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  Domenicani e Predicazione (articolo 2012-2013 pubblicato su Rosarium, rivista del Movimento Domenicano del Rosario per la Provincia San Domenico)


Siamo nell'Anno della Fede e, in qualità di Terziaria Domenicana, non posso non chiedermi cosa mi offre l'Ordine Domenicano nel campo della cosiddetta "nuova evangelizzazione" così insistentemente consegnata anche a noi, Christifidelis Laici, dal Santo Padre Benedetto XVI attraverso il MP Porta Fidei.


Certo, in virtù del Battesimo (ed anche  con gli altri Sacramenti quali l'Eucaristia e la Cresima), noi Laici, siamo "chiamati" ad una predicazione costante e quotidiana, fatta soprattutto di testimonianza. Tuttavia, se bastasse questo a cosa mi servirebbe essere aggregata all'Ordine di san Domenico?


Si potrebbe approfondire l'argomento iniziando a parlare, dopo aver appreso il dono del Battesimo con la grazia santificante, dell'efficacia della Cresima attraverso la quale riceviamo il dono dei Carismi. Vista la brevità dello spazio ci limiteremo qui, naturalmente, al Carisma Domenicano.


La vastità e la ricchezza dello Spirito Santo spinge i battezzati verso una gamma infinita di situazioni attraverso le quali i Laici restano nel mondo, e vi operano, in un legame con la Chiesa ma senza altre scelte di vita. Nel nostro caso si tratta di una ulteriore e vera chiamata che lo Spirito Santo rivolge ad alcuni per seguire la forma di vita evangelica di San Domenico. Non si tratta di casualità! Lo Spirito Santo sa nascondere sotto l'apparenza del fortuito, il Suo progetto nei confronti di ogni battezzato.


La vocazione domenicana, come ben sappiamo, è fondamentalmente la Predicazione, l'evangelizzazione, stile di vita fedele e coerente al Vangelo, ma anche uno stile da predicare e far conoscere.


Non è dunque un caso che il Carisma donato a San Domenico è stato sempre riconosciuto fin dall'inizio con il termine inequivoco di: Ordine dei Predicatori.


La stessa "coincidenza" che S. Domenico nulla ci ha lasciato di scritto, ci fa comprendere come tutta la sua esistenza e la testimonianza di una vita dedita alla predicazione, sia davvero come un Opera Omnia ed un testamento perenne.


E' davanti a tutti il motto dell'Ordine: Contemplata aliis tradere, ossia, contemplare e predicare. La contemplazione, la Preghiera, lo studio precede dunque la predicazione e del resto come e cosa si potrebbe predicare se prima non ci si è lasciati istruire dallo Spirito Santo attraverso la preghiera, la contemplazione dei Misteri di Dio, lo studio della Sacra Scrittura attraverso lo stesso Magistero della Chiesa?


Quindi, il primo successo di S. Domenico e dell'Ordine stesso è proprio la Preghiera, la contemplazione e, la predicazione, non è altro che il frutto di questa realtà che nel 2016 compirà ben 800 secoli.


Scrive di S. Domenico il beato Giordano di Sassonia: " Con tanta assiduità e avidità beve ai rivoli della Sacra Scrittura, che per la sete di imparare passa le notti quasi insonne... e la traduce nelle opere" (Libellus n.t pp.21-22).


San Domenico non fonda un Ordine "chiuso", ma di Predicatori perché comprende che moltissime persone "muoiono letteralmente di fame", una fame della fede, una fame della Scrittura, una fame atta a soddisfare le incomprensioni tra la gente e la predicazione stessa della Chiesa del suo tempo. Un caso ben conosciuto è l'eresia Catara-Albigese: San Domenico non si rivolge a loro mai in modo ostile o offensivo, al contrario, la sua pazienza, la sua fiducia in Dio, la sua fede maturata, nutrita ed arricchita dalla contemplazione, portano frutti di conversione.


Questa sollecitudine, oggi diremmo "pastorale" appunto, è la grande eredità ancora viva ed operante nel Carisma domenicano, pur senza negare i gravi problemi che anche noi viviamo in questo tempo di "apostasia spesso silenziosa" come diceva il beato Giovanni Paolo II, la crisi delle vocazioni e quant'altro, ma del resto non è un caso che Benedetto XVI abbia indetto l'Anno della fede!


Lo stesso Carisma Domenicano ci insegna che non dobbiamo mai dubitare dell'opera dello Spirito Santo, ma piuttosto dobbiamo sempre correggere in noi l'autentica "imitazione di Cristo".


San Domenico vive la santa inquietudine, trasferendola come eredità all'Ordine, verso la conversione delle Anime. Pur vivendo le opere di misericordia e di carità, non si sente soddisfatto se, dalle opere caritatevoli, non sopraggiungesse la grazia della conversione; la salvezza propria delle Anime.


Mi sembra qui utile inserire un passo dell'ultimo Messaggio di Benedetto XVI in questa Quaresima del 2013: " Non v'è azione più benefica, e quindi caritatevole, verso il prossimo che spezzare il pane della Parola di Dio, renderlo partecipe della Buona Notizia del Vangelo, introdurlo nel rapporto con Dio: l'evangelizzazione è la più alta e integrale promozione della persona umana".


La "vita apostolica", dunque, sia dell'Ordine stesso quanto dei Laici ad esso aggregato, è proprio la "nostra vita", "una vita in cui la predicazione e l'insegnamento sgorgano dall'abbondanza della contemplazione" (Cfr. Costituzioni Domenicane).


Quindi, essere "contemplativi" o usare alcuni momenti della giornata per dire il Rosario e fare magari una sosta davanti al SS.mo Sacramento, non è mai una perdita di tempo, al contrario, per un Domenicano è la fonte primaria dalla quale si attinge per una predicazione efficace.


Da S. Domenico ai nostri giorni, infatti, tutta la storia della santità ci dimostra che la corona benedetta del S. Rosario è un eccellente strumento di grazia, un mezzo efficacissimo di elevazione spirituale, un alimento prezioso della vita interiore alla quale segue sempre una vita eccellente di predicazione,  non a caso il Rosario è stato un dono di Maria. È stato il suo Vangelo, la sua Eucaristia, il suo Breviario, messo fra le mani di tutti, grandi e piccoli, dotti e non dotti. S. Carlo Borromeo chiamava il Rosario: «devozione divinissima» inculcata a tutti; San Vincenzo de' Paoli lo chiamava il «Breviario dei laici», il beato Card. Schuster il «Salterio del popolo».


Un esempio dell'efficacia di questa predicazione la troviamo nell'opera di San Pio V.


Il ragazzo aveva circa dodici anni quando capitarono al suo Borgo due Frati Predicatori. Michele rimase folgorato, incantato non solo dalle loro parole, ma anche dalla loro rettitudine, e con essi prese confidenza, una certa dimestichezza che rivelarono ai due religiosi le grandi doti del ragazzo.


Ispirati da Dio quei frati non si fecero perdere l'occasione e fecero una proposta al ragazzo: " Te la sentiresti di venire con noi? Ti piacerebbe diventare come noi, Frate Predicatore?"


I due religiosi non potevano certo sapere che il giovane non si aspettava di essere esaudito proprio di un suo inconfessato desiderio che invocava ogni giorni attraverso il Rosario, i suoi occhi si aprirono alla meravigliosa proposta, il suo cuore esultò di gioia, quei due Frati avevano indovinato il suo segreto, e per lui non c'erano più dubbi: il Signore aveva espresso la sua volontà per mezzo dei due frati.


Di fronte a tanta semplicità ci chiediamo come mai davvero, oggi, è diventato così difficile esprimere solamente la più semplice delle domande: " Ti piacerebbe diventare come noi, Frate Predicatore?" , è vero che i tempi sono cambiati, ma anche noi non ci siamo un pò troppo scoraggiati dalla confusione del mondo a tal punto da non formulare più, noi stessi, questa semplice domanda ai giovani d'oggi? Certo, potrebbero rispondere anche negativamente, è necessario un buon discernimento, ma quanta responsabilità abbiamo noi oggi nel non sollecitare alla vocazione i giovani? 


Non ci soffermeremo a descrivere le numerose glorie di questo Pontificato. Ci basterà ricordare che egli rimase fedelissimo alla sua vocazione religiosa di Domenicano, anche sotto il manto papale, anzi, fu con lui che da quel momento i Pontefici vestirono di bianco perchè non volle togliersi l'abito domenicano. Egli seguitò a vestire il glorioso abito gusmano, conservando le austerità del proprio istituto.


Quando si parla di San Pio V di solito si mette Lepanto come la più grande vittoria ottenuta, certo, politicamente parlando si dimostrò assai abile, eppure la vittoria più grande del nostro Santo Pontefice non fu quella riportata sui Turchi che per altro fu la vittoria della Madonna del Rosario, ma quella riportata sui Cristiani, ovvero, la vittoria riportata sull'ordinamento della Curia Romana e su tutta la gerarchia ecclesiastica, alle quali impose con sovrumana energia i canoni del Concilio di Trento, appoggiato e sostenuto da san Carlo Borromeo.


Per merito suo cominciava per la Chiesa un tempo di rinnovata morale dalla quale copiosi frutti si riversarono su tutte le imprese e le opere della Chiesa, nonchè una vasta e fruttuosa propagazione del Rosario.


E quanti aneddoti o episodi potremmo narrare di Santa Caterina da Siena nella storia travagliata del suo proprio tempo.


Non c'è Pontefice che da quel momento in poi non l'abbia citata quale esempio di autentica laicità, libertà di azione nella Chiesa, autentica creatività. Paolo VI, che ben conosceva le straordinarie doti di sapienza e i carismi di Caterina da Siena, unitamente alle alte vette di santità da lei raggiunte, parlò al terzo congresso mondiale per l'Apostolato dei laici del 15 ottobre 1967, manifestando di voler "riconoscere" alla santa senese, la quale era laica pur essendo una "terziaria domenicana consacrata", il titolo di Dottore della Chiesa universale, indicandola proprio ai Christifidelis Laici quale esempio e modello.


Mercoledì, 24 novembre 2010, così diceva Benedetto XVI all'Udienza Generale:


"....Da santa Caterina, dunque, noi apprendiamo la scienza più sublime: conoscere ed amare Gesù Cristo e la sua Chiesa. Nel Dialogo della Divina Provvidenza, ella, con un’immagine singolare, descrive Cristo come un ponte lanciato tra il cielo e la terra. Esso è formato da tre scaloni costituiti dai piedi, dal costato e dalla bocca di Gesù. Elevandosi attraverso questi scaloni, l’anima passa attraverso le tre tappe di ogni via di santificazione: il distacco dal peccato, la pratica della virtù e dell’amore, l’unione dolce e affettuosa con Dio. Cari fratelli e sorelle, impariamo da santa Caterina ad amare con coraggio, in modo intenso e sincero, Cristo e la Chiesa. Facciamo nostre perciò le parole di santa Caterina che leggiamo nel Dialogo della Divina Provvidenza, a conclusione del capitolo che parla di Cristo-ponte:


“Per misericordia ci hai lavati nel Sangue, per misericordia volesti conversare con le creature. O Pazzo d’amore! Non ti bastò incarnarti, ma volesti anche morire! (...) O misericordia! Il cuore mi si affoga nel pensare a te: ché dovunque io mi volga a pensare, non trovo che misericordia” (cap. 30, pp. 79-80). Grazie".


Seppur intorno a lei si formò subito un nutrito gruppo misto di dotti, sacerdoti, gente semplice, una sorta di "cenacolo", sappiamo anche come dovette combattere contro l'apostasia del suo tempo. Quando, illuminata dallo Spirito Santo decide di intraprendere il famoso viaggio ad Avignone (accompagnata sempre dal suo Confessore) per supplicare il Papa di fare ritorno alla Sede romana petrina, la sua coscienza era veramente politica, della politica del suo tempo ben nutrita dal Vangelo e dall'insegnamento domenicano. Non va ad improvvisare o ad impetrare una sua visione di Chiesa, o le sue opinioni personali. L'opera che in questo senso metterà in pratica Caterina è il "mandato profetico" che mentre noi riceviamo nel Battesimo e nella Cresima, ella riceve anche personalmente dal Cristo: "Gesù mi dava la croce e l'ulivo in mano, quasi come io volessi, e così diceva che io portassi a l'uno popolo e all'altro. Ed Egli (Gesù) diceva a me: Dì loro - io vi annunzio gaudio magno... io vo predicando pace, pace, pace....".


E tutti noi ben sappiamo che il vessillo di Caterina non era di un partito o una ideologia, ma Cristo Crocefisso. 


Mi vengono a mente le parole pronunciate dal nuovo Pontefice, Papa Francesco, nella sua prima Omelia ai Cardinali il 14.3.2013: "Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo Vescovi, Preti, Cardinali, Papi, ma non discepoli del Signore. Io vorrei che tutti, dopo questi giorni di grazia, abbiamo il coraggio, proprio il coraggio, di camminare in presenza del Signore, con la Croce del Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla Croce; e di confessare l’unica gloria: Cristo Crocifisso".


Questo è realmente il classico linguaggio cateriniano, per chi conosce le Lettere e il Dialogo della Santa senese, e che tutto rimanda a Cristo Crocefisso, nostro vanto e gloria, vessillo di predicazione e di vita coerente.

Il Calendario dei Santi, Beati, Martiri o anche solo Venerabili Domenicani, è davvero immenso, ma questi nomi non stanno lì per riempire un calendario, non sono orpelli irraggiungibili o intoccabili, la loro preziosità sta proprio in quel toccarli, farli propri, sono come una scala non per scendere, ma per far salire noi al Cielo.

Potremmo citare santa Zdislava boema, sposa e madre, un esempio di famiglia oggi davvero prezioso, tremendamente attuale. Oltre ad occuparsi del marito e dei figli come si conviene ad una vera discepola di Cristo, ella si occupava quotidianamente alla preghiera ed alle opere di misericordia. Si preoccupava molto della presenza dei Frati nella sua terra a tal punto da fondare alcuni conventi affinché non mancassero i Predicatori, alimentando copiose conversioni e numerose vocazioni.

Come non citare il beato Alberto da Villa d'Ogna, un grande pellegrino nel suo tempo, anch'egli terziario domenicano era un semplice contadino che dedicò la sua vita a compiere lunghi pellegrinaggi in diversi Santuari come in Terra Santa e a Compostela, esercitando quotidianamente le opere di misericordia assistendo personalmente i poveri per i quali andava a mendicare lui stesso, in nome di Gesù Cristo, di porta in porta e, al tempo stesso, alimentando in chi lo incontrava, una vera forza di conversione tanto da unirsi a lui in questi pellegrinaggi di espiazione.

Potremmo citare anche la beata Osanna da Cattaro, iugoslava. Nata da famiglia scismatica, dopo aver conosciuto i Frati Predicatori da adulta decide di ritornare in seno alla Chiesa Cattolica e diventa terziaria indossando le bianche Lane che a quel tempo, laici consacrati, potevano indossare. Quando si rende conto che le chiacchiere non portano frutti decide, sostenuta e autorizzata dal proprio Vescovo, di vivere in solitudine e Preghiera continua per espiare la gravità delle divisioni. Non per nulla è considerata uno degli antesignani dell'autentico spirito ecumenico giunto a noi oggi.

L'apostolato domenicano è così molto vario.

Potremmo infatti citare il noto beato Angelico, Guido di Pietro, che ha saputo predicare attraverso l'arte. E' bene rammentare che la dichiarazione di "beato - angelico" gli venne fatta dal popolo sia per la religiosità dei suoi dipinti attraverso i quali egli davvero "predicava" che per la santità della sua vita, tale culto gli fu confermato da Giovanni Paolo II nel 1984, che contemporaneamente lo dichiarò patrono degli artisti.

Così come la venerabile Maria Rosa Agostini la quale trascorse la sua vita di terziaria domenicana all'ombra del Santuario di Loreto dove pregava e ricamava per gli arredi della Chiesa. Nel 1769 fu proprio il Comune di Loreto a farsi promotore per la sua causa di beatificazione.

Commovente è la testimonianza di un sacerdote vietnamita, San Bernardo Duè, ammesso al Terz'Ordine nonostante fosse diventato vecchio e quasi cieco e messo a morte durante le persecuzioni con sua immensa gioia.

Così come anche il catechista San Giuseppe Pietro Uyen, anch'egli giovane vietnamita. Terziario domenicano viene messo in carcere a causa della sua predicazione e morto a seguito di indicibili torture che subì perdonando i persecutori e inneggiando a Cristo Crocefisso.

Come non citare Paolina Maria Jaricot, ideatrice del Rosario Vivente e della Propagazione della Fede?

Il 14 settembre 1999 Giovanni Paolo II inviava una Lettera al Vescovo di Lione per il bicentenario della nascita di Paolina, con queste parole:

"Come scriveva Papa Leone XIII il 13 giugno 1881, "in virtù della sua fede, della sua fiducia, della sua forza d'animo, della sua dolcezza e dell'accettazione serena di tutte le croci", Pauline si dimostrò una vera discepola di Cristo. Al fine di proseguire l'opera da lei intrapresa per diffondere il Vangelo fino agli estremi confini della terra, incoraggio i cattolici di Francia a conoscere meglio questa eccezionale vocazione che aggiunge ulteriore bellezza ad una lunga tradizione di testimoni di Cristo, cominciando con i martiri di Lione e sant'Ireneo".

La bellissima storia di Paulin mi porta alla mente anche  una moltitudine di nomi noti e meno noti di persone che, in qualche modo associati alla grande Famiglia Domenicana, hanno irradiato nel mondo nuove fondazioni.

Potremmo citare la venerabile Madre Antonia Lalìa prima monaca Domenicana che lascia il Monastero di Misilmeri e, con l'approvazione del Vescovo, giunge a Roma per fondare una nuova Congregazione di Suore domenicane missionarie.

Possiamo rammentare la terziaria colombiana Gabriella Duran Parraga che fonda le Domenicane di Santa Caterina da Siena.

Come la terziaria maltese Carolina Cauchi che fonda le Suore Domenicane di Malta.

La venerabile terziaria Luigia Tincani, il cui ricordo è ancora vivo perchè deceduta nel 1976, e che ha fondato le Missionarie della Scuola di ispirazione, appunto, domenicana.

Mi viene in mente anche uno dei veggenti delle Apparizioni di Maria a La Salette, Melanie Calvat che, nel Terz'Ordine Domenicano si chiamava Marie Dominique de la Croix.

E come non citare l'avvocato, il beato Bartolo Longo, Terziario Domenicano che con il Rosario di Maria ha saputo fondare la colossale opera di Pompei con il suo Santuario, meta di Pellegrini e di Pontefici come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI per la recita della Supplica alla Madonna del Rosario.

E ancora abbiamo la testimonianza e l'esempio di una predicazione particolare con la mistica Luisa Piccareta la quale, trascorrendo ben sessantadue anni della sua vita immobile nel letto, non solo ha ricevuto molte grazie dal Signore, ma le ha sapute a sua volta ritrasmetterle a quanti la ascoltavano.

Tutti questi esempi ed altri ancora di cui è ricca la nostra storia domenicana, testimoniano la grandezza di questo specifico Carisma della predicazione in piena libertà, quella libertà non del "faccio da me" ma quella libertà che assunta nel Battesimo e negli altri Sacramenti, ci rende davvero testimoni di Colui che è l'unica vera "Via, Verità e Vita".

Siamo così chiamati a vivere nel nostro tempo la realizzazione del Progetto di Dio a favore dell'uomo attraverso i segni che ci sono tipici, quali lo spirito, ossia la mentalità aperta e al tempo stesso fedele a Dio così come ci ha insegnato San Domenico; la sua spiritualità, ossia i contenuti di ciò che vogliamo vivere e predicare; e il suo carisma, ossia l'esercizio pastorale proprio della Parola.

Ciò che non deve mai mancare ad un battezzato perché sia veramente domenicano, è il suo carisma, l'impronta propria: il culto della verità intensamente contemplata e fedelmente vissuta e annunciata. Tutti possono svolgere un autentico ministero domenicano, purché si facciano docili discepoli della verità. La vera Sapienza non è privilegio dei dotti, ma dei santi e dei "piccoli" correttamente intesi dal Vangelo.
La suora domenicana, o la catechista domenicana che insegna catechismo ai bambini, è una predicatrice; la mamma che vive del carisma Domenicano e che in famiglia accudisce il focolare domestico e cresce i figli nutrendoli anche degli alimenti per lo spirito, è una mamma "predicatrice"... così è per il laico domenicano che vive appunto nel mondo come ci è dimostrato, per esempio, dal beato Frassati.

L'autentica vita domenicana, perciò, è una vita di contemplazione, preghiera alla quale fa seguito la predicazione, non è possibile separare questi elementi senza rischiare non solo il fallimento, ma persino il tradimento verso questo Carisma. Solo accorpando queste realtà, dono dello Spirito Santo, diventiamo "uomini e donne evangeliche".

Potremmo fare ulteriori esempi che qui purtroppo non possiamo sottolineare, ma oltre a quelli citati ci sia di aiuto una dolce bambina, la beata Imelda Lambertini che ha saputo incarnare il carisma della predicazione attraverso una passione così sconvolgente e coinvolgente da lasciare il segno nella storia pur senza aver vissuto a lungo per predicare.

Sono scolpite nel nostro cuore le parole che il beato Giovanni Paolo II ci ha consegnato nella Esortazione Apostolica Christifideles Laici, dove dice:

" ... sempre nella storia della Chiesa l'aggregarsi dei fedeli ha rappresentato in qualche modo una linea costante, come testimoniano sino ad oggi le varie confraternite, i terzi ordini e i diversi sodalizi (...) le aggregazioni dei fedeli laici devono diventare correnti vive di partecipazione e di solidarietà per costruire condizioni più giuste e fraterne all'interno della società".

La grande novità portata da San Domenico non è in un semplicistico "parlare con Dio; parlare di Dio", questa deve essere l'esperienza di tutta la Chiesa e di ogni battezzato, la sua novità sta proprio in quel "incarnare la Parola", in quel contemplarla, acquisirla e fondere insieme la propria volontà. Ecco perché l'Ordine Domenicano è così legato alla Beata Vergine Maria. E' nel mistero dell'Incarnazione reale vissuta dalla Madre di Dio che S. Domenico ha saputo maturare l'efficacia dell'incarnazione della Parola nel cuore dell'uomo di ogni tempo, in un legame indissolubile con l'esperienza di Maria Santissima e da Lei, attraverso proprio il Rosario con la contemplazione-meditazione dei Misteri contenuti, ricevere il "frutto benedetto del suo seno" attraverso il dono della Predicazione efficace e altrettanto fruttuosa.

L'invito di Benedetto XVI nel suo MP Porta Fidei per questo Anno della Fede, riepiloga ogni nostra riflessione con queste parole:

"La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza. (..)

Il rinnovamento della Chiesa passa anche attraverso la testimonianza offerta dalla vita dei credenti: con la loro stessa esistenza nel mondo i cristiani sono infatti chiamati a far risplendere la Parola di verità che il Signore Gesù ci ha lasciato".

 

Dorotea Lancellotti (Caterina Terziaria Domenicana)

   




[Modificato da Caterina63 09/12/2014 11:35]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)