, ma la si disattende per paura di non essere capiti. Al che il card. Kasper ha ripetuto che sì, lui ha preso l’iniziativa, ma che prima aveva chiesto al Papa…. 


    Synod14 - Messaggio della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi per le famiglie che soffrono a causa dei conflitti, 10.10.2014


     

    Testo del Messaggio

    Traduzione in lingua inglese

    Traduzione in lingua spagnola

    Testo del Messaggio

    Riuniti attorno al Successore dell’Apostolo Pietro, noi Padri sinodali della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, insieme a tutti i partecipanti, condividiamo la paterna sollecitudine del Santo Padre, esprimendo profonda vicinanza a tutte le famiglie che soffrono a causa dei numerosi conflitti in corso.

    In particolare, eleviamo al Signore la nostra supplica per le famiglie irachene e siriane, costrette, a causa della fede cristiana che professano o dell’appartenenza ad altre comunità etniche o religiose, ad abbandonare tutto e a fuggire verso un futuro privo di ogni certezza.
    Con il Santo Padre Francesco ribadiamo che «nessuno può usare il nome di Dio per commettere violenza» e che «uccidere in nome di Dio è un grande sacrilegio!» (Discorso ai leaders di altre religioni e altre denominazioni cristiane, Tirana, 21 settembre 2014).
    Nel ringraziare le Organizzazioni internazionali e i Paesi per la loro solidarietà, invitiamo le persone di buona volontà ad offrire la necessaria assistenza e l’aiuto alle vittime innocenti della barbarie in atto, e allo stesso tempo chiediamo alla Comunità internazionale di adoperarsi per ristabilire la convivenza pacifica in Iraq, in Siria e in tutto il Medio Oriente.

    Parimenti, il nostro pensiero va alle famiglie lacerate e sofferenti nelle altre parti del mondo, che subiscono persistenti violenze. A loro vogliamo assicurare la nostra costante preghiera perché il Signore misericordioso converta i cuori e doni pace e stabilità a quanti ora sono nella prova.

    La Santa Famiglia di Nazareth che ha patito la «via dolorosa dell’esilio» (Angelus, 29 dicembre 2013) faccia di ogni famiglia, «comunità di amore e di riconciliazione» (ibid.), una sorgente di speranza per il mondo intero.

    10 ottobre 2014






    Synod14 - 8a Congregazione Generale: Sintesi non ufficiale del dibattito generale (9 ottobre 2014, pomeriggio), 10.10.2014

     

     

     

    Sintesi in lingua italiana

    Traduzione in lingua inglese

    Traduzione in lingua spagnola

    Traduzione in lingua francese

    Sintesi in lingua italiana

    Ottava Congregazione generale: Sintesi non ufficiale del dibattito generale

     

    Santo Padre: presente
    Padri Sinodali: 181

     

    Nel corso dell’ottava Congregazione generale, seguendo lo schema dell’Instrumentum laboris, il dibattito generale ha affrontato il tema de "La Chiesa e la famiglia di fronte alla sfida educativa (III parte, cap. 2) La sfida educativa in genere / L’educazione cristiana in situazioni familiari difficili".

    Innanzitutto, è stata ribadita la vocazione alla vita come elemento fondante della famiglia; di qui, l’invito ai fedeli affinché approfondiscano la conoscenza dell’Enciclica di Paolo VI Humanae vitae, comprendendo così meglio anche il significato del ricorso ai metodi naturali di regolazione della fertilità e della non accettazione della contraccezione. Unione e procreazione – si è detto – non sono separate dall’atto coniugale. Ribadita, quindi, cin forza la condanna della manipolazione genetica e della crioconservazione degli embrioni.

    Da più parti, inoltre, è stata evidenziata la tendenza di alcuni Paesi ed organizzazioni del mondo occidentale di presentare, in particolare nel contesto dell’Africa, alcuni concetti (tra cui l’aborto e le unioni omosessuali), come "diritti umani", legando gli aiuti economici e forti campagne di pressione alla recezione di tali concetti. A tal proposito, è stato anche evidenziato che l’espressione "diritti alla salute sessuale e riproduttiva" non ha, nell’ambito del diritto internazionale, una definizione precisa, finendo per racchiudere in sé principi in contraddizione tra loro, come la condanna dell’aborto forzato e la promozione dell’aborto sicuro, oppure la tutela della maternità e la promozione della contraccezione. Pur se privi di valore vincolante, tuttavia la promozione di tali "diritti" rappresenta un rischio, perché può influenzare l’interpretazione di altre norme, in particolare nel campo della lotta contro la discriminazione della donna.

    Si è tornati, poi, a ribadire l’importanza di una adeguata preparazione al matrimonio, poiché la sua celebrazione sembra ridursi sempre più alla dimensione sociale e giuridica, invece che religiosa e spirituale. Il percorso preparatorio – è stato notato – spesso viene percepito dai nubendi come un’imposizione, un compito da assolvere senza convincimento e risulta essere troppo breve. Poiché, invece, il matrimonio è una vocazione per la vita, la sua preparazione dovrebbe essere lunga ed approfondita, come avviene per la vita religiosa. E’ stata anche evidenziata, nei nubendi, una frequente mancanza di consapevolezza del valore sacramentale del vincolo matrimoniale. Tanto che la celebrazione del rito matrimoniale, è stato detto, non è automaticamente la celebrazione del sacramento matrimoniale.

    Riguardo allo snellimento delle procedure per i processi di verifica della nullità matrimoniale, è stata ricordata la Commissione speciale di studio per la riforma del processo matrimoniale canonico, istituita dal Santo Padre Francesco in data 20 settembre 2014, ed è stato poi auspicato il raggiungimento di una procedura più semplice, purché una ed unica per tutta la Chiesa. Sulla doppia sentenza conforme conseguente all’obbligatorietà dell’appello, inoltre, ci si è chiesti se sia possibile ipotizzare di lasciare al discernimento del vescovo la determinazione di ricorrere o meno in appello. Al contempo, si è auspicata una maggiore presenza di giudici laici opportunamente preparati, in particolare anche donne, nei Tribunali ecclesiastici.

    Quindi, si è insistito sulla necessità che anche i sacerdoti siano ben preparati sulla pastorale del matrimonio e della famiglia e possano utilizzare anche le omelie come ad un momento privilegiato ed efficace per annunciare ai fedeli il Vangelo della famiglia. C’è bisogno, si è detto, di formazione e informazione, perché la santità spirituale del sacerdote, la sua creatività ed il suo rapporto diretto con le famiglie sono particolarmente apprezzati dai fedeli.

    Ancora: si è riflettuto sul rapporto tra migrazioni e famiglia, ribadendo che il nucleo familiare è un diritto fondamentale da riconoscere per ogni migrante ed esortando le politiche migratorie internazionali a tutelare il diritto all’unità familiare. Per i migranti – si è detto – la famiglia è elemento essenziale per l’integrazione nei Paesi di destinazione.

    Durante l’ora dedicata al dibattito libero - tra le 18.00 e le 19.00 - sono emersi, in particolare, tre temi: riguardo ai divorziati risposati, è stata evidenziata la necessità di un percorso penitenziale, accompagnato anche da una riflessione sui divorziati rimasti soli, che spesso soffrono in silenzio, ai margini della vita sociale. In secondo luogo, si è sottolineato il bisogno di tutelare i figli di coniugi divorziati dalle ricadute psicologiche del divorzio su di loro. In quest’ambito, è stato ricordato che un’adeguata pastorale dei bambini spesso può riavvicinare i loro genitori alla Chiesa.

    In terzo luogo, è stata richiamata l’importanza del rapporto tra la famiglia e l’educazione dei figli, con particolare riferimento al diritto dei genitori di scegliere il progetto educativo più adatto per i loro figli, così che questi ultimi possano ricevere un’educazione di qualità.

    Infine, il Segretario generale del Sinodo, card. Lorenzo Baldisseri, ha reso noto che, nel corso delle otto Congregazioni generali, gli interventi dei Padri Sinodali sono stati in totale 180, a cui sono da aggiungere gli 80 avvenuti nelle ore di dibattito libero.



    Synod14 - 9a Congregazione Generale: Sintesi non ufficiale degli interventi degli Uditori (10 ottobre 2014, mattina), 10.10.2014

     

     

    Sintesi in lingua italiana

    Traduzione in lingua inglese

    Traduzione in lingua spagnola

    Traduzione in lingua francese

    Sintesi in lingua italiana

    Nona Congregazione Generale: Sintesi non ufficiale degli interventi degli Uditori

     

    Santo Padre: presente
    Padri Sinodali: 185

     

    La nona Congregazione generale ha visto l’audizione di 15 Interventi (6 di coppie e 9 di singoli uditori), quasi tutti laici impegnati nell’ambito della Pastorale familiare, della bioetica e dell’ecologia umana. Provenienti da diverse Paesi del mondo, in rappresentanza di quasi tutti i continenti, gli Uditori hanno portato in Aula la loro testimonianza viva, di apostolato familiare vissuto nella quotidianità.

    Innanzitutto, sono state ricordate le difficoltà che vivono le famiglie del Medio Oriente, in particolare dell’Iraq: i numerosi conflitti – si è detto – si ripercuotono gravemente sulla famiglia, disgregata dalla morte dei suoi membri, costretta a migrare in cerca di un luogo sicuro in cui vivere, privata di un futuro per i giovani, sottratti alla scolarizzazione, e per gli anziani, abbandonati a se stessi. L’unità della famiglia cristiana in Medio Oriente è profondamente scossa, con conseguenze anche sull’unità sociale e nazionale dei Paesi appartenenti alla regione. Di fronte a tali drammatici scenari, dunque, la Chiesa rappresenta davvero un porto sicuro, una "famiglia di famiglie" che offre conforto e speranza. Ed è necessario anche preparare le coppie di coniugi ad essere "mediatrici" di pace e di riconciliazione.

    Altro punto evidenziato dagli Uditori è stata la necessità che la Chiesa ascolti maggiormente i laici nella ricerca di soluzioni ai problemi delle famiglie, in particolare per quanto riguarda la sfera dell’intimità della vita di coppia. Per questo, è stata ribadita l’importanza di una sinergia tra il mondo accademico ed il mondo pastorale, per formare non "tecnici", ma agenti pastorali che conoscano e sappiano promuovere i temi della famiglia e della vita, attraverso una "cosmovisione" antropologica cattolica ben salda.

    Inoltre, gli Uditori hanno rimarcato la necessità di un maggior dialogo tra Chiesa e Stato, anche attraverso l’impegno di fedeli laici che, lontani da ambizioni personali, sappiano promuovere la tutela dei diritti della famiglia e la difesa della vita, lavorando per uno Stato dal volto umano. I laici – è stato rimarcato – devono essere attivi e competenti nella difesa pubblica dei valori della vita e della famiglia.

    Gli interventi si sono, quindi, soffermati sul bisogno di formare in modo adeguato e permanente i sacerdoti sui temi della famiglia, in particolare sull’apertura alla vita, affinché riescano a spiegare ed a parlare con naturalezza e chiarezza dell’amore coniugale. Anche perché, ad esempio, è stato notato che se la pianificazione naturale della famiglia viene spiegata in modo approfondito, evidenziandone il valore positivo, essa rinsalda la vita di coppia. In quest’ottica, è stato ricordato che le omelie, se ben preparate, fanno sì che i fedeli partecipino di più alla celebrazione della Messa.

    Un ulteriore spunto di riflessione ha messo in luce l’importanza della testimonianza: i giovani non hanno bisogno di tanta teoria, si è detto, ma comprendono molto bene la centralità della famiglia se essa viene dimostrata dalle famiglie stesse, testimoni credibili e soggetto di evangelizzazione. Per questo, si è riflettuto sulla necessità che le coppie siano accompagnate da un’adeguata pastorale anche dopo il matrimonio e non soltanto prima.

    Quindi, gli Uditori hanno dato voce alle sofferenze di chi perde un familiare, come le persone vedove, orfane o i genitori che perdono un figlio. Per esse, è fondamentale l’accompagnamento della Chiesa e di gruppi di ascolto e di condivisione, affinché non si smarriscano davanti al profondo strazio della perdita, alla paura di un "deserto" degli affetti, ma restino ben saldi nella fede.

    E’ emersa, poi, l’importanza di una "ecologia umana", che aiuti a contrastare gli effetti negativi della globalizzazione economica, spesso portatrice di modelli contrari alla dottrina cattolica. Ferma condanna, inoltre, è stata espressa per tutte le forme di violenza domestica, in particolare sulle donne, evidenziando come spesso essa sia perpetrata da persone giovani.

    Infine, è stato ribadito il bisogno della comunicazione all’interno della famiglia, poiché la condivisione tra i coniugi, la compartecipazione all’educazione dei figli, e soprattutto la preghiera tra le mura domestiche, contribuiscono a rinsaldare il nucleo familiare.



    Sinodo. Il card. Tagle: non si possono dividere verità e carità

    Il cardinale Tagle

    10/10/2014

    "Dobbiamo incontrare le persone, specie le famiglie, nelle condizioni storiche concrete". Lo ha detto il cardinale Louis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila nelle Filippine. Il porporato, presente al Sinodo, ha ribadito la vitalità della Chiesa e parlato dell'atmosfera che regna durante le congregazioni. Ma sentiamo lo stesso cardinale Tagle al microfono di Alessandro Guarasci:

    R. – Tutti siamo contenti e lieti per la liberta di esprimerci, anche per il rispetto e la carità. Io osservo che qua, noi vescovi delegati, siamo tutti studenti, alunni, perché le situazioni sono diverse. E’ un itinerario educativo e formativo per me.

    D. – Dai mass media sembra che al Sinodo si parli in principal modo di divorziati-risposati. Ma quali altri temi stanno emergendo?

    R. – Per esempio il metodo e il linguaggio di evangelizzazione; l’antropologia; la cultura; i mass-media; la povertà; il problema dei rifugiati… Sono tutti fattori che influenzano la vita interiore della famiglia.

    D. – Come possono coincidere verità e misericordia?

    R. – Ambedue sono necessarie: non c’è verità senza carità e non c’è carità senza verità. La scelta di una rispetto all’altra per noi è una falsa scelta! Tutta la pastorale della Chiesa è sempre sulla verità e sulla carità e non solo nella pastorale della famiglia.



     

    Sinodo. Il card. Burke: dare messaggio positivo sul matrimonio

    Il cardinale statunitense Raymond Leo Burke

    09/10/2014

    Di fronte alla dittatura del pensiero unico finalizzata a introdurre nella società controvalori che distorcono la visione del matrimonio come unione tra uomo e donna, la Chiesa è chiamata con coraggio a dire la bellezza della famiglia. Questo uno dei concetti espressi più volte in aula del Sinodo. Centrale anche il tema dei processi di dichiarazione di nullità matrimoniale per l’ottenimento della quale, secondo alcuni presuli, occorrerebbe snellire le procedure. Su questi aspetti  si sofferma il card. Raymond Leo Burke, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, intervistato da Paolo Ondarza:

    R. – E’ un lavoro molto inteso che sta affrontando un grande numero di temi, forse troppi. In questo momento il discorso sembra ancora un po’ confuso, ma speriamo che arriveremo a dei chiarimenti, ovviamente, basati sull’insegnamento perenne della Chiesa, fondamento per una pastorale sana.

    D. – Si sta discutendo molto sulla nullità dei matrimoni, sulla possibilità di esprimersi in maniera più efficace sulla dichiarazione di nullità matrimoniale…

    R. – Una coppia si unisce in matrimonio e c’è sempre la possibilità che l’uno o l’altro degli sposi abbia viziato il consenso escludendo per un atto positivo della volontà alcuni beni essenziali per la validità del matrimonio: la fedeltà, l’indissolubilità o l’atto di procreare. Queste sono alcune delle ragioni per cui è possibile chiedere la nullità in un processo matrimoniale. Il processo ha tutti gli elementi per arrivare alla verità con certezza morale e quando c’è un personale ben preparato questo processo non dura a lungo e non è contrario alla pastorale.

    D. – Viene chiesto uno snellimento della procedura processuale con l’eliminazione del secondo grado di giudizio richiesto oggi per ottenere un annullamento. Lei cosa pensa?

    R. – Io non sono a favore di questo, perché per una cosa così importante, ovvero la validità del matrimonio - che tocca anche la salvezza dell’anima - la Chiesa vuole che un primo giudizio sia confermato in seconda istanza.

    D. – Gli occhi di molti sono puntati su questo Sinodo soprattutto per alcune tematiche di sofferenza che vivono coppie il cui primo matrimonio è fallito. C’è però tutta una fetta di sposi che vive coerentemente la propria fede cristiana nel matrimonio e che attende dai padri sinodali una parola di conforto, anche perché spesso si trova a dover testimoniare in un contesto che nega i valori cristiani…

    R. – Infatti, noi dobbiamo illustrare nel Sinodo, davanti a tutti, la bellezza del matrimonio che è, veramente, una partecipazione all’amore divino, nell’amore tra Padre, Figlio e Spirito Santo; e non dobbiamo considerare solamente i casi difficili. Il Sinodo sul matrimonio e sulla famiglia deve anche, prima di tutto, dare un messaggio positivo sul matrimonio.

    D. – Oggi, secondo lei, è una sfida quella di dire chiaramente la visione della Chiesa sul matrimonio tra uomo e donna?

    R. – Sì, è una sfida, perché la nostra cultura è totalmente secolarizzata e sta accettando delle cose che contraddicono la verità sul matrimonio. Ma la Chiesa è “controcorrente” e noi dobbiamo accettare la sofferenza che viene dall’annunciare una verità difficile per il nostro tempo; questa è la dimostrazione del nostro vero amore, per il mondo, per i nostri fratelli e sorelle, nel dire loro la verità che ci ha dato Cristo. Se soffriamo – e soffriremo certamente – accettiamo questa sofferenza con gioia perché sappiamo che stiamo veramente servendo in amore i nostri fratelli.

    D. – Questo è un incoraggiamento per le tante coppie che entrano nella porta “stretta” del matrimonio, testimoniandone e vivendone però tutta la gioia e la bellezza?

    R. – Giusto. Loro danno la testimonianza più bella e convincente di questa verità.



     

    [Modificato da Caterina63 10/10/2014 17:27]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 11/10/2014 12:13

    Famiglia. Per i giovani è una certezza. Sulla stampa prevale analisi politica del Sinodo




    I padri sinodali al lavoro





    10/10/2014



    Secondo l'indagine del Rapporto Giovani curata dall'Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con l'Università Cattolica di Milano, il 70% dei giovani  (un campione di 1727 persone tra i 19 ed i 30 anni di età), considera la famiglia un pilastro essenziale della vita. In particolare il 67% la ritiene fondata sul matrimonio. La volontà di costruire una famiglia con figli resta alta, con una percentuale del 94%. "La famiglia di origine, spiega il prof. Alessandro Rosina, tra i coordinatori del Rapporto Giovani, resiste come forza principale di aiuto, ma le relazioni all'interno del nucleo familiare non sono sempre facili. Questo dato conferma come la bassa fecondità italiana non sia una questione di desideri e progetti, ma di possibilità di realizzarli con il sostegno di politiche adatte". Il 32% dei giovani, inoltre, denuncia il fatto che non esista una perfetta comunicazione con il proprio padre, soprattutto perchè le proprie regioni vengono considerate poco o nulla. 


     


    Ma perché un evento ecclesiale come il Sinodo, per la stampa si trasforma in fatto politicoconcentrando l’informazione su temi come le unioni civili, la comunione ai divorziati-risposati, ignorando tutto il resto di cui i padri sinodali si occupano? 


    “In molta stampa, spiega il prof. Antonio Maria Baggio, politologo, direttore della rivista dei Focolari 'Nuova Umanità', c’è l’applicazione di un modello interpretativo del Sinodo legato alla politica per leggere una realtà ecclesiale ed umana. Questo può dipendere da vari fattori. A volte,siamo di fronte a prese di posizione ideologiche. Quindi, non si riconosce la realtà della Chiesa e la missione che  ha nei confronti della società e dell’umanità. La si riduce ad una struttura politica. Cosa che la Chiesa non è. E’ una struttura umana che si deve governare: questo è strumentale alla realtà della Chiesa che incontriamo ogni giorno, che significa vicinanza alle persone, sacramenti, annuncio di speranza. Da una parte, quindi, c’è un’ideologia che vuole negare tutto ciò e la si trova in mille modi. Nel dare, ad esempio, un peso enorme alle tesi di alcuni cardinali rispetto ad altri. Ma  c’è anche impreparazione. I temi ecclesiali non sono ben conosciuti. Una società che si è allontanata da una formazione religiosa non sa bene come interpretare. C’è lontananza dalla cultura della religione”.


    Leggendo le cronache del Sinodo nasce il dubbio che si segua talora un racconto dettato non tanto dai fatti ma delle idee del singolo cronista o testata…


    "Non voglio fare generalizzazioni, ma questo, nella stampa, si incontra spesso. Purtroppo, prosegue il prof. Antonio Maria Baggio, esiste una parte rilevante della realtà umana che non riusciamo ad incontrare nei mezzi di comunicazione di massa. Sembra che non la vogliano vedere. Soprattutto la gran parte che si lega all’ispirazione religiosa e che organizza il sociale. Che fa qualcosa di buono. Che tiene in piedi la società anche nei momenti di crisi. Tutto ciò non lo si vuole vedere e tutto questo ha un peso politico, perché non  vedere la forza effettiva che l’ispirazione religiosa mette nella società, la sua traduzione in fatti, speranza, solidarietà è una scelta. Bisogna però anche dire che la stampa, i mezzi di comunicazione hanno dato molta attenzione a Papa Francesco. E , se si parla del Sinodo sulla famiglia, è anche perché Papa Francesco l’ha voluto, l’ha deciso come Sinodo straordinario e si è colto un elemento importante nella sfida che Francesco ha posto con questo Sinodo. Cioè, quella di passare da una logica del divieto, dei precetti, di ciò che non devi fare per poter vivere la dottrina, ad una logica diversa che è molto più cristiana, che è quella della vicinanza, soprattutto alle famiglie sofferenti, e della condivisione. Quindi con questo Sinodo la Chiesa sta facendo una prova, un cambiamento di sensibilità che potrebbe essere determinate per futuro. Questo alcuni mezzi di comunicazione l’hanno colto".


    Ma ci dobbiamo rassegnare al rischio di una “politicizzazione” nell’informazione di avvenimenti ecclesiali ?


    "Lo abbiamo sperimentato spesso in anni passati, con le grandi campagne di riflessione civile sull’aborto, sulla procreazione artificiale, sul divorzio. E questo continuerà, purtroppo, perché ci sono delle prese di posizione legate ad interessi, e l’unione tra parti politiche ed alcune componenti del giornalismo, è una cosa frequente. Questo, incide molto sulla professionalità delle persone. Però quello che noi possiamo fare è cercare di moltiplicare la controinformazione su questo. Vorrei sottolineare che i grandi temi del Sinodo di cui i giornali non parlano, perché fanno esattamente quello che dice lei, cioè politicizzano, interpretano l’acqua come se fosse fuoco, sono fondamentali per la vita della società. Una delle questioni del Sinodo è come preparare al matrimonio. Come preparare dei giovani ad un progetto. Ma persone che hanno un progetto di famiglia, poi sono in grado di progettarsi anche nel lavoro, nella professione, nella solidarietà? E soprattutto sono in grado di non essere passive di fronte alle grandi correnti di opinioni manipolate che oggi invece girano".


    I media cattolici sono in grado di fare controinformazione?


    "Penso, conclude il prof. Baggio, che sia essenziale che la stampa cattolica ci sia.  Ma da sola non basta. Deve  rinforzare un’alleanza con la realtà dei cattolici. Con la realtà delle parrocchie, dei movimenti, delle associazioni. Se ci fosse un’alleanza più forte tra i mezzi di comunicazione cattolici e tante realtà vitali del mondo cattolico, certamente la loro potenza di informazione ne risulterebbe moltiplicata. Questo come auspicio. Già fanno bene".







    Card. Ouellet: divorziati risposati restano membri della Chiesa

    Il card. Marc Ouellet

    10/10/2014

    Evitare di dare un giudizio morale sui divorziati risposati: la non ammissione al Sacramento dell’Eucaristia non elimina del tutto la possibilità della grazia in Cristo: questa una delle riflessioni emerse dal Sinodo straordinario sulla famiglia, in corso in Vaticano. Al microfono di Paolo Ondarza, ascoltiamo ilcard. Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi:

    R. - Credo prima di tutto che si deve ripetere che i divorziati risposati rimangono membri della Chiesa; non devono allontanarsi dalla Chiesa per il fatto che non possono ricevere la Comunione: il legame con la comunità è molto importate, la partecipazione all’offerta della Santa Eucarestia è fondamentale. Credo anche che dobbiamo favorire degli incontri con le persone che soffrono in queste situazioni affinché possano essere ascoltate. Qualcuno ha detto che l’ascolto è terapeutico; credo profondamente che sia vero.

    D. - Queste persone si sentono giudicate dalla Chiesa?

    R. - Credo che dobbiamo curare il nostro linguaggio nei loro confronti per evitare di dichiarare che non sono ammessi perché sono in peccato mortale permanente e non possono ritrovare lo stato di grazia. Questo è un linguaggio offensivo e che non tiene conto della vita spirituale della persone che, probabilmente, in tanti casi, hanno chiesto cento volte perdono nel loro cuore per il primo matrimonio fallito, ma, oggettivamente si trovano da dieci anni con un altro coniuge, con altri figli e quindi non possono mettere fine a questa nuova unione. Quindi c’è molto da fare per aiutarli a rimanere in contatto con la Chiesa, a sentirsi non giudicati dal punto di vista morale e a capire che rimane comunque un ostacolo al ricevimento della Comunione sacramentale.

    D. - Perché c’è questo ostacolo?

    R. - Perché il mistero della Santa Eucarestia, è un mistero nuziale: è il mistero della donazione che Cristo fa del suo Corpo - Lui, il Corpo del Signore risorto - alla Chiesa sua sposa. Questo dono è l’espressione della sua fedeltà fino alla morte. Allora, dal momento in cui il primo matrimonio viene considerato sacramentale - quindi il primo vincolo nuziale non è stato cancellato -, se una persona si trova in una seconda unione nasce una contraddizione oggettiva con il mistero che sta per ricevere. Dobbiamo aiutarli a capire che la Comunione con Cristo è possibile anche per loro, ma è una Comunione spirituale che non arriva fino al punto della comunione sacramentale.

    D. - Ma la comunione spirituale prevede un rito? C’è chi suggerisce per esempio di benedire i divorziati e i risposati al momento della Comunione …

    R. - Sì, questo certamente può essere anche espresso ritualmente: una persona può venire al momento della comunione e incrociare le braccia al petto: in questo modo avverte il sacerdote che non può ricevere la comunione, ma è disponibile per una benedizione. Bisogna dire alla gente che è possibile ritrovare la comunione con Cristo, cioè lo stato di grazia.




    FACCIAMO UN PO DI ECCLESIALITA' FRA DI NOI 
    Premesso che concordo con le risposte del cardinale Marc Ouellet, ecco finalmente centrato il problema, il cuore del problema, dice il cardinale nella risposta:

    D. - Queste persone si sentono giudicate dalla Chiesa?

    R. - Credo che dobbiamo curare il nostro linguaggio nei loro confronti per evitare di dichiarare che non sono ammessi perché sono in peccato mortale permanente e non possono ritrovare lo stato di grazia. Questo è un linguaggio offensivo e che non tiene conto della vita spirituale della persone che, probabilmente, in tanti casi, hanno chiesto cento volte perdono nel loro cuore per il primo matrimonio fallito, ma, oggettivamente si trovano da dieci anni con un altro coniuge, con altri figli e quindi non possono mettere fine a questa nuova unione. Quindi c’è molto da fare per aiutarli a rimanere in contatto con la Chiesa, a sentirsi non giudicati dal punto di vista morale e a capire che rimane comunque un ostacolo al ricevimento della Comunione sacramentale.

    Osservo 
    capisco che il linguaggio vada mitigato ma.... se uno è in uno stato di peccato mortale non è perchè ora ha famiglia o ha fatto figli il peccato gli viene rimosso  premesso che solo Dio giudica il cuore, resta palese che sono in peccato mortale perchè vivono in adulterio ed infatti il cardinale, alla domanda dopo dice:

    D. - Perché c’è questo ostacolo?

    R. - Perché il mistero della Santa Eucarestia, è un mistero nuziale: è il mistero della donazione che Cristo fa del suo Corpo - Lui, il Corpo del Signore risorto - alla Chiesa sua sposa. Questo dono è l’espressione della sua fedeltà fino alla morte. Allora, dal momento in cui il primo matrimonio viene considerato sacramentale - quindi il primo vincolo nuziale non è stato cancellato -, se una persona si trova in una seconda unione nasce una contraddizione oggettiva con il mistero che sta per ricevere. Dobbiamo aiutarli a capire che la Comunione con Cristo è possibile anche per loro, ma è una Comunione spirituale che non arriva fino al punto della comunione sacramentale.

     è quello che infatti cerchiamo di difendere..... mitigare quanto si vuole il linguaggio - ed infatti io mi batto da anni nell'insegnamento della COMUNIONE SPIRITUALE , nonostante venga derisa dai parroci  ma resta chiaro che queste coppie, appunto, vivono in uno stato di peccato mortale e nasconderglielo non è amare il prossimo...







    [Modificato da Caterina63 11/10/2014 12:29]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 13/10/2014 20:32

      Synod14 - 11a Congregazione generale: "Relatio post disceptationem" del Relatore generale, Card. Péter Erdő, 13.10.2014


     

    Questa mattina, nel corso dell’undicesima Congregazione generale della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi, sul tema: Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione (5-19 ottobre 2014), il Relatore generale Cardinale Péter Erdő, Arcivescovo di Esztergom-Budapest, ha tenuto la Relatio post disceptationem.

    Pubblichiamo di seguito il testo in lingua italiana della Relatio post disceptationem, mentre le traduzioni in lingua inglese, spagnola e francese sono disponibili online nel Bollettino della Sala Stampa ai rispettivi indirizzi linguistici:

     

    Relazione del Relatore generale, Card. Péter Erdő

     

     

    Introduzione

     

    I Parte

     

    L’ascolto: il contesto e le sfide sulla famiglia

     

    Il contesto socio-culturale

    La rilevanza della vita affettiva

    Le sfide pastorali

    II Parte

    Lo sguardo su Cristo: il Vangelo della famiglia

     

     

     

    Lo sguardo su Gesù e la gradualità nella storia della salvezza

    La famiglia nel disegno salvifico di Dio

    Il discernimento dei valori presenti nelle famiglie ferite e nelle situazioni irregolari

    Verità e bellezza della famiglia e misericordia

     

    III Parte

     

    Il confronto: prospettive pastorali

     

     

     

    Annunciare il Vangelo della famiglia oggi, nei vari contesti

    Guidare i nubendi nel cammino di preparazione al matrimonio

    Accompagnare i primi anni della vita matrimoniale

    Il positivo nelle unioni civili e nelle convivenze

    Curare le famiglie ferite (separati, divorziati non risposati, divorziati risposati)

    Accogliere le persone omosessuali

    La trasmissione della vita e la sfida della denatalità

    La sfida sull’educazione e il ruolo della famiglia nell’evangelizzazione

     

    Conclusione

     

     

    * * *

     

    Introduzione

     

     

    1. Nella veglia di preghiera celebrata in Piazza San Pietro Sabato 4 Ottobre 2014 in preparazione al Sinodo sulla famiglia Papa Francesco ha evocato in maniera semplice e concreta la centralità dell’esperienza familiare nella vita di tutti, esprimendosi così: "Scende ormai la sera sulla nostra assemblea. È l’ora in cui si fa volentieri ritorno a casa per ritrovarsi alla stessa mensa, nello spessore degli affetti, del bene compiuto e ricevuto, degli incontri che scaldano il cuore e lo fanno crescere, vino buono che anticipa nei giorni dell’uomo la festa senza tramonto. È anche l’ora più pesante per chi si ritrova a tu per tu con la propria solitudine, nel crepuscolo amaro di sogni e di progetti infranti: quante persone trascinano le giornate nel vicolo cieco della rassegnazione, dell’abbandono, se non del rancore; in quante case è venuto meno il vino della gioia e, quindi, il sapore – la sapienza stessa – della vita [...] Degli uni e degli altri questa sera ci facciamo voce con la nostra preghiera, una preghiera per tutti".

    2. Grembo di gioie e di prove, di affetti profondi e di relazioni a volte ferite, la famiglia è veramente "scuola di umanità" ("Familia schola quaedam uberioris humanitatis est": Concilio Vaticano II, Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et Spes, 52), di cui si avverte fortemente il bisogno. Nonostante i tanti segnali di crisi dell’istituto familiare nei vari contesti del "villaggio globale", il desiderio di famiglia resta vivo, in specie fra i giovani, e motiva la necessità che la Chiesa annunci senza sosta e con convinzione profonda quel "Vangelo della famiglia" che le è stato affidato con la rivelazione dell’amore di Dio in Gesù Cristo.

    3. Sulla realtà della famiglia, decisiva e preziosa, il Vescovo di Roma ha chiamato a riflettere il Sinodo dei Vescovi nella sua Assemblea Generale Straordinaria dell’ottobre 2014, per approfondire poi la riflessione nell’Assemblea Generale Ordinaria che si terrà nell’ottobre 2015, oltre che nell’intero anno che intercorre fra i due eventi sinodali. "Già il convenire in unum attorno al Vescovo di Roma è evento di grazia, nel quale la collegialità episcopale si manifesta in un cammino di discernimento spirituale e pastorale": così Papa Francesco ha descritto l’esperienza sinodale, indicandone i compiti nel duplice ascolto dei segni di Dio e della storia degli uomini e nella duplice e unica fedeltà che ne consegue.

    4. Alla luce dello stesso discorso abbiamo raccolto i risultati delle nostre riflessioni e dei nostri dialoghi nelle seguenti tre parti: l’ascolto, per guardare alla realtà della famiglia oggi, nella complessità delle sue luci e delle sue ombre; lo sguardo fisso sul Cristo per ripensare con rinnovata freschezza ed entusiasmo quanto la rivelazione, trasmessa nella fede della Chiesa, ci dice sulla bellezza e sulla dignità della famiglia; il confronto alla luce del Signore Gesù per discernere le vie con cui rinnovare la Chiesa e la società nel loro impegno per la famiglia.

     

    Prima parte
    L’ascolto: il contesto e le sfide sulla famiglia

     

    Il contesto socio-culturale

    5. Il cambiamento antropologico-culturale oggi influenza tutti gli aspetti della vita e richiede un approccio analitico e diversificato, capace di cogliere le forme positive della libertà individuale. Va rilevato anche il crescente pericolo rappresentato da un individualismo esasperato che snatura i legami familiari e finisce per considerare ogni componente della famiglia come un'isola, facendo prevalere, in certi casi, l'idea di un soggetto che si costruisce secondo i propri desideri assunti come un assoluto.

    6. La più grande prova per le famiglie del nostro tempo è spesso la solitudine, che distrugge e provoca una sensazione generale di impotenza nei confronti della realtà socio-economica che spesso finisce per schiacciarle. Così è per la crescente precarietà lavorativa che è vissuta talvolta come un vero incubo, o a motivo di una fiscalità troppo pesante che certo non incoraggia i giovani al matrimonio.

    7. Ci sono contesti culturali e religiosi che pongono sfide particolari. Nelle società africane vige ancora la pratica della poligamia e in alcuni contesti tradizionali la consuetudine del "matrimonio per tappe". In altri contesti permane la pratica dei matrimoni combinati. Nei paesi in cui la religione cattolica è minoritaria sono numerosi i matrimoni misti con tutte le difficoltà che comportano in ordine alla configurazione giuridica, all'educazione dei figli e al reciproco rispetto dal punto di vista della libertà religiosa, ma anche con le grandi potenzialità di incontro nella diversità della fede che queste storie di vita familiare presentano. In molti contesti, e non solo occidentali, si va diffondendo ampiamente la prassi della convivenza che precede il matrimonio o anche di convivenze non orientate ad assumere la forma di un vincolo istituzionale.

    8. Molti sono i bambini che nascono fuori dal matrimonio, specie in alcuni paesi, e molti quelli che poi crescono con uno solo dei genitori o in un contesto familiare allargato o ricostituito. Il numero dei divorzi è crescente e non è raro il caso di scelte determinate unicamente da fattori di ordine economico. La condizione della donna ha ancora bisogno di essere difesa e promossa poiché si registrano non poche situazioni di violenza all'interno delle famiglie. I bambini spesso sono oggetto di contesa tra i genitori e i figli sono le vere vittime delle lacerazioni familiari. Anche le società attraversate dalla violenza a causa della guerra, del terrorismo o della presenza della criminalità organizzata, vedono situazioni familiari deteriorate. Le migrazioni inoltre rappresentano un altro segno dei tempi da affrontare e comprendere con tutto il carico di conseguenze sulla vita familiare.

     

    La rilevanza della vita affettiva

     

    9. A fronte del quadro sociale delineato si riscontra nei singoli un maggiore bisogno di prendersi cura della propria persona, di conoscersi interiormente, di vivere meglio in sintonia con le proprie emozioni e i propri sentimenti, di cercare una qualità relazionale nella vita affettiva. Allo stesso modo si può riscontrare un diffuso desiderio di famiglia che si accompagna alla ricerca di se stessi. Ma come coltivare e sostenere questa tensione alla cura di se stessi e questo desiderio di famiglia? Qui vi è una grande sfida anche per la Chiesa. Il pericolo individualista e il rischio di vivere in chiave egoistica sono rilevanti.

    10. Il mondo attuale sembra valorizzare una affettività senza limiti di cui si vogliono esplorare tutti i versanti, anche quelli più complessi. Di fatto, la questione della fragilità affettiva è di grande attualità: una affettività narcisistica, instabile e mutevole che non aiuta sempre i soggetti a raggiungere una maggiore maturità. In questo contesto, le coppie sono talvolta incerte, esitanti e faticano a trovare i modi per crescere. Molti sono quelli che tendono a restare negli stadi primari della vita emozionale e sessuale. La crisi della coppia destabilizza la famiglia e può arrivare attraverso le separazioni e i divorzi a produrre serie conseguenze sugli adulti, i figli e la società, indebolendo l’individuo e i legami sociali. Anche il calo demografico non solo determina una situazione in cui l’avvicendarsi delle generazioni non è più assicurato, ma rischia di condurre nel tempo a un impoverimento economico e a una perdita di speranza nell’avvenire.

     

    Le sfide pastorali

     

     

    11. In questo contesto la Chiesa avverte la necessità di dire una parola di speranza e di senso. Occorre muovere dalla convinzione che l’uomo viene da Dio e che, pertanto, una riflessione capace di riproporre le grandi domande sul significato dell’essere uomini, possa trovare un terreno fertile nelle attese più profonde dell’umanità. I grandi valori del matrimonio e della famiglia cristiana corrispondono alla ricerca che attraversa l’esistenza umana anche in un tempo segnato dall’individualismo e dall’edonismo. Occorre accogliere le persone con la loro esistenza concreta, saperne sostenere la ricerca, incoraggiare il desiderio di Dio e la volontà di sentirsi pienamente parte della Chiesa anche di chi ha sperimentato il fallimento o si trova nelle situazioni più disparate. Questo esige che la dottrina della fede, da far conoscere sempre di più nei suoi contenuti fondamentali, vada proposta insieme alla misericordia.

     

    II Parte
    Lo sguardo su Cristo: il Vangelo della famiglia

     

     

    Lo sguardo su Gesù e la gradualità nella storia della salvezza

     

    12. Al fine di «verificare il nostro passo sul terreno delle sfide contemporanee, la condizione decisiva è mantenere fisso lo sguardo su Gesù Cristo, sostare nella contemplazione e nell’adorazione del suo volto [...] Infatti, ogni volta che torniamo alla fonte dell’esperienza cristiana si aprono strade nuove e possibilità impensate» (Papa Francesco, Discorso del 4 ottobre 2014). Gesù ha guardato alle donne e agli uomini che ha incontrato con amore e tenerezza, accompagnando i loro passi con pazienza e misericordia, nell’annunciare le esigenze del Regno di Dio.

    13. Dal momento che l’ordine della creazione è determinato dall’orientamento a Cristo, occorre distinguere senza separare i diversi gradi mediante i quali Dio comunica all’umanità la grazia dell’alleanza. In ragione della legge della gradualità (cf. Familiaris Consortio, 34), propria della pedagogia divina, si tratta di leggere in termini di continuità e novità l’alleanza nuziale, nell’ordine della creazione e in quello della redenzione.

    14. Gesù stesso, riferendosi al disegno primigenio sulla coppia umana, riafferma l’unione indissolubile tra l’uomo e la donna, pur comprendendo che «per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così» (Mt 19,8). In tal modo, Egli mostra come la condiscendenza divina accompagni sempre il cammino umano, orientandolo verso il suo principio, non senza passare attraverso la croce.

     

    La famiglia nel disegno salvifico di Dio

     

     

    15. Poiché, con l’impegno della reciproca accoglienza e con la grazia di Cristo i nubendi si promettono fedeltà e apertura alla vita, essi riconoscono come elementi costitutivi del matrimonio i doni che Dio offre loro, prendendo sul serio il loro vicendevole impegno, in suo nome e di fronte alla Chiesa. Ora, nella fede è possibile assumere i beni del matrimonio come impegni meglio sostenibili mediante l’aiuto della grazia del sacramento. Dio consacra l’amore degli sposi e ne conferma l’indissolubilità, offrendo loro l’aiuto per vivere la fedeltà e aprirsi alla vita. Pertanto, lo sguardo della Chiesa non si volge soltanto alla coppia, ma alla famiglia.

    16. Possiamo distinguere tre tappe fondamentali nel disegno divino sulla famiglia: la famiglia delle origini, quando Dio creatore istituì il matrimonio primordiale tra Adamo ed Eva, come fondamento solido della famiglia: maschio e femmina li creò (cf. Gn 1,24-31; 2,4b); la famiglia storica, ferita per il peccato (cf. Gn 3) e la famiglia redenta da Cristo (cf. Ef 5,21-32), a immagine della Santa Trinità, mistero da cui scaturisce ogni vero amore. L’alleanza sponsale, inaugurata con la creazione e rivelata nella storia tra Dio e Israele, perviene alla sua pienezza con Cristo nella Chiesa.

     

    Il discernimento dei valori presenti nelle famiglie ferite e nelle situazioni irregolari

     

     

    17. In considerazione del principio di gradualità del piano salvifico divino, ci si chiede quali possibilità siano date ai coniugi che vivono il fallimento del loro matrimonio, ovvero come sia possibile offrire loro l’aiuto di Cristo attraverso il ministero della Chiesa. A questo proposito, una significativa chiave ermeneutica proviene dall’insegnamento del Concilio Vaticano II, il quale, mentre afferma che «l’unica Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica», riconosce che anche «al di fuori del suo organismo si trovino parecchi elementi di santificazione e di verità, che, appartenendo propriamente per dono di Dio alla Chiesa di Cristo, spingono verso l’unità cattolica» (Lumen Gentium, 8).

    18. In questa luce, vanno anzitutto ribaditi il valore e la consistenza propria del matrimonio naturale. Alcuni si domandano se sia possibile che la pienezza sacramentale del matrimonio non escluda la possibilità di riconoscere elementi positivi anche nelle forme imperfette che si trovano al di fuori di tale realtà nuziale, ad essa comunque ordinate. La dottrina dei gradi di comunione, formulata dal Concilio Vaticano II, conferma la visione di un modo articolato di partecipare al Mysterium Ecclesiae da parte dei battezzati.

    19. Nella medesima prospettiva, che potremmo dire inclusiva, il Concilio dischiude anche l’orizzonte in cui si apprezzano gli elementi positivi presenti nelle altre religioni (cf. Nostra Aetate, 2) e culture, nonostante i loro limiti e le loro insufficienze (cf. Redemptoris Missio, 55). Dallo sguardo rivolto alla sapienza umana presente in esse, infatti, la Chiesa apprende come la famiglia venga considerata universalmente forma necessaria e feconda di convivenza umana. In tal senso, l’ordine della creazione, in cui affonda le radici la visione cristiana della famiglia, si dispiega a livello storico, nelle diverse espressioni culturali e geografiche.

    20. Rendendosi dunque necessario un discernimento spirituale, riguardo alle convivenze e ai matrimoni civili e ai divorziati risposati, compete alla Chiesa di riconoscere quei semi del Verbo sparsi oltre i suoi confini visibili e sacramentali. Seguendo lo sguardo ampio di Cristo, la cui luce rischiara ogni uomo (cf. Gv 1,9; cf. Gaudium et Spes, 22), la Chiesa si volge con rispetto a coloro che partecipano alla sua vita in modo incompiuto e imperfetto, apprezzando più i valori positivi che custodiscono, anziché i limiti e le mancanze.

     

    Verità e bellezza della famiglia e misericordia

     

     

    21. Il Vangelo della famiglia, mentre risplende grazie alla testimonianza di tante famiglie che vivono con coerenza la fedeltà al sacramento, con i loro frutti maturi di autentica santità quotidiana nutre pure quei semi che ancora attendono di maturare, e deve curare quegli alberi che si sono inariditi e domandano di non essere trascurati.

    22. In tal senso, una dimensione nuova della pastorale familiare odierna, consiste nel cogliere la realtà dei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, anche delle convivenze. Infatti, quando l’unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico, è connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da capacità di resistere nelle prove, può essere vista come un germe da accompagnare nello sviluppo verso il sacramento del matrimonio. Molto spesso invece la convivenza si stabilisce non in vista di un possibile futuro matrimonio, ma senza alcuna intenzione di stabilire un rapporto istituzionale.

    23. Conforme allo sguardo misericordioso di Gesù, la Chiesa deve accompagnare con attenzione e premura i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito, ridonando fiducia e speranza, come la luce del faro di un porto o di una fiaccola portata in mezzo alla gente per illuminare coloro che hanno smarrito la rotta o si trovano in mezzo alla tempesta.

     

    III Parte
    Il confronto: prospettive pastorali

     

    Annunciare il Vangelo della famiglia oggi, nei vari contesti

     

    24. Il dialogo sinodale ha permesso di convenire su alcune istanze pastorali più urgenti da affidare alla concretizzazione nelle singole Chiese locali, nella comunione cum Petro et sub Petro.

    25. L’annunzio del Vangelo della famiglia costituisce un’urgenza per la nuova evangelizzazione. La Chiesa deve attuarlo con tenerezza di madre e chiarezza di maestra (cf. Ef 4,15), in fedeltà alla kenosi misericordiosa del Cristo. La verità si incarna nella fragilità umana non per condannarla, ma per guarirla.

    26. Evangelizzare è responsabilità condivisa di tutto il popolo di Dio, ognuno secondo il proprio ministero e carisma. Senza la testimonianza gioiosa dei coniugi e delle famiglie, l’annunzio, anche se corretto, rischia di essere incompreso o di affogare nel mare di parole che caratterizza la nostra società (cf. Novo Millennio Ineunte, 50). I Padri sinodali hanno più volte sottolineato che le famiglie cattoliche sono chiamate ad essere esse stesse i soggetti attivi di tutta la pastorale familiare.

    27. Decisivo sarà porre in risalto il primato della grazia, e quindi le possibilità che lo Spirito dona nel sacramento. Si tratta di far sperimentare che il Vangelo della famiglia è gioia che «riempie il cuore e la vita intera», perché in Cristo siamo «liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento» (Evangelii Gaudium, 1). Alla luce della parabola del seminatore (cf. Mt 13, 3), il nostro compito è di cooperare nella semina: il resto è opera di Dio. Non bisogna dimenticare che la Chiesa che predica sulla famiglia è segno di contraddizione.

    28. Per questo si richiede una conversione missionaria: è necessario non fermarsi ad un annuncio meramente teorico e sganciato dai problemi reali delle persone. Non va mai dimenticato che la crisi della fede ha comportato una crisi del matrimonio e della famiglia e, come conseguenza, si è interrotta spesso la trasmissione della fede dai genitori ai figli. Dinanzi ad una fede forte l’imposizione di alcune prospettive culturali che indeboliscono la famiglia e il matrimonio non ha incidenza.

    29. La conversione deve essere innanzitutto quella del linguaggio perché esso risulti effettivamente significativo. L’annunzio deve far sperimentare che il Vangelo della famiglia è risposta alle attese più profonde della persona umana: alla sua dignità e alla realizzazione piena nella reciprocità e nella comunione. Non si tratta soltanto di presentare una normativa ma di proporre valori, rispondendo al bisogno di essi che si constata oggi anche nei paesi più secolarizzati.

    30. L’indispensabile approfondimento biblico-teologico va accompagnato dal dialogo, a tutti i livelli. Molti hanno insistito su un approccio più positivo con le ricchezze contenute anche nelle diverse esperienze religiose, senza tacere sulle difficoltà. Nelle diverse realtà culturali vanno colte dapprima le possibilità e alla loro luce respinti i limiti e le radicalizzazioni.

    31. Il matrimonio cristiano non può essere considerato solo come una tradizione culturale o una esigenza sociale, ma deve essere una decisione vocazionale assunta con adeguata preparazione in un itinerario di fede, con un discernimento maturo. Non si tratta di porre difficoltà e complicare i cicli di formazione, ma di andare in profondità e non accontentarsi di incontri teorici o orientamenti generali.

    32. È stata concordemente richiamata la necessità di una conversione di tutta la prassi pastorale in prospettiva familiare, superando le ottiche individualistiche che ancora la caratterizzano. Per questo si è più volte insistito sul rinnovamento in questa luce della formazione dei presbiteri e degli altri operatori pastorali, mediante un maggiore coinvolgimento delle stesse famiglie.

    33. Si è parimenti sottolineata la necessità di una evangelizzazione che denunzi con franchezza i fattori culturali, sociali ed economici, ad esempio l’eccessivo spazio dato alla logica del mercato, che impediscono un’autentica vita familiare, determinando discriminazioni, povertà, esclusioni, violenza. Per questo va sviluppato un dialogo e una cooperazione con le strutture sociali, e vanno incoraggiati e sostenuti i laici che si impegnano in ambito culturale e socio-politico.

    Guidare i nubendi nel cammino di preparazione al matrimonio

     

    34. La complessa realtà sociale e le sfide che la famiglia oggi è chiamata ad affrontare richiedono un impegno maggiore di tutta la comunità cristiana per la preparazione dei nubendi al matrimonio. Riguardo a questa necessità i Padri sinodali sono stati concordi nel sottolineare l’esigenza di un maggiore coinvolgimento dell’intera comunità privilegiando la testimonianza delle stesse famiglie, oltre che un radicamento della preparazione al matrimonio nel cammino di iniziazione cristiana, sottolineando il nesso del matrimonio con gli altri sacramenti. Si è parimenti evidenziata la necessità di programmi specifici per la preparazione prossima al matrimonio che siano vera esperienza di partecipazione alla vita ecclesiale e approfondiscano i diversi aspetti della vita familiare.

    Accompagnare i primi anni della vita matrimoniale

     

    35. I primi anni di matrimonio sono un periodo vitale e delicato durante il quale le coppie crescono nella consapevolezza delle sfide e del significato del matrimonio. Di qui l’esigenza di un accompagnamento pastorale che vada oltre la celebrazione del sacramento. Risulta di grande importanza in questa pastorale la presenza di coppie con esperienza. La parrocchia è considerata come il luogo ideale dove coppie esperte possono essere messe a disposizione di quelle più giovani. Occorre incoraggiare le coppie a un atteggiamento fondamentale di accoglienza del grande dono dei figli. Va sottolineata l’importanza della spiritualità familiare e della preghiera, incoraggiando le coppie a riunirsi regolarmente per promuovere la crescita della vita spirituale e la solidarietà nelle esigenze concrete della vita. Liturgie significative, pratiche devozionali e Eucaristie celebrate per le famiglie, sono state menzionate come vitali per favorire l’evangelizzazione attraverso la famiglia.

     

    Il positivo nelle unioni civili e nelle convivenze

     

     

    36. Una sensibilità nuova della pastorale odierna, consiste nel cogliere la realtà positiva dei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, delle convivenze. Occorre che nella proposta ecclesiale, pur presentando con chiarezza l’ideale, indichiamo anche elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più a tale ideale.

    37. È stato anche notato che in molti paesi un "crescente numero di coppie convivono ad experimentum, senza alcun matrimonio né canonico, né civile" (Instrumentum Laboris, 81). In Africa questo avviene specialmente nel matrimonio tradizionale, contratto fra famiglie e spesso celebrato in diverse tappe. Di fronte a tali situazioni, la Chiesa è chiamata ad essere "sempre la casa aperta del Padre […] dove c’è posto per ciascuno con la sua via faticosa" (Evangelii Gaudium, 47) e a venire incontro a chi sente la necessità di riprendere il suo cammino di fede, anche se non è possibile celebrare il matrimonio canonico.

    38. Anche in Occidente è in continua crescita il numero di coloro che, dopo aver vissuto insieme da lungo tempo, chiedono la celebrazione del matrimonio in Chiesa. La semplice convivenza è spesso scelta a causa della mentalità generale, contraria alle istituzioni ed agli impegni definitivi, ma anche per l’attesa di una sicurezza esistenziale (lavoro e salario fisso). In altri paesi le unioni di fatto sono molto numerose, non per motivo del rigetto dei valori cristiani sulla famiglia e sul matrimonio, ma soprattutto per il fatto che sposarsi è un lusso, cosicché la miseria materiale spinge a vivere in unioni di fatto. Anche in tali unioni è possibile cogliere autentici valori familiari o almeno il desiderio di essi. Occorre che l’accompagnamento pastorale parta sempre da questi aspetti positivi.

    39. Tutte queste situazioni vanno affrontate in maniera costruttiva, cercando di trasformarle in opportunità di cammino verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla luce del Vangelo. Si tratta di accoglierle e accompagnarle con pazienza e delicatezza. A questo scopo è importante la testimonianza attraente di autentiche famiglie cristiane, come soggetti dell’evangelizzazione della famiglia.

     

    Curare le famiglie ferite (separati, divorziati non risposati, divorziati risposati)

     

     

    40. Nel Sinodo è risuonata chiara la necessità di scelte pastorali coraggiose. Riconfermando con forza la fedeltà al Vangelo della famiglia, i Padri sinodali, hanno avvertito l’urgenza di cammini pastorali nuovi, che partano dall’effettiva realtà delle fragilità familiari, riconoscendo che esse, il più delle volte, sono più "subite" che scelte in piena libertà. Si tratta di situazioni diverse per fattori sia personali che culturali e socio-economici. Non è saggio pensare a soluzioni uniche o ispirate alla logica del "tutto o niente". Il dialogo e il confronto vissuti nel Sinodo dovranno continuare nelle Chiese locali, coinvolgendo le loro diverse componenti, in maniera che le prospettive che si sono delineate possano trovare la loro piena maturazione nel lavoro della prossima Assemblea Generale Ordinaria. La guida dello Spirito, costantemente invocato, permetterà a tutto il popolo di Dio di vivere la fedeltà al Vangelo della famiglia come misericordioso prendersi cura di tutte le situazioni di fragilità.

    41. Ogni famiglia ferita va innanzitutto ascoltata con rispetto e amore facendosi compagni di cammino come il Cristo con i discepoli sulla strada di Emmaus. Valgono in maniera particolare per queste situazioni le parole di Papa Francesco: «La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa "arte dell’accompagnamento", perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cf. Es 3,5). Dobbiamo dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana» (Evangelii Gaudium, 169).

    42. Un tale discernimento è indispensabile per i separati e i divorziati. Va rispettata soprattutto la sofferenza di coloro che hanno subito ingiustamente la separazione e il divorzio. Il perdono per l’ingiustizia subita non è facile, ma è un cammino che la grazia rende possibile. Parimenti va sempre sottolineato che è indispensabile farsi carico in maniera leale e costruttiva delle conseguenze della separazione o del divorzio sui figli: essi non possono diventare un "oggetto" da contendersi e vanno cercate le forme migliori perché possano superare il trauma della scissione familiare e crescere in maniera il più possibile serena.

    43. Diversi Padri hanno sottolineato la necessità di rendere più accessibili ed agili le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità. Tra le proposte sono stati indicati il superamento della necessità della doppia sentenza conforme; la possibilità di determinare una via amministrativa sotto la responsabilità del vescovo diocesano; un processo sommario da avviare nei casi di nullità notoria. Secondo proposte autorevoli, andrebbe poi considerata la possibilità di dare rilevanza alla fede dei nubendi in ordine alla validità del sacramento del matrimonio. Va ribadito che in tutti questi casi si tratta dell’accertamento della verità sulla validità del vincolo.

    44. Circa le cause matrimoniali lo snellimento della procedura, richiesto da molti, oltre alla preparazione di sufficienti operatori, chierici e laici con dedizione prioritaria, esige di incrementare la responsabilità del vescovo diocesano, il quale nella sua diocesi potrebbe incaricare un sacerdote debitamente preparato che possa gratuitamente consigliare le parti sulla validità del loro matrimonio.

    45. Le persone divorziate ma non risposate vanno invitate a trovare nell’Eucaristia il cibo che le sostenga nel loro stato. La comunità locale e i pastori devono accompagnare queste persone con sollecitudine, soprattutto quando vi sono figli o è grave la loro situazione di povertà.

    46. Anche le situazioni dei divorziati risposati esigono un attento discernimento e un accompagnamento carico di rispetto, evitando ogni linguaggio e atteggiamento che li faccia sentire discriminati. Prendersi cura di loro non è per la comunità cristiana un indebolimento della sua fede e della sua testimonianza dell’indissolubilità matrimoniale, anzi essa esprime proprio in questa cura la sua carità.

    47. Riguardo alla possibilità di accedere ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia, alcuni hanno argomentato a favore della disciplina attuale in forza del suo fondamento teologico, altri si sono espressi per una maggiore apertura a condizioni ben precise quando si tratta di situazioni che non possono essere sciolte senza determinare nuove ingiustizie e sofferenze. Per alcuni l’eventuale accesso ai sacramenti occorrerebbe fosse preceduto da un cammino penitenziale – sotto la responsabilità dal vescovo diocesano –, e con un impegno chiaro in favore dei figli. Si tratterebbe di una possibilità non generalizzata, frutto di un discernimento attuato caso per caso, secondo una legge di gradualità, che tenga presente la distinzione tra stato di peccato, stato di grazia e circostanze attenuanti.

    48. Suggerire di limitarsi alla sola "comunione spirituale" per non pochi Padri sinodali pone alcuni interrogativi: se è possibile la comunione spirituale, perché non poter accedere a quella sacramentale? È stato perciò sollecitato un maggiore approfondimento teologico a partire dai legami tra sacramento del matrimonio e Eucaristia in rapporto alla Chiesa-sacramento. Parimenti va approfondita la dimensione morale della problematica, ascoltando e illuminando la coscienza dei coniugi.

    49. Le problematiche relative ai matrimoni misti sono ritornate sovente negli interventi dei Padri sinodali. La diversità della disciplina matrimoniale delle Chiese ortodosse pone in alcuni contesti problemi gravi ai quali è necessario che siano date risposte adeguate in comunione con il Papa. Lo stesso vale per i matrimoni interreligiosi.

    Accogliere le persone omosessuali

     

    50. Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana: siamo in grado di accogliere queste persone, garantendo loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità? Spesso esse desiderano incontrare una Chiesa che sia casa accogliente per loro. Le nostre comunità sono in grado di esserlo accettando e valutando il loro orientamento sessuale, senza compromettere la dottrina cattolica su famiglia e matrimonio?

    51. La questione omosessuale ci interpella in una seria riflessione su come elaborare cammini realistici di crescita affettiva e di maturità umana ed evangelica integrando la dimensione sessuale: si presenta quindi come un’importante sfida educativa. La Chiesa peraltro afferma che le unioni fra persone dello stesso sesso non possono essere equiparate al matrimonio fra uomo e donna. Non è nemmeno accettabile che si vogliano esercitare pressioni sull’atteggiamento dei pastori o che organismi internazionali condizionino aiuti finanziari all’introduzione di normative ispirate all’ideologia del gender.

    52. Senza negare le problematiche morali connesse alle unioni omosessuali si prende atto che vi sono casi in cui il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partners. Inoltre, la Chiesa ha attenzione speciale verso i bambini che vivono con coppie dello stesso sesso, ribadendo che al primo posto vanno messi sempre le esigenze e i diritti dei piccoli.

     

    La trasmissione della vita e la sfida della denatalità

     

     

    53. Non è difficile constatare il diffondersi di una mentalità che riduce la generazione della vita a una variabile della progettazione individuale o di coppia. I fattori di ordine economico esercitano un peso talvolta determinante contribuendo al forte calo della natalità che indebolisce il tessuto sociale, compromette il rapporto tra le generazioni e rende più incerto lo sguardo sul futuro. L’apertura alla vita è esigenza intrinseca dell'amore coniugale.

    54. Probabilmente anche in questo ambito occorre un linguaggio realista, che sappia partire dall'ascolto delle persone e sappia dar ragione della bellezza e della verità di una apertura incondizionata alla vita come ciò di cui l'amore umano ha bisogno per essere vissuto in pienezza. È su questa base che può poggiare un adeguato insegnamento circa i metodi naturali, che consenta di vivere in maniera armoniosa e consapevole la comunicazione tra i coniugi, in tutte le sue dimensioni, insieme alla responsabilità generativa. In questa luce va riscoperto il messaggio dell’Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, che sottolinea il bisogno di rispettare la dignità della persona nella valutazione morale dei metodi di regolazione della natalità.

    55. Occorre perciò aiutare a vivere l'affettività, anche nel legame coniugale, come un cammino di maturazione, nella sempre più profonda accoglienza dell'altro e in una donazione sempre più piena. Va ribadita in tal senso la necessità di offrire cammini formativi che alimentino la vita coniugale e l'importanza di un laicato che offra un accompagnamento fatto di testimonianza viva. È indubbiamente di grande aiuto l’esempio di un amore fedele e profondo fatto di tenerezza, di rispetto, capace di crescere nel tempo e che nel suo concreto aprirsi alla generazione della vita fa l'esperienza di un mistero che ci trascende.

    La sfida dell'educazione e il ruolo della famiglia nell’evangelizzazione

     

    56. La sfida fondamentale di fronte a cui si trovano le famiglie oggi è sicuramente quella educativa, resa più impegnativa e complessa dalla realtà culturale dell'oggi. Vanno tenute in debito conto le esigenze e le attese di famiglie capaci di testimonianza nella vita quotidiana, luoghi di crescita, di concreta ed essenziale trasmissione delle virtù che danno forma all'esistenza.

    57. La Chiesa può svolgere in questo un ruolo prezioso di sostegno alle famiglie, partendo dall'iniziazione cristiana, attraverso comunità accoglienti. Ad essa è chiesto, oggi ancor più di ieri, nelle situazioni complesse come in quelle ordinarie, di sostenere i genitori nel loro impegno educativo, accompagnando bambini, ragazzi e giovani nella loro crescita attraverso cammini personalizzati capaci di introdurre al senso pieno della vita e di suscitare scelte e responsabilità, vissute alla luce del Vangelo.

     

    Conclusione

    58. Le riflessioni proposte, frutto del dialogo sinodale svoltosi in grande libertà e in uno stile di reciproco ascolto, intendono porre questioni e indicare prospettive che dovranno essere maturate e precisate dalla riflessione delle Chiese locali nell’anno che ci separa dall’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei vescovi prevista per l’ottobre 2015. Non si tratta di decisioni prese né di prospettive facili. Tuttavia il cammino collegiale dei vescovi e il coinvolgimento dell’intero popolo di Dio sotto l’azione dello Spirito Santo potranno guidarci a trovare vie di verità e di misericordia per tutti. È l’auspicio che sin dall’inizio dei nostri lavori Papa Francesco ci ha rivolto invitandoci al coraggio della fede e all’accoglienza umile e onesta della verità nella carità.




    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 14/10/2014 15:02

      procedimenti di parte (progressista) al Sinodo: CEDIMENTO AL MONDO





    Il presidente dei vescovi polacchi: il documento di metà sinodo? Confusione e cedimento al mondo



    In un’intervista rilasciata alla sezione in lingua polacca della Radio Vaticana, il presidente dei vescovi della Polonia, l’arcivescovo di Poznan Stanisław Gadecki, non ha esitato a dire che la relazione riassuntiva della prima settimana di lavori del Sinodo sulla famiglia, presentata ieri mattina dal cardinale Peter Erdo (si legga testo sopra), si discosta dall’insegnamento di Giovanni Paolo II sulla famiglia e perfino che in esso si possono riscontrare tracce di un’ideologia anti-famiglia. Per Gadecki il testo mette in luce la mancanza di una chiara visione (leggasi confusione) da parte dell’assemblea sinodale).


    «Il fine di questo Sinodo pastorale – si è chiesto Gadecki – è quello di supportare le famiglie in difficoltà o il suo scopo è quello di studiare dei casi particolari? Il nostro obiettivo principale è supportare la famiglia pastoralmente, non di colpirla, esponendo ituazioni difficili che esistono, ma che non costituiscono il nucleo dell’esperienza familiare; questi casi particolari non possono far dimenticare il bisogno di supporto che hanno le famiglie buone, normali, ordinarie, che lottano non tanto per la sopravvivenza ma per la fedeltà». 


    «In riferimento al matrimonio e alla famiglia – ha continuato l’arcivescovo – certi criteri che vengono applicati sollevano dei dubbi. Per esempio il criterio della gradualità. È possibile trattare la convivenza in modo graduale, come un sentiero verso la santità? Oggi la discussione ha inoltre messo in evidenza che la dottrina presentata nel documento è caratterizzata da un peccato di omissione. Come se la visione del mondo prevalesse e tutto fosse imperfezione che conduce alla perfezione… si parli delle eccezioni, ma abbiamo anche bisogno di presentare la verità. Inoltre, i punti in cui si parla dei bambini affidati a coppie dello stesso sesso sono formulati come se la situazione fosse da elogiare! Questo è un altro difetto di questo testo, il quale dovrebbe essere un incentivo alla fedeltà, a riconsiderare i valori della famiglia, mentre sembra accettare tutto così così com’è. Si ha l’impressione che l’insegnamento della Chiesa sia stato senza misericordia fino ad ora, e che la misericordia inizi solo ora».   








    Sinodo. Mons. Fisichella: la convivenza non è la tappa finale del percorso il Matrimonio è fondamentale e necessario, la Chiesa lo deve dire....

    Mons. Rino Fisichella al Sinodo

    13/10/2014

    Per un commento alla Relatio post disceptationem, Paolo Ondarza ha intervistato il presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, mons. Rino Fisichella:

    R. - Questa relazione fa emergere in pienezza il dibattito che si è svolto in questa prima settimana. Spesso abbiamo parlato dell’esigenza che ci sia un linguaggio capace di comunicare. Penso che la relazione abbia sviluppato soprattutto questa dimensione.

    D. - Ritiene ci siano degli elementi che potrebbero essere aggiunti?

    R. - La relazione deve provocare la riflessione nei circoli minori che adesso ci apprestiamo a compiere. Penso che ci sia una parola importante che bisogna fare emergere: la Chiesa rimane sempre profezia nel mondo. Questo significa che noi dobbiamo aiutare le persone a guardare anche al di là del momento presente. Allora la Parola di Dio ci spinge ad essere capaci di critica nei confronti di quelle situazioni che non ci possono lasciare pastoralmente soddisfatti e contenti. Ci sono molte situazioni riguardo la famiglia nella società contemporanea che meritano una parola di aiuto per far comprendere loro il limite che possiedono e soprattutto le contraddizioni a cui vanno incontro.

    D. - Può farci qualche esempio?

    R. - La convivenza. È vero che ci sono vari tipi di convivenza: c’è una convivenza che è quella determinata da alcuni fattori di ordine economico, finanziario, mancanza di lavoro, disoccupazione; c’è un altro tipo di convivenza che invece è fatta nel profondo disinteresse e indifferenza nei confronti della società, della legge civile, come una forma di scelta individualista. Anche in questo caos, ad esempio, dovremmo essere capaci di dire che questa non può essere la tappa finale, ma deve essere una tappa su cui riflettere anche per la responsabilità che si ha nei confronti delle persone più deboli, in questo caso dei figli.

    D. - Questa profezia a cui faceva  riferimento vuol dire ribadire che il disegno di Dio su famiglia e matrimonio è un punto fermo che non cambia con la storia?

    R. - Ci sono ovviamente degli elementi che appartengono alla Rivelazione cristiana e ciò che è il contenuto della rivelazione - ovviamente - non può essere modificato. L’indissolubilità del matrimonio cristiano è una novità che Gesù ha portato e che per noi rimane come una ricchezza da condividere nel contesto del mondo contemporaneo.

    D. - La crisi della fede, crisi del matrimonio, crisi della società: questo è stato il tema al centro del suo intervento qui in aula del Sinodo…

    R. – E’ per la profonda crisi di fede che vive soprattutto l’Occidente che San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco insistono continuamente sul tema della nuova evangelizzazione. Questa nasce proprio dall’esigenza e sull’urgenza di dare una risposta alla crisi di fede. Oggi, con piacere, ho sentito nella Relatio post disceptationem che si insiste sull’esigenza che all’interno della nuova evangelizzazione ci sia - come prioritario - il tema della famiglia.





    Sinodo. Mons. Stankevičs: famiglia sotto attacco, Chiesa deve difenderla con l'insegnamento di sempre

    Vescovi e cardinali al Sinodo sulla famiglia

    14/10/2014

    L’Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi dedicata a “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione” è proseguita questa mattina in Vaticano con i lavori dei Circoli minori. I Padri sono chiamati a lavorare alla stesura dei documenti finali del Sinodo partendo dalle osservazioni sulla “Relatio post disceptationem” letta ieri mattina in aula. Lo spiega al microfono di Paolo Ondarza l’arcivescovo di Riga in Lettonia, mons. Zbigņev Stankevičs:

    R. – Già ieri pomeriggio, abbiamo iniziato il lavoro nei Circoli minori. Cerchiamo di correggere alcune espressioni, non corrette a mio modo di vedere, usate nella “Relatio”. Lo facciamo per elaborare un testo finale più equilibrato e che risponda meglio sfide di oggi. La mia convinzione è che il compito principale del Sinodo è di riaffermare la verità del Vangelo sul Matrimonio. Oggi, la famiglia si trova sotto un attacco fortissimo, il compito principale dei Padri sinodali non è fare qualche apertura poco definita ma è di applicare, nuovamente, per la situazione di oggi l’insegnamento della Chiesa. Sicuramente è necessaria un’apertura e dobbiamo andare incontro alle sfide contemporanee per quanto possibile. Ma senza perdere l’identità cattolica e senza rinunciare alla verità sul matrimonio.

    D. – Una Chiesa che muove il mondo, piuttosto che una Chiesa che viene mossa dal mondo?

    R. – Sì, è proprio così, perché quando la Chiesa permette al mondo di muoverla si rischia di perdere l’identità. Quando perdiamo l’identità vuol dire che perdiamo il sale. Se perdiamo il sale, il mondo non ha più bisogno della Chiesa.  
    La Chiesa non serve a soddisfare i piaceri del mondo, la Chiesa serve per dare sale al mondo, per mostrare la verità che viene dall’alto. Noi abbiamo ricevuto la Rivelazione da Dio: nostro compito è trasmettere questa Rivelazione in un modo che sia il più comprensibile possibile, tenendo in giusta considerazione anche le difficoltà del mondo. Noi siamo stati troppo rigidi qualche volta. In questo senso, è necessaria una conversione da parte nostra. Dobbiamo farlo con tutta l’umiltà, con tutta la misericordia verso il mondo, ma la verità rimane sempre, la verità è oggettiva. Non possiamo dire che ognuno può capirla come vuole.

    D. – Lei diceva inizialmente che oggi la famiglia è posta sotto minaccia, sotto attacco. Venti anni fa, questo concetto era già stato espresso da Giovanni Paolo II nella “Lettera alle Famiglie” quando scriveva: “Alla disgregazione delle famiglie sembrano purtroppo puntare ai nostri giorni vari programmi sostenuti da mezzi molto potenti”. È un’affermazione ancora valida?

    R. – Sì, perché i processi si sviluppano e quell’attacco oggi prende altre forme. Ai giorni nostri, l’ideologia del “gender”, ad esempio, è molto forte: si afferma che ognuno può scegliere la propria identità, anche sessuale e biologica, ma questo  non è vero. Questo attacco contro la famiglia ha preso nuove forme, ha conquistato diverse nazioni. Il processo continua, il pericolo è cresciuto in questi venti anni.

    D. – Si tratta di un attacco contro la natura umana?

    R. – Sì, contro l’identità della famiglia, contro l’identità umana. Noi dobbiamo riaffermare la verità trovando un linguaggio adatto, comprensibile anche al mondo per quanto sia possibile.

    D. – Il mondo oggi chiede di capire?

    R. – Diciamo che le lobby che attaccano la famiglia non lo chiedono: perseguono i loro interessi e cercano di imporli a tutto il mondo. Personalmente, però, ho incontrato molte persone, anche non credenti, che cercano la verità. Vedo che nel mondo sta crescendo un’opposizione verso tendenze che distruggono la famiglia.

    D. – Trattandosi di una materia di grande attualità, estremamente delicata, la responsabilità dei Padri sinodali riuniti in questo Sinodo è enorme…

    R. – Stamattina, ho celebrato la Messa anche per il Sinodo, affinché lo Spirito Santo ci faccia da guida per non rinunciare al nostro compito, alle nostre responsabilità, per non sottometterci alla pressioni del mondo e a quelle dei mass media.





    Dichiarazione del Direttore della Sala Stampa a nome della Segreteria Generale del Sinodo

    Città del Vaticano, 14 ottobre 2014 (VIS). La Segreteria Generale del Sinodo, in seguito alle reazioni e discussioni seguite alla pubblicazione della Relatio post disceptationem, e al fatto che le è stato spesso attribuito un valore che non corrisponde alla sua natura, ribadisce che tale testo è un documento di lavoro, che riassume gli interventi e il dibattito della prima settimana, e ora è proposto alla discussione dei membri del Sinodo riuniti nei Circoli minori, secondo quanto prevede il Regolamento del Sinodo stesso.




    [Modificato da Caterina63 15/10/2014 00:23]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 15/10/2014 18:22

    L'arcivescovo Shevchuk: dottrina non cambia, si sviluppa

    L'arcivescovo Sviatoslav Shevchuk interviene al Sinodo

    15/10/2014

    Al centro della discussione dei padri sinodali riuniti nei Circoli minori la Relazione dopo la discussione, presentata lunedì mattina. Il testo è un documento di lavoro e non è definitivo. Lo conferma al microfono di Paolo Ondarza Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore di Kiev in Ucraina:

    R. - Stiamo lavorando. Questa Relatio non è un risultato definitivo della discussione. Adesso stiamo studiando nei Circoli minori questo testo. Ci sono molte critiche. Bisogna completare il testo per dare un messaggio molto più chiaro ed equilibrato sia al Santo Padre che ai nostri fedeli. Prima di tutto vogliamo ribadire la dottrina della Chiesa sul matrimonio e la famiglia. Non abbiamo nessuna intenzione di cambiare la dottrina, ma ci stiamo occupando delle sfide pastorali che non vengono dall’interno della Chiesa ma dall’esterno. Noi cerchiamo il modo migliore per rispondere a queste, riproponendo la chiave gioiosa e positiva del Vangelo della famiglia.

    D. - Quali le criticità secondo lei della Relatio post disceptationem?

    R. - Bisogna essere molto più chiari. Come si dice, “il diavolo si nasconde nei dettagli”, e talvolta l’intenzione dei padri non corrisponde pienamente al testo formulato. E questo confonde. La dottrina non cambia, si sviluppa, cioè si sta perfezionando per rispondere giustamente alle sfide. Nella storia della Chiesa, la parte dottrinale si è formata come risposta dei cristiani a certe eresie o interpretazioni sbagliate della fede cristiana. Questo non è un Sinodo dottrinale, non siamo qui per discuterle la dottrina, ma per condividere la nostra esperienza pastorale. Stiamo veramente considerando queste grandi sofferenze e queste sfide che la famiglia cristiana soffre nel modo d’oggi.

    D. - Le situazioni irregolari verso le quali si sta guardando in atteggiamento di misericordia, di ascolto, quale approccio necessitano?

    R. - Da una parte, vogliamo ribadire la dottrina: la famiglia è l’unione stabile, fedele e sacramentale tra un uomo ed una donna. Le altre convivenze non le stiamo considerando come famiglie, però bisogna anche ribadire che, ad esempio, se un uomo ed una donna anche senza il matrimonio ecclesiastico vivono un matrimonio stabile, fertile, fedele, e ci sono questi semina verbi, i semi della verità, questi vanno valorizzati e considerati come un punto di partenza per aiutare queste persone a raggiungere l’ideale evangelico. Forse per la prima volta l’attenzione dei pastori è rivolta verso l’esterno del recinto.

    D. - I media hanno parlato di apertura alle coppie omosessuali. Come stanno le cose?

    R. - Non è così. Non stiamo parlando di apertura. Si è parlato delle sofferenze di queste persone. Non possiamo considerare l’orientamento omosessuale come un bene da valorizzare; è una grandissima difficoltà che provoca sofferenze in queste persone. Perciò bisogna guardare con occhi chiari: da una parte, non si può identificare la persona con la sua tendenza omosessuale; dall’altra dobbiamo chiederci come possiamo illuminare la loro esistenza - veramente provata dalla sofferenza personale - con la luce del Vangelo.




     Ancora il cardinale Filoni:

    "La prima aspettativa, che credo sia comune a tanti nuclei familiari, è quella di sapere, di sentire che noi incoraggiamo queste famiglie, che loro sono l’oggetto della nostra attenzione".

    Altri suggerimenti: dare maggiore accento alla tutela della donna e alla sua importanza per la trasmissione della vita e della fede, fare più riferimenti alla famiglia come “Chiesa domestica”, valorizzandone la prospettiva missionaria nel mondo contemporaneo. Approfondire e chiarire meglio il tema della “gradualità”, che può essere all’origine di una serie di confusioni. Per quanto riguarda l’accesso ai Sacramenti per i divorziati risposati, ad esempio, è stato detto che è difficile accogliere delle eccezioni senza che in realtà diventino una regola comune.

    E’ stato pure rilevato che la parola “peccato” non è quasi presente nella "Relatio". Riguardo agli omosessuali, la necessaria accoglienza va accompagnata dalla giusta prudenza, affinché non si crei l’impressione di una valutazione positiva di tale orientamento da parte della Chiesa. La stessa attenzione è stata auspicata nei riguardi delle convivenze.




     

    SINODO, IL GIORNO DOPO IL TERREMOTO. MÜLLER: «RELAZIONE VERGOGNOSA, TOTALMENTE SBAGLIATA»

    Sinodo, il giorno dopo il terremoto. Müller: «Relazione vergognosa, totalmente sbagliata»

    «Indegna, vergognosa, completamente sbagliata». Condanna senza appello della relazione sulla prima settimana di lavori sinodali sulla famiglia (la Relatio post disceptationem) letta ieri davanti a papa Francesco dal cardinale ungherese Peter Erdo.

    L'ha pronunciata, intervenendo ad uno dei circoli minores (le commissioni), non un padre sinodale “qualsiasi”, ma il custode dell'ortodossia della fede cattolica, il cardinale tedesco Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede (l'ex Sant'Uffizio), assurto negli ultimi giorni a voce di punta di quanti nel Sinodo contestano le annunciate aperture su divorziati risposati, unioni di fatto, convivenze, coppie omosessuali. 


    Lo stesso cardinale che nel corso della passata settimana si è più volte lamentato pubblicamente su un presunto atteggiamento censorio del Vaticano nei confronti di quei relatori che hanno parlato in difesa della dottrina tradizionale cattolica, con particolare riferimento all'indissolubilità del sacramento del matrimonio. Posizioni che Müller ed altri 4 porporati avevano già espresso in un libro pubblicato alla vigilia del Sinodo, ma che nei giorni scorsi sono state ribadite in piene assise sinodali, trovando però  -  a parere dello stesso Müller - una eco piuttosto limitata nella Relatio letta dal cardinale Erdo. Da qui l'alzata di scudi del Prefetto dell'ex Sant'Uffizio, che nel suo intervento ai circoli minores ha bocciato severamente in particolare i capitoli della relazione dedicati alle aperture in materia di coppie omosessuali, convivenze, sacramenti ai divorziati risposati, esprimendo tutta la sua "contrarietà per una relazione indegna e vergognosa". 

    Parole dette da Müller - ha tenuto a specificare sia oggi che nei giorni scorsi quando ha accusato i responsabili del Sinodo di censurare le voci contrarie alle aperture - nella sua veste di Prefetto della Congregazione della Dottrina delle fede e per questo potenzialmente destinate a mettere il freno a quanto riferito dal collega Erdo. Ma nella prima giornata di lavoro dei circoli minores non è stato solo Mueller a prendere le distanze dal documento di "medio" termine». (Orazio La Rocca, Repubblica)

    «Se lunedì la conferenza stampa seguita alla lettura della Relatio post disceptationem del cardinale Peter Erdo era stata all’insegna dei parallelismi con il Concilio Vaticano II, ventiquattro ore dopo la Segreteria generale del Sinodo riteneva necessario emettere una dichiarazione ufficiale in cui si spiega a tutti, giornalisti e fedeli laici, che quella relazione è solo un documento di lavoro. Una bozza, insomma. Modificabile ed emendabile. Niente di definitivo. 

    Anche perché appena Erdo ha finito di leggere il testo da altri in gran parte scritto (notevole il ruolo che ha rivestito nella stesura il segretario speciale, mons. Bruno Forte) e le telecamere del Centro televisivo vaticano si sono spente, nell’aula il clima si è surriscaldato, con quarantuno interventi tesi per lo più a smontare la relazione. Pell, Ouellet, Dolan, Vingt-Trois, Burke, Müller, Scola, Caffarra: a loro non sono piaciuti i paragrafi sulle aperture ai matrimoni civili, alle convivenze e alle coppie omosessuali. E con loro hanno sollevato dubbi tanti vescovi africani, i quali hanno chiesto lumi su certi passaggi che in assemblea mai erano stati discussi. Qualche padre s’è pure accorto che nel documento “la parola peccato non è quasi presente”. Così come è stato ricordato “il tono profetico delle parole di Gesù, per evitare il rischio di conformarsi alla mentalità del mondo presente”.

    Durante il briefing quotidiano, il cardinale sudafricano Wilfrid Fox Napier ha usato l’accetta, avanzando perfino il sospetto che i responsabili del Sinodo siano impegnati a favorire “non le opinioni di tutto il sinodo, ma di un gruppo particolare”. E poi, il testo di Erdo “non riflette il dibattito in assemblea”, ha aggiunto. “La mia paura”, ha osservato il porporato arcivescovo di Durban, è che “ciò che è uscito non corrisponda alla realtà”». (Matteo Matzuzzi, La Nuova Bussola Quotidiana)



    Card. Burke: la fede non si decide ai voti

    card. Burke(di Alessandro Gnocchi su Il Foglio del 14-10-2014) Piace poco o nulla al mondo, il cardinale Raymond Leo Burke. E, se possibile, piace ancora meno alla chiesa che piace al mondo.

    D’altra parte, questo americano di sessantasei anni di Richland Center, Wisconsin, ha fatto di tutto per riuscire cattolicamente nell’intento di ustionare le coscienze cristiane troppo inclini alla tiepidezza.

    Partecipa alle marce per la vita, dice che non va data la comunione ai politici che sostengono leggi abortiste, denuncia il rapido progredire dell’agenda omosessualista, fa sapere a Papa Francesco che la difesa dei principi non negoziabili non è una moda sottoposta agli umori dei pontefici, sostiene la messa in rito tradizionale. Recentemente ha firmato il libro collettivo “Permanere nella verità di Cristo. Matrimonio e comunione nella Chiesa cattolica”, scritto in aperta polemica con le misericordiose aperture del cardinale Walter Kasper su famiglia e comunione ai divorziati risposati.

    Nulla di strano, quindi, se il rimpasto curiale pensato da Bergoglio prevede che, da prefetto della Segnatura Apostolica, ora venga esiliato alla carica di cardinale patrono del Sovrano Ordine di Malta. Ma intanto, al Sinodo sulla famiglia, questo finissimo canonista figlio dell’America rurale ha assunto il ruolo di oppositore, verrebbe da dire di katechon, al cospetto della svolta attribuita, senza smentite, alla mens papale. Come recita l’antica “Bibbia poliglotta” aperta sul leggìo del suo studio alla pagina dell’Ecclesiaste: “Ogni cosa ha il suo tempo (…) c’è un tempo per tacere e un tempo per parlare”.

    D. Cosa si vede oltre la cortina mediatica che avvolge il Sinodo?

    R. Emerge una tendenza preoccupante perché alcuni sostengono la possibilità di adottare una prassi che si discosta dalla verità della fede. Anche se dovrebbe essere evidente che non si può procedere in questo senso, molti incoraggiano per esempio pericolose aperture sulla questione della comunione concessa ai divorziati risposati. Non vedo come si possa conciliare il concetto irreformabile dell’indissolubilità del matrimonio con la possibilità di ammettere alla comunione chi vive una situazione irregolare. Qui si mette direttamente in discussione ciò che ci ha detto Nostro Signore quando insegnava che chi divorzia da sua moglie e sposa un’altra donna commette adulterio.

    D. Secondo i riformatori questo insegnamento è diventato troppo duro.

    R. Dimenticano che il Signore assicura l’aiuto della grazia a coloro che sono chiamati a vivere il matrimonio. Questo non significa che non ci saranno difficoltà e sofferenze, ma che ci sarà sempre un aiuto divino per affrontarle ed essere fedeli sino alla fine.

    D. Sembra che la sua sia una posizione minoritaria…

    R. Qualche giorno fa ho visto una trasmissione in cui il cardinale Kasper ha detto che si sta camminando nella direzione giusta verso le aperture. In poche parole, i 5.700.000 italiani che hanno seguito quella trasmissione, hanno ricavato l’idea che tutto il Sinodo marci su quella linea, che la chiesa sia sul punto di mutare la sua dottrina sul matrimonio. Ma questo, semplicemente, non è possibile. Molti vescovi intervengono per dire che non si possono ammettere cambiamenti.

    D. Però non emerge dal briefing quotidiano della Sala stampa vaticana. Lo ha lamentato anche il cardinale Müller.

    R. Io non so come sia concepito il briefing, ma mi pare che qualcosa non funzioni bene se l’informazione viene manipolata in modo da dare rilievo solo a una tesi invece che riportare fedelmente le varie posizioni

    esposte. Questo mi preoccupa molto perché un numero consistente di vescovi non accetta le idee di apertura, ma pochi lo sanno. Si parla solo della necessità che la chiesa si apra alle istanze del mondo enunciata a febbraio dal cardinale Kasper. In realtà, la sua tesi sui temi della famiglia e su una nuova disciplina per la comunione ai divorziati risposati non è nuova, è già stata discussa trent’anni fa. Poi da febbraio ha ripreso vigore ed è stata colpevolmente lasciata crescere. Ma tutto questo deve finire perché provoca un grave danno per la fede. Vescovi e sacerdoti mi dicono che ora tanti divorziati risposati chiedono di essere ammessi alla comunione poiché lo vuole Papa Francesco.
    In realtà, prendo atto che, invece, finora non si è espresso sulla questione.

    D. Però sembra evidente che il cardinale Kasper e quanti sono sulla sua linea parlino con il sostegno del Papa.

    R. Questo sì. Il Papa ha nominato il cardinale Kasper al Sinodo e ha lasciato che il dibattito proseguisse su questi binari. Ma, come ha detto un altro cardinale, il Papa non si è ancora pronunciato. Io sto aspettando un suo pronunciamento, che può essere solo in continuità con l’insegnamento dato dalla chiesa in tutta la sua storia. Un insegnamento che non è mai mutato perché non può mutare.

    D. Alcuni prelati che sostengono la dottrina tradizionale dicono che se il Papa dovesse portare dei cambiamenti li accetterebbero. Non è una contraddizione?

    R. Sì, è una contraddizione, perché il Pontefice è il Vicario di Cristo sulla terra e perciò il primo servitore della verità della fede. Conoscendo l’insegnamento di Cristo, non vedo come si possa deviare da quell’insegnamento con una dichiarazione dottrinale o con una prassi pastorale che ignorino la verità.

    D. L’accento posto dal Pontefice sulla misericordia come la più importante, se non l’unica, idea guida della chiesa, non contribuisce a sostenere l’illusione che si possa praticare una pastorale sganciata dalla dottrina?

    R. Si diffonde l’idea che possa esistere una chiesa misericordiosa che non rispetta la verità. Ma mi offende nel profondo l’idea che, fino a oggi, i vescovi e i sacerdoti non sarebbero stati misericordiosi. Io sono cresciuto in una zona rurale degli Stati Uniti e ricordo che, quando ero bambino, nella nostra parrocchia c’era una coppia di una fattoria vicina alla nostra che veniva in chiesa a messa, ma non faceva mai la comunione. Crescendo, chiesi il perché a mio papà e lui, con naturalezza, mi spiegò che vivevano in una condizione irregolare e accettavano di non accedere alla comunione.

    Il parroco era molto gentile con loro, molto misericordioso e applicava la sua misericordia nell’operare perché la coppia tornasse a una vita consona alla fede cattolica. Senza verità non può esserci vera misericordia. I miei genitori mi hanno sempre insegnato che, se noi amiamo i peccatori, dobbiamo odiare il peccato e dobbiamo fare di tutto per strappare i peccatori dal male nel quale vivono.

    D. Nel suo studio c’è una statua del Sacro Cuore, nella sua cappella, sopra l’altare, c’è un’altra immagine del Cuore di Gesù, il suo motto episcopale è “Secundum Cor Tuum”. Allora, un vescovo può tenere unite misericordia e dottrina…

    R. Sì, è presso la fonte inesauribile e incessante della verità e della carità, cioè dal glorioso trapassato Cuore di Gesù, che il sacerdote trova la sapienza e la forza di guidare il gregge secondo la verità e in carità. Il Curato di Ars definiva il sacerdote come l’amore dal Sacro Cuore di Gesù. Il sacerdote unito al Sacro Cuore non soccomberà alla tentazione di dire al gregge parole diverse da quelle di Cristo indefettibilmente trasmesseci nella chiesa, non cadrà nella tentazione di sostituire alle parole della sana dottrina un linguaggio confuso e facilmente erroneo.

    D. Ma i riformatori sostengono che la carità, per la chiesa, consista nel rincorrere il mondo.

    R. Questo è il cardine dei ragionamenti di chi vuole mutare la dottrina o la disciplina. Mi preoccupa molto. Si dice che i tempi sono tanto cambiati, che non si può più parlare di diritto naturale, dell’indissolubilità del matrimonio… Ma l’uomo non è cambiato, continua a essere come Dio l’ha voluto.

    Certo, il mondo si è secolarizzato, ma questo è un motivo in più per dire in modo chiaro e forte la verità. È nostro dovere, ma per farlo, come ha insegnato san Giovanni Paolo II nell’Evangelium vitae, bisogna chiamare le cose con il loro nome, non possiamo usare un linguaggio quanto meno ambiguo per piacere al mondo.

    D. La chiarezza non sembra essere una priorità dei riformatori se, per esempio, non si sentono in contraddizione quando sostengono che i divorziati risposati possono accedere alla comunione a condizione di riconoscere l’indissolubilità del matrimonio.

    R. Se uno ribadisce sinceramente l’indissolubilità del matrimonio può solo rettificare lo stato irregolare nel quale si trova o astenersi dalla comunione. Non ci sono vie di mezzo.

    D. Neanche quella del cosiddetto “divorzio ortodosso”?

    R. La prassi ortodossa dell’economia o del secondo o terzo matrimonio penitenziale è storicamente e attualmente molto complessa. In ogni caso, la chiesa cattolica, che sa di questa prassi da secoli, non l’ha mai adottata, in virtù delle parole del Signore ricordate nel Vangelo secondo san Matteo (19, 9).

    D. Non pensa che, se si dovesse concedere questa apertura, ne seguiranno tante altre?

    R. Certamente. Ora si dice che questo verrà concesso solo in alcuni casi. Ma chi conosce un po’ gli uomini sa che, quando si cede in un caso, si cede in tutti gli altri. Se verrà ammessa come lecita l’unione tra divorziati risposati, verranno aperte le porte a tutte le unioni che non sono secondo la legge di Dio perché sarà stato eliminato il baluardo concettuale che preserva la buona dottrina e la buona pastorale che ne discende.

    D. I riformatori parlano spesso di un Gesù disposto a tollerare il peccato per poter andare incontro agli uomini. Ma era così?

    R. Un Gesù simile è un’invenzione che non ha riscontro nei Vangeli. Basti pensare allo scontro con il mondo nel Vangelo di san Giovanni. Gesù è stato il più grande oppositore del suo tempo e lo è anche al tempo di oggi. Penso a quanto disse alla donna sorpresa in flagrante adulterio: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8, 11).

    D. Ammettere alla comunione i divorziati risposati mina il sacramento del matrimonio, ma anche quello dell’eucaristia. Non le sembra una deriva che tocca il cuore della chiesa?

    R. Nella Prima Lettera ai Corinzi, al capitolo 11, san Paolo insegna che chi riceve l’eucaristia in stato di peccato mangia la propria condanna. Accedere all’eucaristia significa essere in comunione con Cristo, essere conformi a lui. Molti oppongono l’idea che l’eucaristia non è il sacramento dei perfetti, ma questo è un falso argomento.

    Nessun uomo è perfetto e l’eucaristia è il sacramento di coloro che stanno combattendo per essere perfetti, secondo quando chiede Gesù stesso: di esserlo come il Nostro Padre che è in cielo (Mt 5, 48). Anche chi combatte per raggiungere la perfezione pecca, certo, e se è in stato di peccato mortale non può comunicarsi. Per poterlo fare deve confessare il suo peccato con pentimento e con il proposito di non commetterlo più: questo vale per tutti, compresi i divorziati risposati.

    D. Oggi, la partecipazione all’eucaristia non viene quasi più vista come un atto sacramentale, ma come una pratica sociale Non significa più comunione con Dio, ma accettazione da parte di una comunità. Non sta qui la radice del problema?

    R. È vero, si sta diffondendo sempre di più questa idea protestante. E non vale solo per i divorziati risposati. Si sente spesso dire che, in momenti particolari come la prima comunione, la cresima dei figli o in occasione dei matrimoni, anche i non cattolici possono essere ammessi all’eucaristia. Ma questo, ancora una volta, è contro la fede, è contro la verità stessa dell’eucaristia.

    D. Invece che un dibattito su questi temi, che cosa dovrebbe produrre il Sinodo.

    R. Il Sinodo non è un’assemblea democratica dove i vescovi si radunano per cambiare la dottrina cattolica a seconda della maggioranza. Io vorrei che diventasse l’occasione per dare il sostegno dei pastori a tutte le famiglie che intendono vivere al meglio la loro fede e la loro vocazione, per sostenere quegli uomini e quelle donne che, pur tra molte difficoltà, non vogliono staccarsi da ciò che insegna il Vangelo.

    Questo dovrebbe fare un Sinodo sulla famiglia, invece che perdersi in inutili discussioni su argomenti che non possono essere discussi nel tentativo di cambiare verità che non possono essere cambiate. A mio avviso, sarebbe stato meglio togliere questi temi dal tavolo perché non sono disponibili. Si parli piuttosto di come aiutare i fedeli a vivere la verità del matrimonio. Si parli della formazione dei ragazzi e dei giovani che arrivano al matrimonio senza conoscere gli elementi fondamentali della fede e poi cadono alle prime difficoltà.

    D. I riformatori non pensano a quei cattolici che hanno tenuto insieme la loro famiglia anche in situazioni drammatiche rinunciando a rifarsi una vita?

    R. Tante persone che hanno fatto questa fatica mi chiedono ora se hanno sbagliato tutto. Chiedono se hanno buttato via la loro vita tra inutili sacrifici. Non è accettabile tutto questo, è un tradimento.

    D. Non pensa che la crisi della morale sia legata alla crisi liturgica?

    R. Certamente. Nel post Concilio si è verificata una caduta della vita di fede e della disciplina ecclesiale evidenziata specialmente dalla crisi della liturgia. La liturgia è diventata un’attività antropocentrica, ha finito per rispecchiare le idee dell’uomo invece che il diritto di Dio di essere adorato come Lui stesso chiede.

    Da qui, discende anche nel campo morale l’attenzione quasi esclusiva ai bisogni e ai desideri degli uomini, invece che a quanto il Creatore ha scritto nei cuori delle creature. La lex orandi è sempre legata alla lex credendi. Se l’uomo non prega bene, allora non crede bene e quindi non si comporta bene.

    Quando vado a celebrare la messa tradizionale, per esempio, vedo tante belle famiglie giovani, con tanti bambini. Non credo che queste famiglie non abbiano problemi, ma è evidente che hanno più forza per affrontarli. Tutto questo vorrà pur dire qualcosa. La liturgia è l’espressione più perfetta, più completa della nostra vita in Cristo e quando tutto questo diminuisce o viene tradito ogni aspetto della vita dei fedeli viene ferito.

    D. Che cosa può dire un pastore al cattolico che si sente smarrito davanti a questi venti di cambiamento?

    R. I fedeli devono prendere coraggio perché il Signore non abbandonerà mai la sua chiesa. Pensiamo a come il Signore ha placato il mare in tempesta e le sue parole ai discepoli: “Perché avete paura, gente di poca fede?” (Mt 8, 26). Se questo periodo di confusione sembra mettere a rischio la loro fede, devono solo impegnarsi con più forza in una vita veramente cattolica. Ma mi rendo conto che vivere di questi tempi dà una grande sofferenza.

    D. Riesce difficile non pensare a un castigo.

    R. Questo lo penso prima di tutto per me stesso. Se io sto soffrendo adesso per la situazione della chiesa, penso che il Signore mi sta dicendo che ho bisogno di una purificazione. E penso anche che, se la sofferenza è così diffusa, ciò significa che c’è una purificazione di cui tutta la chiesa ha bisogno. Ma ciò non dipende da un Dio che aspetta solo di punirci, dipende dai nostri peccati. Se in qualche modo abbiamo tradito la dottrina, la morale o la liturgia, segue inevitabilmente una sofferenza che ci purifica per riportarci sulla via stretta.






    [Modificato da Caterina63 15/10/2014 18:32]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    Caterina63
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    00 15/10/2014 23:47

       una pausa con un articolo illuminante di Padre Giovanni Cavalcoli O.P.

    Accoglienza e prudenza

     
    di padre Giovanni Cavalcoli O.P.

    Il nostro dovere di operare il bene del prossimo sia sul piano dell’etica naturale che su quello della morale cristiana, comporta due orientamenti fondamentali: quello della giustizia e quello della misericordia. Essi sono giustificati dal fatto che l’uomo nella sua condotta alterna opere buone, dettate da retta intenzione, buona fede e buona volontà, meritevoli del premio, ad azioni cattive o malvagie, dettate da cattiva intenzione, mala fede e cattiva volontà: i peccati, meritevoli di castigo.

    È falsa quindi la tesi luterana, secondo la quale tutte le nostre azioni sono peccati e quindi sarebbe ipocrisia credere di poter compiere o di aver compiuto un’azione buona, così come è falsa la tesi buonista, oggi molto diffusa, per la quale tutti in fondo (molto in fondo) siamo buoni, tendiamo verso Dio, almeno in modo “anonimo” e “atematico”  - anche gli atei, come dice Rahner - siamo in buona fede, abbiamo retta intenzione e buona volontà. 

    Tutti quindi ci salviamo, perché Dio perdona a tutti, e il peccato come colpa o cattiva volontà non esiste. Tutt’al più esiste l’errore, l’ignoranza in buona fede, lo sbaglio o la debolezza, sempre meritevoli di comprensione, misericordia, tolleranza e perdono. Se si fa il male, lo si fa senza saperlo, per cui si è sempre scusati. 
    Nessuno fa il male scientemente ed intenzionalmente. Ogni azione e ogni idea, quindi, anche le più opposte tra di loro, vanno accettate, lasciate libere e comprese come espressioni di pluralismo e differenti punti di vista o al massimo fenomeni di fragilità: più di così il soggetto non poteva fare. Ha fatto il male, se l’ha fatto, non perché ha voluto farlo, ma perché non è riuscito a fare il bene, non ce l’ha fatta. 
    Condannare un’azione o un’idea altrui o rimproverare qualcuno o tentare di “correggerlo”, per i buonisti, vuol dire imporre all’altro il proprio punto di vista e ignorare il valore della diversità. L’unico vero peccato, creatore di soprusi, divisioni e inutili polemiche nella convivenza umana, è ammettere l’esistenza della falsità e del peccato. In realtà ogni idea è vera e ogni azione è buona. 

    E comunque, così dicono certi predicatori, non esistono criteri oggettivi di giudizio, ma solo soggettivi. Io posso anche riconoscere d’aver fatto male, ma solo in base al mio criterio, non al tuo. Tu non sei in grado di giudicarmi, quindi non mi devi giudicare. La verità dipende dal punto di vista e dagli interessi propri di ciascuno. 
    Nessuno, sempre per i buonisti, è spassionato nel giudicare o nel sostenere una data tesi, invocasse pure la Bibbia o il Magistero della Chiesa, ma parla sempre in base ai propri interessi, per farsi strada nella vita. La Chiesa stessa non è imparziale nei suoi insegnamenti, ma è sempre mossa dal desiderio di dominare le coscienze. La verità, quindi, non è una sola, uguale per tutti, ma varia da soggetto a soggetto e inoltre  muta con i tempi e i luoghi.
    Occorre quindi accettare tutti - continuano questi predicatori, liberali e pieni di bontà - e non escludere nessuno. L’istituto tradizionale della scomunica o della condanna per eresia è ormai superato. La Chiesa non deve escludere o condannare nessuno, anzi deve accogliere i peccatori, come ha fatto Cristo.
     
    Questi discorsi, pronunciati spesso con tono untuoso, li conosciamo da tempo nelle omelie, nelle riviste cattoliche, nelle catechesi, nelle conferenze, negli esercizi spirituali, forse anche tra gli stessi vescovi. Sanno di carità evangelica, eppure, a farci attenzione, sono falsi e ingannevoli. Dove sta l’inganno?

    L’inganno, che suppone una terribile ingenuità o una raffinata astuzia, sta nel fatto che questi predicatori, che con tono ispirato o linguaggio mellifluo e falsamente umile e benevolo, amanti anzi dello scherzo e della battuta di spirito, hanno sempre sulla bocca il dialogo, la misericordia, l’apertura, il pluralismo e la diversità, non sanno o non vogliono distinguere nelle azioni che di fatto gli uomini compiono l’errore involontario dalla colpa, la debolezza dalla malizia, la buona dalla cattiva volontà, l’ignoranza involontaria da quella affettata, la buona fede o buona intenzione da quelle cattive.

    È evidente per tutti i buoni educatori e pastori - basti pensare all’esempio di Cristo, degli Apostoli e dei santi - che la condotta nei confronti delle due categorie di persone non può essere la stessa, proprio per il loro bene e in nome di un’autentica carità. Non c’è dubbio peraltro che è difficile discernere caso per caso chi non vuole da chi non ce la fa, il malizioso dal debole, il consapevole dall’inconsapevole. 

    Ma sta proprio qui l’arte dell’educazione e della guida delle anime: saper decidere quale medicina adottare a seconda delle malattie. A parte il dovere che abbiamo di ammirare e lodare i sani e i buoni, non tutti i malati possono essere curati con le stesse medicine. Il misericordioso è come un medico sapiente che davanti a un malato grave sa valorizzare le energie che gli restano. Invece il coraggioso è uno che difende se stesso e le persone a lui affidate dagli attacchi e dalle insidie dei nemici.

    Il debole e pauroso va accostato con la dolcezza della compassione, parole di speranza e di conforto, sull’esempio del buon samaritano. Il buono dev’essere migliorato, l’incredulo condotto alla fede, il peccatore pentito va perdonato di tutto cuore, come fa il padre misericordioso verso il figliol prodigo, il peccatore va ammonito, come fa Cristo con l’adultera e in altre occasioni. L’ignorante va istruito, come ancora fa Cristo con gli Apostoli, il debole va aiutato, il sofferente va consolato, il dubbioso va consigliato come fa Cristo col giovane ricco, lo stolto va redarguito come fa il Signore con i discepoli di Emmaus, il petulante va sopportato, l’astuto va trattato con cautela, l’ipocrita o l’empio dev’essere rimproverato come fa Cristo con i farisei, il criminale va accusato, processato e segregato. 

    Il tutto si può riassumere con il saggio programma morale di Virgilio: Parcere subiectis et debellare superbos o con il comando di Cristo: “Semplici come le colombe, prudenti come i serpenti”. O con quanto il Salmo dice della condotta di Dio nei nostri confronti: “Con l’uomo buono tu sei buono, con l’uomo integro tu sei integro, con l’uomo puro tu sei puro, con il perverso tu sei astuto” (Sal 17, 26-27).

    Nella Chiesa certo c’è posto per tutti; dato che essa è l’arca della salvezza tutti sono chiamati alla salvezza. Ma non tutti vogliono appartenete alla Chiesa. C’è chi la disprezza, la odia, chi vorrebbe distruggerla. Esistono viceversa gradi di appartenenza alla Chiesa: un ateo, un incredulo, un apostata, un dannato dell’inferno non appartengono alla Chiesa, benchè siano anch’essi sotto il governo della Provvidenza e sottoposti alla regalità di Cristo, anche se contro voglia. 

    Non tutti appartengono alla Chiesa coscientemente, ma c’è anche chi vi appartiene senza saperlo. Esistono comunque, come ho detto, gradi di appartenenza alla Chiesa. Un conto è il grado imperfetto e iniziale del catecumeno, un conto è la profonda comunione della quale godeva S. Teresa di Gesù Bambino nel “cuore” della Chiesa. Un conto è l’appartenenza del cattolico e un conto è l’appartenenza solo parziale dello scismatico e dell’eretico.
    Anche chi è in stato di peccato mortale, purchè non sia un peccato contro la Chiesa, può appartenere alla Chiesa col corpo se non con l’anima. Esiste un’appartenenza finta, come quella del fariseo e un’appartenenza reale come quella del credente sincero. 

    C’è chi può appartenente realmente e sinceramente alla Chiesa, come certi divorziati risposati, i quali, per vari motivi, non possono tornare all’unione precedente (che resta valida), per cui essi sono in una posizione irregolare e non possono ricevere i sacramenti, ma non è detto che con ciò essi siano privi della grazia, perché Dio può donarla anche senza i sacramenti. Ovviamente essi comunque devono fare penitenza dei loro peccati.

    Cristo ha comandato di predicare il Vangelo in tutto il mondo. La nostra carità deve quindi estendersi a tutti gli uomini. Ma non tutti sono interessati al nostro appello, al nostro invito, alla nostra predicazione. L’ecumenismo e il dialogo interreligioso non escludono comunque affatto l’invito ad entrare nella Chiesa anche ad eretici, scismatici, atei, agnostici, increduli, grandi peccatori e fedeli di altre religioni purché si convertano a Cristo ed entrino nella Chiesa.

    La Chiesa non è solo una comunione spirituale e invisibile, ma, come è noto, ha anche un aspetto umano, sociale visibile, giuridico, organizzativo, gerarchico. Ciò comporta il fatto che l’appartenenza visibile giuridica alla Chiesa richieda l’osservanza di certe norme esterne di giustizia fondate sul diritto, come si dà in ogni società normale e bene ordinata. Esiste pertanto un’amministrazione giudiziaria della giustizia, la quale non può essere sostituita dalla misericordia. Sarebbe cosa ingiusta e l’ingiustizia non va mai d’accordo con la misericordia.

    La comunità umana è dunque governata da quattro ordini dirigenziali: l’ordine sacerdotale,  l’ordine governativo, l’ordine giudiziario e l’ordine militare. Il primo si trova solo nella Chiesa; il secondo e il terzo si trova sia nello Stato che nella Chiesa; il quarto appartiene esclusivamente allo Stato. Il primo ordine amministra la divina misericordia; gli altri tre amministrano la giustizia. Il secondo amministra la giustizia governativa nella Chiesa e nello Stato; il terzo la giustizia giudiziaria nella Chiesa e nello Stato; il quarto, la giustizia militare, esclusivamente nello Stato.

    La confusione tra giustizia e misericordia o la riduzione di quella a questa è propria del buonismo, immerso nella nebbia ideologica ed emotiva di un perdonismo dolciastro e illusorio, che finisce in realtà per istituzionalizzare l’ingiustizia, vanificare la legge e il diritto e dare il permesso ai prepotenti di opprimere i deboli.

    In base a quanto detto, appare evidente che il pastore del gregge di Cristo, sull’esempio di Cristo stesso, è chiamato ad esercitare sia la giustizia che la misericordia, a seconda delle necessità o delle opportunità. La fissazione unilaterale sulla misericordia, tipica di un certo buonismo di oggi, con l’idea falsa che la giustizia sia una negazione della misericordia, è un peccato non solo contro la giustizia, ma anche contro la stessa misericordia.

    Che cosa è infatti la misericordia se non quella pietà fattiva ed efficace che induce a salvare il peccatore? E se questi si scuote dal suo torpore solo al forte richiamo del rimprovero, della minaccia o della severità, non è forse anche questa misericordia?

    Vi sono dunque circostanze nelle quali occorre la misericordia, altre nelle quali è efficace la giustizia. Sempre e in ogni caso dev’essere al governo la carità, ma appunto questa, con saggezza e prudenza, può comandare ora l’una ora l’altra. Certo è peccato esigere, non transigere  o pretendere quando si deve essere misericordiosi, ma d’altra parte l’indulgenza laddove occorre un intervento energico, non risolve ma peggiora la situazione del peccatore, il quale diventa più spavaldo ed arrogante. “Il medico pietoso, dice il proverbio, incancrenisce la piaga”.

    Qual è quel medico che si fissa solo sulle cure farmacologiche e rifiuta sistematicamente l’intervento chirurgico? Così il richiamo o il rimprovero è una cura chirurgica, senza la quale il malato non guarisce. Se quando occorre la giustizia, il superiore non la pratica pensando che basti la misericordia, in realtà pecca contro la giustizia. 

    S. Tommaso fa notare come la pratica della giustizia nel superiore comporti una regolamentazione della passione dell’ira (Sum.Theol., I-II, q.46, a.7), la quale indubbiamente, se non è moderata dalla prudenza, può portare all’odio e alla violenza. In tal modo può esistere un’ira giusta (Sum.Theol., q.46, a.4) e doverosa, funzionale alla correzione del peccatore al fine di fargli evitare il peccato.
    Ma è un grave errore dei buonisti, quello di confondere la giustizia punitiva o coercitiva o deterrente con la violenza, quando invece la giustizia è osservanza della legge e del diritto, mentre la violenza, in quanto espressione di un’ira incontrollata ed irrazionale, è offesa del diritto e violazione della legge.

    Diversamente come potrebbero esistere le virtù e l’eroismo militari e come la Chiesa avrebbe potuto canonizzare santi che hanno guerreggiato, come S. Luigi IX di Francia, S. Venceslao o S. Giovanna d’Arco? Per questo S. Tommaso insegna che la giusta ira è espressione della virtù della fortezza (Sum.Theol., II-II, q.123, a.10).

    Occorre con urgenza un’inversione di rotta nella linea dell’autentico Vangelo, delle esigenze della dignità della persona umana, e della legge morale naturale beffata da un buonismo che tutto è tranne che vera bontà e che si fa scudo della divina misericordia per favorire l’ipocrisia, infiacchire le energie morali dell’uomo e scusare ogni contravvenzione ai divini comandamenti.





    CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

    LETTERA
    AI VESCOVI DELLA CHIESA CATTOLICA
    CIRCA LA RECEZIONE
    DELLA COMUNIONE EUCARISTICA
    DA PARTE DI FEDELI DIVORZIATI
    RISPOSATI

     

    Eccellenza Reverendissima,

    1. L'Anno Internazionale della Famiglia è un'occasione particolarmente importante per riscoprire le testimonianze dell'amore e della sollecitudine della Chiesa per la famiglia(1) e, nel contempo, per riproporre le inestimabili ricchezze del matrimonio cristiano che della famiglia costituisce il fondamento.

    2. In questo contesto una speciale attenzione meritano le difficoltà e le sofferenze di quei fedeli che si trovano in situazioni matrimoniali irregolari(2). I pastori sono chiamati a far sentire la carità di Cristo e la materna vicinanza della Chiesa; li accolgano con amore, esortandoli a confidare nella misericordia di Dio, e suggerendo loro con prudenza e rispetto concreti cammini di conversione e di partecipazione alla vita della comunità eccesiale(3).

    3. Consapevoli però che l'autentica comprensione e la genuina misericordia non sono mai disgiunti dalla verità(4), i pastori hanno il dovere di richiamare a questi fedeli la dottrina della Chiesa riguardante la celebrazione dei sacramenti e in particolare la recezione dell'Eucaristia. Su questo punto negli ultimi anni in varie regioni sono state proposte diverse soluzioni pastorali secondo cui certamente non sarebbe possibile un'ammissione generale dei divorziati risposati alla Comunione eucaristica, ma essi potrebbero accedervi in determinati casi, quando secondo il giudizio della loro coscienza si ritenessero a ciò autorizzati. Così, ad esempio, quando fossero stati abbandonati del tutto ingiustamente, sebbene si fossero sinceramente sforzati di salvare il precedente matrimonio, ovvero quando fossero convinti della nullità del precedente matrimonio, pur non potendola dimostrare nel foro esterno, oppure quando avessero già trascorso un lungo cammino di riflessione e di penitenza, o anche quando per motivi moralmente validi non potessero soddisfare l'obbligo della separazione.

    Da alcune parti è stato anche proposto che, per esaminare oggettivamente la loro situazione effettiva, i divorziati risposati dovrebbero intessere un colloquio con un sacerdote prudente ed esperto. Questo sacerdote però sarebbe tenuto a rispettare la loro eventuale decisione di coscienza ad accedere all'Eucaristia, senza che ciò implichi una autorizzazione ufficiale.

    In questi e simili casi si tratterebbe di una soluzione pastorale tollerante e benevola per poter rendere giustizia alle diverse situazioni dei divorziati risposati.

    4. Anche se è noto che soluzioni pastorali analoghe furono proposte da alcuni Padri della Chiesa ed entrarono in qualche misura anche nella prassi, tuttavia esse non ottennero mai il consenso dei Padri e in nessun modo vennero a costituire la dottrina comune della Chiesa né a determinarne la disciplina. Spetta al Magistero universale della Chiesa, in fedeltà alla Sacra Scrittura e alla Tradizione, insegnare ed interpretare autenticamente il «depositum fidei».

    Di fronte alle nuove proposte pastorali sopra menzionate questa Congregazione ritiene pertanto doveroso richiamare la dottrina e la disciplina della Chiesa in materia. Fedele alla parola di Gesù Cristo(5), la Chiesa afferma di non poter riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il precedente matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la legge di Dio e perciò non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione(6).

    Questa norma non ha affatto un carattere punitivo o comunque discriminatorio verso i divorziati risposati, ma esprime piuttosto una situazione oggettiva che rende di per sé impossibile l'accesso alla Comunione eucaristica: «Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia. C'è inoltre un altro peculiare motivo pastorale; se si ammettessero queste persone all'Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio»(7).

    Per i fedeli che permangono in tale situazione matrimoniale, l'accesso alla Comunione eucaristica è aperto unicamente dall'assoluzione sacramentale, che può essere data «solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l'indissolubilità del matrimonio. Ciò importa, in concreto, che quando l'uomo e la donna, per seri motivi - quali, ad esempio, l'educazione dei figli - non possono soddisfare l'obbligo della separazione, "assumano l'impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi"»(8). In tal caso essi possono accedere alla comunione eucaristica, fermo restando tuttavia l'obbligo di evitare lo scandalo.

    5. La dottrina e la disciplina della Chiesa su questa materia sono state ampiamente esposte nel periodo postconciliare dall'Esortazione Apostolica «Familiaris consortio». L'Esortazione, tra l'altro, ricorda ai pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le diverse situazioni e li esorta a incoraggiare la partecipazione dei divorziati risposati a diversi momenti della vita della Chiesa. Nello stesso tempo ribadisce la prassi costante e universale, «fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla Comunione eucaristica i divorziati risposati»(9), indicandone i motivi. La struttura dell'Esortazione e il tenore delle sue parole fanno capire chiaramente che tale prassi, presentata come vincolante, non può essere modificata in base alle differenti situazioni.

    6. Il fedele che convive abitualmente «more uxorio» con una persona che non è la legittima moglie o il legittimo marito, non può accedere alla Comunione eucaristica. Qualora egli lo giudicasse possibile, i pastori e i confessori, date la gravità della materia e le esigenze del bene spirituale della persona(10) e del bene comune della Chiesa, hanno il grave dovere di ammonirlo che tale giudizio di coscienza è in aperto contrasto con la dottrina della Chiesa(11). Devono anche ricordare questa dottrina nell'insegnamento a tutti i fedeli loro affidati.

    Ciò non significa che la Chiesa non abbia a cuore la situazione di questi fedeli, che, del resto, non sono affatto esclusi dalla comunione ecclesiale. Essa si preoccupa di accompagnarli pastoralmente e di invitarli a partecipare alla vita ecclesiale nella misura in cui ciò è compatibile con le disposizioni del diritto divino, sulle quali la Chiesa non possiede alcun potere di dispensa(12). D'altra parte, è necessario illuminare i fedeli interessati affinché non ritengano che la loro partecipazione alla vita della Chiesa sia esclusivamente ridotta alla questione della recezione dell'Eucaristia. I fedeli devono essere aiutati ad approfondire la loro comprensione del valore della partecipazione al sacrificio di Cristo nella Messa, della comunione spirituale(13), della preghiera, della meditazione della Parola di Dio, delle opere di carità e di giustizia(14).

    7. L'errata convinzione di poter accedere alla Comunione eucaristica da parte di un divorziato risposato, presuppone normalmente che alla coscienza personale si attribuisca il potere di decidere in ultima analisi, sulla base della propria convinzione(15), dell'esistenza o meno del precedente matrimonio e del valore della nuova unione. Ma una tale attribuzione è inammissibile(16). Il matrimonio infatti, in quanto immagine dell'unione sponsale tra Cristo e la sua Chiesa, e nucleo di base e fattore importante nella vita della società civile, è essenzialmente una realtà pubblica.

    8. É certamente vero che il giudizio sulle proprie disposizioni per l'accesso all'Eucaristia deve essere formulato dalla coscienza morale adeguatamente formata. Ma è altrettanto vero che il consenso, col quale è costituito il matrimonio, non è una semplice decisione privata, poiché crea per ciascuno dei coniugi e per la coppia una situazione specificamente ecclesiale e sociale. Pertanto il giudizio della coscienza sulla propria situazione matrimoniale non riguarda solo un rapporto immediato tra l'uomo e Dio, come se si potesse fare a meno di quella mediazione ecclesiale, che include anche le leggi canoniche obbliganti in coscienza. Non riconoscere questo essenziale aspetto significherebbe negare di fatto che il matrimonio esiste come realtà della Chiesa, vale a dire, come sacramento.

    9. D'altronde l'Esortazione «Familiaris consortio», quando invita i pastori a ben distinguere le varie situazioni dei divorziati risposati, ricorda anche il caso di coloro che sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido(17). Si deve certamente discernere se attraverso la via di foro esterno stabilita dalla Chiesa vi sia oggettivamente una tale nullità di matrimonio. La disciplina della Chiesa, mentre conferma la competenza esclusiva dei tribunali ecclesiastici nell'esame della validità del matrimonio dei cattolici, offre anche nuove vie per dimostrare la nullità della precedente unione, allo scopo di escludere per quanto possibile ogni divario tra la verità verificabile nel processo e la verità oggettiva conosciuta dalla retta coscienza(18).

    Attenersi al giudizio della Chiesa e osservare la vigente disciplina circa I obbligatorietà della forma canonica in quanto necessaria per la validità dei matrimoni dei cattolici, è ciò che veramente giova al bene spirituale dei fedeli interessati. Infatti, la Chiesa è il Corpo di Cristo e vivere nella comunione ecclesiale è vivere nel Corpo di Cristo e nutrirsi del Corpo di Cristo. Ricevendo il sacramento dell'Eucaristia, la comunione con Cristo Capo non può mai essere separata dalla comunione con i suoi membri, cioè con la sua Chiesa. Per questo il sacramento della nostra unione con Cristo è anche il sacramento dell'unità della Chiesa. Ricevere la Comunione eucaristica in contrasto con le norme della comunione ecclesiale è quindi una cosa in sé contraddittoria. La comunione sacramentale con Cristo include e presuppone l'osservanza, anche se talvolta difficile, dell'ordinamento della comunione ecclesiale, e non può essere retta e fruttifera se il fedele, volendo accostarsi direttamente a Cristo, non rispetta questo ordinamento.

    10. In armonia con quanto sinora detto, è da realizzare pienamente il desiderio espresso dal Sinodo dei Vescovi, fatto proprio dal Santo Padre Giovanni Paolo II e attuato con impegno e con lodevoli iniziative da parte di Vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli laici: con sollecita carità fare tutto quanto può fortificare nell'amore di Cristo e della Chiesa i fedeli che si trovano in situazione matrimoniale irregolare. Solo così sarà possibile per loro accogliere pienamente il messaggio del matrimonio cristiano e sopportare nella fede la sofferenza della loro situazione. Nell'azione pastorale si dovrà compiere ogni sforzo perché venga compreso bene che non si tratta di nessuna discriminazione, ma soltanto di fedeltà assoluta alla volontà di Cristo che ci ha ridato e nuovamente affidato l'indissolubilità del matrimonio come dono del Creatore. Sarà necessario che i pastori e la comunità dei fedeli soffrano e amino insieme con le persone interessate, perché possano riconoscere anche nel loro carico il giogo dolce e il carico leggero di Gesù(19). Il loro carico non è dolce e leggero in quanto piccolo o insignificante, ma diventa leggero perché il Signore - e insieme con lui tutta la Chiesa - lo condivide. É compito dell'azione pastorale che deve essere svolta con totale dedizione, offrire questo aiuto fondato nella verità e insieme nell'amore.

    Uniti nell'impegno collegiale di far risplendere la verità di Gesù Cristo nella vita e nella prassi della Chiesa, mi è grato professarmi dell'Eccellenza Vostra Reverendissima dev.mo in Cristo

    Joseph Card. Ratzinger
    Prefetto

    + Alberto Bovone
    Arcivescovo tit. di Cesarea di Numidia
    Segretario

    Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nel corso dell'Udienza concessa al Cardinale Prefetto, ha approvato la presente Lettera, decisa nella riunione ordinaria di questa Congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione.

    Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 14 Settembre 1994, nella festa dell'Esaltazione della Santa Croce.


    (1) Cf. Giovanni Paolo II, Lettera alle Famiglie (2 febbraio 1994), n. 3.

    (2) Cf. Giovanni Paolo II, Esort. apost. Familiaris consortio, nn. 79-84: AAS 74 (1982) 180-186.

    (3) Cf. Ibid., n. 84: AAS 74 (1982) 185; Lettera alle Famiglie, n. 5; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1651.

    (4) Cf. Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, n. 29: AAS 60 (1968) 501; Giovanni Paolo II, Esort. apost. Reconciliatio et paenitentia, n. 34: AAS 77 (1985) 272; Lett. enc. Veritatis splendor, n. 95: AAS 85 (1993) 1208.

    (5) Mc 10,11-12: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio».

    (6) Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1650; cf. anche n. 1640 e Concilio Tridentino, sess. XXIV: Denz.-Schoenm. 1797-1812.

    (7) Esort. apost. Familiaris consortio, n. 84: AAS 74 (1982) 185-186.

    (8) Ibid,. n. 84: AAS 74 (1982) 186; cf. Giovanni Paolo II, Omelia per la chiusura del VI Sinodo dei Vescovi, n. 7: AAS 72 (1982) 1082.

    (9) Esort. apost. Familiaris consortio, n. 84: AAS 74 (1982) 185.

    (10) Cf. 1 Cor 11,27-29.

    (11) Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 978 § 2.

    (12) Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1640.

    (13) Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica su alcune questioni concernenti il Ministro dell'Eucaristia, III/4: AAS 74 (1983) 1007; S. Teresa di Avila, Camino de perfección, 35, 1; S. Alfonso M. de' Liguori, Visite al SS. Sacramento e a Maria Santissima.

    (14) Cf. Esort. apost. Familiaris consortio, n. 84: AAS 74 (1982) 185.

    (15) Cf. Lett. enc. Veritatis splendor, n. 55: AAS 85 (1993) 1178.

    (16) Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 1085 § 2.

    (17) Cf. Esort. apost. Familiaris consortio, n. 84: AAS 74 (1982) 185.

    (18) Cf. CIC, cann. 1536 § 2 e 1679 e CCEO, cann. 1217 § 2 e 1365 circa la forza probante delle dichiarazioni delle parti in tali processi.

    (19) Cf. Mt 11,30.




    [Modificato da Caterina63 16/10/2014 12:59]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 16/10/2014 17:59

    Synod14 - 12a Congregazione generale: Sintesi non ufficiale (16 ottobre, mattina), 16.10.2014


     

     

    Sintesi in lingua italiana

    Dodicesima Congregazione generale: sintesi non ufficiale

     

    Santo Padre: Presente

     

    La dodicesima Congregazione generale ha visto la presentazione, in Aula, delle Relazioni dei dieci Circoli minori, suddivisi per lingue: due in francese, tre in inglese, tre in italiano e due in spagnolo. In generale, i Circoli minori hanno presentato sia una valutazione della "Relatio post disceptationem" (RPD), documento provvisorio di metà percorso del Sinodo, sia diversi possibili suggerimenti da inserire nella "Relatio Synodi" (RS), documento definitivo e conclusivo dell’Assise.

    Innanzitutto, in Aula è stata manifestata perplessità per la pubblicazione, anche se legittima, della RPD, poiché, si è detto, essa è un documento di lavoro che non esprime un parere univoco e condiviso da tutti i Padri Sinodali. Quindi, dopo aver apprezzato il grande lavoro svolto per la stesura del testo e per la sua struttura, i Circoli minori hanno presentato i loro suggerimenti.

    In primo luogo, è stato sottolineato che nella RPD ci si concentra sulle preoccupazioni delle famiglie in crisi, senza fare un riferimento più ampio al messaggio positivo del Vangelo della famiglia, al fatto che il matrimonio come sacramento, unione indissolubile tra uomo e donna, è un valore ancora molto attuale e in cui tante coppie credono. Per questo, è stato auspicato che la RS contenga anche un forte messaggio di incoraggiamento e sostegno della Chiesa ai coniugi fedeli.

    Essenziale, inoltre – si è detto – sottolineare meglio la dottrina sul matrimonio, ribadendo che esso è un dono di Dio. Ulteriori suggerimenti propongono che nella RS vengano integrati anche elementi non contenuti nella RPD, come il tema delle adozioni, per le quali è stato auspicato anche uno snellimento delle procedure burocratiche, sia nazionali che internazionali; o anche i temi della biotecnologia e della diffusione della cultura tramite web, che possono condizionare la vita familiare, così come una nota sull’importanza di politiche in favore della famiglia.

    E ancora: si è detto che occorre porre maggiore attenzione alla presenza degli anziani all’interno dei nuclei familiari e alle famiglie che vivono in condizioni di estrema povertà, denunciando anche i drammi della prostituzione, delle mutilazioni genitali femminili e dello sfruttamento minorile a scopo sessuale e lavorativo. E’ importante – si è detto in Aula – sottolineare il ruolo essenziale delle famiglie nell’evangelizzazione e nella trasmissione della fede, mettendone in luce la vocazione missionaria. Il tutto con l’obiettivo di offrire una valutazione equilibrata e globale dell’idea di "famiglia" in senso cristiano.

    Quanto alle situazioni familiari difficili, i Circoli minori hanno evidenziato che la Chiesa deve essere casa accogliente per tutti, affinché nessuno si senta rifiutato. Tuttavia, è stata auspicata una maggiore chiarezza, evitando confusione, tentennamenti ed eufemismi nel linguaggio: ad esempio, sulla legge della gradualità, affinché non diventi gradualità della legge. Alcuni Circoli, inoltre, hanno espresso perplessità per l’analogia fatta con il paragrafo 8 della Lumen Gentium, in quanto esso potrebbe dare l’impressione di una volontà, da parte della Chiesa, di legittimare le situazioni familiari irregolari, anche se esse possono rappresentare una tappa del cammino verso il sacramento matrimoniale. Altri Circoli hanno auspicato un approfondimento del concetto di "comunione spirituale", affinché sia valutato ed eventualmente promosso e diffuso.

    Per quanto riguarda l’accostamento dei divorziati risposati al sacramento dell’Eucaristia, sono state espresse, per lo più, due riflessioni: da una parte, si è suggerito che la dottrina non venga modificata e rimanga quale è ora; dall’altra si è pensato di aprire alla possibilità di comunicarsi, in un’ottica di compassione e misericordia, ma solo nel caso in cui sussistano determinate condizioni. In alcuni casi, inoltre, è stato suggerito che la questione venga studiata da una apposita Commissione inter-disciplinare.  
    Una maggiore attenzione è stata poi auspicata per i divorziati non risposati, testimoni talvolta eroici della fedeltà coniugale. Allo stesso tempo, è stata auspicata un’accelerazione nelle procedure di riconoscimento della nullità matrimoniale e di constatazione di validità dello stesso; è stato, inoltre, ricordato che i figli non sono un onere, ma un dono di Dio, frutto dell’amore tra i coniugi.

    E’ stato richiesto un maggiore orientamento cristocentrico, come pure una maggiore sottolineatura del legame tra i sacramenti del matrimonio e del battesimo. La visione del mondo deve essere quella che passa dalla lente del Vangelo, per invitare gli uomini alla conversione del cuore.

    Inoltre, è stato ribadito che, ferma restando l’impossibilità di equiparare al matrimonio tra uomo e donna le unioni omosessuali, le persone con tale orientamento vanno accompagnate pastoralmente e tutelate nella loro dignità, senza tuttavia che ciò appaia come un’approvazione, da parte della Chiesa, del loro orientamento e della loro condotta di vita.

    Sulla questione della poligamia, in particolare dei poligami convertiti al cattolicesimo che desiderano accostarsi ai sacramenti, è stato suggerito uno studio globale e approfondito.

    I Circoli minori hanno anche consigliato una riflessione più ampia sulla figura di Maria e della Sacra Famiglia, da proporre meglio come modello di riferimento per tutti i nuclei familiari. Infine, è stato chiesto di evidenziare che la RS sarà comunque un documento di preparazione al Sinodo ordinario in programma nell’ottobre 2015.




    Relatio - Circulus Italicus "A"

    Moderator: Em.mo Card. Fernando FILONI
    Relator: S.E Mons. Edoardo MENICHELLI

     

    I Padri sinodali del Circolo Italicus A e le due coppie di sposi presenti in qualità di Esperti e di Uditori hanno manifestato gratitudine verso l’Eminentissimo Cardinale Peter Erdő per la relazione con cui ha sintetizzato i numerosi e diversificati interventi avvenuti in aula.

    È stata posta subito una questione: quale scopo si prefigge il Sinodo? Tutti hanno convenuto nell’impostazione pastorale che si colloca in un prospettiva dentro la quale alla famiglia venga riconosciuto il proprio posto nella Chiesa, attraverso il ministero degli sposi e nella giusta "laicità" da dare al matrimonio, all’interno di una corresponsabilità missionaria da riscoprire e naturalmente da vivere, per impostare adeguatamente la soluzione dei problemi pastorali.

    Il Circolo ha passato in rassegna le tre Parti della Relatio post Disceptationem.

    1) Prendendo in considerazione l’analisi del contesto e delle sfide del tempo presente dentro il quale la famiglia è chiamata oggi a vivere e a testimoniare, i Padri sinodali hanno condiviso quanto nel testo è descritto facendo tuttavia notare come altri elementi intersecano la vita familiare ponendo interrogativi nuovi e provocando suggestioni che toccano la coscienza. In particolare è stato sottolineato come il fenomeno delle migrazioni spezzi le famiglie con le conseguenze che facilmente possono essere immaginate. Inoltre è stato sottolineato come l’ingresso delle bio-tecnologie abbia ridotto la famiglia a diventare una sorta di "campus" sperimentale con risvolti etici ed educativi di non facile soluzione.

    L’approfondimento del contesto in cui la famiglia al presente vive evidenzia un distacco tra Chiesa e mondo su temi delicati perché è venuto a mancare il "comune ragionare" sull’idea di persona, sul suo impegno e la sua totale realizzazione nella dimensione corpo e anima, nella sua relazionalità a causa di un soggettivismo esasperato che spezza e rallenta ogni dinamica di comunione. A questo riguardo sono stati proposti dei Modi in particolare sul ruolo della donna, sulla sua dignità e sul suo genio ricco di speranza. Si è fatto inoltre notare che come antidoto a tutto ciò si contrappone la testimonianza di tante famiglie che vivono con impegno il matrimonio.

    Il contesto e le sfide sulla famiglia impongono alla Chiesa di ridire parole evangeliche coniugando con speranza la verità e la misericordia, cercando di intercettare l’esistenza concreta delle persone facendo riemergere in esse il desiderio di Dio.

    2) L’approfondimento della II Parte della Realtio post disceptationem ha posto subito una difficoltà circa il significato da dare all’espressione "legge della gradualità" senza tuttavia trovarne un’interpretazione adeguata e condivisa, anche in riferimento al n. 34 della Familiaris Consortio, citato nel n. 13, che non è sembrato applicabile nel nostro contesto dal momento che in quel Documento Pontificio, la legge della gradualità era applicata prevalentemente a una questione morale circa la paternità e la maternità consapevole. L’espressione sembra essere sfuggente con il pericolo di far pensare che le difficoltà della vita sponsale inducano ad abbassare il significato plenario della vocazione sponsale stessa. Nel prosieguo della discussione gli interventi dei Padri sinodali hanno convenuto in modo pressoché unanime che questa parte della Relatio non sembra offrire un’adeguata proposta circa la verità del matrimonio. E’ emersa quindi la necessità di suggerire alla Segreteria che questa II Parte fosse riscritta proponendo in modo chiaro e anche gioioso il progetto del matrimonio posto da Dio Creatore, nella Genesi e ripreso da Gesù, cercando – a questo riguardo – di far emergere quanto Gesù stesso ha detto e fatto, tenendo presente e l’esperienza della Famiglia di Nazareth nonché gli incontri di Gesù con la Samaritana, la donna adultera e con gli sposi che si trovarono con le giare vuote. In tal senso il Circolo si è impegnato e ha presentato un’ipotesi nuova di stesura della II Parte rimodulando il contenuto e l’articolazione dei numeri, attraverso una serie di Modi. E’ risultato opportuno che venissero ripresi e gli insegnamenti del Concilio Vaticano II (Gaudium et Spes, 48) e del Magistero Pontificio (Familiaris Consortio, 11) dove il matrimonio viene presentato come "mutuo dono di sé stessi". Così si dà forte rilievo a Cristo Signore, Sposo della Chiesa: una sponsalità iniziata con l’Incarnazione, resa totale sul Calvario e contemporanea all’umanità con il dono dello Spirito Santo nei Sacramenti; solo così si fanno risplendere la bellezza e il fascino della sponsalità e della famiglia che rimangono segni dell’amore di Cristo. (BRAVI!!!  )

    I Padri sinodali hanno sottolineato con particolare attenzione la questione della inapplicabilità dell’analogia espressa nel testo con quanto detto nella Lumen Gentium, 8.

    3) Approfondendo le prospettive pastorali si è convenuto anzitutto di richiamare alcuni punti fondamentali per una rinnovata azione pastorale che qui vengono elencati:

    a) la famiglia deve essere riconosciuta come soggetto pastorale; b) la ministerialità degli sposi in forza del sacramento; c) la necessità di ripensare tutta la pastorale a partire dalla famiglia; d) tutta la comunità deve farsi carico della pastorale familiare; e) la formazione dei sacerdoti più adeguata; f) Riconoscere il ruolo del Vescovo nella pastorale familiare, in particolare nelle situazioni più problematiche.

    La pastorale ordinaria richiede delle esigenze: a) riformare le tappe dell’evangelizzazione dando più continuità ; b) valorizzare il laicato anche formando persone ad acquisire competenze specifiche per il servizio delle famiglie; c) proporre un itinerario comune per la formazione di laici e sacerdoti.

    Uno sguardo particolare i Padri l’hanno messo nella preparazione al matrimonio dove si deve proporre non solo il tema della validità ma della fruttuosità del sacramento, con un accompagnamento personale dei nubendi.

    Una prospettiva pastorale rinnovata deve essere capace di rendere le famiglie consapevoli della loro missionarietà da esprimere all’interno della propria dimensione (educazione alla Fede, formazione cristiana etc.) come anche nei confronti dell’intera comunità sociale.

    Nell’affrontare le problematiche descritte nel documento nei nn. 36-52, il Circolo Italicus A ha creduto opportuno di suggerire di modificare i titoli dei paragrafi utilizzando sempre l’espressione "cura pastorale" coniugandola sia rispetto alle unioni civili e alle convivenze sia verso i separati, divorziati non risposati, divorziati risposati e persone omosessuali. Più specificatamente per quanto attiene alla cura pastorale delle unioni civili e delle convivenze si è inteso suggerire che la sensibilità maggiore della pastorale voglia cogliere gli aspetti positivi che non appartengono all’esperienza stessa ma che vanno trovati dentro l’esperienza, naturalmente con lo sguardo trasformativo verso l’accoglimento del dono del matrimonio e della famiglia. Nell’esaminare la parte relativa alla cura pastorale verso i separati, divorziati non risposati e divorziati risposati i Padri del Circolo Italicus A pur condividendo il tono pastorale con cui il testo presenta la problematica, hanno ritenuto di apportare qualche rilevante correzione sempre dentro un cammino di impegnata prossimità.

    Non si è condivisa la possibilità dell’azione diretta del Vescovo diocesano nei processi di dichiarazione di nullità soprattutto in riferimento a un deficit di preparazione specifica suggerendo tuttavia che si cammini più sinergicamente su una pastorale che veda coinvolti tribunali, consultori e i vari uffici famiglia delle diocesi. Si auspica che la comunità cristiana si prenda cura di queste situazioni come espressione e testimonianza di carità. Rispetto alla ammissione ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia i Padri del Circolo pur sensibili alla problematica propongono che l’argomento sia ristudiato alla luce del n. 84 della Familiaris Consortio al fine di precisare eventuali condizioni diverse dalla disciplina attuale.

    Riguardo alla cura pastorale delle persone omosessuali ci si è orientati verso la proposta di un unico numero dentro il quale si è sottolineato sia un impegno di prossimità orientata alla evangelizzazione sia lo stile della Chiesa, come casa aperta, valorizzando i doni, la buona volontà e il cammino sincero di ciascuno. Si è riaffermato che le unioni fra le persone dello stesso sesso non possono essere equiparate al matrimonio fra uomo e donna esprimendo anche la preoccupazione di salvaguardare i diritti dei figli che devono crescere armonicamente con la tenerezza del padre e della madre.

    Rispetto alla trasmissione della vita e alla sfida della denatalità non si è ritenuto di modificare né aggiungere qualcosa a quanto contenuto nel testo, auspicando un successivo sviluppo e approfondimento.

    Sulla sfida educativa e sul ruolo della famiglia nell’evangelizzazione i Padri del Circolo Italicus A hanno suggerito di integrare quanto contenuto nel testo con due sottolineature: la continuità dell’evangelizzazione all’interno della famiglia e la necessità di garantirla anche attraverso il coinvolgimento delle varie esperienze ecclesiali (Associazioni, Movimenti e nuove comunità) che costituiscono una ricchezza nella vita della Chiesa ed esprimono nuovi carismi dentro la Chiesa.

    Come conclusione crediamo di poter manifestare all’Assemblea la necessità, peraltro già conosciuta, di metterci insieme davanti allo Spirito di Dio che di tempo in tempo suscita novità con le quali la Chiesa diventa sempre più serva della Parola che le è stata donata per la salvezza del mondo.

    [03042-01.01] [Testo originale: Italiano]

     

     

    Relatio - Circulus Italicus "B"

    Moderator: Em.mo Card. Angelo BAGNASCO
    Relator: S.E Mons. Salvatore FISICHELLA

     

    L’incontro del circolo minore ha permesso di dare ampio spazio alla discussione e soprattutto di poter verificare sia l’unità fondamentale che ha caratterizzato il nostro dialogo come pure la complementarità delle posizioni frutto delle proprie esperienze locali e della diversità culturale dei partecipanti. L’impegno del circolo minore è stato duplice: in un primo tempo, si è affrontata la discussione generale sulla Relatio, mentre successivamente si è passati all’analisi e alla proposta delle modifiche da apportare al testo. Mi soffermo, quindi, solo sulle considerazioni generali sintetizzando i punti più salienti.

    1. Riteniamo sia importante una rielaborazione della seconda parte della Relatio riguardo il vangelo della famiglia. Questo ci sembra essere il fondamento su cui costruire l’intero impianto del documento. Si nota, infatti, una sproporzione tra la trattazione del vangelo della Famiglia e le diverse situazioni di crisi e di realtà ad essa estranee, che non permettono di cogliere immediatamente la visione positiva e la bellezza della famiglia. Riteniamo che i primi destinatari delle nostre riflessioni debbano essere proprio le famiglie cristiane che hanno l’urgente bisogno di essere sostenute nella loro testimonianza per trovare la forza di continuare il loro impegno quotidiano in un contesto non certamente facile e a loro favorevole. Non possiamo permetterci, quindi, di dare l’impressione che la famiglia cristiana sia stata trascurata nel nostro dialogo sinodale.

    2. In questo senso, non dovrebbero mancare considerazioni che portano a verificare le diverse condizioni pastorali che sorgono in contesti differenti. Si pensi alla famiglia nell’ambito delle grandi città e metropoli, e quelle di piccoli paesi e villaggi. In questo contesto, sarebbe estremamente utile una riflessione anche sulla condizione degli anziani nella vasta gamma della loro situazione esistenziale. Il prolungamento dell’età sta creando situazioni di grave difficoltà che non dovrebbe trovare la Chiesa impreparata ma al contrario, lungimirante nel proporre impegni pastorali che rendano evidente la sua presenza e la sua vicinanza. Ci sono famiglie di anziani ridotte in povertà, anziani soli relegati lontano dalla famiglia originaria e famiglie di anziani ormai prive di speranza e con il solo desiderio della morte. Queste realtà ci interrogano e obbligano a una risposta credibile. Il nostro silenzio sarebbe dannoso.

    3. Alcune tematiche del Sinodo presentano una oggettiva complessità che richiede un necessario approfondimento in grado di coinvolgere esperti della materia. La fretta di arrivare ad alcune conclusioni non sempre permette di ottenere il risultato sperato. Per questo è importante giungere a una visione coerente e unitaria della problematica senza cadere in prospettive unilaterali e privi del necessario supporto storico e teologico. Questo vale sia per le proposte di percorsi penitenziali sia per una corretta disanima della prassi propria alle Chiese ortodosse. Vedere in che modo si possono trasportare nella Chiesa latina richiede uno studio ponderato, una presentazione non conflittuale e una soluzione comune nella comunione.

    4. Il testo finale dovrebbe necessariamente mostrare come vi sia una continuità nell’insegnamento del magistero in proposito. Il carattere pastorale di questo Sinodo, d’altronde, dovrebbe evidenziare ancora di più che non esiste una frattura tra la dottrina e la pastorale, ma che questa si fonda sulla prima e ne esprime la verità nella vita quotidiana della comunità cristiana. Come diceva s. Gregorio Magno: "L’impegno pastorale è la prova dell’amore". Proprio per questo è importante porre a fondamento il cuore stesso del Vangelo. Ciò comporta anche l’esigenza di evidenziare che siamo sempre dinanzi a uno sviluppo progressivo della dottrina. Questo è garanzia per la pastorale perché rimane dinamica e non cede alla tentazione di iniziative che, per dirla con Papa Francesco, esprimono un’accidia pastorale. Il vangelo della famiglia quindi ha bisogno di essere presentato in tutta la sua complessità ma anche con credibilità.

    5. Una tematica sulla quale merita attirare la nostra attenzione è quella degli sposi che vivono una maternità o paternità ferita e che comunque accettano questa loro condizione. Si aprono però a una scelta di amore gratuito che diventa forma di adozione per quanti, non possedendo una loro famiglia, sono soli e abbandonati. Questa scelta permette, a tutti gli effetti di esprimere una famiglia vera che sa accogliere, che genera a nuova vita e che dona speranza per il futuro. Queste famiglie meritano una particolare attenzione. Abbiamo anche esempi di famiglie che hanno già figli e che comunque si aprono a una comunione di vita per quanti non hanno il dono di una loro famiglia naturale. Le forme di adozione e di affidamento sono da sostenere non solo a livello di proposta culturale che privilegia questa strada a quella più facile della maternità medicalmente assistita nelle sue differenti accezioni. Essa diventa anche un appello perché i governi ascoltino queste richieste e si rendano attivi sostenitori attraverso una legislazione che faciliti l’adozione piuttosto di impedirne l’accesso mediante forme burocratiche asfissianti.

    6. E’ importante che il lavoro sinodale continui affermando che il matrimonio e la famiglia non sono in primo luogo un’esigenza etica, come spesso sembra emergere in diversi punti della Relatio, ma prima di tutto è una dimensione ontologica e sacramentale che sta a fondamento dell’orizzonte etico, non viceversa. In questo modo diventa più

    7. Sembra che si abbia timore di esprimere un giudizio su diverse questioni che sono divenute ormai espressioni culturali dominanti. Questo non appare coerente con la missione profetica che la Chiesa possiede. E’ importante che il testo esprima al meglio il ruolo profetico che i Pastori e la comunità cristiana possiedono ben sapendo che non andiamo alla ricerca di un facile populismo che tutto assopisce e ovatta, ma che abbiamo la responsabilità di esprimere anche un giudizio che proviene dalla Parola di Dio. Ritornano significative in questo contesto le parole rivolte al profeta Ezechiele: "Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia. Se io dico al malvagio: Tu morirai! e tu non lo avverti e non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta perversa e viva, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu ammonisci il malvagio ed egli non si allontana dalla sua malvagità e dalla sua perversa condotta, egli morirà per il suo peccato, ma tu ti sarai salvato" (Ez 3,17-19). Ciò diventa evidente soprattutto dinanzi a situazioni che sono assunte come una forma di de-istituzionalizzazione del matrimonio e della famiglia in forza di pretesi diritti individuali. Una semplice fenomenologia del dato non appare consona alla funzione profetica della Chiesa.

    8. Una voce critica è bene che si faccia sentire anche su espressioni della cultura contemporanea che sono veicolate da internet. Nel contesto della formazione è bene che si accentui la raccomandazione perché le famiglie e le istituzioni valutino con la dovuta attenzione la nuova cultura che emerge da questi mezzi, il linguaggio che ne è stato assunto e le conseguenti forme comportamentali che ne derivano. Pensare che questo sia solo uno strumento non consente di valutare la reale nuova cultura che sta alla base e che condiziona fin dai primi anni di vita le giovani generazioni. E’ bene che si recuperi fortemente il rapporto interpersonale e per quanto riguarda la pastorale familiare si rinnovi la dinamica di un rapporto da famiglia a famiglia perché la debolezza di una possa trovare forza nel sostegno dell’altra.

    [03042-01.02] [Testo originale: Italiano]

     

     

    Relatio - Circulus Italicus "C"

    Moderator: S.E. Mons. Angelo MASSAFRA, O.F.M.
    Relator: Rev. P. Manuel Jesús ARROBA CONDE, C.M.F.

     

    L’unità tematica tra questa e la prossima assemblea sinodale, nonché la novità che rappresenta la sostituzione delle Propositionescon una Relatio Synodi hanno indotto alla totalità dei padri del circolo a sollecitare chiarezza sulla natura del documento finale, esprimendola direttamente all’inizio del testo.

    La maggior parte dei padri si è detta sorpresa della diffusione pubblica della Relatio post disceptationem; altri, consapevoli che questa è stata la prassi in precedenti assemblee sinodali, suggeriscono di evitarla nel futuro; non è mancato chi ha ritenuto positiva la diffusione, perché in linea con la franchezza che ha caratterizzato le manifestazioni alla stampa di tanti padri sinodali prima e, soprattutto, durante l’assemblea; sarebbe opportuno tornare alla prassi di pubblicare gli interventi dei singoli.

    Come elemento generale e ricorrente, ciò che nel discernimento del circolo ha reso più difficile la formulazione di proposte prontamente condivise è stata la scelta sulla prospettiva di fondo da privilegiare oggi, trenta anni dopo il precedente sinodo sul tema, nell’annuncio rinnovato del Vangelo della Famiglia, in piena fedeltà rispetto ai suoi contenuti, ma anche al necessario progresso che esigono, per una trasmissione efficace del nucleo della fede, le mutate condizioni delle culture, delle differenti società e delle persone del nostro tempo.

    Tale difficoltà ha segnato continuamente il dialogo e l’interscambio sui vari contenuti della Relatio, emergendo due sensibilità diverse, entrambe animate da identico zelo apostolico.

    Una prima sensibilità parte dalla preoccupazione che il rinnovato annuncio del Vangelo della famiglia, per il linguaggio da utilizzare, gli accenti e la selezione delle tematiche, contribuisca involontariamente ad accentuare la mancata accoglienza integrale dei suoi contenuti. Questi padri, pur accettando che il profilo specifico del tema che investe questa assemblea straordinaria è quello delle sfide pastorali, ritengono imprescindibile che la Relatio ribadisca in maniera esplicita la dottrina su matrimonio, famiglia e sessualità, senza tentennamenti nell’avvalersi delle categorie di "peccato" e "adulterio" e "conversione" rispetto alle situazioni oggettivamente contrastanti con il Vangelo della famiglia. Gli stessi padri insistono sul fatto che usare eufemismi possa provocare malintesi tra i fedeli, soprattutto per distorte interpretazioni fatte da una parte della stampa non specializzata.

    La seconda sensibilità parte dalla priorità che si ritiene debba essere attribuita al "desiderio di famiglia" seminato dal Creatore nel cuore di ogni persona, anche di quei fedeli che, per svariate ragioni, non lo vivono in piena coerenza con la Parola di Cristo. Poiché tra le ragioni di detta incoerenza si annoverano la mancata coscienza di peccato e i gravi condizionamenti culturali, questi padri ritengono necessario un linguaggio nuovo e incoraggiante, che nell’orientare verso la pienezza del messaggio evangelico, possa far leva sugli elementi positivi che di esso sono già presenti nelle esperienze familiari imperfette. Rispetto alle situazioni oggettive di peccato, gli stessi padri, senza venir meno all’annuncio della verità, muovono dalla convinzione che il Vangelo della misericordia sia una parte imprescindibile integrante la verità stessa e, di conseguenza, non possa essere ridotto all’osservanza di un mero atteggiamento pastorale sulle persone.

    Nonostante queste due differenti sensibilità, i padri del circolo si sono sforzati molto seriamente per compiere un discernimento in grado di produrre formulazioni il più condivise possibile, accogliendo gli uni le indicazioni degli altri, soprattutto in merito a possibili lacune del testo proposto e, non di rado, rinunciando ad alcuni concetti problematici, pur di salvaguardare i contenuti. Di ciò è prova il fatto che la maggior parte dei modi, pur oggetto di accese discussioni, sono stati votati in maniera unanime, specialmente quelli riferiti alla prima e seconda parte della Relatio.

    Vengono ora indicati sinteticamente gli aspetti generali e alcuni più specifici che sono stati oggetto di speciale discernimento nel circolo su ciascuna delle tre parti del testo.

     

    Introduzione

     

    Una buona parte dei padri, nell’analizzare il testo dell’introduzione al documento, segnalò l’esigenza di utilizzare formule che lascino fuori dubbio sin dall’inizio che l’unico modello di famiglia che corrisponde alla dottrina della Chiesa è quello fondato sul matrimonio tra uomo e donna. L’indicazione fu accolta prontamente.

     

    Prima parte

     

    Quale aspetto di portata generale emerso nella riflessione sulla prima parte del documento, il circolo segnalò la necessità di indicare in modo più efficace e dettagliato la portata culturale che possiede la crisi della famiglia e i suoi principali effetti.

    Sul punto si è votato all’unanimità un modo in cui si manifesta la pericolosa rottura del nesso matrimonio-famiglia-vita, in forza di una esagerata esaltazione dell’individuo, cui si riconosce la possibilità di ricomporre la triade a proprio piacimento, col paradossale risultato di rendere i singoli più deboli e soli, e le società più fragili (proprio perché de-familiarizzate).

    La permanenza di un generalizzato desiderio di famiglia rende impensabile sradicarla dalla normale esperienza, seppure gli elementi di crisi manifestano la necessità di favorire modelli di famiglia attenti alla qualità delle relazioni tra i coniugi e tra questi e i figli, nonché ai rapporti e alla sinergia di azione tra le famiglie.

    Come contributi più specifici al testo di questa prima parte il circolo ha ritenuto di annoverare, tra le difficoltà pastorali, la mancata conoscenza della dottrina sulla famiglia e l’insufficiente attenzione che riescono a prestare le strutture pastorali abituali alle esperienze di vita e di fede che incombono sulle famiglie concrete.

     

    Seconda parte

     

    Il contributo di portata più generale che il circolo ha ritenuto di dover offrire, rispetto alla seconda parte del testo della Relatio, è stato la menzione espressa della dottrina, come alcuni padri richiamavano. Essendo oggetto specifico di questa parte "Lo sguardo verso Cristo" e il "Vangelo della famiglia", sono stati inclusi in maniera esplicita alcuni testi della Scrittura e del Magistero che presentano il modello ideale di matrimonio e famiglia. Di conseguenza, si è proposta la riordinazione dei numeri di questa parte, senza incidere radicalmente nella struttura del documento. Si è incluso un numero che, rispetto alle convivenze e alle nuove unioni dopo un fallimento, allude in maniera espressa e chiara all’incoraggiamento e alla conversione verso la costituzione o ricostituzione del nucleo familiare, coerentemente col Vangelo.

    Alcuni contenuti specifici di questa parte sono risultati oggetto di un confronto più difficile: la "chiave ermeneutica" di Lumen Gentium8 proposta come possibile analogia per le situazioni di famiglia; il tema della legge della gradualità; la questione del grado di comunione con la Chiesa delle persone coinvolte in situazioni irregolari. Sul primo e il terzo concetto si sono addotte le difficoltà che potrebbe comportare il loro utilizzo da un punto di vista ecumenico; sul secondo, il rischio di tramutare la legge della gradualità in gradualità della legge.

    Dopo un intenso dialogo, anche i padri più convinti della bontà dei riferiti concetti, hanno ritenuto preferibile che non siano utilizzati nel testo.

     

    Terza parte

     

    La riflessione sulle prospettive pastorali della terza parte è stata più lunga e articolata circa quelle proposte che comportano qualche evoluzione della disciplina attuale rispetto ai fallimenti matrimoniali. Tuttavia, l’aspetto generale più degno di nota é l’apprezzamento che i Padri hanno subito manifestato sui numeri in cui si snoda la scelta di fondo più generale: "ripartire dalla famiglia" nell’intera azione pastorale convinti che il Vangelo della famiglia rappresenti occasione privilegiata per l’annuncio dei contenuti essenziali del Vangelo nel mondo di oggi.

    La scelta é speculare alla portata culturale della crisi che i padri del circolo hanno ritenuto di approfondire nella prima parte. In effetti, la famiglia è scuola di umanità, perché scuola di amore nella vita e nella crescita della persona, grazie alle relazioni che il matrimonio richiede fra i coniugi e fra genitori e figli. E’ scuola di socialità, perché sostiene la persona nello sviluppo delle sue capacità al servizio della società. E’ grembo di vita ecclesiale, che educa a vivere nella comunione della Chiesa e ad essere protagonisti attivi in essa. E’ infine scuola di santificazione, in cui si esercita e si alimenta il cammino di santità dei coniugi e dei figli, deve essere un vivaio speciale di vocazioni alla vita sacerdotale e consacrata. Per queste ragioni la Chiesa annuncia il valore e la bellezza della famiglia e con ciò rende un servizio decisivo a un mondo che implora di essere rischiarato dalla luce della speranza.

    Al riguardo, i padri hanno segnalato alcuni aspetti più specifici per arricchire le proposte formulate nel testo: una menzione espressa sui movimenti familiari; un numero apposito sulle adozioni; un invito a studiare nuove presenze in campo educativo; un ritorno ai testi dell’instrumentum laboris circa le unioni omosessuali; un appello alle istituzioni per promuovere politiche in favore della famiglia.

    Sull’evoluzione della disciplina il circolo si è pronunciato in modo unanime sulla necessità di studiare l’ampliamento dell’esercizio dellaPotestas Clavium e le condizioni per trattare con procedura giudiziale extraordinaria le cause che non richiedano un giudizio ordinario; si chiede ai vescovi di avviare una pastorale giudiziale accurata, preparando sufficienti operatori, chierici e laici.

    Sull’accesso dei divorziati ai sacramenti il circolo ha votato una proposta, approvata per maggioranza dei voti, che apre tale possibilità in condizioni precise ed in momenti definiti della vita ecclesiale e familiare, valorizzando il significato dell’eucaristia come sacramento per la crescita nella vita cristiana, tenendo ferma la dottrina sull’indissolubilità coniugale.

    Alcuni padri hanno ritenuto vincolante la disciplina attuale e altri non sufficientemente maturo lo studio sul fondamento teologico che consente l’evoluzione.





    [Modificato da Caterina63 17/10/2014 16:50]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 17/10/2014 16:52
    <header>

      Famiglia, inediti di Papa Wojtyla. Card. Comastri: Sinodo fondamentale


    </header>

    2014-10-17 Radio Vaticana



    Capire l’importanza dell’ amore vero, quello che si consacra con il matrimonio, e si rinnova giorno dopo giorno all’interno della famiglia. E’ un cammino all’educazione verso l’amore, i due volumi “Sposi amici dello sposo“ e “Educare ad amare”, che raccolgono scritti inediti di Karol Wojtyla, presentati ieri pomeriggio a Roma al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II.

    I testi, editi da Cantagalli, fanno parte della collana “Sentieri dell’ amore”, dedicata proprio al tema del  matrimonio e famiglia. Marina Tomarro ha intervistato  il cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica Papale di San Pietro in Vaticano, intervenuto alla presentazione:

     

    R. – Lo ha confessato lo stesso Giovanni Paolo II, che da giovanissimo sacerdote immediatamente capì che il tema dell’amore è fondamentale. Una società si qualifica in rapporto al tipo di amore che vive. E Giovanni Paolo II capì anche che la famiglia è il primo luogo in cui si fa l’esperienza dell’amore e se manca l’amore nelle famiglie, si spegne l’amore nel mondo. Ora, questa intuizione che Giovanni Paolo II ha avuto all’inizio del suo cammino sacerdotale, l’ha accompagnato per tutta la vita, al punto tale che Papa Francesco si può dire sia quasi stato costretto a dire: “Ma questo è il Papa della famiglia”. Allora, è bello che il Sinodo dei vescovi tenga conto di questa definizione che ha dato Papa Francesco e guardi all’insegnamento di Giovanni Paolo II proprio per trovare anche il cammino del Sinodo dei vescovi.

    D. – Quanto è importante accompagnare anche i giovani nel cammino verso il matrimonio?

    R. – Io credo sia decisivo l’accompagnamento al matrimonio e anche, dopo il matrimonio, l’accompagnamento delle giovani famiglie. Insisto sulla preparazione, perché molti giovani affrontano il matrimonio con una leggerezza impressionante. Il matrimonio è un impegno. Il matrimonio è una missione. E da come sono le famiglie, dipende anche la futura società. Nella lacerazione delle famiglie di oggi, quali piaghe, cioè quali ferite, si creano nel cuore dei figli? E questi figli che futuro avranno? Che società creeranno? Ecco, allora, quanto è importante prepararci alla famiglia. Bisogna davvero dedicare tempo e forze e anche gente qualificata, preparare i giovani alla famiglia, perché la società – diceva Leone XIII – è fatta da famiglie ed è come sono le famiglie. E’ verissimo.

    D. – In che modo poter aiutare le famiglie attuali a superare i disagi, le difficoltà che incontrano nel loro cammino?

    R. – Io credo che dobbiamo dedicare tanto tempo alle famiglie e, sicuramente, se nella famiglia c’è una grande fede allora si superano tutte le difficoltà. Io ricordo un particolare di una giovane coppia che ho sposato e di cui ho benedetto il matrimonio. Dopo il matrimonio ho regalato loro un crocifisso e ho detto: “Guardate, ogni giorno conservate questo crocifisso nella vostra casa e quando avete qualche momento di difficoltà guardatelo e dite ‘quello è l’amore’”. Sa cosa mi hanno detto dopo tanti anni: “Abbiamo avuto prove, difficoltà, ma molto spesso la sera abbiamo ripreso il crocifisso e ci siamo ricordati delle sue parole e, guardando Gesù, abbiamo superato le crisi”.

    D. – Siamo ormai quasi alla conclusione del Sinodo, quali saranno le ripercussioni, secondo lei, sulla famiglia di oggi?

    R. – Il primo frutto del Sinodo è questo: avere in qualche modo rimesso la famiglia al centro; avere detto alla società e al mondo - non solo alla Chiesa – “guardate, la famiglia è decisiva”. Per la qualità della società, dare più tempo alla famiglia, e questo sarà sicuramente a vantaggio di tutti.

    D. – Oggi è l’anniversario di Giovanni Paolo II, nella sua salita al soglio di Pietro. Qual è il suo ricordo personale di questo Papa Santo ormai?

    R. – Il primo aprile 2005 ebbi la gioia di entrare nella camera di Giovanni Paolo II e di vederlo, si può dire, sulla soglia della morte. Quello che ricordo di quel momento sono gli occhi. Vidi due occhi così sereni, che dentro di me dissi: “Ma questi occhi sembrano già due riflessi del Paradiso, una finestra aperta sul Paradiso”. Era sereno, perché sapeva che andava dal Signore. Ma era contento anche perché era convinto di avere vissuto bene la sua missione. E credo che alla fine della vita avere la consapevolezza di essere stati fedeli alla missione affidata dal Signore sia la gioia più grande che uno possa avere. Quegli occhi sereni di Giovanni Paolo II ci dicono: “Impegnate bene la vita, perché è un grande dono”.

    All’incontro era presente anche il curatore dei due volumi, don Przemysław Kwiatkowski, docente presso il Pontificio istituto Giovanni Paolo II.  Il suo commento:

    R. – Credo che i motivi siano almeno due. Il primo è quello dell’esperienza, non soltanto del contesto in cui viviamo, delle cose che possiamo guardare, della nostra esperienza umana, perché abbiamo un vivo bisogno di crescere, di essere educati nell’amore. L’esperienza, quindi, ci spinge a fare questo. L’altro motivo è che abbiamo una grande eredità di Giovanni Paolo II che, da un lato, ci sembra molto conosciuta e, dall’altro, è ancora tutta inesplorata. Bisogna quindi riscoprirla.

     D. – Qual è il messaggio che questi scritti vogliono trasmettere?

     R. – Il messaggio del primo volume, “Sposi, amici dello sposo”, è che il matrimonio dà la possibilità di partecipare all’amore divino. Questo, quindi, è il primo messaggio di un orizzonte così profondo, che noi spesso dimentichiamo. L’altro volume, “Educare ad amare”, è proprio sulla necessità di educare all’amore, ma anche sulla possibilità di viverlo.

    (Da Radio Vaticana)




    Sinodo. Bagnasco: teoria del genere a scuola, calpestati diritti genitori

    Il card. Bagnasco con Papa Francesco - ANSA

    17/10/2014

    Di fronte alle mentalità corrente che tende a banalizzare la sessualità umana e alla teoria del gender che punta a distruggere il concetto di famiglia naturale, la Chiesa è chiamata a promuovere un’educazione all’affettività fondata sul Vangelo. E’ questa una delle sfide affrontate in questi giorni dal Sinodo dei vescovi, sulla quale si sofferma il card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, al microfono di Paolo Ondarza:

    R. – E’ un momento di grazia per la Chiesa, perché - insieme al Santo Padre – tutti noi, padri sinodali, gli osservatori, gli uditori e i vari invitati, abbiamo aperto lo sguardo e il cuore con grande chiarezza, con grande semplicità e con grande passione di pastori, sul tema della famiglia, che è la realtà fondamentale della società e della Chiesa. Ho ricordato in modo particolare la necessità dell’educazione affettiva, perché l’amore non è soltanto sentimento, ma è quello che la cultura presente non dice: l’amore è dono, è dono di se stesso ed è decidere di donarsi ad una altra persona per sempre, per tutta la vita. Questo grandissimo e splendido ideale, che oggi sembra impossibile nel mondo occidentale perlomeno, è possibile se si fa appello alla grazia di Dio.

    D. – Educare all’amore è oggi una sfida particolarmente difficile, se pensiamo alle forti correnti di pensiero, a quello che anche qui in Aula è stato definito anche “pensiero unico”, che si vuole imporre e che spesso va a snaturare proprio la famiglia e così ad indebolire un nucleo fondante della società…

    R. – Il “pensiero unico” è ormai una dittatura, che si vuole imporre dall’Occidente a tutte le altre parti del mondo. Ma l’Occidente – e in particolare l’Europa, come ho detto diverse volte – non è più assolutamente il centro del mondo: quindi l’arroganza della cultura europea dovrebbe fare i conti con questa realtà. Purtroppo gli organismi internazionali, che sono tanto importanti – pur essendo rappresentativi di tutti i Paesi del mondo – ragionano con una cultura, con una antropologia sostanzialmente occidentalista, che ormai ruota attorno alla cosiddetta teoria del genere

    D. – Una teoria che si sta diffondendo in vari Paesi d’Europa sui banchi di scuola, dove si tenta di introdurre contenuti che vanno un po’ a snaturare quella che è la struttura naturale della famiglia…

    R. – E’ un’offesa gravissima, che le istituzioni tentano di fare, al diritto sacrosanto, al diritto naturale dei genitori di offrire ai propri figli la visione culturale - una visione antropologica e valoriale - in cui loro credano e che sia la migliore per sé e per i propri figli. Questo diritto non può essere assolutamente scavalcato da alcuna autorità! Quindi questi tentativi di immettere, in modo quasi nascosto, questo tipo di visione che nasce dal genere, sotto la scusa di fare educazione affettiva o educazione sessuale, è un grave errore e non soltanto: è una grave violenza autoritaria rispetto ai genitori. I genitori devono essere non solamente informati su un progetto o su una intenzione delle autorità dello Stato o scolastiche che siano, ma devono dare – i genitori – l’autorizzazione esplicita e concorde perché queste cose vengano rappresentate ai propri figli.

    D. – In Italia c’è il rischio che la situazione vada nella stessa direzione in cui è andata in altri Paesi europei?

    R. – Certamente c’è questo rischio, perché lo abbiamo già visto l’anno scorso attraverso la diffusione di questi libretti, che poi sono stati – dicono – ritirati dalle scuole dopo un intervento dei vescovi che ha richiamato l’attenzione sul fatto. Non è un’ingerenza! E’ un dato, è una registrazione di un fatto, di cui però nessuno parlava. Già mi dicono altri che ancora circolano in qualche scuola… Bisogna che i genitori siano molto attenti: si tratta del bene fondamentale dei loro figli, perché vedere l’affettività, vedere la sessualità in genere, vedere la persona umana e la famiglia in un certo modo o in un altro, questo cambia radicalmente.

    D. – I genitori chiedono di non essere lasciati soli dalle parrocchie e dai loro pastori…

    R. – Assolutamente! La Chiesa non può lasciare solo il genitore: questo appartiene alla sua missione. Si affianca alla famiglia, ai genitori, non si sostituisce; si affianca con tutto il suo patrimonio di sapienza umana e cristiana, di operatori, di dedizione, che sono le nostre parrocchie, le associazioni e i movimenti.




     


    ... che poi, diciamocelo onestamente - papalepapale: a cosa serve oggi canonizzare o beatificare un Papa se poi si gettano nel cestino i loro insegnamenti come, ad esempio, la Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II o come i mille moniti lanciati da Paolo VI contro chi voleva usare il Concilio per adattarsi alla mentalità del mondo?
    Sfogliamo la enciclicam del neo Beato - domani - Paolo VI la Ecclesiam Suam e scopriamo questo monito che sembra davvero quello più calpestato dalla frangia progressista del Sinodo di oggi, leggiamo e meditiamo. 




















    [Modificato da Caterina63 18/10/2014 10:40]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 18/10/2014 12:27

    Sinodo. Arcivescovo di Ho Chi Minh: Cristo, sola speranza per la famiglia

    L'Ora Terza ha aperto l'ultima giornata dei lavori al Sinodo

    18/10/2014

    Questa mattina alle ore 9, alla presenza del Papa, con il canto dell’Ora Terza si è aperta nell’Aula del Sinodo in Vaticano la quattordicesima Congregazione generale del Sinodo straordinario sulla famiglia, per la presentazione della "Relatio Synodi" e per la lettura e approvazione della versione finale del Nuntius. L’omelia è stata pronunciata da mons. Paul Bùi Văn Đoc,arcivescovo di Thành-Phô Hô Chí Minh (Viêt Nam). Di seguito pubblichiamo il testo integrale dell'omelia:

    "Io infatti non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Rm 1, 16). San Paolo non si vergogna del Vangelo, perché predica Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani. È lo scandalo e la stoltezza dell’amore infinito di Dio manifestato in Cristo crocifisso, che non può difendersi, che si lascia uccidere. "Ma per color che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio"(1 Cor 1, 24). Poiché la stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e la debolezza di Dio è più forte degli uomini (v. 25 ).

    Il problema è quello della fede. Crediamo o no? Se crediamo, il Vangelo è per la nostra salvezza. Cristo è la nostra Speranza, e la Speranza per tutti gli uomini. È Lui il nostro Unico Salvatore, crocifisso, ucciso, ma Risorto per la nostra giustificazione; è presente tra noi, camminando con noi verso la fine della storia. Cristo è la sola Speranza per la vita famigliare degli uomini di oggi e di domani.

    Il Vangelo è la salvezza per chiunque crede. Poiché la Giustizia di Dio che si rivela in esso, è soprattutto Amore, Misericordia, Perdono. Il credente partecipa alla Giustizia di Dio, al suo Amore, alla sua Misericordia; vive della Vita di Dio, grazie alla sua fede. La vita di fede è un cammino dalla fede alla fede, dalla grazie alla grazia più abbondante di Dio, mediante Cristo. Questa Grazia è lo Spirito di Dio, il Vento che soffia, il Respiro di vita. La fede è "ascolto", ascolto del Vangelo, della buona notizia sull’Amore Salvifico di Dio. Il Vangelo è una novella, un racconto della storia dell’Amore di Dio. È Gesù Cristo che ci racconta; Gesù Cristo è l’Evangelista dei poveri che siamo noi. Il problema è se crediamo in Cristo, sinceramente o no. Se crediamo, accogliamo ciò che ci racconta sull’Amore di Dio. Dio è misericordioso, perché è onnipotente. La potenza di Dio non è una potenza che distrugge, ma che fa vivere. È con questa Potenza che Dio ha fatto risorgere Gesù Cristo dalla morte. E la Risurrezione di Cristo è la nostra Speranza, perché è l’Amore che vince la morte, che perdona tutti i peccati a quelli che ne hanno bisogno. Crediamo nella forza di Dio, o nella forza del mondo? La forza del mondo sta distruggendo tutto, la vita, l’amore, la famiglia umana. La vita di fede invece si traduce in una vita di amore, che è sorgente di gioia, di felicità







    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 18/10/2014 19:48

    Synod14 - "Relatio Synodi" della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi: "Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione" (5-19 ottobre 2014), 18.10.2014




     

    INDICE

    Introduzione

    I Parte
    L’ascolto: il contesto e le sfide sulla famiglia

     

    Il contesto socio-culturale

    La rilevanza della vita affettiva

    La sfida per la pastorale

     

    II Parte
    Lo sguardo su Cristo: il Vangelo della famiglia

     

    Lo sguardo su Gesù e la pedagogia divina nella storia della salvezza

    La famiglia nel disegno salvifico di Dio

    La famiglia nei documenti della Chiesa

    L’indissolubilità del matrimonio e la gioia del vivere insieme

    Verità e bellezza della famiglia e misericordia verso le famiglie ferite e fragili

     

    III Parte
    Il confronto: prospettive pastorali

     

    Annunciare il Vangelo della famiglia oggi, nei vari contesti

    Guidare i nubendi nel cammino di preparazione al matrimonio

    Accompagnare i primi anni della vita matrimoniale

    Cura pastorale di coloro che vivono nel matrimonio civile o in convivenze

    Curare le famiglie ferite (separati, divorziati non risposati, divorziati risposati, famiglie monoparentali)

    L’attenzione pastorale verso le persone con orientamento omosessuale

    La trasmissione della vita e la sfida della denatalità

    La sfida dell’educazione e il ruolo della famiglia nell’evangelizzazione

     

     Conclusione

     

    * * *

     

    Introduzione

     

    1. Il Sinodo dei Vescovi riunito intorno al Papa rivolge il suo pensiero a tutte le famiglie del mondo con le loro gioie, le loro fatiche, le loro speranze. In particolare sente il dovere di ringraziare il Signore per la generosa fedeltà con cui tante famiglie cristiane rispondono alla loro vocazione e missione. Lo fanno con gioia e con fede anche quando il cammino familiare le pone dinanzi a ostacoli, incomprensioni e sofferenze. A queste famiglie va l’apprezzamento, il ringraziamento e l’incoraggiamento di tutta la Chiesa e di questo Sinodo. Nella veglia di preghiera celebrata in Piazza San Pietro sabato 4 ottobre 2014 in preparazione al Sinodo sulla famiglia Papa Francesco ha evocato in maniera semplice e concreta la centralità dell’esperienza familiare nella vita di tutti, esprimendosi così: «Scende ormai la sera sulla nostra assemblea. È l’ora in cui si fa volentieri ritorno a casa per ritrovarsi alla stessa mensa, nello spessore degli affetti, del bene compiuto e ricevuto, degli incontri che scaldano il cuore e lo fanno crescere, vino buono che anticipa nei giorni dell’uomo la festa senza tramonto. È anche l’ora più pesante per chi si ritrova a tu per tu con la propria solitudine, nel crepuscolo amaro di sogni e di progetti infranti: quante persone trascinano le giornate nel vicolo cieco della rassegnazione, dell’abbandono, se non del rancore; in quante case è venuto meno il vino della gioia e, quindi, il sapore – la sapienza stessa – della vita [...] Degli uni e degli altri questa sera ci facciamo voce con la nostra preghiera, una preghiera per tutti».

    2. Grembo di gioie e di prove, di affetti profondi e di relazioni a volte ferite, la famiglia è veramente "scuola di umanità" (cf. Gaudium et Spes, 52), di cui si avverte fortemente il bisogno. Nonostante i tanti segnali di crisi dell’istituto familiare nei vari contesti del "villaggio globale", il desiderio di famiglia resta vivo, in specie fra i giovani, e motiva la Chiesa, esperta in umanità e fedele alla sua missione, ad annunciare senza sosta e con convinzione profonda il "Vangelo della famiglia" che le è stato affidato con la rivelazione dell’amore di Dio in Gesù Cristo e ininterrottamente insegnato dai Padri, dai Maestri della spiritualità e dal Magistero della Chiesa. La famiglia assume per la Chiesa un’importanza del tutto particolare e nel momento in cui tutti i credenti sono invitati a uscire da se stessi è necessario che la famiglia si riscopra come soggetto imprescindibile per l’evangelizzazione. Il pensiero va alla testimonianza missionaria di tante famiglie.

    3. Sulla realtà della famiglia, decisiva e preziosa, il Vescovo di Roma ha chiamato a riflettere il Sinodo dei Vescovi nella sua Assemblea Generale Straordinaria dell’ottobre 2014, per approfondire poi la riflessione nell’Assemblea Generale Ordinaria che si terrà nell’ottobre 2015, oltre che nell’intero anno che intercorre fra i due eventi sinodali. «Già il convenire in unum attorno al Vescovo di Roma è evento di grazia, nel quale la collegialità episcopale si manifesta in un cammino di discernimento spirituale e pastorale»: così Papa Francesco ha descritto l’esperienza sinodale, indicandone i compiti nel duplice ascolto dei segni di Dio e della storia degli uomini e nella duplice e unica fedeltà che ne consegue.

    4. Alla luce dello stesso discorso abbiamo raccolto i risultati delle nostre riflessioni e dei nostri dialoghi nelle seguenti tre parti: l’ascolto, per guardare alla realtà della famiglia oggi, nella complessità delle sue luci e delle sue ombre; lo sguardo fisso sul Cristo per ripensare con rinnovata freschezza ed entusiasmo quanto la rivelazione, trasmessa nella fede della Chiesa, ci dice sulla bellezza, sul ruolo e sulla dignità della famiglia; il confronto alla luce del Signore Gesù per discernere le vie con cui rinnovare la Chiesa e la società nel loro impegno per la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna.

     

    PRIMA PARTE

    L’ascolto: il contesto e le sfide sulla famiglia

     

    Il contesto socio-culturale

    5. Fedeli all’insegnamento di Cristo guardiamo alla realtà della famiglia oggi in tutta la sua complessità, nelle sue luci e nelle sue ombre. Pensiamo ai genitori, ai nonni, ai fratelli e alle sorelle, ai parenti prossimi e lontani, e al legame tra due famiglie che tesse ogni matrimonio. Il cambiamento antropologico-culturale influenza oggi tutti gli aspetti della vita e richiede un approccio analitico e diversificato. Vanno sottolineati prima di tutto gli aspetti positivi: la più grande libertà di espressione e il migliore riconoscimento dei diritti della donna e dei bambini, almeno in alcune regioni. Ma, d’altra parte, bisogna egualmente considerare il crescente pericolo rappresentato da un individualismo esasperato che snatura i legami familiari e finisce per considerare ogni componente della famiglia come un'isola, facendo prevalere, in certi casi, l'idea di un soggetto che si costruisce secondo i propri desideri assunti come un assoluto. A ciò si aggiunge anche la crisi della fede che ha toccato tanti cattolici e che spesso è all’origine delle crisi del matrimonio e della famiglia.

    6. Una delle più grandi povertà della cultura attuale è la solitudine, frutto dell’assenza di Dio nella vita delle persone e della fragilità delle relazioni. C’è anche una sensazione generale di impotenza nei confronti della realtà socio-economica che spesso finisce per schiacciare le famiglie. Così è per la crescente povertà e precarietà lavorativa che è vissuta talvolta come un vero incubo, o a motivo di una fiscalità troppo pesante che certo non incoraggia i giovani al matrimonio. Spesso le famiglie si sentono abbandonate per il disinteresse e la poca attenzione da parte delle istituzioni. Le conseguenze negative dal punto di vista dell’organizzazione sociale sono evidenti: dalla crisi demografica alle difficoltà educative, dalla fatica nell’accogliere la vita nascente all’avvertire la presenza degli anziani come un peso, fino al diffondersi di un disagio affettivo che arriva talvolta alla violenza. È responsabilità dello Stato creare le condizioni legislative e di lavoro per garantire l’avvenire dei giovani e aiutarli a realizzare il loro progetto di fondare una famiglia.

    7. Ci sono contesti culturali e religiosi che pongono sfide particolari. In alcune società vige ancora la pratica della poligamia e in alcuni contesti tradizionali la consuetudine del "matrimonio per tappe". In altri contesti permane la pratica dei matrimoni combinati. Nei Paesi in cui la presenza della Chiesa cattolica è minoritaria sono numerosi i matrimoni misti e di disparità di culto con tutte le difficoltà che essi comportano riguardo alla configurazione giuridica, al battesimo e all'educazione dei figli e al reciproco rispetto dal punto di vista della diversità della fede. In questi matrimoni può esistere il pericolo del relativismo o dell’indifferenza, ma vi può essere anche la possibilità di favorire lo spirito ecumenico e il dialogo interreligioso in un’armoniosa convivenza di comunità che vivono nello stesso luogo. In molti contesti, e non solo occidentali, si va diffondendo ampiamente la prassi della convivenza che precede il matrimonio o anche di convivenze non orientate ad assumere la forma di un vincolo istituzionale. A questo si aggiunge spesso una legislazione civile che compromette il matrimonio e la famiglia. A causa della secolarizzazione in molte parti del mondo il riferimento a Dio è fortemente diminuito e la fede non è più socialmente condivisa.

    8. Molti sono i bambini che nascono fuori dal matrimonio, specie in alcuni Paesi, e molti quelli che poi crescono con uno solo dei genitori o in un contesto familiare allargato o ricostituito. Il numero dei divorzi è crescente e non è raro il caso di scelte determinate unicamente da fattori di ordine economico. I bambini spesso sono oggetto di contesa tra i genitori e i figli sono le vere vittime delle lacerazioni familiari. I padri sono spesso assenti non solo per cause economiche laddove invece si avverte il bisogno che essi assumano più chiaramente la responsabilità per i figli e per la famiglia. La dignità della donna ha ancora bisogno di essere difesa e promossa. Oggi infatti, in molti contesti, l’essere donna è oggetto di discriminazione e anche il dono della maternità viene spesso penalizzato piuttosto che essere presentato come valore. Non vanno neppure dimenticati i crescenti fenomeni di violenza di cui le donne sono vittime, talvolta purtroppo anche all’interno delle famiglie e la grave e diffusa mutilazione genitale della donna in alcune culture. Lo sfruttamento sessuale dell’infanzia costituisce poi una delle realtà più scandalose e perverse della società attuale. Anche le società attraversate dalla violenza a causa della guerra, del terrorismo o della presenza della criminalità organizzata, vedono situazioni familiari deterioratee soprattutto nelle grandi metropoli e nelle loro periferie cresce il cosiddetto fenomeno dei bambini di strada. Le migrazioni inoltre rappresentano un altro segno dei tempi da affrontare e comprendere con tutto il carico di conseguenze sulla vita familiare.

    La rilevanza della vita affettiva

    9. A fronte del quadro sociale delineato si riscontra in molte parti del mondo, nei singoli un maggiore bisogno di prendersi cura della propria persona, di conoscersi interiormente, di vivere meglio in sintonia con le proprie emozioni e i propri sentimenti, di cercare relazioni affettive di qualità; tale giusta aspirazione può aprire al desiderio di impegnarsi nel costruire relazioni di donazione e reciprocità creative, responsabilizzanti e solidali come quelle familiari. Il pericolo individualista e il rischio di vivere in chiave egoistica sono rilevanti. La sfida per la Chiesa è di aiutare le coppie nella maturazione della dimensione emozionale e nello sviluppo affettivo attraverso la promozione del dialogo, della virtù e della fiducia nell’amore misericordioso di Dio. Il pieno impegno richiesto nel matrimonio cristiano può essere un forte antidoto alla tentazione di un individualismo egoistico.

    10. Nel mondo attuale non mancano tendenze culturali che sembrano imporre una affettività senza limiti di cui si vogliono esplorare tutti i versanti, anche quelli più complessi. Di fatto, la questione della fragilità affettiva è di grande attualità: una affettività narcisistica, instabile e mutevole che non aiuta sempre i soggetti a raggiungere una maggiore maturità. Preoccupa una certa diffusione della pornografia e della commercializzazione del corpo, favorita anche da un uso distorto di internet e va denunciata la situazione di quelle persone che sono obbligate a praticare la prostituzione. In questo contesto, le coppie sono talvolta incerte, esitanti e faticano a trovare i modi per crescere. Molti sono quelli che tendono a restare negli stadi primari della vita emozionale e sessuale. La crisi della coppia destabilizza la famiglia e può arrivare attraverso le separazioni e i divorzi a produrre serie conseguenze sugli adulti, i figli e la società, indebolendo l’individuo e i legami sociali. Anche il calo demografico, dovuto ad una mentalità antinatalista e promosso dalle politiche mondiali di salute riproduttiva, non solo determina una situazione in cui l’avvicendarsi delle generazioni non è più assicurato, ma rischia di condurre nel tempo a un impoverimento economico e a una perdita di speranza nell’avvenire. Lo sviluppo delle biotecnologie ha avuto anch’esso un forte impatto sulla natalità.

    La sfida per la pastorale

    11. In questo contesto la Chiesa avverte la necessità di dire una parola di verità e di speranza. Occorre muovere dalla convinzione che l’uomo viene da Dio e che, pertanto, una riflessione capace di riproporre le grandi domande sul significato dell’essere uomini, possa trovare un terreno fertile nelle attese più profonde dell’umanità. I grandi valori del matrimonio e della famiglia cristiana corrispondono alla ricerca che attraversa l’esistenza umana anche in un tempo segnato dall’individualismo e dall’edonismo. Occorre accogliere le persone con la loro esistenza concreta, saperne sostenere la ricerca, incoraggiare il desiderio di Dio e la volontà di sentirsi pienamente parte della Chiesa anche in chi ha sperimentato il fallimento o si trova nelle situazioni più disparate. Il messaggio cristiano ha sempre in sé la realtà e la dinamica della misericordia e della verità, che in Cristo convergono.

     

    II PARTE

    Lo sguardo su Cristo: il Vangelo della famiglia

     

    Lo sguardo su Gesù e la pedagogia divina nella storia della salvezza

    12. Al fine di «verificare il nostro passo sul terreno delle sfide contemporanee, la condizione decisiva è mantenere fisso lo sguardo su Gesù Cristo, sostare nella contemplazione e nell’adorazione del suo volto [...]. Infatti, ogni volta che torniamo alla fonte dell’esperienza cristiana si aprono strade nuove e possibilità impensate» (Papa Francesco, Discorso del 4 ottobre 2014). Gesù ha guardato alle donne e agli uomini che ha incontrato con amore e tenerezza, accompagnando i loro passi con verità, pazienza e misericordia, nell’annunciare le esigenze del Regno di Dio.

    13. Dato che l’ordine della creazione è determinato dall’orientamento a Cristo, occorre distinguere senza separare i diversi gradi mediante i quali Dio comunica all’umanità la grazia dell’alleanza. In ragione della pedagogia divina, secondo cui l’ordine della creazione evolve in quello della redenzione attraverso tappe successive, occorre comprendere la novità del sacramento nuziale cristiano in continuità con il matrimonio naturale delle origini. Così qui s’intende il modo di agire salvifico di Dio, sia nella creazione sia nella vita cristiana. Nella creazione: poiché tutto è stato fatto per mezzo di Cristo ed in vista di Lui (cf. Col 1,16), i cristiani sono «lieti di scoprire e pronti a rispettare quei germi del Verbo che vi si trovano nascosti; debbono seguire attentamente la trasformazione profonda che si verifica in mezzo ai popoli» (Ad Gentes, 11). Nella vita cristiana: in quanto con il battesimo il credente è inserito nella Chiesa mediante quella Chiesa domestica che è la sua famiglia, egli intraprende quel «processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio» (Familiaris Consortio, 11), mediante la conversione continua all’amore che salva dal peccato e dona pienezza di vita.

    14. Gesù stesso, riferendosi al disegno primigenio sulla coppia umana, riafferma l’unione indissolubile tra l’uomo e la donna, pur dicendo che «per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così» (Mt 19,8). L’indissolubilità del matrimonio ("Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi" Mt 19,6), non è innanzitutto da intendere come "giogo" imposto agli uomini bensì come un "dono" fatto alle persone unite in matrimonio. In tal modo, Gesù mostra come la condiscendenza divina accompagni sempre il cammino umano, guarisca e trasformi il cuore indurito con la sua grazia, orientandolo verso il suo principio, attraverso la via della croce. Dai Vangeli emerge chiaramente l’esempio di Gesù che è paradigmatico per la Chiesa. Gesù infatti ha assunto una famiglia, ha dato inizio ai segni nella festa nuziale a Cana, ha annunciato il messaggio concernente il significato del matrimonio come pienezza della rivelazione che recupera il progetto originario di Dio (Mt 19,3). Ma nello stesso tempo ha messo in pratica la dottrina insegnata manifestando così il vero significato della misericordia. Ciò appare chiaramente negli incontri con la samaritana (Gv 4,1-30) e con l’adultera (Gv 8,1-11) in cui Gesù, con un atteggiamento di amore verso la persona peccatrice, porta al pentimento e alla conversione ("va’ e non peccare più"), condizione per il perdono.

    La famiglia nel disegno salvifico di Dio

    15. Le parole di vita eterna che Gesù ha lasciato ai suoi discepoli comprendevano l’insegnamento sul matrimonio e la famiglia. Tale insegnamento di Gesù ci permette di distinguere in tre tappe fondamentali il progetto di Dio sul matrimonio e la famiglia. All’inizio, c'è la famiglia delle origini, quando Dio creatore istituì il matrimonio primordiale tra Adamo ed Eva, come solido fondamento della famiglia. Dio non solo ha creato l'essere umano maschio e femmina (Gen1,27), ma li ha anche benedetti perché fossero fecondi e si moltiplicassero (Gen 1,28). Per questo, «l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne» (Gen 2,24). Questa unione è stata danneggiata dal peccato ed è diventata la forma storica di matrimonio nel Popolo di Dio, per il quale Mosè concesse la possibilità di rilasciare un attestato di divorzio (cf. Dt 24, 1ss). Tale forma era prevalente ai tempi di Gesù. Con il Suo avvento e la riconciliazione del mondo caduto grazie alla redenzione da Lui operata, terminò l'era inaugurata con Mosé.

    16. Gesù, che ha riconciliato ogni cosa in sé, ha riportato il matrimonio e la famiglia alla loro forma originale (cf. Mc10,1-12). La famiglia e il matrimonio sono stati redenti da Cristo (cf. Ef 5,21-32), restaurati a immagine della Santissima Trinità, mistero da cui scaturisce ogni vero amore. L'alleanza sponsale, inaugurata nella creazione e rivelata nella storia della salvezza, riceve la piena rivelazione del suo significato in Cristo e nella sua Chiesa. Da Cristo attraverso la Chiesa, il matrimonio e la famiglia ricevono la grazia necessaria per testimoniare l'amore di Dio e vivere la vita di comunione. Il Vangelo della famiglia attraversa la storia del mondo sin dalla creazione dell’uomo ad immagine e somiglianza di Dio (cf.Gen 1, 26-27) fino al compimento del mistero dell’Alleanza in Cristo alla fine dei secoli con le nozze dell’Agnello (cf. Ap19,9; Giovanni Paolo II, Catechesi sull'amore umano).

    La famiglia nei documenti della Chiesa

    17. «Nel corso dei secoli, la Chiesa non ha fatto mancare il suo costante insegnamento sul matrimonio e la famiglia. Una delle espressioni più alte di questo Magistero è stata proposta dal Concilio Ecumenico Vaticano II, nella Costituzione pastorale Gaudium et Spes, che dedica un intero capitolo alla promozione della dignità del matrimonio e della famiglia (cf. Gaudium et Spes, 47-52). Esso ha definito il matrimonio come comunità di vita e di amore (cf. Gaudium et Spes, 48), mettendo l’amore al centro della famiglia, mostrando, allo stesso tempo, la verità di questo amore davanti alle diverse forme di riduzionismo presenti nella cultura contemporanea. Il "vero amore tra marito e moglie" (Gaudium et Spes, 49) implica la mutua donazione di sé, include e integra la dimensione sessuale e l’affettività, corrispondendo al disegno divino (cf. Gaudium et Spes, 48-49). Inoltre, Gaudium et Spes 48 sottolinea il radicamento in Cristo degli sposi: Cristo Signore "viene incontro ai coniugi cristiani nel sacramento del matrimonio", e con loro rimane. Nell’incarnazione, Egli assume l’amore umano, lo purifica, lo porta a pienezza, e dona agli sposi, con il suo Spirito, la capacità di viverlo, pervadendo tutta la loro vita di fede, speranza e carità. In questo modo gli sposi sono come consacrati e, mediante una grazia propria, edificano il Corpo di Cristo e costituiscono una Chiesa domestica (cf. Lumen Gentium, 11), così che la Chiesa, per comprendere pienamente il suo mistero, guarda alla famiglia cristiana, che lo manifesta in modo genuino» (Instrumentum Laboris, 4).

    18. «Sulla scia del Concilio Vaticano II, il Magistero pontificio ha approfondito la dottrina sul matrimonio e sulla famiglia. In particolare, Paolo VI, con la Enciclica Humanae Vitae, ha messo in luce l’intimo legame tra amore coniugale e generazione della vita. San Giovanni Paolo II ha dedicato alla famiglia una particolare attenzione attraverso le sue catechesi sull’amore umano, la Lettera alle famiglie (Gratissimam Sane) e soprattutto con l’Esortazione ApostolicaFamiliaris Consortio. In tali documenti, il Pontefice ha definito la famiglia "via della Chiesa"; ha offerto una visione d’insieme sulla vocazione all’amore dell’uomo e della donna; ha proposto le linee fondamentali per la pastorale della famiglia e per la presenza della famiglia nella società. In particolare, trattando della carità coniugale (cf. Familiaris Consortio, 13), ha descritto il modo in cui i coniugi, nel loro mutuo amore, ricevono il dono dello Spirito di Cristo e vivono la loro chiamata alla santità» (Instrumentum Laboris, 5).

    19. «Benedetto XVI, nell’Enciclica Deus Caritas Est, ha ripreso il tema della verità dell’amore tra uomo e donna, che s’illumina pienamente solo alla luce dell’amore di Cristo crocifisso (cf. Deus Caritas Est, 2). Egli ribadisce come: "Il matrimonio basato su un amore esclusivo e definitivo diventa l’icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa: il modo di amare di Dio diventa la misura dell’amore umano" (Deus Caritas Est, 11). Inoltre, nella Enciclica Caritas in Veritate, evidenzia l’importanza dell’amore come principio di vita nella società (cf. Caritas in Veritate, 44), luogo in cui s’impara l’esperienza del bene comune» (Instrumentum Laboris, 6).

    20. «Papa Francesco, nell’Enciclica Lumen Fidei affrontando il legame tra la famiglia e la fede, scrive: "L’incontro con Cristo, il lasciarsi afferrare e guidare dal suo amore allarga l’orizzonte dell’esistenza, le dona una speranza solida che non delude. La fede non è un rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita. Essa fa scoprire una grande chiamata, la vocazione all’amore, e assicura che quest’amore è affidabile, che vale la pena di consegnarsi ad esso, perché il suo fondamento si trova nella fedeltà di Dio, più forte di ogni nostra fragilità" (Lumen Fidei, 53)» (Instrumentum Laboris, 7).

    L’indissolubilità del matrimonio e la gioia del vivere insieme

    21. Il dono reciproco costitutivo del matrimonio sacramentale è radicato nella grazia del battesimo che stabilisce l’alleanza fondamentale di ogni persona con Cristo nella Chiesa. Nella reciproca accoglienza e con la grazia di Cristo i nubendi si promettono dono totale, fedeltà e apertura alla vita, essi riconoscono come elementi costitutivi del matrimonio i doni che Dio offre loro, prendendo sul serio il loro vicendevole impegno, in suo nome e di fronte alla Chiesa. Ora, nella fede è possibile assumere i beni del matrimonio come impegni meglio sostenibili mediante l’aiuto della grazia del sacramento. Dio consacra l’amore degli sposi e ne conferma l’indissolubilità, offrendo loro l’aiuto per vivere la fedeltà, l’integrazione reciproca e l’apertura alla vita. Pertanto, lo sguardo della Chiesa si volge agli sposi come al cuore della famiglia intera che volge anch’essa lo sguardo verso Gesù.

    22. Nella stessa prospettiva, facendo nostro l’insegnamento dell’Apostolo secondo cui tutta la creazione è stata pensata in Cristo e in vista di lui (cf. Col 1,16), il Concilio Vaticano II ha voluto esprimere apprezzamento per il matrimonio naturale e per gli elementi validi presenti nelle altre religioni (cf. Nostra Aetate, 2) e nelle culture nonostante i limiti e le insufficienze (cf. Redemptoris Missio, 55). La presenza dei semina Verbi nelle culture (cf. Ad Gentes, 11) potrebbe essere applicata, per alcuni versi, anche alla realtà matrimoniale e familiare di tante culture e di persone non cristiane. Ci sono quindi elementi validi anche in alcune forme fuori del matrimonio cristiano –comunque fondato sulla relazione stabile e vera di un uomo e una donna –, che in ogni caso riteniamo siano ad esso orientate. Con lo sguardo rivolto alla saggezza umana dei popoli e delle culture, la Chiesa riconosce anche questa famiglia come la cellula basilare necessaria e feconda della convivenza umana.

    Verità e bellezza della famiglia e misericordia verso le famiglie ferite e fragili

    23. Con intima gioia e profonda consolazione, la Chiesa guarda alle famiglie che restano fedeli agli insegnamenti del Vangelo, ringraziandole e incoraggiandole per la testimonianza che offrono. Grazie ad esse, infatti, è resa credibile la bellezza del matrimonio indissolubile e fedele per sempre. Nella famiglia,«che si potrebbe chiamare Chiesa domestica» (Lumen Gentium, 11), matura la prima esperienza ecclesiale della comunione tra persone, in cui si riflette, per grazia, il mistero della Santa Trinità. «È qui che si apprende la fatica e la gioia del lavoro, l’amore fraterno, il perdono generoso, sempre rinnovato, e soprattutto il culto divino attraverso la preghiera e l’offerta della propria vita» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1657). La Santa Famiglia di Nazaret ne è il modello mirabile, alla cui scuola noi «comprendiamo perché dobbiamo tenere una disciplina spirituale, se vogliamo seguire la dottrina del Vangelo e diventare discepoli del Cristo» (Paolo VI, Discorso a Nazaret, 5 gennaio 1964). Il Vangelo della famiglia, nutre pure quei semi che ancora attendono di maturare, e deve curare quegli alberi che si sono inariditi e necessitano di non essere trascurati.

    24. La Chiesa, in quanto maestra sicura e madre premurosa, pur riconoscendo che per i battezzati non vi è altro vincolo nuziale che quello sacramentale, e che ogni rottura di esso è contro la volontà di Dio, è anche consapevole della fragilità di molti suoi figli che faticano nel cammino della fede. «Pertanto, senza sminuire il valore dell’ideale evangelico, bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno. […] Un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà. A tutti deve giungere la consolazione e lo stimolo dell’amore salvifico di Dio, che opera misteriosamente in ogni persona, al di là dei suoi difetti e delle sue cadute» (Evangelii Gaudium, 44).

    25. In ordine ad un approccio pastorale verso le persone che hanno contratto matrimonio civile, che sono divorziati e risposati, o che semplicemente convivono, compete alla Chiesa rivelare loro la divina pedagogia della grazia nelle loro vite e aiutarle a raggiungere la pienezza del piano di Dio in loro. Seguendo lo sguardo di Cristo, la cui luce rischiara ogni uomo (cf. Gv 1,9; Gaudium et Spes, 22) la Chiesa si volge con amore a coloro che partecipano alla sua vita in modo incompiuto, riconoscendo che la grazia di Dio opera anche nelle loro vite dando loro il coraggio per compiere il bene, per prendersi cura con amore l’uno dell’altro ed essere a servizio della comunità nella quale vivono e lavorano.

    26. La Chiesa guarda con apprensione alla sfiducia di tanti giovani verso l’impegno coniugale, soffre per la precipitazione con cui tanti fedeli decidono di porre fine al vincolo assunto, instaurandone un altro. Questi fedeli, che fanno parte della Chiesa hanno bisogno di un’attenzione pastorale misericordiosa e incoraggiante, distinguendo adeguatamente le situazioni. I giovani battezzati vanno incoraggiati a non esitare dinanzi alla ricchezza che ai loro progetti di amore procura il sacramento del matrimonio, forti del sostegno che ricevono dalla grazia di Cristo e dalla possibilità di partecipare pienamente alla vita della Chiesa.

    27. In tal senso, una dimensione nuova della pastorale familiare odierna consiste nel prestare attenzione alla realtà dei matrimoni civili tra uomo e donna, ai matrimoni tradizionali e, fatte le debite differenze, anche alle convivenze. Quando l’unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico, è connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da capacità di superare le prove, può essere vista come un’occasione da accompagnare nello sviluppo verso il sacramento del matrimonio. Molto spesso invece la convivenza si stabilisce non in vista di un possibile futuro matrimonio, ma senza alcuna intenzione di stabilire un rapporto istituzionale.

    28. Conforme allo sguardo misericordioso di Gesù, la Chiesa deve accompagnare con attenzione e premura i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito, ridonando fiducia e speranza, come la luce del faro di un porto o di una fiaccola portata in mezzo alla gente per illuminare coloro che hanno smarrito la rotta o si trovano in mezzo alla tempesta. Consapevoli che la misericordia più grande è dire la verità con amore, andiamo aldilà della compassione. L’amore misericordioso, come attrae e unisce, così trasforma ed eleva. Invita alla conversione. Così nello stesso modo intendiamo l’atteggiamento del Signore, che non condanna la donna adultera, ma le chiede di non peccare più (cf. Gv 8,1-11).

      continua....


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 18/10/2014 19:56

      III PARTE

    Il confronto: prospettive pastorali

     

    Annunciare il Vangelo della famiglia oggi, nei vari contesti

    29. Il dialogo sinodale si è soffermato su alcune istanze pastorali più urgenti da affidare alla concretizzazione nelle singole Chiese locali, nella comunione "cum Petro et sub Petro". L’annunzio del Vangelo della famiglia costituisce un’urgenza per la nuova evangelizzazione. La Chiesa è chiamata ad attuarlo con tenerezza di madre e chiarezza di maestra (cf. Ef 4,15), in fedeltà alla kenosi misericordiosa del Cristo. La verità si incarna nella fragilità umana non per condannarla, ma per salvarla (cf. Gv 3,16 -17).

    30. Evangelizzare è responsabilità di tutto il popolo di Dio, ognuno secondo il proprio ministero e carisma. Senza la testimonianza gioiosa dei coniugi e delle famiglie, chiese domestiche, l’annunzio, anche se corretto, rischia di essere incompreso o di affogare nel mare di parole che caratterizza la nostra società (cf. Novo Millennio Ineunte, 50). I Padri sinodali hanno più volte sottolineato che le famiglie cattoliche in forza della grazia del sacramento nuziale sono chiamate ad essere esse stesse soggetti attivi della pastorale familiare.

    31. Decisivo sarà porre in risalto il primato della grazia, e quindi le possibilità che lo Spirito dona nel sacramento. Si tratta di far sperimentare che il Vangelo della famiglia è gioia che «riempie il cuore e la vita intera», perché in Cristo siamo «liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento» (Evangelii Gaudium, 1). Alla luce della parabola del seminatore (cf. Mt 13,3), il nostro compito è di cooperare nella semina: il resto è opera di Dio. Non bisogna neppure dimenticare che la Chiesa che predica sulla famiglia è segno di contraddizione.

    32. Per questo si richiede a tutta la Chiesa una conversione missionaria: è necessario non fermarsi ad un annuncio meramente teorico e sganciato dai problemi reali delle persone. Non va mai dimenticato che la crisi della fede ha comportato una crisi del matrimonio e della famiglia e, come conseguenza, si è interrotta spesso la trasmissione della stessa fede dai genitori ai figli. Dinanzi ad una fede forte l’imposizione di alcune prospettive culturali che indeboliscono la famiglia e il matrimonio non ha incidenza.

    33. La conversione è anche quella del linguaggio perché esso risulti effettivamente significativo. L’annunzio deve far sperimentare che il Vangelo della famiglia è risposta alle attese più profonde della persona umana: alla sua dignità e alla realizzazione piena nella reciprocità, nella comunione e nella fecondità. Non si tratta soltanto di presentare una normativa ma di proporre valori, rispondendo al bisogno di essi che si constata oggi anche nei Paesi più secolarizzati.

    34. La Parola di Dio è fonte di vita e spiritualità per la famiglia. Tutta la pastorale familiare dovrà lasciarsi modellare interiormente e formare i membri della Chiesa domestica mediante la lettura orante e ecclesiale della Sacra Scrittura. La Parola di Dio non solo è una buona novella per la vita privata delle persone, ma anche un criterio di giudizio e una luce per il discernimento delle diverse sfide con cui si confrontano i coniugi e le famiglie.

    35. Allo stesso tempo molti Padri sinodali hanno insistito su un approccio più positivo alle ricchezze delle diverse esperienze religiose, senza tacere sulle difficoltà. In queste diverse realtà religiose e nella grande diversità culturale che caratterizza le Nazioni è opportuno apprezzare prima le possibilità positive e alla luce di esse valutare limiti e carenze.

    36. Il matrimonio cristiano è una vocazione che si accoglie con un’adeguata preparazione in un itinerario di fede, con un discernimento maturo, e non va considerato solo come una tradizione culturale o un’esigenza sociale o giuridica. Pertanto occorre realizzare percorsi che accompagnino la persona e la coppia in modo che alla comunicazione dei contenuti della fede si unisca l’esperienza di vita offerta dall’intera comunità ecclesiale.

    37. È stata ripetutamente richiamata la necessità di un radicale rinnovamento della prassi pastorale alla luce del Vangelo della famiglia, superando le ottiche individualistiche che ancora la caratterizzano. Per questo si è più volte insistito sul rinnovamento della formazione dei presbiteri, dei diaconi, dei catechisti e degli altri operatori pastorali, mediante un maggiore coinvolgimento delle stesse famiglie.

    38. Si è parimenti sottolineata la necessità di una evangelizzazione che denunzi con franchezza i condizionamenti culturali, sociali, politici ed economici, come l’eccessivo spazio dato alla logica del mercato, che impediscono un’autentica vita familiare, determinando discriminazioni, povertà, esclusioni, violenza. Per questo va sviluppato un dialogo e una cooperazione con le strutture sociali, e vanno incoraggiati e sostenuti i laici che si impegnano, come cristiani, in ambito culturale e socio-politico.

    Guidare i nubendi nel cammino di preparazione al matrimonio

    39. La complessa realtà sociale e le sfide che la famiglia oggi è chiamata ad affrontare richiedono un impegno maggiore di tutta la comunità cristiana per la preparazione dei nubendi al matrimonio. È necessario ricordare l’importanza delle virtù. Tra esse la castità risulta condizione preziosa per la crescita genuina dell’amore interpersonale. Riguardo a questa necessità i Padri sinodali sono stati concordi nel sottolineare l’esigenza di un maggiore coinvolgimento dell’intera comunità privilegiando la testimonianza delle stesse famiglie, oltre che di un radicamento della preparazione al matrimonio nel cammino di iniziazione cristiana, sottolineando il nesso del matrimonio con il battesimo e gli altri sacramenti. Si è parimenti evidenziata la necessità di programmi specifici per la preparazione prossima al matrimonio che siano vera esperienza di partecipazione alla vita ecclesiale e approfondiscano i diversi aspetti della vita familiare.

    Accompagnare i primi anni della vita matrimoniale

    40. I primi anni di matrimonio sono un periodo vitale e delicato durante il quale le coppie crescono nella consapevolezza delle sfide e del significato del matrimonio. Di qui l’esigenza di un accompagnamento pastorale che continui dopo la celebrazione del sacramento (cf. Familiaris Consortio, parte III). Risulta di grande importanza in questa pastorale la presenza di coppie di sposi con esperienza. La parrocchia è considerata come il luogo dove coppie esperte possono essere messe a disposizione di quelle più giovani, con l’eventuale concorso di associazioni, movimenti ecclesiali e nuove comunità. Occorre incoraggiare gli sposi a un atteggiamento fondamentale di accoglienza del grande dono dei figli. Va sottolineata l’importanza della spiritualità familiare, della preghiera e della partecipazione all’Eucaristia domenicale, incoraggiando le coppie a riunirsi regolarmente per promuovere la crescita della vita spirituale e la solidarietà nelle esigenze concrete della vita. Liturgie, pratiche devozionali e Eucaristie celebrate per le famiglie, soprattutto nell’anniversario del matrimonio, sono state menzionate come vitali per favorire l’evangelizzazione attraverso la famiglia.

    Cura pastorale di coloro che vivono nel matrimonio civile o in convivenze

    41. Mentre continua ad annunciare e promuovere il matrimonio cristiano, il Sinodo incoraggia anche il discernimento pastorale delle situazioni di tanti che non vivono più questa realtà. È importante entrare in dialogo pastorale con tali persone al fine di evidenziare gli elementi della loro vita che possono condurre a una maggiore apertura al Vangelo del matrimonio nella sua pienezza. I pastori devono identificare elementi che possono favorire l’evangelizzazione e la crescita umana e spirituale. Una sensibilità nuova della pastorale odierna, consiste nel cogliere gli elementi positivi presenti nei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, nelle convivenze. Occorre che nella proposta ecclesiale, pur affermando con chiarezza il messaggio cristiano, indichiamo anche elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più ad esso.

    42. È stato anche notato che in molti Paesi un «crescente numero di coppie convivono ad experimentum, senza alcun matrimonio né canonico, né civile» (Instrumentum Laboris, 81). In alcuni Paesi questo avviene specialmente nel matrimonio tradizionale, concertato tra famiglie e spesso celebrato in diverse tappe. In altri Paesi invece è in continua crescita il numero di coloro dopo aver vissuto insieme per lungo tempo chiedono la celebrazione del matrimonio in chiesa. La semplice convivenza è spesso scelta a causa della mentalità generale contraria alle istituzioni e agli impegni definitivi, ma anche per l’attesa di una sicurezza esistenziale (lavoro e salario fisso). In altri Paesi, infine, le unioni di fatto sono molto numerose, non solo per il rigetto dei valori della famiglia e del matrimonio, ma soprattutto per il fatto che sposarsi è percepito come un lusso, per le condizioni sociali, così che la miseria materiale spinge a vivere unioni di fatto.

    43. Tutte queste situazioni vanno affrontate in maniera costruttiva, cercando di trasformarle in opportunità di cammino verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla luce del Vangelo. Si tratta di accoglierle e accompagnarle con pazienza e delicatezza. A questo scopo è importante la testimonianza attraente di autentiche famiglie cristiane, come soggetti dell’evangelizzazione della famiglia.

    Curare le famiglie ferite (separati, divorziati non risposati, divorziati risposati, famiglie monoparentali)

    44. Quando gli sposi sperimentano problemi nelle loro relazioni, devono poter contare sull’aiuto e l’accompagnamento della Chiesa. La pastorale della carità e la misericordia tendono al recupero delle persone e delle relazioni. L’esperienza mostra che con un aiuto adeguato e con l’azione di riconciliazione della grazia una grande percentuale di crisi matrimoniali si superano in maniera soddisfacente. Saper perdonare e sentirsi perdonati è un’esperienza fondamentale nella vita familiare. Il perdono tra gli sposi permette di sperimentare un amore che è per sempre e non passa mai (cf. 1 Cor 13,8). A volte risulta difficile, però, per chi ha ricevuto il perdono di Dio avere la forza per offrire un perdono autentico che rigeneri la persona.

    45. Nel Sinodo è risuonata chiara la necessità di scelte pastorali coraggiose. Riconfermando con forza la fedeltà al Vangelo della famiglia e riconoscendo che separazione e divorzio sono sempre una ferita che provoca profonde sofferenze ai coniugi che li vivono e ai figli, i Padri sinodali hanno avvertito l’urgenza di cammini pastorali nuovi, che partano dall’effettiva realtà delle fragilità familiari, sapendo che esse, spesso, sono più "subite" con sofferenza che scelte in piena libertà. Si tratta di situazioni diverse per fattori sia personali che culturali e socio-economici. Occorre uno sguardo differenziato come San Giovanni Paolo II suggeriva (cf. Familiaris Consortio, 84).

    46. Ogni famiglia va innanzitutto ascoltata con rispetto e amore facendosi compagni di cammino come il Cristo con i discepoli sulla strada di Emmaus. Valgono in maniera particolare per queste situazioni le parole di Papa Francesco: «La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa "arte dell’accompagnamento", perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cf. Es 3,5). Dobbiamo dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana» (Evangelii Gaudium, 169).

    47. Un particolare discernimento è indispensabile per accompagnare pastoralmente i separati, i divorziati, gli abbandonati. Va accolta e valorizzata soprattutto la sofferenza di coloro che hanno subito ingiustamente la separazione, il divorzio o l’abbandono, oppure sono stati costretti dai maltrattamenti del coniuge a rompere la convivenza. Il perdono per l’ingiustizia subita non è facile, ma è un cammino che la grazia rende possibile. Di qui la necessità di una pastorale della riconciliazione e della mediazione attraverso anche centri di ascolto specializzati da stabilire nelle diocesi. Parimenti va sempre sottolineato che è indispensabile farsi carico in maniera leale e costruttiva delle conseguenze della separazione o del divorzio sui figli, in ogni caso vittime innocenti della situazione. Essi non possono essere un "oggetto" da contendersi e vanno cercate le forme migliori perché possano superare il trauma della scissione familiare e crescere in maniera il più possibile serena. In ogni caso la Chiesa dovrà sempre mettere in rilievo l’ingiustizia che deriva molto spesso dalla situazione di divorzio. Speciale attenzione va data all’accompagnamento delle famiglie monoparentali, in maniera particolare vanno aiutate le donne che devono portare da sole la responsabilità della casa e l’educazione dei figli.

    48. Un grande numero dei Padri ha sottolineato la necessità di rendere più accessibili ed agili, possibilmente del tutto gratuite, le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità. Tra le proposte sono stati indicati: il superamento della necessità della doppia sentenza conforme; la possibilità di determinare una via amministrativa sotto la responsabilità del vescovo diocesano; un processo sommario da avviare nei casi di nullità notoria. Alcuni Padri tuttavia si dicono contrari a queste proposte perché non garantirebbero un giudizio affidabile. Va ribadito che in tutti questi casi si tratta dell’accertamento della verità sulla validità del vincolo. Secondo altre proposte, andrebbe poi considerata la possibilità di dare rilevanza al ruolo della fede dei nubendi in ordine alla validità del sacramento del matrimonio, tenendo fermo che tra battezzati tutti i matrimoni validi sono sacramento.

    49. Circa le cause matrimoniali lo snellimento della procedura, richiesto da molti, oltre alla preparazione di sufficienti operatori, chierici e laici con dedizione prioritaria, esige di sottolineare la responsabilità del vescovo diocesano, il quale nella sua diocesi potrebbe incaricare dei consulenti debitamente preparati che possano gratuitamente consigliare le parti sulla validità del loro matrimonio. Tale funzione può essere svolta da un ufficio o persone qualificate (cf. Dignitas Connubii, art. 113, 1).

    50. Le persone divorziate ma non risposate, che spesso sono testimoni della fedeltà matrimoniale, vanno incoraggiate a trovare nell’Eucaristia il cibo che le sostenga nel loro stato. La comunità locale e i Pastori devono accompagnare queste persone con sollecitudine, soprattutto quando vi sono figli o è grave la loro situazione di povertà.

    51. Anche le situazioni dei divorziati risposati esigono un attento discernimento e un accompagnamento di grande rispetto, evitando ogni linguaggio e atteggiamento che li faccia sentire discriminati e promovendo la loro partecipazione alla vita della comunità. Prendersi cura di loro non è per la comunità cristiana un indebolimento della sua fede e della sua testimonianza circa l’indissolubilità matrimoniale, anzi essa esprime proprio in questa cura la sua carità.

    52. Si è riflettuto sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Diversi Padri sinodali hanno insistito a favore della disciplina attuale, in forza del rapporto costitutivo fra la partecipazione all’Eucaristia e la comunione con la Chiesa ed il suo insegnamento sul matrimonio indissolubile. Altri si sono espressi per un’accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari ed a condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta di casi irreversibili e legati ad obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze ingiuste. L’eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la responsabilità del Vescovo diocesano. Va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che «l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate» da diversi «fattori psichici oppure sociali» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1735).

    53. Alcuni Padri hanno sostenuto che le persone divorziate e risposate o conviventi possono ricorrere fruttuosamente alla comunione spirituale. Altri Padri si sono domandati perché allora non possano accedere a quella sacramentale. Viene quindi sollecitato un approfondimento della tematica in grado di far emergere la peculiarità delle due forme e la loro connessione con la teologia del matrimonio.

    54. Le problematiche relative ai matrimoni misti sono ritornate sovente negli interventi dei Padri sinodali. La diversità della disciplina matrimoniale delle Chiese ortodosse pone in alcuni contesti problemi sui quali è necessario riflettere in ambito ecumenico. Analogamente per i matrimoni interreligiosi sarà importante il contributo del dialogo con le religioni.

    L’attenzione pastorale verso le persone con orientamento omosessuale

    55. Alcune famiglie vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. Al riguardo ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. «A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4).

    56. È del tutto inaccettabile che i Pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il "matrimonio" fra persone dello stesso sesso.

    La trasmissione della vita e la sfida della denatalità

    57. Non è difficile constatare il diffondersi di una mentalità che riduce la generazione della vita a una variabile della progettazione individuale o di coppia. I fattori di ordine economico esercitano un peso talvolta determinante contribuendo al forte calo della natalità che indebolisce il tessuto sociale, compromette il rapporto tra le generazioni e rende più incerto lo sguardo sul futuro. L’apertura alla vita è esigenza intrinseca dell'amore coniugale. In questa luce, la Chiesa sostiene le famiglie che accolgono, educano e circondano del loro affetto i figli diversamente abili.

    58. Anche in questo ambito occorre partire dall'ascolto delle persone e dar ragione della bellezza e della verità di una apertura incondizionata alla vita come ciò di cui l'amore umano ha bisogno per essere vissuto in pienezza. È su questa base che può poggiare un adeguato insegnamento circa i metodi naturali per la procreazione responsabile. Esso aiuta a vivere in maniera armoniosa e consapevole la comunione tra i coniugi, in tutte le sue dimensioni, insieme alla responsabilità generativa. Va riscoperto il messaggio dell’Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, che sottolinea il bisogno di rispettare la dignità della persona nella valutazione morale dei metodi di regolazione della natalità. L’adozione di bambini, orfani e abbandonati, accolti come propri figli, è una forma specifica di apostolato familiare (cf. Apostolicam Actuositatem, III,11), più volte richiamata e incoraggiata dal magistero (cf. Familiaris Consortio, III,II; Evangelium Vitae, IV,93). La scelta dell’adozione e dell’affido esprime una particolare fecondità dell’esperienza coniugale, non solo quando questa è segnata dalla sterilità. Tale scelta è segno eloquente dell’amore familiare, occasione per testimoniare la propria fede e restituire dignità filiale a che ne è stato privato.

    59. Occorre aiutare a vivere l'affettività, anche nel legame coniugale, come un cammino di maturazione, nella sempre più profonda accoglienza dell'altro e in una donazione sempre più piena. Va ribadita in tal senso la necessità di offrire cammini formativi che alimentino la vita coniugale e l'importanza di un laicato che offra un accompagnamento fatto di testimonianza viva. È di grande aiuto l’esempio di un amore fedele e profondo fatto di tenerezza, di rispetto, capace di crescere nel tempo e che nel suo concreto aprirsi alla generazione della vita fa l'esperienza di un mistero che ci trascende.

    La sfida dell'educazione e il ruolo della famiglia nell’evangelizzazione

    60. Una delle sfide fondamentali di fronte a cui si trovano le famiglie oggi è sicuramente quella educativa, resa più impegnativa e complessa dalla realtà culturale attuale e della grande influenza dei media. Vanno tenute in debito conto le esigenze e le attese di famiglie capaci di essere nella vita quotidiana, luoghi di crescita, di concreta ed essenziale trasmissione delle virtù che danno forma all'esistenza. Ciò indica che i genitori possano scegliere liberalmente il tipo dell’educazione da dare ai figli secondo le loro convinzioni.

    61. La Chiesa svolge un ruolo prezioso di sostegno alle famiglie, partendo dall'iniziazione cristiana, attraverso comunità accoglienti. Ad essa è chiesto, oggi ancor più di ieri, nelle situazioni complesse come in quelle ordinarie, di sostenere i genitori nel loro impegno educativo, accompagnando bambini, ragazzi e giovani nella loro crescita attraverso cammini personalizzati capaci di introdurre al senso pieno della vita e di suscitare scelte e responsabilità, vissute alla luce del Vangelo. Maria, nella sua tenerezza, misericordia, sensibilità materna può nutrire la fame di umanità e vita, per cui viene invocata dalle famiglie e dal popolo cristiano. La pastorale e una devozione mariana sono un punto di partenza opportuno per annunciare il Vangelo della famiglia.

     

    Conclusione

     

    62. Le riflessioni proposte, frutto del lavoro sinodale svoltosi in grande libertà e in uno stile di reciproco ascolto, intendono porre questioni e indicare prospettive che dovranno essere maturate e precisate dalla riflessione delle Chiese locali nell’anno che ci separa dall’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi prevista per l’ottobre 2015, dedicata alla vocazione e missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo. Non si tratta di decisioni prese né di prospettive facili. Tuttavia il cammino collegiale dei vescovi e il coinvolgimento dell’intero popolo di Dio sotto l’azione dello Spirito Santo, guardando al modello della Santa Famiglia, potranno guidarci a trovare vie di verità e di misericordia per tutti. È l’auspicio che sin dall’inizio dei nostri lavori Papa Francesco ci ha rivolto invitandoci al coraggio della fede e all’accoglienza umile e onesta della verità nella carità.

    [03044-01.01] [Testo originale: Italiano]

     

     

    Votazioni dei singoli numeri della "Relatio Synodi"

    Totale dei presenti: 183

     

    (Non sono indicate le astensioni.)

     

    placet

    non placet

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    175

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    2.

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    177

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    175

    5

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    170

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    171

    8

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    174

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    6

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    176

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    171

    8

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    166

    14

    27.

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    28.

    152

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    7

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    64

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    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 18/10/2014 22:08

    Synod14 - 15ª Congregazione generale: Discorso del Santo Padre Francesco per la conclusione della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi, 18.10.2014




     

    Discorso del Santo Padre

    Saluto del Presidente Delegato Card. Raymundo Damasceno Assis

    Questo pomeriggio, nel corso della quindicesima e ultima Congregazione generale Sinodo straordinario sulla famiglia, il Santo Padre Francesco ha rivolto ai Padri Sinodali e a tutti i partecipanti in Aula il discorso che riportiamo di seguito:

     

    Discorso del Santo Padre

     

    Eminenze, Beatitudini, Eccellenze, fratelli e sorelle,

    Con un cuore pieno di riconoscenza e di gratitudine vorrei ringraziare, assieme a voi, il Signore che ci ha accompagnato e ci ha guidato nei giorni passati, con la luce dello Spirito Santo!

    Ringrazio di cuore il signor cardinale Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo, S.E. Mons. Fabio Fabene, Sotto-segretario, e con loro ringrazio il Relatore il cardinale Péter Erdő, che ha lavorato tanto anche nei giorni del lutto familiare, e il Segretario Speciale S.E. Mons. Bruno Forte, i tre Presidenti delegati, gli scrittori, i consultori, i traduttori e gli anonimi, tutti coloro che hanno lavorato con vera fedeltà dietro le quinte e totale dedizione alla Chiesa e senza sosta: grazie tante!

     

    Ringrazio ugualmente tutti voi, cari Padri Sinodali, Delegati Fraterni, Uditori, Uditrici e Assessori per la vostra partecipazione attiva e fruttuosa. Vi porterò nella preghiera, chiedendo al Signore di ricompensarvi con l'abbondanza dei Suoi doni di grazia!

    Potrei dire serenamente che - con uno spirito di collegialità e di sinodalità - abbiamo vissuto davvero un'esperienza di "Sinodo", un percorso solidale, un "cammino insieme".

     

    Ed essendo stato "un cammino" - e come ogni cammino ci sono stati dei momenti di corsa veloce, quasi a voler vincere il tempo e raggiungere al più presto la mèta; altri momenti di affaticamento, quasi a voler dire basta; altri momenti di entusiasmo e di ardore. Ci sono stati momenti di profonda consolazione ascoltando la testimonianza dei pastori veri (cf. Gv 10 e Cann. 375, 386, 387) che portano nel cuore saggiamente le gioie e le lacrime dei loro fedeli. Momenti di consolazione e grazia e di conforto ascoltando e testimonianze delle famiglie che hanno partecipato al Sinodo e hanno condiviso con noi la bellezza e la gioia della loro vita matrimoniale. Un cammino dove il più forte si è sentito in dovere di aiutare il meno forte, dove il più esperto si è prestato a servire gli altri, anche attraverso i confronti. E poiché essendo un cammino di uomini, con le consolazioni ci sono stati anche altri momenti di desolazione, di tensione e di tentazioni, delle quali si potrebbe menzionare qualche possibilità:

    una: la tentazione dell'irrigidimento ostile, cioè il voler chiudersi dentro lo scritto (la lettera) e non lasciarsi sorprendere da Dio, dal Dio delle sorprese (lo spirito); dentro la legge, dentro la certezza di ciò che conosciamo e non di ciò che dobbiamo ancora imparare e raggiungere. Dal tempo di Gesù, è la tentazione degli zelanti, degli scrupolosi, dei premurosi e dei cosiddetti - oggi- "tradizionalisti" e anche degli intellettualisti.

    La tentazione del buonismo distruttivoche a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici. È la tentazione dei "buonisti", dei timorosi e anche dei cosiddetti "progressisti e liberalisti".

     

    La tentazione di trasformare la pietra in pane per rompere un digiuno lungo, pesante e dolente (cf. Lc 4,1-4) e anche di trasformare il pane in pietra e scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati (cf. Gv 8,7) cioè di trasformarlo in "fardelli insopportabili" (Lc 10, 27).

    La tentazione di scendere dalla croce, per accontentare la gente, e non rimanerci, per compiere la volontà del Padre; di piegarsi allo spirito mondano invece di purificarlo e piegarlo allo Spirito di Dio.

    La tentazione di trascurare il "depositum fidei", considerandosi non custodi ma proprietari e padroni o, dall'altra parte, la tentazione di trascurare la realtà utilizzando una lingua minuziosa e un linguaggio di levigatura per dire tante cose e non dire niente! Li chiamavano "bizantinismi", credo, queste cose...

    Cari fratelli e sorelle, le tentazioni non ci devono né spaventare né sconcertare e nemmeno scoraggiare, perché nessun discepolo è più grande del suo maestro; quindi se Gesù è stato tentato - e addirittura chiamato Beelzebul (cf. Mt 12, 24) - i suoi discepoli non devono attendersi un trattamento migliore.

    Personalmente mi sarei molto preoccupato e rattristato se non ci fossero state queste tentazioni e queste animate discussioni; questo movimento degli spiriti, come lo chiamava Sant'Ignazio (EE, 6) se tutti fossero stati d'accordo o taciturni in una falsa e quietista pace. Invece ho visto e ho ascoltato - con gioia e riconoscenza - discorsi e interventi pieni di fede, di zelo pastorale e dottrinale, di saggezza, di franchezza, di coraggio e di parresia. E ho sentito che è stato messo davanti ai propri occhi il bene della Chiesa, delle famiglie e la "suprema lex"la "salus animarum" (cf. Can. 1752). E questo sempre - lo abbiamo detto qui, in Aula - senza mettere mai in discussione le verità fondamentali del Sacramento del Matrimonio: l'indissolubilità, l'unità, la fedeltà e la procreatività, ossia l'apertura alla vita (cf. Cann. 1055, 1056 e Gaudium et Spes, 48).

    E questa è la Chiesa, la vigna del Signore, la Madre fertile e la Maestra premurosa, che non ha paura di rimboccarsi le maniche per versare l’olio e il vino sulle ferite degli uomini (cf. Lc 10, 25-37); che non guarda l’umanità da un castello di vetro per giudicare o classificare le persone. Questa è la Chiesa Una, Santa, Cattolica, Apostolica e composta da peccatori, bisognosi della Sua misericordia. Questa è la Chiesa, la vera sposa di Cristo, che cerca di essere fedele al suo Sposo e alla sua dottrina. È la Chiesa che non ha paura di mangiare e di bere con le prostitute e i pubblicani (cf. Lc 15). La Chiesa che ha le porte spalancate per ricevere i bisognosi, i pentiti e non solo i giusti o coloro che credono di essere perfetti! La Chiesa che non si vergogna del fratello caduto e non fa finta di non vederlo, anzi si sente coinvolta e quasi obbligata a rialzarlo e a incoraggiarlo a riprendere il cammino e lo accompagna verso l'incontro definitivo, con il suo Sposo, nella Gerusalemme Celeste.

    Questa è la Chiesa, la nostra madre! E quando la Chiesa, nella varietà dei suoi carismi, si esprime in comunione, non può sbagliare: è la bellezza e la forza del sensus fidei, di quel senso soprannaturale della fede, che viene donato dallo Spirito Santo affinché, insieme, possiamo tutti entrare nel cuore del Vangelo e imparare a seguire Gesù nella nostra vita, e questo non deve essere visto come motivo di confusione e di disagio.

    Tanti commentatori, o gente che parla, hanno immaginato di vedere una Chiesa in litigio dove una parte è contro l'altra, dubitando perfino dello Spirito Santo, il vero promotore e garante dell'unità e dell'armonia nella Chiesa. Lo Spirito Santo che lungo la storia ha sempre condotto la barca, attraverso i suoi Ministri, anche quando il mare era contrario e mosso e i ministri infedeli e peccatori.

    E, come ho osato di dirvi all'inizio, era necessario vivere tutto questo con tranquillità, con pace interiore anche perché il Sinodo si svolge cum Petro et sub Petro, e la presenza del Papa è garanzia per tutti.

    Parliamo un po’ del Papa, adesso, in rapporto con i vescovi... Dunque, il compito del Papa è quello di garantire l’unità della Chiesa; è quello di ricordare ai pastori che il loro primo dovere è nutrire il gregge - nutrire il gregge - che il Signore ha loro affidato e di cercare di accogliere - con paternità e misericordia e senza false paure - le pecorelle smarrite. Ho sbagliato, qui. Ho detto accogliere: andare a trovarle.

    Il suo compito è di ricordare a tutti che l'autorità nella Chiesa è servizio (cf. Mc 9, 33-35) come ha spiegato con chiarezza Papa Benedetto XVI, con parole che cito testualmente: «La Chiesa è chiamata e si impegna ad esercitare questo tipo di autorità che è servizio, e la esercita non a titolo proprio, ma nel nome di Gesù Cristo ... attraverso i Pastori della Chiesa, infatti, Cristo pasce il suo gregge: è Lui che lo guida, lo protegge, lo corregge, perché lo ama profondamente. Ma il Signore Gesù, Pastore supremo delle nostre anime, ha voluto che il Collegio Apostolico, oggi i Vescovi, in comunione con il Successore di Pietro ... partecipassero a questa sua missione di prendersi cura del Popolo di Dio, di essere educatori nella fede, orientando, animando e sostenendo la comunità cristiana, o, come dice il Concilio, "curando, soprattutto che i singoli fedeli siano guidati nello Spirito Santo a vivere secondo il Vangelo la loro propria vocazione, a praticare una carità sincera ed operosa e ad esercitare quella libertà con cui Cristo ci ha liberati"(Presbyterorum Ordinis, 6) ... è attraverso di noi - continua Papa Benedetto - che il Signore raggiunge le anime, le istruisce, le custodisce, le guida. Sant'Agostino, nel suo Commento al Vangelo di San Giovanni, dice: "Sia dunque impegno d'amore pascere il gregge del Signore" (123,5); questa è la suprema norma di condotta dei ministri di Dio, un amore incondizionato, come quello del Buon Pastore, pieno di gioia, aperto a tutti, attento ai vicini e premuroso verso i lontani (cf. S. Agostino, Discorso 340, 1; Discorso 46, 15), delicato verso i più deboli, i piccoli, i semplici, i peccatori, per manifestare l'infinita misericordia di Dio con le parole rassicuranti della speranza (cf. Id., Lettera 95, 1)» (Benedetto XVI, Udienza Generale, Mercoledì, 26 maggio 2010).

    Quindi, la Chiesa è di Cristo - è la Sua Sposa - e tutti i vescovi, in comunione con il Successore di Pietro, hanno il compito e il dovere di custodirla e di servirla, non come padroni ma come servitori. Il Papa, in questo contesto, non è il signore supremo ma piuttosto ilsupremo servitore - il "servus servorum Dei"; il garante dell'ubbidienza e della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, al Vangelo di Cristo e alla Tradizione della Chiesa, mettendo da parte ogni arbitrio personale, pur essendo - per volontà di Cristo stesso - il "Pastore e Dottore supremo di tutti i fedeli" (Can. 749) e pur godendo "della potestà ordinaria che è suprema, piena, immediata e universale nella Chiesa" (cf. Cann. 331-334).

    Cari fratelli e sorelle, ora abbiamo ancora un anno per maturare, con vero discernimento spirituale, le idee proposte e trovare soluzioni concrete a tante difficoltà e innumerevoli sfide che le famiglie devono affrontare; a dare risposte ai tanti scoraggiamenti che circondano e soffocano le famiglie.

    Un anno per lavorare sulla "Relatio synodi" che è il riassunto fedele e chiaro di tutto quello che è stato detto e discusso in questa aula e nei circoli minori. E viene presentato alle Conferenze episcopali come "Lineamenta".

    Il Signore ci accompagni, ci guidi in questo percorso a gloria del Suo nome con l'intercessione della Beata Vergine Maria e di San Giuseppe! E per favore non dimenticate di pregare per me!

    [03046-01.01] [Testo originale: Italiano]

     

    Saluto del Presidente Delegato Card. Raymundo Damasceno Assis

     

    Prima del discorso del Santo Padre, il Presidente delegato di turno, Card. Raymundo Damasceno Assis, Arcivescovo di Aparecida (Brasile), aveva rivolto al Papa le parole di saluto che riportiamo di seguito:

     

    Santo Padre, noi, qui convenuti, vorremmo ringraziarLa, a nome di tutta la Chiesa, per questa splendida occasione che Lei ci ha dato, convocando quest’Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi. È stata un’opportunità preziosa per cercare insieme di approfondire la riflessione su una realtà così centrale per la vita della Chiesa e dell’intera umanità, qual è la famiglia.

    Lei ci ha invitato a contemplare il Vangelo della Famiglia, ovvero dell’amore umano vissuto secondo il disegno di Dio, come fonte inesauribile di realizzazione umana, di bellezza, di gioia e di pace. Ma non siamo stati radunati insieme al Vescovo di Roma e Successore di Pietro soltanto per contemplare.

    Come Pastori, abbiamo riflettuto su come curare le ferite che sono prodotte da quelle forme di vivere l’amore umano che non corrispondono pienamente al disegno di Dio. Come Chiesa, siamo spronati a cercare vie per aiutare le famiglie a riscoprire se stesse come Chiese domestiche, luogo privilegiato per vivere in profondità il Vangelo.

    Il Sinodo continua... e noi, con la parresia dei Pastori, già intravediamo insieme al Pastore universale della Chiesa la prossima tappa di questo processo sinodale sulla famiglia. La forma di vita della Chiesa, popolo di Dio peregrino, è proprio sinodale e anche la famiglia cristiana si può dire che è come un sinodo in piccolo. Ma nel nostro peregrinare abbiamo la certezza che Nostro Signore è in mezzo a noi. Questo ci dà forza e anche ci colma di gioia. Ancora c’ è cammino da fare insieme...! Abbiamo la fiducia, anzi la certezza, che troveremo vie giuste per servire le famiglie nel loro vivere insieme e camminare verso Dio. Questa certezza ci viene dalla presenza di Gesù Cristo e dello Spirito in mezzo a noi.

    Carissimi fratelli e sorelle, Eminenze ed Eccellenze, torniamo ora nelle nostre Chiese particolari con la gioia di aver vissuto questa esperienza sinodale con tanti frutti spirituali e pastorali.

    Il Signore Gesù che ha voluto vivere su questa terra la meravigliosa avventura di essere, anche Lui, membro di una famiglia, ci illumini e ci benedica nel nostro camminare insieme!


       



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 19/10/2014 09:45

      Presentata la "Relatio Synodi". Ma tre punti non ricevono la maggioranza

    Dei 62 paragrafi stilati dai Padri, i tre riguardanti la comunione ai divorziati risposati, gli omosessuali e la comunione spirituale non hanno raggiunto il quorum qualificato. Padre Lombardi: "Temi che richiedono maggiore maturità"

    Citta' del Vaticano,  (Zenit.orgSalvatore Cernuzio | 

     

    Cala il sipario su questo Sinodo 2014. La Relatio Synodi, il testo finale dell’assise è stata presentata questa mattina, letta dai cardinali Erdo e Assis e da mons. Bruno Forte, vista la sua lunghezza. Sedici pagine compongono infatti il tanto atteso documento in cui sono confluiti gli interventi dei Padri nelle due settimane di assemblea e soprattutto i circa 470 “Modi” presentati dai Circoli minori, ovvero gli emendamenti presentati dai diversi gruppi linguistici sulla “Relatio post disceptationem” di lunedì scorso.

     

     

    In tutto sono 62 i punti redatti dai Padri con cui – ha sottolineato padre Lombardi nel briefing lampo di questa sera in Sala Stampa vaticana - si è cercato di bilanciare ogni argomento: non solo le sfide e le difficoltà delle famiglie di oggi, ma anche gli aspetti positivi, la bellezza e la ricchezza della famiglia. Diverse parti utilizzate sono state poi “recuperate” dall’Instrumentum laboris, e quindi – ha detto il portavoce vaticano –“facevano già parte del cammino sinodale”.

    Non tutti e 62 punti, però, hanno ricevuto con la maggioranza dei due terzi, ma solo 59. Per trasparenza, infatti, la Santa Sede ha reso pubbliche – per volontà del Papa - le votazioni dei singoli numeri, non contando gli astenuti né gli assenti tra i 183 Padri riuniti oggi pomeriggio in Aula.

    Dalla griglia è emerso che tre parti della Relatio non hanno raggiunto il quorum, ovvero i tre paragrafi relativi alla ammissione alla comunione dei divorziati risposati, dell’accoglienza pastorale degli omosessuali e della comunione spirituale. Esattamente il 52, il 53 e il 55, i quali comunque hanno ricevuto la maggioranza semplice di voti.

    Non si può dire, tuttavia, che questi punti siano stati “bocciati” o “rigettati”, ha precisato Lombardi. “Forse – ha detto – è più corretto parlate di punti che non hanno raggiunto la maggioranza qualificata perché non esprimono il consenso della maggioranza sinodale”.

    Ricordiamo sempre che tutte le parti del documento finale – ha aggiunto il direttore della Sala Stampa – sono state formulate “in un modo provvisorio e di ricerca. Non si possono considerare espressione dell’intera assemblea del pensiero del Sinodo”. Tantomeno i Padri hanno mai pensato di lavorare ad un “documento chiuso”, ma ad un approfondimento che costituirà la base per il prossimo Sinodo dell’ottobre 2015.

    Evidentemente, ha osservato il portavoce vaticano, i tre punti ribattezzati  (già “della discordia”), richiedono una riflessione più “matura” e hanno incontrato “reali difficoltà in certe parti della Chiesa”. E a chi osservava che, con questa mancata maggioranza, si è voluta “ribaltare” la Relatio post disceptationem che invece sembrava ‘aprire’ a tutte queste situazioni, il gesuita ha risposto a tono: “La dinamica da pensare non è quella delle contrapposizioni ma del tentativo di inclusione. Lo sforzo della Relatio post disceptationemera inclusivo”.

    Quindi, “la logica è stata: ‘Siamo riusciti a mettere insieme le cose?”. Non dimentichiamo, ha concluso Lombardi, “la specificità del Sinodo e del documento. È una forma diversa delle proposizioni, è un qualcosa ancora in cammino”, che pertanto non esprime “in modo maturo, uno stadio della riflessione dei Padri”, ma un “contributo” per un cammino ulteriore. Quello verso il Sinodo 2015 dedicato al tema "La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa nel mondo contemporaneo".


     



     NOSTRE VALUTAZIONI CONCLUSIVE:

    ora capisco perchè Gesù dice: il vostro parlare sia si, si - no, no, perchè il di più viene dal maligno.... è divisione, è la BABELE   

    LEGGETE le capriole di Padre Lombardi e chiedetevi: ma come può un comune cristiano o comunque sia un comune cittadino del mondo, comprendere ciò che neppure loro sanno spiegare? 

    questi passi sono a mio parere chiari.... dice Padre Lombardi:

    "Non tutti e 62 punti, però, hanno ricevuto con la maggioranza dei due terzi, ma solo 59. Per trasparenza, infatti, la Santa Sede ha reso pubbliche – per volontà del Papa - le votazioni dei singoli numeri, non contando gli astenuti né gli assenti tra i 183 Padri riuniti oggi pomeriggio in Aula.

    Dalla griglia è emerso che tre parti della Relatio non hanno raggiunto il quorum, ovvero i tre paragrafi relativi alla ammissione alla comunione dei divorziati risposati, dell’accoglienza pastorale degli omosessuali e della comunione spirituale. Esattamente il 52, il 53 e il 55, i quali comunque hanno ricevuto la maggioranza semplice di voti.

    Non si può dire, tuttavia, che questi punti siano stati “bocciati” o “rigettati”, ha precisato Lombardi. “Forse – ha detto – è più corretto parlate di punti che non hanno raggiunto la maggioranza qualificata perché non esprimono il consenso della maggioranza sinodale”.

    *************
    eppure riescono a complicare tutto e a contraddirsi....
    infatti laddove si percepisce che il concetto di maggioranza in questo caso è positiva: " il 52, il 53 e il 55, i quali comunque hanno ricevuto la maggioranza semplice di voti." diventerebbe però negativa quando dice:
    " non hanno raggiunto il quorum, ovvero i tre paragrafi relativi alla ammissione alla comunione dei divorziati risposati, dell’accoglienza pastorale degli omosessuali e della comunione spirituale."
    Per poi concludere con un: Non si può dire, tuttavia, che questi punti siano stati “bocciati” o “rigettati”,



    Come fa un laico nel mondo a comprendere cosa pensano ora i Vescovi?
    Se non si dice "si, si- no, no" è ovvio che questo "nè" non può dirsi frutto dello Spirito Santo   





     

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 19/10/2014 15:42

      Amici, voglio condividervi un pensiero 
    Stamani alla Messa,
    pensavo all'evento del Sinodo appena concluso... alle voci dei Vescovi, più o meno discordanti.... alle voci infernali dei Media che le strumentalizzavano.... alle parole di Padre Lombardi il quale a tratti mi fa davvero compassione per il mestiere che fa  e non vorrei essere al suo posto....  
    Facile da criticare (io per prima) ma non vorrei essere al suo posto....
    E dunque cercavo di tranquillizzare il mio animo davanti alla Santissima Eucaristia pur convenendo al fatto che le parole di Lombardi, sulla relazione di chiusura del Sinodo, gettano confusione e le parole del Papa stamani all'omelia di beatificazione che ribadiva:
    "Questa è la novità perenne da riscoprire ogni giorno, vincendo il timore che spesso proviamo di fronte alle sorprese di Dio.
    Lui non ha paura delle novità! Per questo, continuamente ci sorprende, aprendoci e conducendoci a vie impensate."
    mi hanno seriamente proiettata in quel conflitto fatto delle mille domande tra le quali:
    ma allora la Dottrina cambia?  
    Credetemi Amici, ho sentito una serenità invadermi nel cuore, non so spiegare se fosse un si o un no....
    e così ho detto a Gesù:
    "d'accordo, la serenità me l'hai data, ma la risposta no, così sei proprio TU che ci ricordi che non è possibile avere tutte le risposte quando vogliamo noi  
    ecco perchè ci chiedi di PERSEVERARE ...
    PERSEVERARE nella Fede dei PADRI (della Chiesa con tradizione e dottrina) sarà l'arma vincente....
    perseverare in essa ma... non usarla come arma contro un mondo che si sta condannando da se stesso.
    e pensavo:
    la Chiesa è il salvagente, ma ciò che rende funzionante il salvagente è la Dottrina   
    La Chiesa, il Papa, ma Cristo stesso, non getterà MAI agli uomini un salvagente SGONFIO o riempito di difetti, ucciderebbe l'Uomo, mentre Cristo è venuto a salvarci da una condanna a morte che ci portiamo dietro dalla nascita ....
    Buona settimana a tutti!


         

     

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    Caterina63
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    00 23/10/2014 15:26
      con le sagge riflessioni di questo Vescovo, CHIUDIAMO e concludiamo questa pagina dedicata al Sinodo in diretta...


    Le dure critiche del vescovo di Bayonne alla conduzione del Sinodo

     
    Mons. Aillet in un manifesto 'anti-integralista'
     
    Un lato positivo di questo Sinodo? Sembra che le lingue si siano sciolte e i discorsi siano molto più liberi, chiari e diretti, senza le consuete, avvilenti circonlocuzioni curiali. Non che mons. Aillet, validissimo vescovo di Bayonne, mancasse di sincerità. Ma fa comunque effetto (piacevole) leggere affermazioni così disinibite. Dopo tutto, è quello che Papa Francesco aveva richiesto...
    Enrico

    - Cosa ce ne pensa del Sinodo
    Vorrei iniziare con un aspetto negativoUna relazione del Sinodo,piuttosto che restare uno strumento interno per guidare la riflessione dei gruppi di lavoroè stata inopportunamenterilasciata a metà del percorso. Le sue formule, pur se potevanoessere generoseerano pericolose e piene di ambiguitàHannologicamente prestato il fianco ad un incendio dei media che hanno creduto che la Chiesa ammettesse le coppie dello stesso sesso e l'accesso ai sacramenti ai divorziati risposati. Ognuno si è credutoobbligato a lanciare la sua strofetta sul temaOra sarà difficilerecuperare questo pasticcio nell'opinione pubblica

    - Lei è severo con i media ... Io sono severo con il grano da macinare regalato ai media. Si è dato a persone che mal comprendono la Chiesa, che si basano sul solo criteriodell'evoluzione dei costumiun testo incompiuto che esse hannopreso per moneta sonante. Le lobbies hanno fatto pressione,pesato sulle nostre riflessioni e messo l'accento su due aspetti propri della cultura più che altro occidentale, edonistica eindividualistica: i divorziati risposati e l'unione di persone dello stesso sesso
    La nostra comunicazione, la dobbiamo curareEra meglio non pubblicare nulla e attendere la fine del sinodocosì è da principiantiDetto questoil Papa ha dato atto delle vivaci discussioni che hanno attraversato l'Assemblea sinodale,affermando che esse sono sane, il che dimostra che la parola è stata libera e costruttiva. 

    - Nonostante questo errore di comunicazionel'esito del Sinodo èpositivo o negativoSono rimasto deluso di non trovare il grande tesoro dell'insegnamento di Giovanni Paolo II sulla famiglia.Anche se è menzionato nella relazione finalenon si ha l'impressione che la teologia del corporisultato di una capacitàintellettuale e di una esperienza pastorale straordinariesia messaa disposizione delle famiglie
    Questo è un peccato perché questa teologiaoggi riscoperta da giovani coppie che non provengono necessariamente dal 'serraglio', offre un potente aiuto per le relazioni interpersonali,per il linguaggio del corpoper la relazione intima, fonte di felicitàtra relazione sessuale e apertura alla vital'amore coniugale e la procreazione

    - Cosa pensa del discorso finale del papa che ha biasimato"tradizionalisti" come "progressista"? Questa opposizionedialettica in cui il mondo ci chiude funziona come una trappola.Sembra che non si possa uscire da questa contrapposizione tra dottrina e pastoraleTra ciò che è vero e ciò che è misericordiaE' quasi come se non si potesse uscire da questa contrapposizione tra legge e libertà se non con un compromesso che conduca a "un accordo di essere in disaccordo- per riprendere la formula del Papa rivolto ai vescovi dell'Asia
    Certoil percorso di cresta è difficile da trovarema manca unaterza viaChe tuttavia è stata brillantemente spiegata da GiovanniPaolo II in Veritatis Splendore ha servito da luce per Familiaris Consortio e Evangelium Vitae e anche al Catechismo della Chiesacattolica nella sua parte moraleInfattiegli dice che la verità sul matrimoniosull'amore coniugale e sulla famiglianon è in origine una norma esterna che viene imposta alla libertà dell'uomo come un fardello pesante da sopportaree inserita in una cultura delpeccatoInvece, essa è iscritta nel cuore dell'uomocome un innato senso della bellezza, bontà e verità
    La verità morale che brilla nel Verbo incarnato non è solo un'idea,un ideale da raggiungere: essa è già presente nell'intenzione.L'uomo ha bisogno di principi per illuminare il suo cammino e questa strada porta molto meglio di quanto si pensi alle realtà concrete sul terreno. Si tratta di una misericordia che non mortifica la capacità di ogni uomo a raggiungere la perfezione,anche se vive situazioni difficilie che presenta la legge come un percorso di crescita.
    [..] 

    Fonte: Famille Chrétien, via Riposte catholique 



     

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.988
    Sesso: Femminile
    00 27/10/2014 16:33

    <header class="entry-header">

    Ammonire i peccatori: prolusione finale al Sinodo del Sommo Pontefice Francesco

    </header>

      AMMONIRE I PECCATORI: LA PROLUSIONE FINALE AL SINODO DEL SOMMO PONTEFICE FRANCESCO   Con buona pace di certi “tradizionalisti” noi anziani ricordiamo bene com’era il clima formativo e del confessionale di prima del Concilio Vaticano II nel campo dei peccati […]




    Autore
    Giovanni Cavalcoli OP

     

    Sinodo 2
    Assemblea del Sinodo dei Vescovi, ottobre 2014

    Il recente sinodo dei vescovi, come è noto, ha elaborato delle proposte pastorali riguardanti i valori e i problemi della famiglia da sottoporre in futuro alle decisioni del Papa. Tali proposte sono contenute nel documento finale del 18 ottobre scorso. Esse contengono indubbiamente la conferma della concezione cattolica della famiglia, la lode e l’incoraggiamento alle famiglie che vivono onestamente, santamente ed a volte eroicamente la loro vocazione, in mezzo a rischi, fatiche, sofferenze e pericoli, vincendo ostacoli e superando, con l’aiuto di Dio, prove di vario genere.

    coppie-gay-inglesi-con-figli-genitori-sui-cer-L-1
    Una coppia di “coniugi” omosessuali con il loro “bimbo giocattolo”

    Si parla anche di altre forme di rapporto o di unione uomo-donna civili o extraconiugali e persino di unioni omosessuali,con l’intento di rintracciare o recuperare anche qui dei valori, dellepossibilità di riscatto, di elevazione e di miglioramento, di comprendere o scusare difficoltà insuperabili, di elaborare per loro un modus vivendi adatto a loro, che consenta loro di dare un contributo al bene della società e della Chiesa, assicurando anche ad essi la possibilità della salvezza, dato che, come è noto, Dio vuol tutti salvi e dà a tutti tale possibilità, anche a coloro che non possono onon vogliono non per colpa loro ma in buona fede accedere ai sacramenti.

    Arcivescovo primate di polonia
    Il Primate di Polonia, Cardinale Stanisław Gądecki

    L’esame di queste proposte tuttavia, ad un occhio attento, fa emergere l’esistenza di una grave lacuna, la quale fu evidenziata il giorno 14 ottobre in rapporto alla “relazione Erdö” dal cardinale Stanisław Gądecki, Primate di Polonia, il quale ebbe ad osservare: «Durante il dibattito odierno si è sollevato il fatto che la dottrina esposta nel documento ha del tutto omesso il tema del peccato. Come se avesse vinto la visione mondana e tutto fosse imperfezione che porta alla perfezione».

    papa 3
    Il Santo Padre Francesco

    Il Papa, nel discorso fatto al sinodo il 18 successivo, ha indubbiamente raccolto questa saggia osservazione e ricordato:

    «La tentazione del buonismo distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice, fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici. È la tentazione dei “buonisti”, dei timorosi e anche dei cosiddetti “progressisti e liberalisti”, la tentazione di trasformare la pietra in pane per rompere un digiuno lungo, pesante e dolente [cf. Lc 4,1-4]».

    Forse il Santo Padre avrebbe potuto pronunciare il termine esatto: “modernisti”.

    Che significano queste parole del Papa? Un principio che dovrebbe essere evidente per tutti i buoni pastori, ossia che occorre certo anzitutto comprendere il peccatore nelle sue debolezze ed incoraggiarlo a sviluppare le sue buone qualità, secondo le parole confortanti del divino Maestro: “Non spezzare la canna fessa e non spegnere il lucignolo fumigante” [Mt 12,20]. Ma tutto ciò non è fine a se stesso, ma serve poi per togliere il peccato ed affrontare di petto il vizio e correggerlo. Parimenti un buon medico, quando si trova davanti ad un malato, indubbiamente valuta quali sono le sue risorse sane, ma al fine di vedere come utilizzarle per sconfiggere il male.

    Monica Bellucci in Maddalema
    Monica Bellucci interpreta Maria Maddalena nel filmThe Passion di Mel Gibson

    Il rimedio a questo lassismo irresponsabile o forse anche colpevole non sono neppure la rigidezza intellettuale e il rigorismo retrivo di coloro che cedono, come si è espresso il Papa, alla tentazione dell'”irrigidimento ostile”, e che ha chiamato “tradizionalisti”, dove non è difficile riconoscere i nostalgici dei metodi educativi del pre-concilio, come se in questi cinquant’anni la pastorale della sessualità ispirata al Concilio non avesse fatto nessun progresso. Nessun attacco, evidentemente, alla tradizione come tale, ma ad un modo di concepirla, che la oppone alla riforma conciliare.

    Questi “tradizionalisti” dalla mente ristretta e dal cuore freddo, col pretesto della difesa dei valori assoluti e del dogma, trascurano, sul piano della concreta guida delle anime, l’attenzione al bene che si trova non nel peccato, ma nel peccatore e l’esigenza di stare al suo passo come la mamma che cammina adagio per accompagnare i passettini del suo bimbo. I veri educatori sanno quanto sono graduali i cammini di perfezione e di liberazione dal vizio e dal peccato.

    Noi anziani ricordiamo bene com’era il clima formativo e del confessionale di prima del Concilio Vaticano II nelconfessionale campo dei peccati di sesso e senza essere modernisti non lo rimpiangiamo affatto.C’era per esempio l’abitudine che il confessore accusasse facilmente di peccato mortale un penitente per un piccolo atto involontario ed inconsapevole, compiuto senza malizia e sotto la spinta di un impulso improvviso. I giovani che oggi se la prendono col Concilio forse non sanno bene come stavano prima le cose. Con ciò naturalmente io sono le mille miglia lontano dall’approvare gli eccessi opposti e le dissolutezze di oggi, che si vorrebbero presentare sotto l’egida della “maturità affettiva”, del progresso, della libertà e della misericordia.

    Il Santo Padre, dal canto suo, nel medesimo discorso, ha indicato la via giusta in una saggia contemperanza di giustizia e misericordia, promozione e correzione, fermezza e flessibilità, rispetto dei princìpi e attenzione ai singoli casi, il tutto in un grande amore per le anime e la Chiesa, con dedizione, preparazione teologica e spirito di servizio.

    peccati differenziati
    “raccolta differenziata”

    Tornando però al sinodo, si direbbe invece che questi buoni vescovi con i loro discorsi buonisti e pacifisti, non abbiano esperienza del confessionale. Se viene un penitente a dirmi che ha commesso un adulterio, o che si è innamorato di un’altra donna, o che va a prostitute, o ha una relazione extraconiugale, o che convive con un’altra donna, o che è un divorziato risposato, o che è un omosessuale, io lo ascolto benevolmente e cerco di capire la sua situazione e le sue difficoltà, cerco di renderlo cosciente di quanto in questi rapporti può esserci di positivo e di incoraggiarlo in questo senso, ma è evidente che il mio dovere di medico delle anime sarà poi quello di rendere il penitente chiaramente cosciente o della sua posizione irregolare o dello stato di peccato nel quale si trova o per lo meno del fatto che quanto egli fa non va bene ed è un peccato, mortale o veniale che sia, dal quale occorre che si liberi. Dovrò ben avvertirlo delle conseguenze tragiche e del castigo divino, ai quali va incontro, se non si corregge, così come il medico avverte un malato di cuore che se non si cura, gli capiterà un infarto. Altrimenti, che medico sono? Ora, dove sono nel documento dei vescovi questi avvertimenti e queste considerazioni? Essi sembrano dire a tutti: “State tranquilli, abbiate rispetto gli uni delle scelte degli altri, continuate così e vedrete che tutto andrà bene”.

    zuccherini
    Zuccherini coadiuvanti per la digestione

    Se un documento di questo genere, se vuol essere veramente serio, pastorale e formativo, tale da fare il bene delle anime, e non distribuire solo zuccherini e dar l’apparenza di essere acquiescente al male, dovrà bene, alla lode e alla promozione del positivo, aggiungere e precisare con serietà e premura ciò che i pastori devono fare per correggere i peccatori e che cosa i peccatori devono fare per risolvere i loro problemi, liberarsi dalle difficoltà, uscire dalle situazioni irregolari e guarire dal loro peccato.

    Di ciò ancora, anche nel documento conclusivo del 18 ottobre scorso, non c’è parola o quanto meno il discorso è troppo scarso e generico e quindi insufficiente. Ci si può chiedere come mai ai nostri vescovi non è venuto in mente di aggiungere le suddette indicazioni, da sempre impartite da tutti i buoni pastori. Possibile che il buonismo modernista li abbia tanto suggestionati? Si direbbe che siamo tutti nello stato edenico e che non esistano più le conseguenze del peccato originale.

    coscienza
    Quelle profondità della coscienza dell’uomo che Dio solo può penetrare e leggere

    Da qui le giuste e gravi osservazioni non solo del Papa e del cardinale Gądecki, o di altri cardinali e teologi, ma di tutti coloro, anche comuni fedeli e le stesse famiglie, che a loro si sono uniti, ai quali stanno cuore il bene di tutti e dell’intera Chiesa.Certamente molte di queste persone devianti, che intravedono la verità e non sono ostinate ed indurite nel peccato, ma avvertono il disagio della coscienza e il desiderio di essere in pace con Dio e con la Chiesa, sono in vari modi disponibili a sentire una parola di paterna correzione, che indichi loro la via del riscatto e della liberazione. Alcune avranno bisogno di essere scosse con una certa energia per essere svegliate dal sonno ed esser rese consapevoli della loro responsabilità e dei gravi rischi che corrono. Da altre bisognerà guardarsi come da persone pericolose. Per altre non resterà altro da fare che pregare perchè si convertano.

    porte aperte
    Le porte aperte della Chiesa

    È vero che la Chiesa non esclude nessuno; ma il fatto è che questi infelici sono loro a non voler appartenere alla Chiesa o se dicono di appartenerle o hanno un concetto falso di Chiesa o sono essi stessi dei falsi e degli ipocriti, che in realtà non vogliono servire la Chiesa, ma servirsene per i propri interessi. E se i medici non parlano, non intervengono, stanno solo a guardare, non fanno diagnosi e soprattutto non curano, che ne sarà dei malati? O se li blandiscono minimizzando i loro mali, come potranno guarire? O se non mostrano loro il loro male, questi malati non potranno forse giungere a pensare che non sia un male ma un bene?

    caffè solubile
    … matrimoni solubili come il caffè

    Questo modo di procedere dei vescovi potrebbe favorire in qualcuno l’idea che poi in fin dei conti, matrimonio indissolubile o dissolubile, castità coniugale o contraccezione, rapporti matrimoniali o prematrimoniali, relazione coniugale o relazione extraconiugale, sacramento o convivenza, monogamia o poligamia, eterosessualità od omosessualità non siano tanto alternative rispettivamente tra bene-azione onesta e male-peccato, ma siano semplicemente scelte diverse, rimesse alla libera scelta di ciascuno. Nasce anche il conturbante sospetto che i vescovi, corrivi a simili blandizie, siano intimiditi dalle pressioni o dalle minacce velate o aperte di poteri forti, che possiamo immaginare quali possano essere e che vogliono far desistere la Chiesa dalla sua fedeltà ai suoi princìpi morali, perchè accetti le massime del mondo.

    padre pio
    San Pio da Pietrelcina trascorreva ore ed ore ad ascoltare le confessioni

    Se le cose stanno così, ci si potrebbe chiedere allora, tra l’altro, che senso ha il sacramento della confessione. Che cosa vai a raccontare al prete? E di fatti noi confessori ci stiamo rendendo conto del clima che si sta creando: spesso chi entra in confessionale non ha peccati dei quali accusarsi, ma fa un elenco di opere buone assicurando il confessore di fare tutto il possibile per essere un buon cristiano. Proprio in quel luogo sacro, dove più che mai il fedele dovrebbe esercitare “con timore e tremore” [Fil 2,12] l’umiltà, senza vane autogiustificazioni, accusandosi di aver peccato ed approfittare della divina misericordia, proprio lì a noi confessori tocca con disgusto di sentire l’empia e farisaica spavalderia di chi si proclama buono e innocente magari accusando gli altri. E se ci azzardiamo a ricordar loro come ci si confessa, si offendono come se avessimo l’ardire di accusare un innocente e si mettono ad accusare noi di cattiveria. Il fatto tragico è che il concetto di peccato come colpa da togliere, ossia come atto cattivo cosciente e libero, sta diventando raro, perchè non ci si misura più su di una norma oggettiva, assoluta, trascendente e dipendente dalla volontà Dio, al Quale dobbiamo render conto, ma ognuno si costruisce un codice morale come gli garba, secondo i propri comodi, suggestionato magari da qualche teologo di moda, non redarguito dall’autorità ecclesiastica. Dio diventa semplicemente un notaio benevolo di tutto quello che ci salta in mente. Per questo, il cosiddetto “penitente” — sarebbe meglio dire “gradasso” o “sbruffone” — non ha nessun peccato da denunciare, del quale pentirsi e chiedere perdono a Dio. Si scambia il confessionale nell’occasione di parlare a ruota libera delle cose più diverse, dalle chiacchiere alle cose serie, ma che nulla hanno a che vedere con le esigenze e quindi la validità del sacramento. Spesso è il penitente che ha già per conto proprio, ben radicata da un’evidente cattiva abitudine, un’idea sbagliata della confessione e se il confessore tenta di correggerla, il buon penitente si risente come se fosse il confessore ad essere un incompetente o una persona crudele, che crea dei problemi che non esistono e “non sa dare una buona parola”. Ma allora, in queste condizioni, il confessore da che cosa dovrebbe assolvere? Che correzioni, rimproveri o richiami può fare? Quali avvertimenti? Quali consigli,? Quali esortazioni? Quali comandi? Sembra che il cosiddetto penitente non si aspetti di guarire da una malattia, ma di essere approvato nella sua condotta e lodato per la sua buona salute. E’ evidente il rischio altissimo che manchino nel penitente le condizioni per una vera confessione. Grande però è qui anche la responsabilità del confessore, che abitua male i fedeli e che trasgredisce il sacro dovere di ricordare al penitente qual è il vero modo di confessarsi.

    Quanto dunque sono sempre valide per noi preti e per i nostri vescovi le parole dell’Apostolo al suo diletto Timoteo: «Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità, per volgersi alle favole» [II Tm 4, 2-4]. Sono i giorni odierni.

    buon pastore
    immagine del Buon Pastore

    Dunque il buon pastore deve stimolare non solo all’amore per la virtù, ma anche all’odio per il peccato e per il vizio. Ci sono dei pastori buonisti i quali parlano sempre sdolcinatamente di “amore” a proposito e a sproposito e sembra a loro che il parlare di “odio” sia sconveniente o contrario alla carità. Si tratta di un equivoco gravissimo.  Già Santa Caterina da Siena, della cui carità non si può dubitare, fine psicologa, donna di buon senso e testimone di quella che è la più elementare convinzione della coscienza morale naturale, diceva: “Quanto più si ama il bene, tanto più si odia il male”. E si noti bene: il male, non il malvagio, il quale di per sè è una creatura, per salvare la quale Cristo ha dato il suo sangue. Ma proprio per amore del peccatore si deve odiare il suo peccato e lo stesso peccatore dev’essere esortato ed aiutato ad abbandonarlo, così come è per amore del malato che il medico combatte la malattia.
    Non bastano dunque nel pastore e nell’educatore le lodi del bene, se egli non crea nel discepolo un’opposizione decisa e forte al peccato mostrando tutta la sua bruttezza ed odiosità; e se in special modo non gli indica qual è la via per correggersi, pena la perdizione eterna; altrimenti finisce per creare delle personalità doppie, degli smidollati, degli opportunisti e degli schizofrenici, che apprezzano sì il bene moderatamente, per convenienza, ma, sempre per convenienza, non respingono neppure il male, vedendolo non come una cosa proibita, ma semplicemente diversa, utile all’occasione, così da tenerlo per così dire “in riserva” e metterlo quasi alla pari del bene e in compagnia del bene. Sta qui una certa falsa forma di pluralismo e di rispetto per le scelte altrui, che si risolve nell’astensionismo di chi badando solo ai propri interessi se ne infischia dei mali e delle disgrazie altrui con la scusa di lasciarli liberi.

    Occorre, allora, più in radice, ricordare che cosa è il peccato. Noi confessori tocchiamo con mano nella pratica del confessionale come spesso chi si confessa non si sa confessare, perchè ha idee sbagliate sul peccato o non sa che cosa è o nega di aver commesso peccati, sicchè spesso il primo approccio col penitente richiede una previa paziente catechesi sulla confessione, solo al termine della quale il penitente è in grado di dire che peccati ha fatto. Capita che a tutta prima il penitente si meravigli, si irriti o non capisca, come se udisse cose strane e mai sentite; ma con la pazienza e la carità il confessore, magari dopo un lungo colloquio introduttivo, riesce a condurlo alle condizioni adatte per fare una buona confessione. Come esistono le catechesi prematrimoniali, così sono utili le catechesi introduttive al sacramento della confessione, magari anche in penitenti di sessanta o settant’anni, “cattolici” fin da bambini, ma abituati male.

    camiciaSi aggiunga la particolare difficoltà dei peccati nel sesso, dove non c’è solo da vincere una passione frequente, irruente, insidiosa e molto attraente, spesso orpellata di scintillanti colori, ma più a monte c’è da tener presente il fatto che il peccato sessuale non ha a tutta prima l’apparenza del male, ma al contrario sembra un bene e una cosa del tutto naturale: un atto legato alla vita, alla gioventù, al piacere, all’amore, alla bellezza, come fa ad essere un male, una cattiva azione? Occorre quindi mostrare la realtà al di là dell’apparenza, far ragionare e spiegare il perchè è un peccato, giacchè, come è noto, l’etica sessuale è sostanzialmente dettata dalla legge naturale, prima che essere precetto del Vangelo o della Chiesa. Per questo, solo che il soggetto sia influenzato da concezioni fenomeniste, emotiviste, esistenzialiste, empiriste, freudiane, edoniste o irrazionaliste o falsamente mistiche, oggi diffusissime, farà un’enorme fatica a capire i motivi e le ragioni dell’etica sessuale. Dunque i vescovi dovrebbero correggere anche queste idee. Ma cosa fanno?

    I vescovi quindi dovrebbero ricordare perchè tutte le deviazioni sessuali e i peccati contro la famiglia sono peccati, ed infine, come è sempre usato nella tradizione educativa o pastorale cattolica, dovrebbero ricordare almeno i mezzi principali naturali e soprannaturali, per evitare il peccato, non escluso l’aiuto efficace, che può venire da un sano timor di Dio. È invece troppo diffusa una falsa concezione della divina misericordia, per la quale ognuno potrebbe seguire tranquillamente le proprie voglie nella illusoria sicurezza di salvarsi, presunzione di origine luterana giustamente a suo tempo condannata dal Concilio di Trento.

    Military Working Dogs
    Pastore tedesco arrabbiato …

    A parte i pastori buonisti che trattano duramente e spaventano i pochi buoni, che però sono timidi, i pastori di oggi si astengono troppo dal rimprovero e dalla correzione. Io condivido in pieno il famoso detto di quella grande guida spirituale che fu San Francesco di Sales: “per correggere il peccatore è meglio un cucchiaino di miele che un barile di aceto”; tuttavia il grande maestro, penso, sarà d’accordo con me anche se capovolgo il suo detto in questo senso: “è meglio un cucchiaino di medicina amara, dato con amore, che mille parole dolci ma adulatorie, che lascano il malato nelle condizioni di malato, dandogli magari l’illusione di star bene e di essere semplicemente un “diverso”.

    I vescovi parlano opportunamente di “famiglie ferite”. Ora però, dove c’è un ferito, di solito c’è anche il feritore. E’ giusto dunque aver compassione e misericordia per il ferito, ma per il feritore o contro il feritore occorre giustizia e forse anche severità. Si parla di “sfide” alla famiglia; d’accordo, ma ricordiamoci che in campo morale lo sfidante è un peccatore che vuole indurci al peccato.

    Si parla di “sofferenze” e “ingiustizie subìte”. Va bene, ma ricordiamoci il peccato di chi fa soffrire gli altri o commette ingiustizie. Se una povera moglie soffre perchè il marito l’ha tradita, ciò avviene perchè il marito ha peccato contro di lei. Misericordia verso la moglie, ma giustizia verso il marito. E dunque non bisognerà tener conto anche di tutte queste cose?

    puritani
    “I Puritani” celebre opera di Vincenzo Bellini

    Si ha l’impressione che i vescovi, quando si avvicinano nel loro discorso al tema del peccato, si fermino con una specie di puritano ritegno.Questo non va bene. È qui che si nota una carenza, che sconfina nell’ipocrisia o nella paura di toccare i potenti. Che misericordia è quella che non difende i deboli dai prepotenti, ma considera questi semplicemente dei “diversi”, liberi di continuare la loro vita? Non sarebbe, questa, una beffa atroce per i poveri oppressi e perseguitati? Le sanzioni penali usano ancora nella Chiesa. Il problema è quello di usarle con giustizia. Se ne fanno uso i modernisti e i buonisti, si salvi chi può.

    Ci auguriamo pertanto che il documento dei vescovi, ricco di molti spunti positivi ed incoraggianti, venga però completato da queste note e da questi avvertimenti. Diversamente spetterà al Santo Padre operare gli opportuni interventi, al fine di garantire a questo sinodo il vero raggiungimento del suo fine di incrementare ulteriormente cum Petro e sub Petro i valori della famiglia, e di affrontare e risolvere i problemi ad essa connessi.

    Fontanellato, 26 ottobre 2014



     




    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)