00 04/01/2015 22:34

CELEBRAZIONE DEI PRIMI VESPRI
DELLA SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO
TE DEUM DI RINGRAZIAMENTO

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Basilica Vaticana
Mercoledì, 31 dicembre 2014

[Multimedia]






 

La Parola di Dio ci introduce oggi, in modo speciale, nel significato del tempo, nel capire che il tempo non è una realtà estranea a Dio, semplicemente perché Egli ha voluto rivelarsi e salvarci nella storia, nel tempo. Il significato del tempo, la temporalità, è l'atmosfera dell'epifania di Dio, ossia della manifestazione del mistero di Dio e del Suo amore concreto. Infatti, il tempo è il messaggero di Dio, come diceva San Pietro Favre.

La liturgia di oggi ci ricorda la frase dell'apostolo Giovanni: «Figlioli, è giunta l'ultima ora» (1 Gv 2,18), e quella di San Paolo che ci parla della «pienezza del tempo» (Gal 4,4). Dunque, il giorno di oggi ci manifesta come il tempo che è stato - per così dire - "toccato" da Cristo, il Figlio di Dio e di Maria, e da Lui ha ricevuto significati nuovi e sorprendenti: è diventato il “tempo salvifico”, cioè il tempo definitivo di salvezza e di grazia.

E tutto questo ci induce a pensare alla fine del cammino della vita, alla fine del nostro cammino. Ci fu un inizio e ci sarà un termine, «un tempo per nascere e un tempo per morire» (Qo 3,2). Con questa verità, alquanto semplice e fondamentale e alquanto trascurata e dimenticata, la santa madre Chiesa ci insegna a concludere l'anno e anche le nostre giornate con un esame di coscienza, attraverso il quale ripercorriamo quello che è accaduto; ringraziamo il Signore per ogni bene che abbiamo ricevuto e che abbiamo potuto compiere e, in pari tempo, ripensiamo alle nostre mancanze e ai nostri peccati. Ringraziare e chiedere perdono.

È quello che facciamo anche oggi al termine di un anno. Lodiamo il Signore con l'inno Te Deum e nello stesso tempo Gli chiediamo perdono. L'atteggiamento del ringraziare ci dispone all'umiltà, a riconoscere e accogliere i doni del Signore.

L’apostolo Paolo riassume, nella Lettura di questi Primi Vespri, il motivo fondamentale del nostro rendere grazie a Dio: Egli ci ha fatti suoi figli, ci ha adottati come figli. Questo dono immeritato ci riempie di una gratitudine colma di stupore! Qualcuno potrebbe dire: "Ma non siamo già tutti suoi figli, per il fatto stesso di essere uomini?". Certamente perché Dio è Padre di ogni persona che viene al mondo. Ma senza dimenticare che siamo da Lui allontanati a causa del peccato originale che ci ha separati dal nostro Padre: la nostra relazione filiale è profondamente ferita. Per questo Dio ha mandato suo Figlio a riscattarci a prezzo del Suo sangue. E se c'è un riscatto, è perché c'è una schiavitù. Noi eravamo figli, ma siamo diventati schiavi, seguendo la voce del Maligno. Nessun altro ci riscatta da quella schiavitù sostanziale se non Gesù, che ha assunto la nostra carne dalla Vergine Maria ed è morto sulla croce per liberarci, liberarci dalla schiavitù del peccato e restituirci la perduta condizione filiale.

La liturgia di oggi ricorda anche che, “nel principio (prima del tempo) c’era il Verbo … e il Verbo si è fatto uomo” e per questo afferma Sant’Ireneo: «Questo è il motivo per cui il Verbo si è fatto uomo, e il Figlio di Dio, Figlio dell’uomo: perché l’uomo, entrando in comunione con il Verbo e ricevendo così la filiazione divina, diventasse figlio di Dio» (Adversus haereses, 3,19,1: PG 7,939; cfrCatechismo della Chiesa Cattolica, 460).

Contemporaneamente il dono stesso per cui ringraziamo è anche motivo di esame di coscienza, di revisione della vita personale e comunitaria, del domandarci: com’è il nostro modo di vivere? Viviamo da figli o viviamo da schiavi? Viviamo da persone battezzate in Cristo, unte dallo Spirito, riscattate, libere? Oppure viviamo secondo la logica mondana, corrotta, facendo quello che il diavolo ci fa credere sia il nostro interesse? Esiste sempre nel nostro cammino esistenziale una tendenza a resistere alla liberazione; abbiamo paura della libertà e, paradossalmente, preferiamo più o meno inconsapevolmente la schiavitù. La libertà ci spaventa perché ci pone davanti al tempo e di fronte alla nostra responsabilità di viverlo bene. La schiavitù, invece, riduce il tempo a "momento" e così ci sentiamo più sicuri, e cioè ci fa vivere momenti slegati dal loro passato e dal nostro futuro. In altre parole, la schiavitù ci impedisce di vivere pienamente e realmente il presente, perché lo svuota del passato e lo chiude di fronte al futuro, di fronte all’eternità. La schiavitù ci fa credere che non possiamo sognare, volare, sperare.

Diceva qualche giorno fa un grande artista italiano che per il Signore fu più facile togliere gli israeliti dall'Egitto che togliere l'Egitto dal cuore degli israeliti. Erano stati, “sì”, liberati “materialmente” dalla schiavitù, ma durante la marcia nel deserto con le varie difficoltà e con la fame cominciarono allora a provare nostalgia per l'Egitto e ricordavano quando "mangiavano ... cipolle e aglio" (cfr Nm 11,5); ma si dimenticavano però che ne mangiavano al tavolo della schiavitù. Nel nostro cuore si annida la nostalgia della schiavitù, perché apparentemente più rassicurante, più della libertà, che è molto più rischiosa. Come ci piace essere ingabbiati da tanti fuochi d'artificio, apparentemente belli ma che in realtà durano solo pochi istanti! E questo è il regno, questo è il fascino del momento!

Da questo esame di coscienza dipende anche, per noi cristiani, la qualità del nostro operare, del nostro vivere, della nostra presenza nella città, del nostro servizio al bene comune, della nostra partecipazione alle istituzioni pubbliche ed ecclesiali.

Per tale motivo, ed essendo Vescovo di Roma, vorrei soffermarmi sul nostro vivere a Roma che rappresenta un grande dono, perché significa abitare nella città eterna, significa per un cristiano soprattutto far parte della Chiesa fondata sulla testimonianza e sul martirio dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. E pertanto anche di questo ringraziamo il Signore. Ma al tempo stesso rappresenta una grande responsabilità. E Gesù ha detto: «A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto» (Lc 12, 48). Dunque domandiamoci: in questa città, in questa Comunità ecclesiale, siamo liberi o siamo schiavi, siamo sale e luce? Siamo lievito? Oppure siamo spenti, insipidi, ostili, sfiduciati, irrilevanti e stanchi?

Senz’altro le gravi vicende di corruzione, emerse di recente, richiedono una seria e consapevole conversione dei cuori per una rinascita spirituale e morale, come pure per un rinnovato impegno per costruire una città più giusta e solidale, dove i poveri, i deboli e gli emarginati siano al centro delle nostre preoccupazioni e del nostro agire quotidiano. È necessario un grande e quotidiano atteggiamento di libertà cristiana per avere il coraggio di proclamare, nella nostra Città, che occorre difendere i poveri, e non difendersi dai poveri, che occorre servire i deboli e non servirsi dei deboli!

L'insegnamento di un semplice diacono romano ci può aiutare. Quando chiesero a San Lorenzo di portare e mostrare i tesori della Chiesa, portò semplicemente alcuni poveri. Quando in una città i poveri e i deboli sono curati, soccorsi e aiutati a promuoversi nella società, essi si rivelano il tesoro della Chiesa e un tesoro nella società. Invece, quando una società ignora i poveri, li perseguita, li criminalizza, li costringe a “mafiarsi”, quella società si impoverisce fino alla miseria, perde la libertà e preferisce "l'aglio e le cipolle" della schiavitù, della schiavitù del suo egoismo, della schiavitù della sua pusillanimità e quella società cessa di essere cristiana.

Cari fratelli e sorelle, concludere l'anno è tornare ad affermare che esiste un'“ultima ora” e che esiste la “pienezza del tempo”. Nel concludere questo anno, nel ringraziare e nel chiedere perdono, ci farà bene domandare la grazia di poter camminare in libertà per poter così riparare i tanti danni fatti e poter difenderci dalla nostalgia della schiavitù, difenderci dal non “nostalgiare” la schiavitù.

La Vergine Santa, la Santa Madre di Dio che è proprio al cuore del tempio di Dio, quando il Verbo – che era nel principio – si è fatto uno di noi nel tempo; Ella che ha dato al mondo il Salvatore, ci aiuti ad accoglierLo con cuore aperto, per essere e vivere veramente liberi, come figli di Dio. Così sia.





SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO
XLVIII GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Basilica Vaticana
Giovedì
, 1° gennaio 2015

[Multimedia]



 

Tornano oggi alla mente le parole con le quali Elisabetta pronunciò la sua benedizione sulla Vergine Santa: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga a me?» (Lc 1,42-43).

Questa benedizione si pone in continuità con la benedizione sacerdotale che Dio aveva suggerito a Mosè perché la trasmettesse ad Aronne e a tutto il popolo: «Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace» (Nm 6,24-26). Celebrando la solennità di Maria Santissima, la Santa Madre di Dio, la Chiesa ci ricorda che Maria è la prima destinataria di questa benedizione. In Lei essa trova compimento: infatti, nessun’altra creatura ha visto brillare su di sé il volto di Dio come Maria, che ha dato un volto umano al Verbo eterno, così che tutti lo possiamo contemplare.

Oltre alla contemplazione del volto di Dio, noi possiamo anche lodarlo e glorificarlo come i pastori, che se ne tornarono da Betlemme con un canto di ringraziamento dopo aver visto il Bambino e la sua giovane mamma (cfr Lc 2,16). Erano insieme, come sono stati insieme al Calvario, perché Cristo e la sua Madre sono inseparabili: tra loro esiste un rapporto strettissimo, come tra ogni figlio e la sua madre. La carne di Cristo – che è cardine della nostra salvezza (Tertulliano) – è stata intessuta nel grembo di Maria (cfr Sal 139,13). Tale inseparabilità è significata anche dal fatto che Maria, prescelta per essere Madre del Redentore, ne ha condiviso intimamente tutta la missione rimanendo accanto al Figlio fino alla fine sul calvario.

Maria è così unita a Gesù perché ha avuto di Lui la conoscenza del cuore, la conoscenza della fede, nutrita dall’esperienza materna e dal legame intimo con il suo Figlio. La Vergine Santa è la donna di fede, che ha fatto posto a Dio nel suo cuore, nei suoi progetti; è la credente capace di cogliere nel dono del Figlio l’avvento di quella «pienezza del tempo» (Gal 4,4) nella quale Dio, scegliendo l’umile via dell’esistenza umana, è entrato personalmente nel solco della storia della salvezza. Per questo non si può capire Gesù senza sua Madre.

Altrettanto inseparabili sono Cristo e la Chiesa, perché la Chiesa e Maria vanno sempre insieme e questo è proprio il mistero della donna nella comunità ecclesiale, e non si può capire la salvezza operata da Gesù senza considerare la maternità della Chiesa. Separare Gesù dalla Chiesa sarebbe voler introdurre una «dicotomia assurda», come scrisse il beato Paolo VI (cfr Esort. ap.Evangelii nuntiandi, 16). Non è possibile «amare il Cristo, ma non la Chiesa, ascoltare il Cristo, ma non la Chiesa, appartenere al Cristo, ma al di fuori della Chiesa» (Ibid.) Infatti è proprio la Chiesa, la grande famiglia di Dio, che ci porta Cristo. La nostra fede non è una dottrina astratta o una filosofia, ma è la relazione vitale e piena con una persona: Gesù Cristo, il Figlio unigenito di Dio fattosi uomo, morto e risorto per salvarci e vivo in mezzo a noi. Dove lo possiamo incontrare? Lo incontriamo nella Chiesa, nella nostra Santa Madre Chiesa Gerarchica. È la Chiesa che dice oggi: “Ecco l’agnello di Dio”; è la Chiesa che lo annuncia; è nella Chiesa che Gesù continua a compiere i suoi gesti di grazia che sono i Sacramenti.

Questa azione e missione della Chiesa esprime la sua maternità. Infatti essa è come una madre che custodisce Gesù con tenerezza e lo dona a tutti con gioia e generosità. Nessuna manifestazione di Cristo, neanche la più mistica, può mai essere staccata dalla carne e dal sangue della Chiesa, dalla concretezza storica del Corpo di Cristo. Senza la Chiesa, Gesù Cristo finisce per ridursi a un’idea, a una morale, a un sentimento. Senza la Chiesa, il nostro rapporto con Cristo sarebbe in balia della nostra immaginazione, delle nostre interpretazioni, dei nostri umori.

Cari fratelli e sorelle! Gesù Cristo è la benedizione per ogni uomo e per l’intera umanità. La Chiesa, donandoci Gesù, ci offre la pienezza della benedizione del Signore. Proprio questa è la missione del popolo di Dio: irradiare su tutti popoli la benedizione di Dio incarnata in Gesù Cristo. E Maria, la prima e perfetta discepola di Gesù, la prima e perfetta credente, modello della Chiesa in cammino, è Colei che apre questa strada di maternità della Chiesa e ne sostiene sempre la missione materna rivolta a tutti gli uomini. La sua testimonianza discreta e materna cammina con la Chiesa fin dalle origini. Ella, Madre di Dio, è anche Madre della Chiesa e, per mezzo della Chiesa, è Madre di tutti gli uomini e di tutti i popoli.

Che questa Madre dolce e premurosa ci ottenga la benedizione del Signore per l’intera famiglia umana. In modo speciale oggi, Giornata Mondiale della Pace, invochiamo la sua intercessione perché il Signore doni pace a questi nostri giorni: pace nei cuori, pace nelle famiglie, pace tra le Nazioni. Quest’anno, in particolare, il messaggio per la Giornata della Pace è: «Non più schiavi, ma fratelli». Tutti siamo chiamati a essere liberi, tutti a essere figli e ciascuno secondo le proprie responsabilità, a lottare contro le moderne forme di schiavitù. Da ogni popolo, cultura e religione, uniamo le nostre forze. Ci guidi e ci sostenga Colui che, per renderci tutti fratelli, si è fatto nostro servo.

Guardiamo Maria, contempliamo la Santa Madre di Dio. E vorrei proporvi di salutarla insieme, come ha fatto quel coraggioso popolo di Efeso, che gridava davanti ai suoi pastori quando entravano in Chiesa: “Santa Madre di Dio!”. Che bel saluto per la nostra Madre… Dice una storia, non so se è vera, che alcuni, fra quella gente, avevano i bastoni in mano, forse per far capire ai Vescovi cosa sarebbe accaduto loro se non avessero avuto il coraggio di proclamare Maria “Madre di Dio”. Invito tutti voi, senza bastoni, ad alzarvi e per tre volte salutarla, in piedi, con questo saluto della primitiva Chiesa: “Santa Madre di Dio!”.



SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO
XLVIII GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

PAPA FRANCESCO

ANGELUS

Piazza San Pietro
Giovedì, 1° gennaio 2015

[Multimedia]


 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e buon anno!

In questo primo giorno dell’anno, nel clima gioioso - anche se freddo - del Natale, la Chiesa ci invita a fissare il nostro sguardo di fede e di amore sulla Madre di Gesù. In Lei, umile donna di Nazaret, «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Per questo è impossibile separare la contemplazione di Gesù, il Verbo della vita che si è fatto visibile e tangibile (cfr 1 Gv 1,1), dalla contemplazione di Maria, che gli ha donato il suo amore e la sua carne umana.

Oggi ascoltiamo le parole dell’apostolo Paolo: «Dio mandò suo Figlio, nato da donna» (Gal 4,4). Quel «nato da donna» dice in maniera essenziale e per questo ancora più forte la vera umanità del Figlio di Dio. Come afferma un Padre della Chiesa, sant’Atanasio: «Il nostro Salvatore fu veramente uomo e da ciò venne la salvezza di tutta l’umanità» (Lettera a EpittetoPG 26).

Ma san Paolo aggiunge anche: «nato sotto la legge» (Gal 4,4). Con questa espressione sottolinea che Cristo ha assunto la condizione umana liberandola dalla chiusa mentalità legalistica La legge infatti, privata della grazia, diventa un giogo insopportabile, e invece di farci bene ci fa male. Gesù diceva: “Il sabato è stato fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato. Ecco allora il fine per cui Dio manda il suo Figlio sulla terra a farsi uomo: una finalità di liberazione, anzi di rigenerazione. Di liberazione «per riscattare coloro che erano sotto la legge» (v. 5); e il riscatto avvenne con la morte di Cristo sulla croce. Ma soprattutto di rigenerazione: «perché ricevessimo l’adozione a figli» (v. 5). Incorporati in Lui, gli uomini diventano realmente figli di Dio. Questo passaggio stupendo avviene in noi con il Battesimo, che ci innesta come membra vive in Cristo e ci inserisce nella sua Chiesa.

All’inizio di un nuovo anno ci fa bene ricordare il giorno del nostro Battesimo: riscopriamo il regalo ricevuto in quel Sacramento che ci ha rigenerato a vita nuova: la vita divina. E questo attraverso la Madre Chiesa, che ha come modello la Madre Maria. Grazie al Battesimo siamo stati introdotti nella comunione con Dio e non siamo più in balia del male e del peccato, ma riceviamo l’amore, la tenerezza, la misericordia del Padre celeste. Vi domando nuovamente: “Chi di voi ricorda il giorno in cui è stato battezzato? Per quelli che non ricordano la data del loro Battesimo, dò un compito da fare a casa: cercare tale data e custodirla bene nel cuore. Potete anche chiedere l’aiuto dei genitori, del padrino, della madrina, degli zii, dei nonni… Il giorno nel quale siamo stati battezzati è un giorno di festa! Ricordate o ricercate la data del vostro Battesimo, sarà molto bello per ringraziare Dio del dono del Battesimo.

Questa prossimità di Dio alla nostra esistenza ci dona la vera pace: il dono divino che vogliamo implorare specialmente oggi, Giornata Mondiale della Pace. Io leggo lì: “La pace è sempre possibile”. Sempre è possibile la pace! Dobbiamo cercarla… E di là leggo: “Preghiera alla radice della pace”. La preghiera è proprio la radice della pace. La pace è sempre possibile e la nostra preghiera è alla radice della pace. La preghiera fa germogliare la pace. Oggi Giornata Mondiale della Pace, “Non più schiavi, ma fratelli”: ecco il Messaggio di questa Giornata. Perché le guerre ci fanno schiavi, sempre! Un messaggio che ci coinvolge tutti. Tutti siamo chiamati a combattere ogni forma di schiavitù e a costruire fraternità. Tutti, ciascuno secondo la propria responsabilità. E ricordate bene: la pace è possibile! E alla radice della pace, sempre c’è la preghiera. Preghiamo per la pace. Ci sono anche quelle belle scuole di pace, scuole per la pace: dobbiamo andare avanti con questa educazione alla pace.

A Maria, Madre di Dio e Madre nostra, presentiamo i nostri propositi di bene. A Lei chiediamo di stendere su di noi e su tutti i giorni del nuovo anno il manto della tua materna protezione: «Santa Madre di Dio, non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta».

E vi invito tutti a salutare oggi la Madonna come Madre di Dio. Salutarla con quel saluto: “Santa Madre di Dio!”. Come è stata acclamata dai fedeli della città di Efeso, all’inizio del cristianesimo, quando all’entrata della Chiesa gridavano ai loro pastori questo saluto rivolto alla Madonna: “Santa Madre di Dio!”. Tutti insieme, tre volte, ripetiamo: “Santa Madre di Dio”.


Dopo l'Angelus:

 

In questo momento siamo collegati con Rovereto, nel Trentino, dove si trova la grande campana denominata "Maria Dolens", realizzata in onore dei caduti di tutte le guerre e benedetta dal beato Paolo VI nel 1965. Tra poco sentiremo risuonare i rintocchi di quella campana. Che sia l’auspicio che mai più vi siano guerre – mai più le guerre! - ma sempre desiderio e impegno di pace e di fraternità tra i popoli.

Buon anno a tutti. Sia un anno di pace nell’abbraccio di tenerezza del Signore e con la protezione materna di Maria, Madre di Dio e Madre nostra. Saluto tutti e vedo che ci sono tanti messicani: li saluto...Sono rumorosi i messicani!

Buon Anno e per favore non dimenticate di pregare per me.




ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 4 gennaio 2015

[Multimedia]


 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Bella domenica ci regala il nuovo anno! Bella giornata!

Dice san Giovanni nel Vangelo che abbiamo letto oggi: “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta … Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (1,4-5.9). Gli uomini parlano tanto della luce, ma spesso preferiscono la tranquillità ingannatrice del buio. Noi parliamo tanto della pace, ma spesso ricorriamo alla guerra o scegliamo il silenzio complice, oppure non facciamo nulla di concreto per costruire la pace. Infatti dice san Giovanni che “venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto” (Gv 1,11); perché “il giudizio è questo: la luce – Gesù – è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene la luce perché le sue opere non vengano riprovate” (Gv 3,19-20). Così dice nel Vangelo san Giovanni. Il cuore dell’uomo può rifiutare la luce e preferire le tenebre, perché la luce mette a nudo le sue opere malvagie. Chi fa il male, odia la luce. Chi fa il male, odia la pace.

Abbiamo iniziato da pochi giorni il nuovo anno nel nome della Madre di Dio, celebrando la Giornata Mondiale della Pace sul tema “Non più schiavi, ma fratelli”. Il mio auspicio è che si superi lo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo. Questo sfruttamento è una piaga sociale che mortifica i rapporti interpersonali e impedisce una vita di comunione improntata a rispetto, giustizia e carità. Ogni uomo e ogni popolo hanno fame e sete di pace; pertanto è necessario e urgente costruire la pace!

La pace non è soltanto assenza di guerra, ma una condizione generale nella quale la persona umana è in armonia con sé stessa, in armonia con la natura e in armonia con gli altri. Questa è la pace. Tuttavia, far tacere le armi e spegnere i focolai di guerra rimane la condizione inevitabile per dare inizio ad un cammino che porta al raggiungimento della pace nei suoi differenti aspetti. Penso ai conflitti che insanguinano ancora troppe regioni del Pianeta, alle tensioni nelle famiglie e nelle comunità - ma in quante famiglie, in quante comunità, anche parrocchiali, c’è la guerra! - come pure ai contrasti accesi nelle nostre città e nei nostri paesi tra gruppi di diversa estrazione culturale, etnica e religiosa. Dobbiamo convincerci, nonostante ogni contraria apparenza, che la concordia è sempre possibile, ad ogni livello e in ogni situazione. Non c’è futuro senza propositi e progetti di pace! Non c’è futuro senza pace!

Dio, nell’Antico Testamento, ha fatto una promessa. Il profeta Isaia diceva: «Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra» (Is2,4). E’ bello! La pace è annunciata, come dono speciale di Dio, nella nascita del Redentore: «Pace in terra agli uomini che Dio ama» (Lc 2,14). Tale dono richiede di essere implorato incessantemente nella preghiera. Ricordiamo, qui in Piazza, quel cartello: “Alla radice della pace c’è la preghiera”. Deve essere implorato questo dono e dev’essere accolto ogni giorno con impegno, nelle situazioni in cui ci troviamo. Agli albori di questo nuovo anno, tutti noi siamo chiamati a riaccendere nel cuore un impulso di speranza, che deve tradursi in concrete opere di pace. “Tu non vai bene con questa persona? Fa’ la pace!”; ”A casa tua? Fa’ la pace!”; “Nella tua comunità? Fa’ la pace!”; ”Nel tuo lavoro? Fa’ la pace!”. Opere di pace, di riconciliazione e di fraternità. Ognuno di noi deve compiere gesti di fraternità nei confronti del prossimo, specialmente di coloro che sono provati da tensioni familiari o da dissidi di vario genere. Questi piccoli gesti hanno tanto valore: possono essere semi che danno speranza, possono aprire strade e prospettive di pace.

Invochiamo ora Maria, Regina della Pace. Lei, durante la sua vita terrena, ha conosciuto non poche difficoltà, legate alla quotidiana fatica dell’esistenza. Ma non hai mai smarrito la pace del cuore, frutto dell’abbandono fiducioso alla misericordia di Dio. A Maria, nostra tenera Madre, chiediamo di indicare al mondo intero la via sicura dell’amore e della pace.


Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

rivolgo un cordiale saluto a tutti voi, cari pellegrini venuti dall’Italia e da vari Paesi per prendere parte a questo incontro di preghiera.

In particolare, saluto i fedeli di Casirate d’Adda, Alfianello, Val Brembilla e Verona.

A ciascuno formulo l’augurio di trascorrere nella pace e nella serenità questa seconda domenica dopo Natale, in cui poi si prolunga la gioia della nascita di Gesù.

Come è stato già annunciato, il prossimo 14 febbraio avrò la gioia di tenere un Concistoro, durante il quale nominerò 15 nuovi Cardinali, che, provenienti da 13 nazioni di ogni continente, manifestano l’inscindibile legame fra la Chiesa di Roma e le Chiese particolari presenti nel mondo.

Domenica 15 febbraio presiederò una solenne concelebrazione con i nuovi Cardinali, mentre il 12 e 13 febbraio terrò un Concistoro con tutti i Cardinali per riflettere sugli orientamenti e le proposte per la riforma della Curia Romana.

I nuovi Cardinali sono:

1 – Mons. Dominique Mamberti, Arcivescovo titolare di Sagona, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.
2 – Mons. Manuel José Macário do Nascimento Clemente, Patriarca di Lisboa (Portogallo).
3 – Mons. Berhaneyesus Demerew Souraphiel, C.M., Arcivescovo di Addis Abeba (Etiopia).
4 – Mons. John Atcherley Dew, Arcivescovo di Wellington (Nuova Zelanda).
5 – Mons. Edoardo Menichelli, Arcivescovo di Ancona-Osimo (Italia).
6 – Mons. Pierre Nguyên Văn Nhon, Arcivescovo di Hà Nôi (Viêt Nam).
7 – Mons. Alberto Suárez Inda, Arcivescovo di Morelia (Messico).
8 – Mons. Charles Maung Bo, S.D.B., Arcivescovo di Yangon (Myanmar).
9 – Mons. Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, Arcivescovo di Bangkok (Thailandia).
10 – Mons. Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento (Italia).
11 – Mons. Daniel Fernando Sturla Berhouet, S.D.B., Arcivescovo di Montevideo (Uruguay).
12 – Mons. Ricardo Blázquez Pérez, Arcivescovo di Valladolid (Spagna).
13 – Mons. José Luis Lacunza Maestrojuán, O.A.R., Vescovo di David (Panamá).
14 – Mons. Arlindo Gomes Furtado, Vescovo di Santiago de Cabo Verde (Arcipelago di Capo Verde).
15 – Mons. Soane Patita Paini Mafi, Vescovo di Tonga (Isole di Tonga).

Unirò, inoltre, ai Membri del Collegio Cardinalizio 5 Arcivescovi e Vescovi Emeriti che si sono distinti per la loro carità pastorale nel servizio alla Santa Sede e alla Chiesa. Essi rappresentano tanti Vescovi che, con la stessa sollecitudine di pastori, hanno dato testimonianza di amore a Cristo e al Popolo di Dio sia nelle Chiese particolari, sia nella Curia Romana, sia nel Servizio Diplomatico della Santa Sede. Essi sono:

1 – Mons. José de Jesús Pimiento Rodríguez, Arcivescovo emerito di Manizales.
2 – Mons. Luigi De Magistris, Arcivescovo titolare di Nova, Pro-Penitenziere Maggiore emerito.
3 – Mons. Karl-Joseph Rauber, Arcivescovo titolare di Giubalziana, Nunzio Apostolico.
4 – Mons. Luis Héctor Villalba, Arcivescovo emerito di Tucumán.
5 – Mons. Júlio Duarte Langa, Vescovo emerito di Xai-Xai.

Preghiamo per i nuovi Cardinali, affinché, rinnovando il loro amore a Cristo, siano testimoni del suo Vangelo nella Città di Roma e nel mondo e con la loro esperienza pastorali mi sostengano più intensamente nel mio servizio apostolico.

Buona domenica a tutti! 





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)