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DIFENDERE LA VERA FEDE

Meditazioni quotidiane per il 2015 mese per mese

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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 07/01/2015 16:08
     Cari Amici bentrovati..... Dopo avervi offerte Meditazioni quotidiane per il 2014: Meditazioni quotidiane per Dicembre e il Tempo di Natale 2014 Epifania 2015


    (dentro troverete i collegamenti per i mesi passati), veniamo ora al 2015... buona lettura!


    Roberto Benigni faccia pure il comico ma non il prete


     

    "lo spettacolo dei Dieci Comandamenti", così definisce senza remore, Roberto Benigni, le sue due serate sulla Rai, il 15 e il 16 dicembre 2014, con puntate da record degli ascolti, ma anche di un suo compenso personale di ben 4 milioni di euro!

    Sì, avete letto bene: 4 milioni di euro per 3 ore o poco più di spettacolo, in due serate, sui Dieci Comandamenti.....

    Fa pensare che nessuno si scandalizza di questo compenso che è davvero immorale a fronte della crisi economica che stiamo vivendo, per la sproporzione  di un solo incasso senza fare nulla... e poi ci si scandalizza dello stipendio del prete, dell'8xmille et similia.

    Ma non ci occuperemo di queste finanze, questo era solo un accenno per farvi meditare su certe sproporzioni che vengono applaudite e fanno successo.

    Ciò di cui vogliamo invece parlare è il contenuto di questa strana e moderna "catechesi" sui Comandamenti di Dio per l'uomo.

    Diciamo subito che non abbiamo nulla da ridire sull'arte tipica di Benigni che gli è propria, di come ci sappia fare, ciò che gli contestiamo è il contenuto di questa "catechesi" e la diffusione di certa confusione.

    Senza perderci in chiacchiere l'introduzione stessa ai Comandamenti non ha nulla di teologico o di catechetico, Benigni entra nell'argomento con la sua arte che è quella del comico, e lo fa bene!

    Nella seconda serata, per esaltare la prima puntata e ricalcare il successo degli indici di ascolto, Benigni scherza (ma neppure troppo) e fa diverse battute del tipo:

    "... la gente mi incontrava ma non mi chiedeva l'autografo, ma in quale parrocchia ero, se potevo confessarli, ecc..." insomma, tutti vorrebbero avere un prete, o il proprio prete parroco, come Benigni.

    Siamo alla dissacrazione del ruolo del Prete, ma a chi vuoi che importi?

    Se il prete tace sui Comandamenti, ecco che anche uno come Benigni è benvenuto a parlarne e se, per caso, persino Enzo Bianchi interviene per fare i suoi complimenti a Benigni, allora siamo al completo, ma i conti non tornano.

    Oramai siamo arrivati al punto che il laico, la laicità, ha preso il sopravvento e gestisce il ruolo del prete, della vera religione, della autentica catechesi e tutto viene trattato laicamente.

    Veniamo al sodo.

    Benigni nel parlare del quinto Comandamento (il non uccidere) dice davvero delle cose stupende e che non fanno ridere. Il pubblico non ride, infatti, e non applaude per ogni frase. Nel lungo - e giusto - elenco in cui specifica come l'uomo di oggi è giunto a calpestare questo Comandamento, Benigni omette (volutamente?) l'omicidio dell'aborto.... eppure il Papa, proprio nel Messaggio di Natale, davanti a milioni di persone, specifica di come l'aborto sia ed è un vero omicidio:

    "Gesù Bambino. Il mio pensiero va a tutti i bambini oggi uccisi e maltrattati, sia a quelli che lo sono prima di vedere la luce, privati dell’amore generoso dei loro genitori e seppelliti nell’egoismo di una cultura che non ama la vita..." (1)

    I cinque minuti dedicati a questo Comandamento non hanno fatto ridere e, si sa, bisogna intrattenere il pubblico con qualcosa di brioso, altrimenti ci si annoia e così arriva il sesto comandamento nel quale Benigni scatena tutta la sua comicità ma anche incompetenza dottrinale.

    E lo fa con il solito modo che il modernista sa fare meglio: attaccando la Chiesa, accusando la Chiesa di ogni malefatta, mentendo contro la Chiesa.

    E nel fare questo ecco che il pubblico si sveglia scompisciandosi dalle risate....

    Non staremo qui a fare una analisi sul fatto che parlare di sesso fa sempre ridere, è come una sorta di esorcizzazione delle responsabilità che questo strumento (l'uso della sessualità) comporta, e perciò è sempre meglio buttarla a ridere...

    Un pubblico dall'aspetto ebete e davvero ignorante sul tema il quale, avendo pagato il suo posto in prima fila, pretende quasi il divertimento, lo spettacolo, e Benigni si dimostra ancora una volta capace di farlo, ma a discapito della verità, a discapito della Chiesa.

    Innanzi tutto Benigni fa confusione nel separare volutamente gli "atti impuri" dall'adulterio e accusa la Chiesa di aver "cambiato il Comandamento" in passato, inventandosi il peccato degli "atti impuri" che per lui non sono "un peccato".

    Ma è davvero come dice lui?

    No!

    Adulterio significa letteralmente "falsificare" e il Comandamento intende mettere in guardia l'uomo dal falsificare l'uso del sesso che è appunto lo strumento della procreazione. Tanto è vero che dopo la prima fase comica della spiegazione, Benigni cerca di riprendere il vero argomento sull'adulterio parlando della fedeltà coniugale, del rispetto della dignità della donna, ecc...

    La comicità è tutta tesa a prendere in giro la Chiesa "del passato", una vera matrigna spiona che stava lì a vedere quante volte uno si masturbava....

    Benigni stravolge il senso pieno di questo Comandamento seminando falsità sull'autentico Magistero della Chiesa a riguardo della morale.

    Gli "atti impuri" fanno parte del pacchetto del sesto Comandamento, sono l'altra faccia della medesima medaglia, non sono separabili dal contesto della fedeltà coniugale.

    Tanto è che Benigni fa confusione anche fra la castità e il celibato sacerdotale.

    Lo fa con la solita battuta trita e ritrita contro il prete che non rispetta questo Comandamento, strappando le solite risate di un pubblico ebete ed ignorante in materia, ma pagante eh!

    Alla "castità" sono chiamati TUTTI i fedeli, anche i coniugi, ma spieghiamo il come e il perchè attraverso la voce di un teologo:

    "Isidoro, eruditissimo vescovo di Siviglia nel VII secolo, scrive nella sua enciclopedia che la parola «casto» è connessa con «castrazione» e conferma con autorevolezza l’idea che si possa dire casto in senso stretto chi non esercita la sessualità e si fa «eunuco per il Regno» (Mt 19,12 ).

    In questa prospettiva che assimila castità e astinenza, la vera castità matrimoniale consiste nell’astenersi il più possibile dall’avere intimità sessuali. Non sono mancati nella storia della Chiesa, specie nei primi secoli coloro che- come sant’Agostino - hanno proposto agli sposi l’ideale della continenza sessuale come mezzo per crescere nella vita spirituale e nell’amore coniugale cristiano.

    La castità, nella prospettiva della teologia postconciliare, non si identifica con l’astensione dai rapporti sessuali, ma definisce la capacità della persona di essere fedele alla verità della sessualità.

    La virtù della castità orienta il cammino di ciascuno verso una armoniosa integrazione delle energie sessuali, della capacità di amare, dei vissuti, dei desideri nel progetto unitario della persona (Cfr Catechismo Chiesa Cattolica 2337).

    La castità, sotto questo punto di vista, fa parte della tensione positiva e costruttiva che dirige interiormente la persona verso livelli sempre più soddisfacenti di pienezza. La persona casta è la persona con lo sguardo trasparente e con il cuore liberato dalla durezza.

    Per raggiungere questa meta, la castità richiede di purificare le spinte egoistiche e distruttive della sessualità (ad esempio l'heros - si legga la Deus Caritas est di Benedetto XVI) e di volgerle verso un progetto di comunione e di vita, attraverso il superamento e il controllo delle dinamiche deformanti che la concupiscenza può generare nel vissuto sessuale di ciascuno «Secondo la visione cristiana - si legge in  Familiaris Consortio 33 - la castità non significa affatto né rifiuto né disistima della sessualità umana, significa piuttosto energia spirituale che sa difendere l’amore dai pericoli dell’egoismo e dell’aggressività e sa promuoverlo verso la sua piena realizzazione».

    La beatitudine dei puri di cuore vale per tutti i cristiani perché la castità si modella sulla vocazione di ciascuno e così, come c’è la castità dei consacrati, c’è la castità degli sposati, la castità dei fidanzati, la castità dei vedovi..." (2)

     

    Nel pacchetto del sesto Comandamento è connesso tutta una serie di atti che indicano la funzione della sessualità e condannano l'uso improprio della sessualità per altri fini. La castità è certo quel "farsi eunuchi per il regno dei cieli" ma non è solo questo, è proprio una cultura, un comportamento che deve partire dalla mente, dai pensieri puri. Dice San Paolo:

    "Quanto alla fornicazione e a ogni specie di impurità o cupidigia, neppure se ne parli tra voi, come si addice a santi;  lo stesso si dica per le volgarità, insulsaggini, trivialità: cose tutte sconvenienti. Si rendano invece azioni di grazie!  Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro - che è roba da idolàtri - avrà parte al regno di Cristo e di Dio..."(Ef.5, 3 - 31)

    Sempre a riguardo della castità San Paolo offre dei consigli a riguardo di una situazione che si è verificata nella comunità dei Corinzi:

    "Quanto poi alle cose di cui mi avete scritto, è cosa buona per l'uomo non toccare donna;  tuttavia, per il pericolo dell'incontinenza, ciascuno abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito. Il marito compia il suo dovere verso la moglie; ugualmente anche la moglie verso il marito.  La moglie non è arbitra del proprio corpo, ma lo è il marito; allo stesso modo anche il marito non è arbitro del proprio corpo, ma lo è la moglie.  Non astenetevi tra voi se non di comune accordo e temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a stare insieme, perché satana non vi tenti nei momenti di passione.  Questo però vi dico per concessione, non per comando.  Vorrei che tutti fossero come me; ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro. Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io;  ma se non sanno vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere". (1Cor. 7, 1-40)

    L'astenersi dai rapporti ha dunque un significato preciso, un compito: quello di pregare, astenersi di comune accordo e, sottolinea Paolo "temporaneamente", per dedicarsi alla preghiera.

    La "fornicazione" dunque non è come spiegato da Benigni che ha buttato tutto in vacca e spiegato in termini comici.... ma è qualcosa di serio e di grave che ci allontana da Dio.

    Per Benigni, si è capito benissimo, la masturbazione non è peccato ma poi sottolinea l'importanza della fedeltà coniugale e dunque sottolinea che il sesto Comandamento vieta il sesso al di fuori del matrimonio...

    La castità non è una robetta per vecchi decrepiti o una battuta per preti infedeli, riguarda tutti e per tutti non c'è nulla da ridere: " Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro - che è roba da idolàtri - avrà parte al regno di Cristo e di Dio..." (Ef.5, 3 - 31)

    Per concludere.

    Benigni afferma più volte che la Chiesa ha "cambiato il Comandamento" da "non commettere adulterio" al tipico "non commettere atti impuri", ma sbaglia di grosso.

    La Chiesa che è depositaria e custode della Verità, della stessa Scrittura e Tradizione (cfr 1Tim. 3,15), in quanto Madre e Maestra offre ai suoi figli in ogni tempo l'approfondimento di un tema specifico a seconda della necessità del proprio tempo.

    Lo abbiamo visto con il quinto Comandamento del non uccidere dove non si specifica chi è la vittima anche se, nella Scrittura, è chiaro il riferimento all'Ebreo che non doveva uccidere un altro Ebreo, ma con l'avvento del Cristo il "non uccidere" si allarga, si dilata comprendendo non solamente le vicende all'interno del popolo ebraico, bensì ben oltre.

    Nella famosa Lettera a Diogneto c'è la descrizione di come si potevano distinguere i Cristiani, al cap.V vv 6 e 7 leggiamo:

    "Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto..."

    Per il sesto Comandamento la Chiesa intese specificare che il monito divino non riguardava esclusivamente gli sposati, ma anche i non sposati.

    Per questo la Chiesa, che è Madre, insistette per un certo periodo sul "non commettere atti impuri" che riguardava tutti, sposati e non sposati.

    La Chiesa non ha affatto cambiato i Comandamenti e Benigni dovrebbe avere la coscienza di riparare a questo grave torto, a questa grave calunnia che ha fatto nei confronti della Chiesa davanti a milioni di spettatori e per un compenso superiore a quello di Giuda, con l'aggravante che i 4 milioni di euro Benigni se li è pure tenuti senza pentirsi e senza fare le sue scuse alla Chiesa per la menzogna che ha detto.

     

    Da Benigni non ci aspettiamo nulla di più, men che meno un "mea culpa", ma da Voi che ci leggete sì, pretendiamo l'onestà di mente e di cuore nei confronti delle menzogne che si seminano contro la Chiesa del passato, come se ciò che "ieri" era peccato oggi non lo è più, ma leggiamo alcune riflessioni del Papa:

    «La Chiesa a volte si è fatta rinchiudere in piccole cose, in piccoli precetti. La cosa più importante è invece il primo annuncio: “Gesù Cristo ti ha salvato!”. E i ministri della Chiesa devono innanzitutto essere ministri di misericordia. Il confessore, ad esempio, corre sempre il pericolo di essere o troppo rigorista o troppo lasso. Nessuno dei due è misericordioso, perché nessuno dei due si fa veramente carico della persona. Il rigorista se ne lava le mani perché lo rimette al comandamento. Il lasso se ne lava le mani dicendo semplicemente “questo non è peccato” o cose simili. Le persone vanno accompagnate, le ferite vanno curate» (Intervista Papa Francesco a Civiltà Cattolica, agosto 2013)

    “Ci sono cristiani luminosi, pieni di luce – osserva il Papa - che cercano di servire il Signore con questa luce” e “ci sono cristiani tenebrosi” che conducono “una vita di peccato, una vita lontana dal Signore” e usano quelle quattro parole che “sono del maligno”. “Ma c’è un terzo gruppo di cristiani”, che non sono “né luminosi né bui”: “Sono i cristiani del grigio. E questi cristiani del grigio una volta stanno da questa parte, un’altra da quella. La gente di questi dice: ‘Ma questa persona sta bene con Dio o col diavolo?’ Eh? Sempre nel grigio. Sono i tiepidi. Non sono né luminosi né oscuri. E questi Dio non li ama. Nell’Apocalisse, il Signore, a questi cristiani del grigio, dice: ‘Ma no, tu non sei né caldo né freddo. Magari fossi caldo o freddo. Ma perché sei tiepido – così del grigio – sto per vomitarti dalla mia bocca’. Il Signore è forte con i cristiani del grigio. ‘Ma io sono cristiano, ma senza esagerare!’ dicono, e fanno tanto male, perché la loro testimonianza cristiana è una testimonianza che alla fine semina confusione, semina una testimonianza negativa”. Non lasciamoci ingannare dalle parole vuote – è l’esortazione del Papa – “ne sentiamo tante, alcune belle, ben dette, ma vuote, senza niente dentro”. Comportiamoci invece come figli della luce. “Ci farà bene oggi pensare al nostro linguaggio” – conclude Papa Francesco -  e domandiamoci: “Sono cristiano della luce? Sono cristiano del buio? Sono cristiano del grigio? E così possiamo fare un passo avanti per incontrare il Signore”. (Papa Francesco - Omelia a Santa Marta del 27.10.2014)

    “Forza e coraggio”. Papa Francesco ha incentrato la sua omelia sulle parole di San Paolo che, rivolgendosi agli Efesini, “sviluppa in un linguaggio militare la vita cristiana”.

    Il Pontefice ha sottolineato che “la vita in Dio si deve difendere, si deve lottare per portarla avanti”. Ci vogliono dunque forza e coraggio “per resistere e per annunziare”. Per “andare avanti nella vita spirituale – ha riaffermato – si deve combattere.

    Non è un semplice scontro, no, è un combattimento continuo”. Francesco ha quindi rammentato che sono tre “i nemici della vita cristiana”: “il demonio, il mondo e la carne”, ovvero le nostre passioni, “che sono le ferite del peccato originale”. Certo, ha osservato, “la salvezza che ci dà Gesù è gratuita”, ma siamo chiamati a difenderla:

    “Da che devo difendermi? Cosa devo fare? ‘Indossare l’armatura di Dio’, ci dice Paolo, cioè quello che è di Dio ci difende, per resistere alle insidie del diavolo. E’ chiaro? Chiaro.

    Non si può pensare ad una vita spirituale, ad una vita cristiana, diciamo ad una vita cristiana, senza resistere alle tentazioni, senza lottare contro il diavolo, senza indossare questa armatura di Dio, che ci dà forza e ci difende”. (Papa Francesco - Omelia a Santa Marta del 30.10.2014)

     

    Note

    1) Papa Francesco Messaggio Urbi et Orbi Natale 2014

    2) Padre M. Faggioni su Toscana oggi il teologo risponde

     



    Un sacerdote risponde
    http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=4327 

    Perché si è passati dal divieto di adulterio a quello più generale di non commettere atti impuri

    Quesito

    Salve padre,
    vorrei sapere la giusta interpretazione del comandamento "non adulterio" poi trasformato dalla chiesa i "non commettere atti impuri", ma soprattutto vorrei sapere perchè la chiesa ha cambiato questo comandamento. 
    L'altra sera Benigni nella sua trasmissione dedicata ai 10 comandamenti ha parlato di alcune modifiche effettuate da parte della chiesa rispetto ai comandamenti "originali" dati a Mosè. 
    Non commettere adulterio significa non tradire, non commettere atti impuri significa non commettere qualsiasi atto legato al sesso. 
    Dovremmo prendere in considerazione il comandamento di Dio e non dell'uomo, e dunque qual è l'atteggiamento giusto da avere in merito a questa questione? Sono un credente e vorrei questa delucidazione. 
    Grazie in anticipo. 
    Cordiali saluti

     

    Risposta del sacerdote

    Carissimo,
    1. Benigni non è un esperto di Sacra Scrittura e su questo punto è inciampato in maniera abbastanza clamorosa.
    È vero che il sesto comandamento dice di non commettere adulterio, ma in molti altri passi della Bibbia vengono proibiti tutti gli altri peccati carnali che sono menzionati esplicitamente uno dietro l’altro.

    2. Anche per il quinto comandamento si legge il divieto lapidario “Non uccidere”. Ma subito dopo, nel capitolo seguente dell’Esodo, si condannano altri peccati che hanno attinenza con il rispetto della persona e vengono puntiti con la medesima pena.
    Ad esempio: “Colui che percuote suo padre o sua madre, sarà messo a morte.
    Colui che rapisce un uomo, sia che lo venda sia che lo si trovi ancora in mano sua, sarà messo a morte” (Es 21,15-16).

    3. La stessa cosa avviene anche per il quarto comandamento che recita così. “Onora il padre e la madre”. Nel capitolo seguente si legge: “Colui che maledice suo padre o sua madre, sarà messo a morte” (Es 21,17).
    Ugualmente anche per il primo comandamento che dice “Non avrai altro Dio fuori di me” (Es 20,3). Nel libro del Levitico, all’interno del cosiddetto codice di santità che va dal capitolo 17 al capitolo 26 si proibisce di recarsi dai negromanti: “Se un uomo si rivolge ai negromanti e agli indovini, per darsi alle superstizioni dietro a loro, io volgerò il mio volto contro quella persona e la eliminerò dal suo popolo” (Lv 20,6).

    4. Non ci si deve meravigliare se la stessa cosa sia avvenuta anche per il sesto comandamento, che in Es 20,14 proibisce di commettere adulterio.
    Ma nel Levitico 20,10 vengono condannati anche altri peccati che non sono adulterio, come ad esempio: “Se uno ha rapporti con la nuora, tutti e due dovranno essere messi a morte; hanno commesso una perversione: il loro sangue ricadrà su di loro.
    Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte: il loro sangue ricadrà su di loro.
    Se uno prende in moglie la figlia e la madre, è un'infamia; si bruceranno con il fuoco lui e loro, perché non ci sia fra voi tale delitto.L'uomo che si accoppia con una bestia dovrà essere messo a morte; dovrete uccidere anche la bestia” (Lv 20, 12-15).
    Ugualmente in Dt 22,22-24 si leggono altre proibizioni: “Quando un uomo verrà trovato a giacere con una donna maritata, tutti e due dovranno morire: l'uomo che è giaciuto con la donna e la donna. Così estirperai il male da Israele. Quando una fanciulla vergine è fidanzata e un uomo, trovandola in città, giace con lei, condurrete tutti e due alla porta di quella città e li lapiderete a morte: la fanciulla, perché, essendo in città, non ha gridato, e l'uomo perché ha disonorato la donna del suo prossimo. Così estirperai il male in mezzo a te” (Dt 22,22-24). Nel primo caso si tratta di adulterio, ma nel secondo no.

    5. Se poi passiamo al Nuovo Testamento a proposito dei peccati carnali troviamo diverse affermazioni.
    Come ad esempio quella di Nostro Signore quando dice che è adulterio e cioè colpa grave anche solo il peccato concepito nel cuore: “Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore” (Mt 5,27-28).

    6. In San Paolo le precisazioni sono innumerevoli.
    Ed è comprensibile il motivo. San Paolo girando per il mondo a motivo della predicazione del Vangelo, è venuto a contatto con la dissolutezza delle popolazioni pagane e condanna peccati che non erano presenti in Israele, come quello dell’impurità personale (autoerotismo), della fornicazione, della sodomia.
    E li condanna alla luce di queste affermazioni: “il corpo non è per l’impurità, ma per il Signore e il Signore è per il corpo” (1 Cor 6,13) e “Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo?... che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo” (1 Cor 6,15.19-20).

    7. Specificando i peccati carnali, accanto all’adulterio mette la fornicazione, l’impurità che è sinonimo di autoerotismo, l’effeminatezza e la sodomia. Ecco il testo: “Non ingannatevi: né fornicatori, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti... prenderanno possesso del Regno di Dio” (1 Cor 6,9-10).
    In Galati, accanto alla fornicazione e all’impurità mette anche il libertinaggio e cose del genere: “Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggi e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come ho già detto, che chi le compie non erediterà il Regno di Dio” (Gal 5,19-21).
    Ugualmente in Efesini dice: “Perché sappiatelo bene, nessun fornicatore o impuro,... avrà parte del Regno di Cristo e di Dio” (Ef 5,5).

    8. Nella prima lettera ai Tessalonicesi tocca l’impurità o impudicizia in termini estremamente chiari: “Perché questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dall’impudicizia, che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto, non come oggetto di passioni e di libidine, come i pagani che non conoscono Dio” (1 Tss 4,3-5). 
    E poi prosegue con termini forti perché nessuno inganni in questa materia perché non rimarrà impunito: “Nessuno offenda o inganni in questa materia il proprio fratello, perché il Signore è vindice di tutte queste cose, come già vi abbiamo detto e attestato.
    Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione.
    Perciò chi disprezza queste norme, non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che ci dona il suo santo Spirito” (1 Tss 4,6-8).

    9. Benigni si è fermato al testo dell’Esodo, senza leggere il resto. 
    Ma prendere un versetto, fermarsi a quello senza leggere quello che si dice altrove, è fondamentalismo, a dir poco.
    Benigni ha detto di essersi fatto consigliare da un pastore valdese, di cui non riferisco il nome.
    Ma sappiamo bene che per i protestanti e per i valdesi l’uomo, anche quando compie ciò che deve fare, commette peccato mortale. E si salva non in virtù della grazia di Dio che lo trasforma interiormente attraverso la conversione, ma semplicemente coprendo il peccato, che in realtà rimane in tutta la sua gravità.
    L’uomo si salverebbe solo in virtù della fede che non mira a trasformare la condotta, ma che si riduce a consapevolezza che Dio perdona in virtù del sacrificio di Cristo.
    Per questo Lutero diceva: “pecca fortemente, ma credi ancor più fortemente” (pecca fortiter, sed crede fortius).

    10. A questo punto allora tutte le distinzioni dei peccati carnali fatte da San Paolo, che doveva della Divina Rivelazione e i cui scritti fanno parte della Sacra Scritura, sarebbero senza senso. 
    E senza senso sarebbe anche ciò che San Paolo dice di conseguenza: che chi li compie non erediterà il Regno di Dio, perché basterebbe la fede per salvarsi!
    Ma san Paolo non parla ai corinzi, ai galati, agli efesini che erano pagani, ma a quelli che si erano convertiti, a quelli che avevano già la fede.

    Non è dunque la fede da sola a salvare, ma la fede che è seguita dalle opere, come ricorda San Paolo in Gal 5,26 quando dice: “Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità” e come afferma anche San Giacomo: “Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta” (Gc 2,26).
    Del resto Nostro Signore stesso aveva detto: “Non chiunque mi dice: «Signore, Signore», entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: «Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?». Ma allora io dichiarerò loro: «Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l'iniquità!»” (Mt 7,21-23).

    11. Un minimo di informazione avrebbe potuto aiutare Benigni a non fare questi svarioni e, speriamo, a non procurare danno alle anime.
    D’altra parte la Chiesa quando ha presentato i comandamenti con formulazione catechistica, e pertanto da memorizzare, ha dovuto condensare e talvolta, come nel caso del sesto comandamento, ha dovuto usare un’espressione generica che per comprenderli tutti, come del resto ha fatto san Paolo quando in 1 Tss 4,7 quando ha detto: Dio non ci ha chiamati all’impurità.

    Ti ringrazio del quesito, ti ricordo al Signore e ti benedico. 
    Padre Angelo


    [Modificato da Caterina63 01/11/2015 00:24]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 11/01/2015 14:05

    FESTA DEL BATTESIMO DEL SIGNORE
    CELEBRAZIONE DELLA SANTA MESSA
    E BATTESIMO DI ALCUNI BAMBINI

    OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

    Cappella Sistina
    Domenica, 11 gennaio 2015

    [Multimedia]



     

    Abbiamo ascoltato nella prima Lettura che il Signore si preoccupa dei suoi figli come un genitore: si preoccupa di dare ai suoi figliun cibo sostanzioso. Mediante il profeta Dio dice: «Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia?» (Is 55,2). Dio, come un bravo papà e una brava mamma, vuole dare cose buone ai suoi figli. E che cos’è questo cibo sostanzioso che Dio ci dà? E’ la sua Parola: la sua Parola ci fa crescere, ci fa portare buoni frutti nella vita, come la pioggia e la neve fanno bene alla terra e la rendono feconda (cfr Is 55,10-11). Così voi, genitori, e anche voi, padrini e madrine, nonni, zii, aiuterete questi bambini a crescere bene se darete loro la Parola di Dio, il Vangelo di Gesù. E anche darlo con l’esempio! Tutti i giorni, prendete l’abitudine di leggere un brano del Vangelo, piccolino, e portate sempre con voi un piccolo Vangelo in tasca, nella borsa, per poterlo leggere. E questo sarà l’esempio per i figli, vedere papà, mamma, i padrini, nonno, nonna, gli zii, leggere la Parola di Dio.

    Voi mamme date ai vostri figli il latte – anche adesso, se piangono per fame, allattateli, tranquilli. Ringraziamo il Signore per il dono del latte, e preghiamo per quelle mamme – sono tante, purtroppo – che non sono in condizione di dare da mangiare ai loro figli. Preghiamo e cerchiamo di aiutare queste mamme. Dunque, quello che fa il latte per il corpo, la Parola di Dio lo fa per lo spirito: la Parola di Dio fa crescere la fede. E grazie alla fede noi siamo generati da Dio. E’ quello che succede nel Battesimo. Abbiamo ascoltato l’apostolo Giovanni: «Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio» (1 Gv 5,1). In questa fede i vostri bambini vengono battezzati. Oggi è la vostra fede, cari genitori, padrini e madrine. E’ la fede della Chiesa, nella quale questi piccoli ricevono il Battesimo. Ma domani, con la grazia di Dio, sarà la loro fede, il loro personale “sì” a Gesù Cristo, che ci dona l’amore del Padre.

    Dicevo: è la fede della Chiesa. Questo è molto importante. Il Battesimo ci inserisce nel corpo della Chiesa, nel popolo santo di Dio. E in questo corpo, in questo popolo in cammino, la fede viene trasmessa di generazione in generazione: è la fede della Chiesa. E’ la fede di Maria, nostra Madre, la fede di san Giuseppe, di san Pietro, di sant’Andrea, di san Giovanni, la fede degli Apostoli e dei Martiri, che è giunta fino a noi, attraverso il Battesimo: una catena di trasmissione di fede. E’ molto bello questo! E’ un passarsi di mano in mano la candela della fede: lo esprimeremo anche tra poco con il gesto di accendere le candele dal grande cero pasquale.
    Il grande cero rappresenta Cristo risorto, vivo in mezzo a noi. Voi, famiglie, prendete da Lui la luce della fede da trasmettere ai vostri figli. Questa luce la prendete nella Chiesa, nel corpo di Cristo, nel popolo di Dio che cammina in ogni tempo e in ogni luogo. Insegnate ai vostri figli che non si può essere cristiano fuori dalla Chiesa, non si può seguire Gesù Cristo senza la Chiesa, perché la Chiesa è madre, e ci fa crescere nell’amore a Gesù Cristo.

    Un ultimo aspetto emerge con forza dalle Letture bibliche di oggi: nel Battesimo siamo consacrati dallo Spirito Santo. La parola “cristiano” significa questo, significa consacrato come Gesù, nello stesso Spirito in cui è stato immerso Gesù in tutta la sua esistenza terrena. Lui è il “Cristo”, l’unto, il consacrato, i battezzati siamo “cristiani”, cioè consacrati, unti . E allora, cari genitori, cari padrini e madrine, se volete che i vostri bambini diventino veri cristiani, aiutateli a crescere “immersi” nello Spirito Santo, cioè nel calore dell’amore di Dio, nella luce della sua Parola.
    Per questo, non dimenticate di invocare spesso lo Spirito Santo, tutti i giorni. “Lei prega, Signora?” – “Sì” - “Chi prega?” – “Io prego Dio” - Ma “Dio”, così, non esiste: Dio è persona e in quanto persona esiste il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. “Tu chi preghi?” – “Il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo”. Di solito preghiamo Gesù. Quando preghiamo il “Padre Nostro”, preghiamo il Padre. Ma lo Spirito Santo non lo preghiamo tanto. E’ tanto importante pregare lo Spirito Santo, perché ci insegna a portare avanti la famiglia, i bambini, perché questi bambini crescano nell’atmosfera della Trinità Santa. E’ proprio lo Spirito che li porta avanti. Per questo non dimenticate di invocare spesso lo Spirito Santo, tutti i giorni. Potete farlo, per esempio, con questa semplice preghiera: “Vieni, Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore”. Potete fare questa preghiera per i vostri bambini, oltre che naturalmente per voi stessi!

    Quando fate questa preghiera, sentite la presenza materna della Vergine Maria. Lei ci insegna a pregare lo Spirito Santo, e a vivere secondo lo Spirito, come Gesù. La Madonna, nostra madre, accompagni sempre il cammino dei vostri bambini e delle vostre famiglie. Così sia.



    ANGELUS

    Piazza San Pietro
    Domenica, 11 gennaio 2015

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    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Oggi celebriamo la festa del Battesimo del Signore, che conclude il tempo di Natale. Il Vangelo descrive ciò che avvenne sulla riva del Giordano. Nel momento in cui Giovanni Battista conferisce il battesimo a Gesù, il cielo si apre. «Subito – dice san Marco – uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli» (1,10). Torna alla mente la drammatica supplica del profeta Isaia: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!» (Is 63,19). Questa invocazione è stata esaudita nell’evento del Battesimo di Gesù. È così finito il tempo dei “cieli chiusi”, che stanno ad indicare la separazione tra Dio e l’uomo, conseguenza del peccato. Il peccato ci allontana da Dio e interrompe il legame tra la terra e il cielo, determinando così la nostra miseria e il fallimento della nostra vita. I cieli aperti indicano che Dio ha donato la sua grazia perché la terra dia il suo frutto (cfr Sal 85,13). Così la terra è diventata la dimora di Dio fra gli uomini e ciascuno di noi ha la possibilità di incontrare il Figlio di Dio, sperimentandone tutto l’amore e l’infinita misericordia. Lo possiamo incontrare realmente presente nei Sacramenti, specialmente nell’Eucaristia. Lo possiamo riconoscere nel volto dei nostri fratelli, in particolare nei poveri, nei malati, nei carcerati, nei profughi: essi sono carne viva del Cristo sofferente e immagine visibile del Dio invisibile.

    Con il Battesimo di Gesù non solo si squarciano i cieli, ma Dio parla nuovamente facendo risuonare la sua voce: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento» (Mc 1,11). La voce del Padre proclama il mistero che si nasconde nell’Uomo battezzato dal Precursore.

    E poi la discesa dello Spirito Santo, in forma di colomba: questo consente al Cristo, il Consacrato del Signore, di inaugurare la sua missione, che è la nostra salvezza. Lo Spirito Santo: il grande dimenticato nelle nostre preghiere. Noi spesso preghiamo Gesù; preghiamo il Padre, specialmente nel “Padre Nostro”; ma non tanto frequentemente preghiamo lo Spirito Santo, è vero? E’ il dimenticato. E abbiamo bisogno di chiedere il suo aiuto, la sua fortezza, la sua ispirazione. Lo Spirito Santo che ha animato interamente la vita e il ministero di Gesù, è il medesimo Spirito che oggi guida l’esistenza cristiana, l’esistenza di uomo e di una donna che si dicono e vogliono essere cristiani. Porre sotto l’azione dello Spirito Santo la nostra vita di cristiani e la missione, che tutti abbiamo ricevuto in virtù del Battesimo, significa ritrovare coraggio apostolico necessario per superare facili accomodamenti mondani. Invece, un cristiano e una comunità “sordi” alla voce dello Spirito Santo, che spinge a portare il Vangelo agli estremi confini della terra e della società, diventano anche un cristiano e una comunità “muti” che non parlano e non evangelizzano.

    Ma ricordatevi questo: pregare spesso lo Spirito Santo perché ci aiuti, ci dia la forza, ci dia l’ispirazione e ci faccia andare avanti.

    Maria, Madre di Dio e della Chiesa, accompagni il cammino di tutti noi battezzati; ci aiuti a crescere nell’amore verso Dio e nella gioia di servire il Vangelo, per dare così senso pieno alla nostra vita.


    Dopo l'Angelus:

    Cari fratelli e sorelle,

    saluto tutti voi, romani e pellegrini!

    Con piacere saluto il gruppo di studenti dagli Stati Uniti d’America, come pure l’Associazione Laici Amore Misericordioso. C’è tanto bisogno oggi di misericordia, ed è importante che i fedeli laici la vivano e la portino nei diversi ambienti sociali. Avanti! Noi stiamo vivendo il tempo della misericordia, questo è il tempo della misericordia.

    Domani sera partirò per un viaggio apostolico in Sri Lanka e nelle Filippine. Grazie del vostro augurio in quel cartello, grazie tante!  E vi chiedo per favore di accompagnarmi con la preghiera e chiedo anche agli Srilankesi e ai Filippini che sono qui a Roma che preghino specialmente per me per questo viaggio. Grazie!

    Auguro a tutti una buona domenica, anche se è un po’ brutto il tempo, ma una buona domenica. E oggi è anche un giorno per ricordare con gioia il proprio Battesimo. Ricordatevi quello che vi ho chiesto, di cercare la data del Battesimo, così ognuno di noi potrà dire: io sono stato battezzato il tal giorno. Che oggi ci sia la gioia del Battesimo.

    Non dimenticatevi di pregare per me.





    [Modificato da Caterina63 11/01/2015 19:24]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.989
    Sesso: Femminile
    00 11/01/2015 22:49

       Comprendere bene il tollerare e la tolleranza 

     

    Dopo aver meditato su questi temi:

    IL PECCATO ORIGINALE SPIEGATO in modo SEMPLICE

    Il cattolicesimo moderno dei SENSI DI COLPA

    Il Perdono e la vera giustizia nella Dottrina Cattolica

     Con la Sapienza divina possiamo giudicare

    veniamo ora a cercare di riflettere sul termine "tollerare", come viverlo e dove.

    Il termine "tollerare", come diversi termini ad oggi, ha subito anch'esso una deviazione nel suo significato etimologico. Sembra quasi che tollerare sia diventato oggi un diritto, una legge attraverso la quale far passare piuttosto tutte le aberrazioni che, tollerate e tollerabili, non hanno affatto alcun diritto nell'imporsi.

    Tollerare deriva da una radice indo-germanica: tal= portare, sollevare, pesare.... da thul-ian e dall' anglo-sassone tholian = sopportare; thul-ains= tolleranza; infine tàlanton= portare, peso, bilancia. Con l'affermarsi del termine si venne ad indicare così, dal latino "tolerare", il portare un peso, il su-portare (=sopportare).

    Tollerare, quindi, significa sopportare e non certo "accettare" supinamente, specialmente passivamente o persino attivamente, ogni forma di peccato. Nulla da spartire con alcun sincretismo etico, morale o religioso che fosse o si pretendesse.

    E non è la rassegnazione al peccato, all'errore.

    Si tollera perchè dietro agli errori ci sono le persone, gli uomini salvati e redenti da Gesù, siamo costati tanto a Gesù, e come Lui sopporta noi, anche noi abbiamo il dovere di sopportare chi non comprende e i cosiddetti "nemici" che, appunto, nel Vangelo siamo invitati ad amare. La tolleranza è un dovere di civiltà e democrazia, ma chi vuole essere tollerato ha anch'egli il dovere di corrispondere ai diritti della legge naturale, dell'etica e della corretta morale.

    Perchè la tolleranza sia veramente quale deve essere applicata, devono corrispondere anche i doveri.

    Possiamo fare il classico esempio della prostituzione che, essendo antica quanto il mondo e l'uomo stesso, è tollerabile dal momento che nessuno può imporre con la forza la corretta morale e tuttavia lo Stato stesso ha il dovere di educare la società ricordando, appunto, come la prostituzione non sia affatto una bella situazione per la donna che la vive e come dietro a questo mercato del corpo si nutre piuttosto la malavita organizzata, lo sfruttamento, la tratta dei nuovi schiavi e di una moderna schiavitù, per non parlare del riciclaggio del danaro proveniente dalla droga e da altri mercati immorali e dalla vendita stessa del proprio corpo.

    Se dunque della prostituzione è tollerare la persona che si prostituisce (cercando sempre di ricondurla sulla retta via come lo stesso indimenticabileDon Oreste Benzi ci ha insegnato - vedi qui), deve diventare intollerante lo Stato verso questo traffico umano, quando dietro a questo mercato s'impinguano i papponi e quant'altro. E per questo infatti ci sono le leggi che tentano di impedire il proliferare della prostituzione cercando di mantenerla a livelli, appunto detti, tollerabili.

    Così un buon cristiano non può tollerare, mai, qualsiasi atto peccaminoso sotto la falsa mantella del "male minore", in questo senso parla tutto il Vangelo durante la descrizione della vita pubblica di Gesù e dei suoi Discepoli: nessun compromesso con il peccato, tolleranza zero.

    Ma questa intolleranza non è mai rivolta contro le persone, quanto piuttosto contro gli atti immorali che sono ben delineati dai Dieci Comandamenti.

    Quindi la prima vera forma di intolleranza è verso se stessi, verso i propri difetti e peccato. Nessuno che voglia dirsi discepolo del Cristo può agevolare ciò che nei suoi Comandamenti è condannato.

    Ama il prossimo tuo come ami te stesso.

    Quanto è stata strumentalizzata questa espressione!

    Non è possibile amare correttamente il prossimo se tolleriamo in noi stessi il peccato. Per questo il vero Cristiano non è mai un moralista ma bensì un testimone della conversione.

    Vive, cioè, e testimonia con il proprio comportamento ciò che insegna la legge naturale la quale non è un monopolio della Chiesa Cattolica o di una religione, piuttosto appartiene all'uomo stesso, ad ogni uomo di qualsiasi razza, cultura, lingua, nazione o continente e che nel Cristo trova il compimento, lo stile di vita che è "segno di contraddizione" nel mondo il quale, come ben sappiamo, gestito dal principe dei Demoni, marcia contro Dio.

    Se le cose oggi vanno male la responsabilità primaria è di quanti, dicendosi "cattolici" vivono da peccatori contenti del proprio stato, oppure tolleranti verso il peccato proprio e dunque di quello del prossimo, pensando di fare un atto gradito a Dio e al prossimo dimenticando invece il monito ben descritto in Ezechiele:

    - "Figlio d'uomo, io t'ho stabilito come sentinella (..) Se io dico all'empio: "Certamente morirai" e tu non l'avverti e non parli per avvertire l'empio di abbandonare la sua via malvagia perché salvi la sua vita, quell'empio morirà nella sua iniquità, ma del suo sangue domanderò conto a te.

    Ma se tu avverti l'empio, ed egli non si ritrae dalla sua empietà e dalla sua via malvagità, egli morirà nella sua iniquità, ma tu avrai salvato la tua anima. Se poi un giusto si ritrae dalla sua giustizia e commette iniquità, io gli metterò davanti un ostacolo ed egli morirà; poiché tu non l'hai avvertito egli morirà nel suo peccato, e le cose giuste da lui fatte non saranno più ricordate, ma del suo sangue domanderò conto alla tua mano. Se però tu avverti il giusto perché non pecchi e non pecca, egli certamente vivrà perché è stato avvertito, e tu avrai salvato la tua anima" (3,17).

    Il Vangelo ci invita a “porgere l’altra guancia” è vero, accettando le ingiustizie fatte contro di noi quando tali ingiustizie coinvolgono unicamente la nostra persona, ma non invita mai a tollerare l'atto del peccare, anzi, è intollerante verso ogni forma di peccato.

    Non si porge mai l'altra guancia al peccato, semmai la si porge a quel peccatore che, incallito, recidivo e magari anche violento, ci colpisce perché condanniamo ciò che è peccato o perché divulghiamo e viviamo la Buona Novella. Diversamente, il Vangelo stesso, non avrebbe avuto ragione di spiegarci l'umiltà del porgere l'altra guancia, dell'essere perseguitati perché percorriamo la via stretta indicata e battuta dal Cristo stesso. Non a caso  esiste il diritto alla difesa quando, appunto, è in pericolo il nostro prossimo.

     

    Siamo tutti peccatori! E tutti abbiamo bisogno di essere tollerati da Dio a causa dei nostri difetti duri a morire.

    Dio ci tollera quando cerchiamo di correggerci, ma non ci tollera più quando con superbia pretendiamo di rimanere tranquilli e beati nel peccato.

    La differenza sostanziale tra noi peccatori è che nel nostro caso, se siamo veramente di Cristo, ci riconosciamo bisognosi della salvezza, dei Sacramenti, bisognosi di vivere da veri cristiani; nel secondo caso non vogliamo essere salvati, non ci interessa, preferiamo il mondo; e c'è anche un terzo caso in cui - noi peccatori - pretenderemo una salvezza pur continuando a rimanere peccatori, trattasi del famoso "bonismo-perdonismo" finendo per diventare poi anche moralisti, e sono quelli che difendono ad oltranza appunto la tolleranza verso ogni forma di peccato, magari convinti (in buona o fede o meno) che tollerando ogni cosa si finirà per essere perdonati senza aver fatto nulla contro il dilagare del peccato. Ma questo è ingannare se stessi prima e il prossimo come conseguenza.

    " Vae, qui dicunt malum bonum et bonum malum, ponentes tenebras in lucem et lucem in tenebras, ponentes amarum in dulce et dulce in amarum! Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro" (Isaia 5, 20).

    La tolleranza, se ben praticata, mette in luce proprio queste differenze, mette in risalto la differenza fra il bene, che siamo chiamati a praticare e ad accogliere, e ciò che è male e che viene tollerato affinché possa essere corretto.

    La tolleranza nella verità è proprio una forma di virtù evangelica della quale è Cristo stesso che ci ha dato l'esempio tollerando noi, l'umanità da salvare.

    Cristo Gesù è stato il vero esempio di autentica tolleranza e che, come rammenta San Paolo, ha condiviso tutto con noi e per noi, fuorché il peccato.

    La tolleranza del Cristo è stata quella di farsi "trattare" da peccato affinché noi potevamo esserne liberati, ma proprio per non accettare il peccato Cristo finì sulla Croce. Essere davvero pacifici e tolleranti significa entrare per la porta stretta.

    Quando rivediamo la scena del Pretorio fra Gesù e Barabba; fra la Verità e la menzogna, alla domanda di Pilato "chi volete che vi liberi?" noi facevamo una scelta drammatica, sceglievamo di liberare la menzogna e gridavamo che la Verità venisse crocefissa.

    Qui la tolleranza di Dio toccò il culmine perché ci lasciò fare rispettando la nostra scelta, per questo Gesù dalla Croce potrà supplicare per noi: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno".

    Muore Gesù non solo perché così doveva essere, ma perché così avremmo dovuto agire anche noi. Gesù ci ha dato l'esempio: la vera tolleranza è quella di finire crocifissi non per difendere le nostre opinioni pacifiste ma per divulgare la Verità Risorta e vincitrice sul peccato, per portare quella luce vittoriosa che altri vogliono continuare ad oscurare, così come esiste una forma di tolleranza che, per il Signore Gesù e per ogni credente, è come il tradimento. È ad esempio mantenere il silenzio quando il nome di Dio è bestemmiato e quando Gesù Cristo è disonorato, o quando si preferisce tacere la condanna del peccato: «Se questi taceranno, urleranno le pietre» (Lc. 19, 40).

    Oggi, nel mondo contemporaneo, si è rafforzata una tolleranza attiva che spinge verso una convivenza democratica, in cui le regole sono ammesse ed estese anche all’altro, a volte anche imposte, per sfrondare il fatto che l’altro non è "un qualcuno da sopportare" ma un soggetto portatore di altri valori con cui interagire.

    Benché ci sia del condivisibile in questo, e cioè che l'altro non deve essere "uno semplicemente da sopportare" ma da accogliere e amare, deve essere anche ben chiaro che non si può pretendere la tolleranza laddove per "l'altro" si finisce per intendere l'adempimento dell'errore, il suo portare valori immorali ed inaccettabili quali le questioni etiche e morali o ciò che riconosciamo quali  principi indiscutibili come il diritto alla vita fin dal suo concepimento, la famiglia formata da un uomo e una donna, il diritto dell'uso dei termini "padre e madre", e quant'altro abbia attinenza con la verità antropologica dell'uomo.

    Così scriveva il Venerabile Pio XII ai Giuristi Cattolici:

    "... Può Dio, sebbene sarebbe a Lui possibile e facile di reprimere l'errore e la deviazione morale, in alcuni casi scegliere il « non impedire », senza venire in contraddizione con la Sua infinita perfezione?

    Può darsi che in determinate circostanze Egli non dia agli uomini nessun mandato, non imponga nessun dovere, non dia perfino nessun diritto d'impedire e di reprimere ciò che è erroneo e falso?

    Uno sguardo alla realtà dà una risposta affermativa. Essa mostra che l'errore e il peccato si trovano nel mondo in ampia misura.

    Iddio li riprova; eppure li lascia esistereQuindi l'affermazione : Il traviamento religioso e morale deve essere sempre impedito, quando è possibile, perché la sua tolleranza è in sé stessa immorale — non può valere nella sua incondizionata assolutezzaD'altra parte, Dio non ha dato nemmeno all'autorità umana un siffatto precetto assoluto e universale, nè nel campo della fede nè in quello della morale.

    Non conoscono un tale precetto nè la comune convinzione degli uomini, nè la coscienza cristiana, nè le fonti della rivelazione, nè la prassi della Chiesa. Per omettere qui altri testi della Sacra Scrittura che si riferiscono a questo argomento, Cristo nella parabola della zizzania diede il seguente ammonimento : Lasciate che nel campo del mondo la zizzania cresca insieme al buon seme a causa del frumento (cfr. Matth. 13, 24-30).

    Il dovere di reprimere le deviazioni morali e religiose non può quindi essere una ultima norma di azioneEsso deve essere subordinato a più alte e più generali norme, le quali in alcune circostanze permettono, ed anzi fanno forse apparire come il partito migliore il non impedire l'errore, per promuovere un bene maggiore.

    Con questo sono chiariti i due principi, dai quali bisogna ricavare nei casi concreti la risposta alla gravissima questione circa l'atteggiamento del giurista, dell'uomo politico e dello Stato sovrano cattolico riguardo ad una formula di tolleranza religiosa e morale del contenuto sopra indicato, da prendersi in considerazione per la Comunità degli Stati.

    Primo: ciò che non risponde alla verità e alla norma morale, non ha oggettivamente alcun diritto nè all'esistenza, nè alla propaganda, nè all'azione.

    Secondo : il non impedirlo per mezzo di leggi statali e di disposizioni coercitive può nondimeno essere giustificato nell'interesse di un bene superiore e più vasto.

    Se poi questa condizione si verifichi nel caso concreto — è la « quaestio facti » —, deve giudicare innanzi tutto lo stesso Statista cattolico. Egli nella sua decisione si lascerà guidare dalle conseguenze dannose, che sorgono dalla tolleranza, paragonate con quelle che mediante l'accettazione della formula di tolleranza verranno risparmiate alla Comunità degli Stati; quindi, dal bene che secondo una saggia prognosi ne potrà derivare alla Comunità medesima come tale, e indirettamente allo Stato che ne è membro.

    Per ciò che riguarda il campo religioso e morale, egli domanderà anche il giudizio della Chiesa. Da parte della quale in tali questioni decisive, che toccano la vita internazionale, è competente in ultima istanza soltanto Colui a cui Cristo ha affidato la guida di tutta la Chiesa, il Romano Pontefice...." (Pio XII Ai Giuristi Cattolici italiani 6.12.1953)

    E così spiegava anche Leone XIII:

    " ...come la possibilità di errare, e l’errare di fatto, è un vizio che denuncia l’imperfezione della mente, similmente l’appigliarsi a beni fallaci e apparenti è una prova di libero arbitrio, come la malattia è prova di vita, e tuttavia denota un vizio di libertà. Così la volontà, in quanto dipende dalla ragione, quando desidera alcunché di difforme dalla retta ragione, inquina profondamente la libertà e fa un uso perverso di essa. Per questo motivo Dio infinitamente perfetto, essendo sommamente intelligente e solo bontà, è anche sommamente libero e perciò in nessun modo può volere il male della colpa.." (Leone XIII Libertas, enciclica 1888 vedi qui).

     

    Il termine tolleranza compare 4 volte nella magnifica enciclica di san Giovanni Paolo II Evangelium Vitae, ma analizziamo i passi in cui egli usa il termine:

    "Comune radice di tutte queste tendenze è il relativismo etico che contraddistingue tanta parte della cultura contemporanea. Non manca chi ritiene che tale relativismo sia una condizione della democrazia, in quanto solo esso garantirebbe tolleranza, rispetto reciproco tra le persone, e adesione alle decisioni della maggioranza, mentre le norme morali, considerate oggettive e vincolanti, porterebbero all'autoritarismo e all'intolleranza.

    Ma è proprio la problematica del rispetto della vita a mostrare quali equivoci e contraddizioni, accompagnati da terribili esiti pratici, si celino in questa posizione..." (n.70)

    "Certamente, il compito della legge civile è diverso e di ambito più limitato rispetto a quello della legge morale. Però «in nessun ambito di vita la legge civile può sostituirsi alla coscienza né può dettare norme su ciò che esula dalla sua competenza», che è quella di assicurare il bene comune delle persone, attraverso il riconoscimento e la difesa dei loro fondamentali diritti, la promozione della pace e della pubblica moralità. (..) La tolleranza legale dell'aborto o dell'eutanasia non può in alcun modo richiamarsi al rispetto della coscienza degli altri, proprio perché la società ha il diritto e il dovere di tutelarsi contro gli abusi che si possono verificare in nome della coscienza e sotto il pretesto della libertà.

    Nell'Enciclica Pacem in terris, Giovanni XXIII aveva ricordato in proposito: «Nell'epoca moderna l'attuazione del bene comune trova la sua indicazione di fondo nei diritti e nei doveri della persona. Per cui i compiti precipui dei poteri pubblici consistono, soprattutto, nel riconoscere, rispettare, comporre, tutelare e promuovere quei diritti; e nel contribuire, di conseguenza, a rendere più facile l'adempimento dei rispettivi doveri. "Tutelare l'intangibile campo dei diritti della persona umana e renderle agevole il compimento dei suoi doveri vuol essere ufficio essenziale di ogni pubblico potere". Per cui ogni atto dei poteri pubblici, che sia o implichi un misconoscimento o una violazione di quei diritti, è un atto contrastante con la loro stessa ragion d'essere e rimane per ciò stesso destituito d'ogni valore giuridico»...(n.71)

    Se il cattolico autentico è contrario alla vendetta e nel dare la morte al prossimo, il motivo è chiaro e ben spiegato sempre da Giovanni Paolo II nella Evangelium Vitae laddove dice:

    "Dio, tuttavia, sempre misericordioso anche quando punisce, «impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato» (Gn 4, 15): gli dà, dunque, un contrassegno, che ha lo scopo non di condannarlo all'esecrazione degli altri uomini, ma di proteggerlo e difenderlo da quanti vorranno ucciderlo fosse anche per vendicare la morte di Abele. Neppure l'omicida perde la sua dignità personale e Dio stesso se ne fa garante.

    Ed è proprio qui che si manifesta il paradossale mistero della misericordiosa giustizia di Dio, come scrive sant'Ambrogio: «Poiché era stato commesso un fratricidio, cioè il più grande dei crimini, nel momento in cui si introdusse il peccato, subito dovette essere estesa la legge della misericordia divina; perché, se il castigo avesse colpito immediatamente il colpevole, non accadesse che gli uomini, nel punire, non usassero alcuna tolleranza né mitezza, ma consegnassero immediatamente al castigo i colpevoli. (...) Dio respinse Caino dal suo cospetto e, rinnegato dai suoi genitori, lo relegò come nell'esilio di una abitazione separata, per il fatto che era passato dall'umana mitezza alla ferocia belluina. Tuttavia Dio non volle punire l'omicida con un omicidio, poiché vuole il pentimento del peccatore più che la sua morte» (n.9).

    Sono importanti alcuni pensieri stupendi di Pio XII sulla tolleranza coniugale dalla quale ci previene un vero stile di vita cristiano, se autenticamente vissuto:

    "Piccole crudeltà dell'egoismo. Nessuno quaggiù è perfetto. Spesso, durante il fidanzamento, l'amore era cieco; non vedeva i difetti o persino gli apparivano virtù. Ma l'amor proprio è tutt'occhi; osserva e discerne, anche quando in nessun modo ne soffre, le più minute imperfezioni, le più inoffensive bizzarrie dell'altro o dell'altra. Per un poco che gli dispiacciano o che gli cagionino semplice-mente fastidio, le rileva subito con uno sguardo dolcemente ironico, poi con una parola leggermente pungente, forse con un volante dileggio in presenza di altri.

    Nessuno meno di lui sospetta il dardo che lancia, la ferita che infligge; mentre, dal canto suo, si irrita che gli altri, sia pure in silenzio, si accorgano dei suoi difetti, per quanto molesti possano riuscire altrui. Ancora semplice incrinatura? Certo non è quel gentile comportamento di mitezza, secondo l'esempio del Cuore di Gesù, che, amando e sopportando, tante cose perdona in noi.

    Se l'egoismo non impera che da una parte, l'altro cuore resta segretamente ferito nella sua profonda e pieghevole virtù; ma se i due egoismi s'inalberano e si affrontano, ecco la tragica ostilità; ecco quel non cedere e quell'impietrirsi, in che s'incarna l'amore di sé e del proprio parere.

    Oh quanta saggezza nelle considerazioni e nei consigli, che ci offre l'Imitazione di Cristo : a Molti cercano occultamente se stessi in ciò che fanno, e non se ne avveggono. Pare che godano pace, quando le cose vanno secondo il loro volere e sentire; ma se poi procedono diversamente, provano subito risentimento e tristezza . . . Studiati di tollerare con pazienza i difetti e le debolezze altrui, qualunque siano, poiché molte cose sono anche in te che hanno bisogno dell'altrui tolleranza... Ci piace di vedere gli altri perfetti, e intanto non emendiamo i propri difetti » (Imit. di Cristo 1. I c. 14 e 16).

    In se stesse, è vero, le differenze di temperamento e di carattere non danno meraviglia in due sposi che uniscono le loro vite: sono differenze che non sorprendono al loro apparire, perché non varcano i termini e le norme del mutuo accordo; onde anche caratteri diversi spesso mirabilmente si compongono e s'integrano perfezionandosi.

    Il guaio comincia dal momento che l'uno o l'altra, ovvero l'uno e l'altra, si rifiutano di cedere in questioni futili, in cose di puro gusto, in desideri del tutto personali. È già l'incrinatura: l'occhio non arriva a scoprirla, ma all'urto più leggiero il suono del vaso non è più il medesimo.

    L'incrinatura si dilata; più frequenti e più vivaci accadono i contrasti; anche senza piena rottura, resta accostamento esteriore anziché unione delle due vite, che penetri i cuori. Che penseranno, che ne diranno i figli? Se di tali scene saranno testimoni, quale disastro nelle loro anime e nel loro amore! Se di figli sarà deserta la casa, quale tormento nella convivenza coniugale! Chi può vedere o prevedere a qual termine conduce talora la via delle piccole crudeltà dell'amor proprio?.." (Pio XII - Udienza 8 luglio 1942)

     

    Nel Messaggio della Pace 1° gennaio 2013, così spiegava Benedetto XVI che citiamo come conclusione a queste riflessioni:

    «Chi vuole la pace non può tollerare attentati e delitti contro la vita. 

    ....Per diventare autentici operatori di pace sono fondamentali l’attenzione alla dimensione trascendente e il colloquio costante con Dio, Padre misericordioso, mediante il quale si implora la redenzione conquistataci dal suo Figlio Unigenito. Così l’uomo può vincere quel germe di oscuramento e di negazione della pace che è il peccato in tutte le sue forme: egoismo e violenza, avidità e volontà di potenza e di dominio, intolleranza, odio e strutture ingiuste. (..)

    Emerge, in conclusione, la necessità di proporre e promuovere una pedagogia della pace. Essa richiede una ricca vita interiore, chiari e validi riferimenti morali, atteggiamenti e stili di vita appropriati. Difatti, le opere di pace concorrono a realizzare il bene comune e creano l’interesse per la pace, educando ad essa. Pensieri, parole e gesti di pace creano una mentalità e una cultura della pace, un’atmosfera di rispetto, di onestà e di cordialità.

    Bisogna, allora, insegnare agli uomini ad amarsi e a educarsi alla pace, e a vivere con benevolenza, più che con semplice tolleranza.

    Incoraggiamento fondamentale è quello di « dire no alla vendetta, di riconoscere i propri torti, di accettare le scuse senza cercarle, e infine di perdonare » , in modo che gli sbagli e le offese possano essere riconosciuti in verità per avanzare insieme verso la riconciliazione. Ciò richiede il diffondersi di una pedagogia del perdono. Il male, infatti, si vince col bene, e la giustizia va ricercata imitando Dio Padre che ama tutti i suoi figli (cfr Mt 5,21-48).

    È un lavoro lento, perché suppone un’evoluzione spirituale, un’educazione ai valori più alti, una visione nuova della storia umana. Occorre rinunciare alla falsa pace che promettono gli idoli di questo mondo e ai pericoli che la accompagnano, a quella falsa pace che rende le coscienze sempre più insensibili, che porta verso il ripiegamento su se stessi, verso un’esistenza atrofizzata vissuta nell’indifferenza. Al contrario, la pedagogia della pace implica azione, compassione, solidarietà, coraggio e perseveranza... ».

    Pochi si sono accorti che il primo ed ultimo Messaggio della Pace di Benedetto XVI è rivolto all'autentica comprensione degli autentici "operatori di pace". Qui sopra, nell'ultimo passo, abbiamo letto di come il Papa spiegava chi sono i veri operatori di pace.

    Nel primo, quello del 2006, il Papa spiegava che solo nella verità possiamo trovare la vera pace, e scrive:

    ".. dove e quando l'uomo si lascia illuminare dallo splendore della verità, intraprende quasi naturalmente il cammino della pace. (..)

    E allora, chi e che cosa può impedire la realizzazione della pace? A questo proposito, la Sacra Scrittura mette in evidenza nel suo primo Libro, la Genesi, la menzogna, pronunciata all'inizio della storia dall'essere dalla lingua biforcuta, qualificato dall'evangelista Giovanni come « padre della menzogna » (Gv 8, 44).

    La menzogna è pure uno dei peccati che ricorda la Bibbia nell'ultimo capitolo del suo ultimo Libro, l'Apocalisse, per segnalare l'esclusione dalla Gerusalemme celeste dei menzogneri: « Fuori . . . chiunque ama e pratica la menzogna! » (22, 15).

    Alla menzogna è legato il dramma del peccato con le sue conseguenze perverse, che hanno causato e continuano a causare effetti devastanti nella vita degli individui e delle nazioni. (..)

    La pace è anelito insopprimibile presente nel cuore di ogni persona, al di là delle specifiche identità culturali. Proprio per questo ciascuno deve sentirsi impegnato al servizio di un bene tanto prezioso, lavorando perché non si insinui nessuna forma di falsità ad inquinare i rapporti..."

     ***

    "Siamo letteralmente invasi dai travisamenti e dalle menzogne: i cattolici in larga parte non se ne avvedono, quando addirittura non rifiutano di avvedersene. Se io vengo percosso sulla guancia destra, la perfezione evangelica mi propone di offrire la sinistra. Ma se si attenta alla verità, la stessa perfezione evangelica mi fa obbligo di adoperarmi a ristabilirla: perché, dove si estingue il rispetto della verità, comincia a precludersi per l'uomo ogni via di salvezza" (Card. G. Biffi).

    perchè:

    "LA PRIMA MISERICORDIA DI CUI ABBIAMO BISOGNO E' LA LUCE IMPIETOSA DELLA VERITA'"

    (card. G. Biffi in Pecore e Pastori)

    Sia lodato + Gesù Cristo; sempre sia lodato.


    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 25/01/2015 14:29

    PAPA FRANCESCO


    ANGELUS


    Piazza San Pietro
    Domenica, 25 gennaio 2015

    [Multimedia]


    termina il volo delle colombe sostituito dai palloncini


     

    Cari fratelli e sorelle buongiorno,

    il Vangelo di oggi ci presenta l’inizio della predicazione di Gesù in Galilea. San Marco sottolinea che Gesù cominciò a predicare «dopo che Giovanni [il Battista] fu arrestato» (1,14). Proprio nel momento in cui la voce profetica del Battezzatore, che annunciava la venuta del Regno di Dio, viene messa a tacere da Erode, Gesù inizia a percorrere le strade della sua terra per portare a tutti, specialmente ai poveri, «il Vangelo di Dio» (ibid.). L’annuncio di Gesù è simile a quello di Giovanni, con la differenza sostanziale che Gesù non indica più un altro che deve venire: Gesù è Lui stesso il compimento delle promesse; è Lui stesso la “buona notizia” da credere, da accogliere e da comunicare agli uomini e alle donne di tutti i tempi, affinché anch’essi affidino a Lui la loro esistenza. Gesù Cristo in persona è la Parola vivente e operante nella storia: chi lo ascolta e segue entra nel Regno di Dio.

    Gesù è il compimento delle promesse divine perché è Colui che dona all’uomo lo Spirito Santo, l’“acqua viva” che disseta il nostro cuore inquieto, assetato di vita, di amore, di libertà, di pace: assetato di Dio. Quante volte sentiamo, o abbiamo sentito il nostro cuore assetato! Lo ha rivelato Egli stesso alla donna samaritana, incontrata presso il pozzo di Giacobbe, alla quale disse: «Dammi da bere» (Gv 4,7). Proprio queste parole di Cristo, rivolte alla Samaritana, hanno costituito il tema dell’annuale Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che oggi si conclude. Questa sera, con i fedeli della diocesi di Roma e con i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali, ci riuniremo nella Basilica di San Paolo fuori le mura per pregare intensamente il Signore, affinché rafforzi il nostro impegno per la piena unità di tutti i cristiani. E’ una cosa brutta che i cristiani siano divisi! Gesù ci vuole uniti: un solo corpo. I nostri peccati, la storia, ci hanno divisi e per questo dobbiamo pregare tanto perché sia lo stesso Spirito Santo ad unirci di nuovo.

    Dio, facendosi uomo, ha fatto propria la nostra sete, non solo dell’acqua materiale, ma soprattutto la sete di una vita piena, di una vita libera dalla schiavitù del male e della morte. Nello stesso tempo, con la sua incarnazione Dio ha posto la sua sete – perché anche Dio ha sete - nel cuore di un uomo: Gesù di Nazaret. Dio ha sete di noi, dei nostri cuori, del nostro amore, e ha messo questa sete nel cuore di Gesù. Dunque, nel cuore di Cristo si incontrano la sete umana e la sete divina. E il desiderio dell’unità dei suoi discepoli appartiene a questa sete. Lo troviamo espresso nella preghiera elevata al Padre prima della Passione: «Perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21). Quello che voleva Gesù: l’unità di tutti! Il diavolo - lo sappiamo - è il padre delle divisioni, è uno che sempre divide, che sempre fa guerre, fa tanto male.

    Che questa sete di Gesù diventi sempre più anche la nostra sete! Continuiamo, pertanto, a pregare e ad impegnarci per la piena unità dei discepoli di Cristo, nella certezza che Egli stesso è al nostro fianco e ci sostiene con la forza del suo Spirito affinché tale meta si avvicini. E affidiamo questa nostra preghiera alla materna intercessione di Maria Vergine, Madre di Cristo, Madre della Chiesa, perché Lei ci unisca tutti come una buona madre.


    Dopo l'Angelus:

    APPELLO PER LA PACE IN UCRAINA

    Seguo con viva preoccupazione l’inasprirsi degli scontri nell’Ucraina orientale, che continuano a provocare numerose vittime tra la popolazione civile. Mentre assicuro la mia preghiera per quanti soffrono, rinnovo un accorato appello perché si riprendano i tentativi di dialogo e si ponga fine ad ogni ostilità.

    Adesso continuiamo in compagnia [si affiancano al Papa due ragazzi dell’ACR di Roma]

    Cari fratelli e sorelle,

    oggi si celebra la Giornata mondiale dei malati di lebbra. Esprimo la mia vicinanza a tutte le persone che soffrono per questa malattia, come pure a quanti si prendono cura di loro, e a chi lotta per rimuovere le cause del contagio, cioè condizioni di vita non degne dell’uomo. Rinnoviamo l’impegno solidale per questi fratelli e sorelle!

    Saluto con affetto tutti voi, cari pellegrini venuti da diverse parrocchie d’Italia e di altri Paesi, come pure le associazioni e i gruppi scolastici.

    In particolare, saluto la comunità filippina di Roma. Carissimi, il popolo filippino è meraviglioso, per la sua fede forte e gioiosa. Il Signore sostenga sempre anche voi che vivete lontano dalla patria. Grazie tante per la vostra testimonianza! E grazie tante di tutto il bene che fate da noi, perché voi seminate la fede da noi, voi fate una bella testimonianza di fede. Grazie tante!

    Saluto gli studenti di Cuenca, Villafranca de los Barros e Badajoz (Spagna), i gruppi parrocchiali delle Isole Baleari e le ragazze di Panamá. Saluto i fedeli di Catania, Diamante, Delianuova e Crespano del Grappa.

    Mi rivolgo adesso ai ragazzi e alle ragazze dell’Azione Cattolica di Roma. Cari ragazzi, anche quest’anno, accompagnati dal Cardinale Vicario e da Mons. Mansueto [Bianchi], siete venuti numerosi al termine della vostra “Carovana della Pace”. Vi ringrazio, e vi incoraggio a proseguire con gioia il cammino cristiano, portando a tutti la pace di Gesù. Ora ascoltiamo il messaggio che leggeranno i vostri amici, qui accanto a me.        

    [lettura del Messaggio]

    Ecco i palloncini che vogliono dire ‘pace’.

    Grazie, ragazzi! A tutti auguro buona domenica e buon pranzo. E per favore, per favore non dimenticatevi di pregate pregare per me. Arrivederci!






    "Oggi celebriamo la memoria di San Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa. La sua dedizione allo studio, favorisca in voi, cari giovani, l’impegno dell’intelligenza e della volontà al servizio del Vangelo; la sua fede aiuti voi, cari ammalati, a rivolgervi al Signore anche nella prova; e la sua mitezza indichi a voi, cari sposi novelli, lo stile dei rapporti tra i coniugi all’interno della famiglia. " (Papa Francesco oggi Udienza generale 28.1.2015)







    [Modificato da Caterina63 28/01/2015 15:52]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Caterina63
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    00 29/01/2015 00:56

      Chi non è d’accordo… se ne deve annà!




    Il più grande teologo di tutti i tempi, San Tommaso d’Aquino, all’inizio delle lezioni mostrava ai suoi allievi una mela dicendo: «Questa è una mela. Chi non è d’accordo, può andar via». Il “Doctor Communis” voleva far capire che non è il pensiero a determinare l’essere, ma è l’essere che determina il pensiero. La superbia infatti fa ritenere che il nostro pensare sia il fondamento dell’essere, mentre invece l’umiltà ci porta ad osservare e argomentare l’essere delle cose, soprattutto in quelle divine.


    L’essere determina il pensiero, non viceversa. Chi non è d’accordo, può andar via.


    La Chiesa cattolica è la Chiesa di Cristo. Chi non è d’accordo, può andar via.


    La Chiesa è gerarchica per divina costituzione. Chi non è d’accordo, può andar via.


    La Chiesa non è una ONG filantropica, ma il Corpo mistico di Cristo. Chi non è d’accordo, può andar via.


    La missione della Chiesa non è adattare il Vangelo alla mentalità corrente, ma convertire le mentalità di tutte le epoche al Vangelo. Chi non è d’accordo, può andar via.


    La missione della Chiesa non è rendere la vita di quaggiù più facile, ma strappare anime al Diavolo affinché possano avere la vita di lassù. Chi non è d’accordo, può andar via.


    L’inferno esiste e non è vuoto. Chi non è d’accordo, può andar via.


    La sodomia e l’aborto sono peccati che gridano vendetta al Cielo. Chi non è d’accordo, può andar via.


    Il matrimonio è indissolubile. Chi non è d’accordo, può andar via.


    Chi ha una relazione coniugale con un/a divorziato/a, commette adulterio. Chi non è d’accordo, può andar via.


    Il sesso al di fuori del matrimonio è peccaminoso. Chi non è d’accordo, può andar via.


    La contraccezione non è mai moralmente lecita. Chi non è d’accordo, può andar via.


    Il marxismo è intrinsecamente perverso. Chi non è d’accordo, può andar via.


    Non si può dare a Cesare ciò che è Dio. Chi non è d’accordo, può andar via.


    Senza pentimento, non c’è remissione dei peccati. Chi non è d’accordo, può andar via.


    Solamente i peccatori pentiti e riconciliati possono cibarsi dell’Eucarestia. Chi non è d’accordo, può andar via.


    Solo gli uomini – meglio se celibi – possono essere consacrati sacerdoti. Chi non è d’accordo, può andar via.


    La Carità procede dalla Verità. Chi non è d’accordo, può andar via.


    Non esiste il dialogo fra le religioni, ma con le persone di altre religioni. Chi non è d’accordo, può andar via.


    I sacramenti sono per gli uomini, ma non sono degli uomini. Chi non è d’accordo, può andar via.


    Il cristiano è in questo mondo, ma non è di questo mondo. Chi non è d’accordo, può andar via.


    Per essere discepoli di Gesù, bisogna accettare la Croce. Chi non è d’accordo, può andar via.


    Il fine non giustifica i mezzi. Non si può commettere il male neppure a fin di bene. Chi non è d’accordo, può andar via.


    La coscienza – rettamente formata – obbedisce alle leggi di Dio, non si mette a legiferare secondo desideri e capricci dell’individuo.


    I sacerdoti hanno la missione di convertire i peccatori, non di integrarli. Chi non è d’accordo, può andar via.


    Nessuno dei Dieci Comandamenti può essere soggetto a “referendum abrogativo”. Chi non è d’accordo, può andar via.


    Il papa e i vescovi sono custodi del depositum fidei, non padroni: non possono aggiungere o togliere neppure una virgola di ciò che hanno ricevuto e che devono trasmettere. Chi non è d’accordo, può andar via.


    Passeranno il cielo e la terra, falsi profeti e cattivi maestri, ma non passeranno le parole del Signore. Chi non è d’accordo, può andar via.


    Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre. Chi non è d’accordo, può andar via.


    IPSE DIXIT


    «Oggi celebriamo la memoria di San Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa. La sua dedizione allo studio, favorisca in voi, cari giovani, l’impegno dell’intelligenza e della volontà al servizio del Vangelo; la sua fede aiuti voi, cari ammalati, a rivolgervi al Signore anche nella prova; e la sua mitezza indichi a voi, cari sposi novelli, lo stile dei rapporti tra i coniugi all’interno della famiglia» (Papa Francesco, Udienza generale del  28 gennaio 2015).





    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 01/02/2015 16:59

    ANGELUS


    Piazza San Pietro
    Domenica, 1° febbraio 2015

    [Multimedia]



     

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Il brano evangelico di questa domenica (cfr Mc 1,21-28) presenta Gesù che, con la sua piccola comunità di discepoli, entra a Cafarnao, la città dove viveva Pietro e che in quei tempi era la più grande della Galilea. E Gesù entra in quella città.

    L’evangelista Marco racconta che Gesù, essendo quel giorno un sabato, si recò subito nella sinagoga e si mise a insegnare (cfr v. 21). Questo fa pensare al primato della Parola di Dio, Parola da ascoltare, Parola da accogliere, Parola da annunciare. Arrivando a Cafarnao, Gesù non rimanda l’annuncio del Vangelo, non pensa prima alla sistemazione logistica, certamente necessaria, della sua piccola comunità, non indugia nell’organizzazione. La sua preoccupazione principale è quella di comunicare la Parola di Dio con la forza dello Spirito Santo. E la gente nella sinagoga rimane colpita, perché Gesù «insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi» (v. 22).

    Che cosa significa “con autorità”? Vuol dire che nelle parole umane di Gesù si sentiva tutta la forza della Parola di Dio, si sentiva l’autorevolezza stessa di Dio, ispiratore delle Sacre Scritture. E una delle caratteristiche della Parola di Dio è che realizza ciò che dice. Perché la Parola di Dio corrisponde alla sua volontà. Invece noi, spesso, pronunciamo parole vuote, senza radice o parole superflue, parole che non corrispondono alla verità. Invece la Parola di Dio corrisponde alla verità, è unità con la sua volontà e realizza quello che dice. Infatti Gesù, dopo aver predicato, dimostra subito la sua autorità liberando un uomo, presente nella sinagoga, che era posseduto dal demonio (cfr Mc 1,23-26). Proprio l’autorità divina di Cristo aveva suscitato la reazione di satana, nascosto in quell’uomo; Gesù, a sua volta, riconobbe subito la voce del maligno e «ordinò severamente: “Taci! Esci da lui!”» (v. 25). Con la sola forza della sua parola, Gesù libera la persona dal maligno. E ancora una volta i presenti rimangono stupiti: «Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!» (v. 27). La Parola di Dio crea in noi lo stupore. Possiede la forza di farci stupire.

    Il Vangelo è parola di vita: non opprime le persone, al contrario, libera quanti sono schiavi di tanti spiriti malvagi di questo mondo: lo spirito della vanità, l’attaccamento al denaro, l’orgoglio, la sensualità… Il Vangelo cambia il cuore, cambia la vita, trasforma le inclinazioni al male in propositi di bene. Il Vangelo è capace di cambiare le persone! Pertanto è compito dei cristiani diffonderne ovunque la forza redentrice, diventando missionari e araldi della Parola di Dio. Ce lo suggerisce anche lo stesso brano odierno che si chiude con un’apertura missio­naria e dice così: «La sua fama – la fama di Gesù – si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea» (v. 28).

    La nuova dottrina insegnata con autorità da Gesù è quella che la Chiesa porta nel mondo, insieme con i segni efficaci della sua presenza: l’insegnamento autorevole e l’azione liberatrice del Figlio di Dio diventano le parole di salvezza e i gesti di amore della Chiesa missionaria. Ricordatevi sempre che il Vangelo ha la forza di cambiare la vita! Non dimenticatevi di questo. Esso è la Buona Novella, che ci trasforma solo quando ci lasciamo trasformare da essa. Ecco perché vi chiedo sempre di avere un quotidiano contatto col Vangelo, di leggerlo ogni giorno, un brano, un passo, di meditarlo e anche portarlo con voi ovunque: in tasca, nella borsa… Cioè di nutrirsi ogni giorno da questa fonte inesauribile di salvezza. Non dimenticatevi! Leggete un passo del Vangelo ogni giorno. E’ la forza che ci cambia, che ci trasforma: cambia la vita, cambia il cuore.

    Invochiamo la materna intercessione della Vergine Maria, Colei che ha accolto la Parola e l’ha generata per il mondo, per tutti gli uomini. Ci insegni Lei ad essere ascoltatori assidui e annunciatori autorevoli del Vangelo di Gesù.


    Dopo l'Angelus:

    Cari fratelli e sorelle,

    desidero annunciare che sabato 6 giugno, a Dio piacendo, mi recherò a Sarajevo, capitale della Bosnia ed Erzegovina. Vi chiedo fin d’ora di pregare affinché la mia visita a quelle care popolazioni sia di incoraggiamento per i fedeli cattolici, susciti fermenti di bene e contribuisca al consolidamento della fraternità, della pace, del dialogo interreligioso e dell’amicizia.

    Saluto i presenti convenuti per partecipare al IV Congresso mondiale organizzato da Scholas Occurrentes, che si terrà in Vaticano dal 2 al 5 febbraio sul tema: “Responsabilità di tutti nell’educazione per una cultura dell’incontro”. Saluto le famiglie, le parrocchie, le associazioni e tutti quanti sono venuti dall’Italia e da tante parti del mondo. In particolare, i pellegrini del Libano e dell’Egitto, gli studenti di Zafra e di Badajoz (Spagna); i fedeli di Sassari, Salerno, Verona, Modena, Scano Montiferro e Taranto.

    Oggi si celebra in Italia la Giornata per la Vita, che ha come tema «Solidali per la vita». Rivolgo il mio apprezzamento alle associazioni, ai movimenti e a tutti coloro che difendono la vita umana. Mi unisco ai Vescovi italiani nel sollecitare «un rinnovato riconoscimento della persona umana e una cura più adeguata della vita, dal concepimento al suo naturale termine» (Messaggio per la 37ª Giornata nazionale per la Vita). Quando ci si apre alla vita e si serve la vita, si sperimenta la forza rivoluzionaria dell’amore e della tenerezza (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 288), inaugurando un nuovo umanesimo: l’umanesimo della solidarietà, l’umanesimo della vita.

    Saluto il Cardinale Vicario, i docenti universitari di Roma e quanti sono impegnati a promuovere la cultura della vita.

    A tutti auguro buona domenica. Per favore non dimenticate di pregare per me.






    FESTA DELLA PRESENTAZIONE DEL SIGNORE
    XIX GIORNATA MONDIALE DELLA VITA CONSACRATA

    OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

    Basilica Vaticana
    Domenica, 2 febbraio 2015

    [Multimedia]



     

    Teniamo davanti agli occhi della mente l’icona della Madre Maria che cammina col Bambino Gesù in braccio. Lo introduce nel tempio, lo introduce nel popolo, lo porta ad incontrare il suo popolo.

    Le braccia della Madre sono come la “scala” sulla quale il Figlio di Dio scende verso di noi, la scala dell’accondiscendenza di Dio. Lo abbiamo ascoltato nella prima Lettura, dalla Lettera agli Ebrei: Cristo si è reso «in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede» (2,17). E’ la duplice via di Gesù: Egli è sceso, si è fatto come noi, per ascendere al Padre insieme con noi, facendoci come Lui.

    Possiamo contemplare nel cuore questo movimento immaginando la scena evangelica di Maria che entra nel tempio con il Bambino in braccio. La Madonna cammina, ma è il Figlio che cammina prima di Lei. Lei lo porta, ma è Lui che porta Lei in questo cammino di Dio che viene a noi affinché noi possiamo andare a Lui.

    Gesù ha fatto la nostra stessa strada per indicare a noi il cammino nuovo, cioè la “via nuova e vivente” (cfr Eb 10,20) che è Lui stesso. E per noi, consacrati, questa è l’unica strada che, in concreto e senza alternative, dobbiamo percorrere con gioia e perseveranza.

    Il Vangelo insiste ben cinque volte sull’obbedienza di Maria e Giuseppe alla “Legge del Signore” (cfr Lc 2,22. 23. 24. 27. 39). Gesù non è venuto a fare la sua volontà, ma la volontà del Padre; e questo – ha detto – era il suo “cibo” (cfr Gv 4, 34). Così chi segue Gesù si mette nella via dell’obbedienza, imitando l’“accondiscendenza” del Signore; abbassandosi e facendo propria la volontà del Padre, anche fino all’annientamento e all’umiliazione di sé stesso (cfr Fil 2,7-8). Per un religioso, progredire significa abbassarsi nel servizio, cioè fare lo stesso cammino di Gesù, che «non ritenne un privilegio l’essere come Dio» (Fil 2,6). Abbassarsi facendosi servo per servire.

    E questa via prende la forma della regola, improntata al carisma del fondatore, senza dimenticare che la regola insostituibile, per tutti, è sempre il Vangelo. Lo Spirito Santo, poi, nella sua creatività infinita, lo traduce anche nelle diverse regole di vita consacrata che nascono tutte dalla sequela Christi, e cioè da questo cammino di abbassarsi servendo.

    Attraverso questa “legge” i consacrati possono raggiungere la sapienza, che non è un’attitudine astratta ma è opera e dono dello Spirito Santo. E segno evidente di tale sapienza è la gioia. Sì, la letizia evangelica del religioso è conseguenza del cammino di abbassamento con Gesù… E, quando siamo tristi, ci farà bene domandarci: “Come stiamo vivendo questa dimensione kenotica?”.

    Nel racconto della Presentazione di Gesù al Tempio la sapienza è rappresentata dai due anziani, Simeone e Anna: persone docili allo Spirito Santo (lo si nomina 3 volte), guidati da Lui, animati da Lui. Il Signore ha dato loro la sapienza attraverso un lungo cammino nella via dell’obbedienza alla sua legge. Obbedienza che, da una parte, umilia e annienta, però, dall’altra accende e custodisce la speranza, facendoli creativi, perché erano pieni di Spirito Santo. Essi celebrano anche una sorta di liturgia attorno al Bambino che entra nel Tempio: Simeone loda il Signore e Anna “predica” la salvezza (cfr Lc 2,28-32.38). Come nel caso di Maria, anche l’anziano Simeone prende il bambino tra le sue braccia, ma, in realtà, è il bambino che lo afferra e lo conduce. La liturgia dei primi Vespri della Festa odierna lo esprime in modo chiaro e bello: «senex puerum portabat, puer autem senem regebat». Tanto Maria, giovane madre, quanto Simeone, anziano “nonno”, portano il bambino in braccio, ma è il bambino stesso che li conduce entrambi.

    È curioso notare che in questa vicenda i creativi non sono i giovani, ma gli anziani. I giovani, come Maria e Giuseppe, seguono la legge del Signore sulla via dell’obbedienza; gli anziani, come Simeone e Anna, vedono nel bambino il compimento della Legge e delle promesse di Dio. E sono capaci di fare festa: sono creativi nella gioia, nella saggezza.

    Tuttavia, il Signore trasforma l’obbedienza in sapienza, con l’azione del suo Santo Spirito.

    A volte Dio può elargire il dono della sapienza anche a un giovane inesperto, basta che sia disponibile a percorrere la via dell’obbedienza e della docilità allo Spirito. Questa obbedienza e questa docilità non sono un fatto teorico, ma sottostanno alla logica dell’incarnazione del Verbo: docilità e obbedienza a un fondatore, docilità e obbedienza a una regola concreta, docilità e obbedienza a un superiore, docilità e obbedienza alla Chiesa. Si tratta di docilità e obbedienza concrete.

    Attraverso il cammino perseverante nell’obbedienza, matura la sapienza personale e comunitaria, e così diventa possibile ancherapportare le regole ai tempi: il vero “aggiornamento”, infatti, è opera della sapienza, forgiata nella docilità e obbedienza.

    Il rinvigorimento e il rinnovamento della vita consacrata avvengono attraverso un amore grande alla regola, e anche attraverso la capacità di contemplare e ascoltare gli anziani della Congregazione. Così il “deposito”, il carisma di ogni famiglia religiosa vienecustodito insieme dall’obbedienza e dalla saggezza. E, attraverso questo cammino, siamo preservati dal vivere la nostra consacrazione in maniera light, in maniera disincarnata, come fosse una gnosi, che ridurrebbe la vita religiosa ad una “caricatura”, una caricatura nella quale si attua una sequela senza rinuncia, una preghiera senza incontro, una vita fraterna senza comunione, un’obbedienza senza fiducia e una carità senza trascendenza.

    Anche noi, oggi, come Maria e come Simeone, vogliamo prendere in braccio Gesù perché Egli incontri il suo popolo, e certamente lo otterremo soltanto se ci lasciamo afferrare dal mistero di Cristo. Guidiamo il popolo a Gesù lasciandoci a nostra volta guidare da Lui. Questo è ciò che dobbiamo essere: guide guidate.

    Il Signore, per intercessione di Maria nostra Madre, di San Giuseppe e dei Santi Simeone e Anna, ci conceda quanto gli abbiamo domandato nell’Orazione di Colletta: di «essere presentati [a Lui] pienamente rinnovati nello spirito». Così sia.









    ANGELUS

    Piazza San Pietro
    Domenica, 8 febbraio 2015

    [Multimedia]


     

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Il Vangelo di oggi (cfr Mc 1,29-39) ci presenta Gesù che, dopo aver predicato di sabato nella sinagoga, guarisce tanti malati. Predicare e guarire: questa è l’attività principale di Gesù nella sua vita pubblica. Con la predicazione Egli annuncia il Regno di Dio e con le guarigioni dimostra che esso è vicino, che il Regno di Dio è in mezzo a noi.

    Entrato nella casa di Simon Pietro, Gesù vede che sua suocera è a letto con la febbre; subito le prende la mano, la guarisce e la fa alzare. Dopo il tramonto, quando, terminato il sabato, la gente può uscire e portargli i malati, risana una moltitudine di persone afflitte da malattie di ogni genere: fisiche, psichiche, spirituali. Venuto sulla terra per annunciare e realizzare la salvezza di tutto l’uomo e di tutti gli uomini, Gesù mostra una particolare predilezione per coloro che sono feriti nel corpo e nello spirito: i poveri, i peccatori, gli indemoniati, i malati, gli emarginati. Egli così si rivela medico sia delle anime sia dei corpi, buon Samaritano dell’uomo. E’ il vero Salvatore: Gesù salva, Gesù cura, Gesù guarisce.

    Tale realtà della guarigione dei malati da parte di Cristo, ci invita a riflettere sul senso e il valore della malattia. A questo ci richiama anche la Giornata Mondiale del Malato, che celebreremo mercoledì prossimo 11 febbraio, memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes. Benedico le iniziative preparate per questa Giornata, in particolare la Veglia che avrà luogo a Roma la sera del 10 febbraio. Ricordiamo anche il presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale della Salute, Mons. Zygmunt Zimowski, che è molto ammalato in Polonia. Una preghiera per lui, per la sua salute, perché è stato lui a preparare questa giornata e lui ci accompagna con la sua sofferenza in questa giornata. Una preghiera per Mons. Zimowski.

    L’opera salvifica di Cristo non si esaurisce con la sua persona e nell’arco della sua vita terrena; essa continua mediante la Chiesa, sacramento dell’amore e della tenerezza di Dio per gli uomini. Inviando in missione i suoi discepoli, Gesù conferisce loro un duplice mandato: annunziare il Vangelo della salvezza e guarire gli infermi (cfr Mt 10,7-8). Fedele a questo insegnamento, la Chiesa ha sempre considerato l’assistenza agli infermi parte integrante della sua missione.

    “I poveri e i sofferenti li avrete sempre con voi”, ammonisce Gesù (cfr Mt 26,11), e la Chiesa continuamente li trova sulla sua strada, considerando le persone malate come una via privilegiata per incontrare Cristo, per accoglierlo e per servirlo. Curare un ammalato, accoglierlo, servirlo, è servire Cristo: il malato è la carne di Cristo.

    Questo avviene anche nel nostro tempo, quando, nonostante le molteplici acquisizioni della scienza, la sofferenza interiore e fisica delle persone suscita forti interrogativi sul senso della malattia e del dolore e sul perché della morte. Si tratta di domande esistenziali, alle quali l’azione pastorale della Chiesa deve rispondere alla luce della fede, avendo davanti agli occhi il Crocifisso, nel quale appare tutto il mistero salvifico di Dio Padre, che per amore degli uomini non ha risparmiato il proprio Figlio (cfr Rm 8,32). Pertanto, ciascuno di noi è chiamato a portare la luce della Parola di Dio e la forza della grazia a coloro che soffrono e a quanti li assistono, familiari, medici, infermieri, perché il servizio al malato sia compiuto sempre più con umanità, con dedizione generosa, con amore evangelico, con tenerezza. La Chiesa madre, tramite le nostre mani, accarezza le nostre sofferenze e cura le nostre ferite, e lo fa con tenerezza di madre.

    Preghiamo Maria, Salute dei malati, affinché ogni persona nella malattia possa sperimentare, grazie alla sollecitudine di chi le sta accanto, la potenza dell’amore di Dio e il conforto della sua tenerezza materna.


    Dopo l'Angelus:

    Cari fratelli e sorelle,

    oggi, 8 febbraio, memoria liturgica di santa Giuseppina Bakhita, la Suora sudanese che da bambina fece la drammatica esperienza di essere vittima della tratta, le Unioni delle Superiore e dei Superiori Generali degli Istituti religiosi hanno promosso la Giornata di preghiera e riflessione contro la tratta di persone. Incoraggio quanti sono impegnati ad aiutare uomini, donne e bambini schiavizzati, sfruttati, abusati come strumenti di lavoro o di piacere e spesso torturati e mutilati. Auspico che quanti hanno responsabilità di governo si adoperino con decisione a rimuovere le cause di questa vergognosa piaga vergognosa, una piaga indegna di una società civile. Ognuno di noi si senta impegnato ad essere voce di questi nostri fratelli e sorelle, umiliati nella loro dignità. Preghiamo tutti insieme la Madonna, per loro e per i loro familiari. (Ave Maria)

    Saluto tutti i pellegrini presenti, le famiglie, i gruppi parrocchiali, le associazioni. In particolare saluto i fedeli di Caravaca de la Cruz (Spagna), di Anagni, Marcon, Quartirolo e Corato; le corali dell’Arcidiocesi di Modena-Nonantola, e i ragazzi di Buccinasco, come pure quelli provenienti dalla Lettonia e dal Brasile.

    A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticate di pregare per me.


     



    [Modificato da Caterina63 08/02/2015 15:26]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 10/02/2015 09:44









    ANGELUS

    Piazza San Pietro
    Domenica, 15 febbraio 2015

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    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    In queste domeniche l’evangelista Marco ci sta raccontando l’azione di Gesù contro ogni specie di male, a beneficio dei sofferenti nel corpo e nello spirito: indemoniati, ammalati, peccatori… Egli si presenta come colui che combatte e vince il male ovunque lo incontri. Nel Vangelo di oggi (cfr Mc 1,40-45) questa sua lotta affronta un caso emblematico, perché il malato è un lebbroso. La lebbra è una malattia contagiosa e impietosa, che sfigura la persona, e che era simbolo di impurità: il lebbroso doveva stare fuori dai centri abitati e segnalare la sua presenza ai passanti. Era emarginato dalla comunità civile e religiosa. Era come un morto ambulante.

    L’episodio della guarigione del lebbroso si svolge in tre brevi passaggi: l’invocazione del malato, la risposta di Gesù, le conseguenze della guarigione prodigiosa. Il lebbroso supplica Gesù «in ginocchio» e gli dice: «Se vuoi, puoi purificarmi» (v. 40). A questa preghiera umile e fiduciosa, Gesù reagisce con un atteggiamento profondo del suo animo: la compassione. E “compassione” è una parola molto profonda: compassione che significa “patire-con-l’altro”.
    Il cuore di Cristo manifesta la compassione paterna di Dio per quell’uomo, avvicinandosi a lui e toccandolo. E questo particolare è molto importante. Gesù «tese la mano, lo toccò … e subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato» (v. 41). La misericordia di Dio supera ogni barriera e la mano di Gesù tocca il lebbroso. Egli non si pone a distanza di sicurezza e non agisce per delega, ma si espone direttamente al contagio del nostro male; e così proprio il nostro male diventa il luogo del contatto: Lui, Gesù, prende da noi la nostra umanità malata e noi prendiamo da Lui la sua umanità sana e risanante.
    Questo avviene ogni volta che riceviamo con fede un Sacramento: il Signore Gesù ci “tocca” e ci dona la sua grazia. In questo caso pensiamo specialmente al Sacramento della Riconciliazione, che ci guarisce dalla lebbra del peccato.

    Ancora una volta il Vangelo ci mostra che cosa fa Dio di fronte al nostro male: Dio non viene a “tenere una lezione” sul dolore; non viene neanche ad eliminare dal mondo la sofferenza e la morte; viene piuttosto a prendere su di sé il peso della nostra condizione umana, a portarla fino in fondo, per liberarci in modo radicale e definitivo. Così Cristo combatte i mali e le sofferenze del mondo: facendosene carico e vincendoli con la forza della misericordia di Dio.

    A noi, oggi, il Vangelo della guarigione del lebbroso dice che, se vogliamo essere veri discepoli di Gesù, siamo chiamati a diventare, uniti a Lui, strumenti del suo amore misericordioso, superando ogni tipo di emarginazione. Per essere “imitatori di Cristo” (cfr 1 Cor11,1) di fronte a un povero o a un malato, non dobbiamo avere paura di guardarlo negli occhi e di avvicinarci con tenerezza e compassione, e di toccarlo e di abbracciarlo.
    Ho chiesto spesso, alle persone che aiutano gli altri, di farlo guardandoli negli occhi, di non avere paura di toccarli; che il gesto di aiuto sia anche un gesto di comunicazione: anche noi abbiamo bisogno di essere da loro accolti. Un gesto di tenerezza, un gesto di compassione… Ma io vi domando: voi, quando aiutate gli altri, li guardate negli occhi? Li accogliete senza paura di toccarli? Li accogliete con tenerezza? Pensate a questo: come aiutate? A distanza o con tenerezza, con vicinanza? Se il male è contagioso, lo è anche il bene. Pertanto, bisogna che abbondi in noi, sempre più, il bene. Lasciamoci contagiare dal bene e contagiamo il bene!


    Dopo l'Angelus:

     

    Saluto tutti voi, romani e pellegrini; in particolare, quanti siete venuti in occasione del Concistoro, per accompagnare i nuovi Cardinali; e ringrazio i Paesi che hanno voluto essere presenti a questo evento con Delegazioni ufficiali. Salutiamo con un applauso i nuovi Cardinali!

     

    A tutti voi auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticate di pregare per me. 







    Papa Emerito scrive a Unitalsi Roma
    Il Papa Emerito Benedetto XVI ha inviato una lettera alla sottosezione di Roma dell’Unitalsi, nella quale ringrazia tutta l’associazione per “l’impegno per gli ultimi della società, particolarmente i bambini sofferenti”.
    Il presidente Alessandro Pinna aveva scritto a Benedetto XVI in occasione della visita di Mons. Gänswein a casa Bernadette dello scorso 18 gennaio. Il Papa emerito ha risposto rendendo merito all’Unitalsi per far vivere “la compassione del Buon Samaritano, che è ultimamente la compagnia di Dio con noi”.
    In allegato la foto della lettera 
     
    Leggi la lettera di Benedetto XVI a Unitalsi Roma Leggi la lettera di Benedetto XVI a Unitalsi Roma













    [Modificato da Caterina63 19/02/2015 22:04]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 03/03/2015 12:03
    [SM=g1740717] Il 9 marzo inizia la Novena a San Giuseppe (Festa del 19 marzo) e quale occasione migliore di questo tempo per poter meditare sull'autentica devozione al grande Patrono della Chiesa Universale, come indisse il beato Pio IX?

    Ecco, noi molto umilmente abbiamo raccolta in video alcuni interventi del santo Padre Francesco che ci spiegano in modo semplice ma diretto, questa devozione e come trarne profitto.

    www.gloria.tv/media/PtwXCjSP6Ds

    www.youtube.com/watch?v=AludvPLQzXY&feature=youtu.be

    Movimento Domenicano del Rosario





    [SM=g1740733]



    Qui alcune prediche di Don Reto di GloriaTV [SM=g1740722]

    Una Quaresima efficace passo per passo

    www.gloria.tv/media/DscbMQsge98


    La Città di Dio verso la città del diavolo

    www.gloria.tv/media/NKh4dZ2wF7B

    [SM=g1740717] [SM=g1740720]









    [SM=g1740771]



    [Modificato da Caterina63 15/03/2015 20:25]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 03/03/2015 14:49

    NON SARA' LA RELIGIONE 
    DELLA MASSONERIA 
    A SALVARCI DALL'ISLAM



    Editoriale "Radicati nella fede" - Anno VIII n° 3 - Marzo 2015

    Dobbiamo pregare San Giuseppe in questo mese a lui dedicato, pregarlo tanto: per noi, per tutta la Santa Chiesa, per l'opera che Dio le chiede nel mondo.
    Protector Sanctae Ecclesiae, è l'ultimo titolo di invocazione indirizzato a San Giuseppe nelle sue litanie, Protettore della Santa Chiesa.

    Sì, perché la Santa Chiesa va protetta da tutti i suoi nemici, che sono gli stessi nemici di Nostro Signore: nemici esterni e nemici interni. E forse, in questi tempi difficilissimi, dobbiamo pregare San Giuseppe soprattutto perché la protegga dai nemici interni, che sono certamente i più pericolosi.

    Lo scrivevamo il mese scorso e lo ribadiamo ancora qui, il nemico interno più grande per la Chiesa è costituito da tutti coloro che ne reinterpretano la dottrina e l'azione attraverso il falso dogma della modernità. Rileggono tutta la Rivelazione, tutte le verità di fede, tutta l'azione pastorale e sacramentale, piegandole all'ideologia della modernità, che in fondo si riassume nel mettere al centro l'uomo al posto di Dio. L'uomo è al centro di questo cristianesimo ammodernato, l'uomo con le sue esigenze, col suo voler essere felice, col suo non sopportare più nessuna imposizione, nessun comando; un cristianesimo agnostico, dicevamo già, che non sapendo quasi nulla di certo su Dio, si deve fermare sull'uomo e sul suo ben-vivere. Insomma, tutto il cristianesimo riletto alla luce dei diritti dell'uomo, riassumibili nel libertà, fraternità e uguaglianza della Rivoluzione francese: ciò che è compatibile con questi principi rivoluzionari viene salvato; ciò che della rivelazione cristiana non collima con questa magna carta della modernità, viene accantonato, censurato o maldestramente reinterpretato.

    Tutto questo sta provocando, da circa sessant'anni, la più drammatica crisi che il Cattolicesimo abbia mai conosciuto nella sua storia (pensiamo alle caotiche difficoltà del Sinodo sulla Famiglia, che non riesce a conciliare l'obbedienza a Dio con i diritti dell'uomo) e sta anche rendendo spaventosamente impotente il Cristianesimo occidentale di fronte alle altre religioni e soprattutto di fronte al gravissimo problema dell'Islam in mezzo a noi.

    Cosa fa il cattolicesimo ammodernato di fronte all'Islam e alla violenza terroristica di matrice islamica?
    Chiede a quest'ultimo di accettare la modernità, chiede di mettere al centro la persona al posto di Dio, chiede cioè di accettare il trinomio della Rivoluzione, libertà-uguaglianza-fraternità. Il cattolicesimo modernamente reinterpretato ha la sfrontatezza di esporsi, giungendo a ricordare che la Chiesa Cattolica, dopo un errato rifiuto di duecento anni, ha saputo accogliere la modernità rifondandosi e collocandosi così in una fase più matura della religione. La chiesa ammodernata chiede così ai mussulmani di sapere fare gli stessi passi, per poter entrare nel consesso della religione moderna, quella che mette al centro l'uomo.

    Cosa capiranno i veri credenti mussulmani di questo invito? Capiranno che noi non crediamo più in Dio, che siamo diventati agnostici, che i dogmi della religione massonica, che poggiano sulla centralità dell'uomo, hanno scalzato per noi i veri dogmi, quelli di Dio.

    Un disastro!

    Gli islamici si confermeranno nella loro idea che l'occidente cristiano è immorale e da combattere.

    Diverso sarebbe stato l'approccio della Tradizione, del Cattolicesimo di sempre, quello autentico. Non chiedere agli islamici di adattarsi alla modernità, ma fare appello alla loro ragione per domandare di verificare la verità storica intorno alle loro origini: verificate quale è la vera Rivelazione di Dio, quella di Cristo o di Maometto? Ci sono le prove per essere certi che è quella di Cristo... verificate dove Dio ha parlato veramente. La Chiesa di sempre, senza illudersi di operare impossibili conversioni di massa, ha sempre fornito le prove della verità del Cristianesimo e della falsità dell'eresia di Maometto. La Chiesa ha sempre domandato una onestà intellettuale, perché la ragione ce l'ha data Dio, nel verificare se Dio ha parlato a Maometto o se invece Maometto è semplicemente un eretico che ha stravolto l'unica vera Rivelazione in Gesù Cristo.

    Non dunque l'invito di adeguare la propria religione alla religione massonica, ma l'approccio della sana apologetica, che riafferma l'unica verità di Cristo, questo deve fare il cattolico con il mussulmano.
    Facendo cosi, lo ripetiamo, la Chiesa non convertirà gli islamici in massa, ma dimostrerà ai suoi figli e al mondo intero di non essere agnostica, di credere nella SS. Trinità e nell'unico Redentore Nostro Signore Gesù Cristo. E se farà così, rafforzando la fede dei cristiani - chiamati al martirio se è necessario -, toccherà anche il cuore di qualche anima mussulmana che con la grazia si convertirà.

    Che tragico errore, invece, perdere il tempo nel domandare agli islamici che applichino la ragione non nel riconoscere il vero Dio di Gesù Cristo, ma i diritti dell'uomo! È come se la chiesa moderna dicesse ai mussulmani: siccome non si può verificare chi è il vero Dio, accordatevi con noi sull'accettazione delle libertà moderne che sono l'unica cosa certa. Non c'è che dire, puro agnosticismo!

    Carissimi, non sarà la religione della massoneria, quella del Dio ignoto, a salvarci dalla violenza terroristica e dall'invasione. La religione della massoneria ha distrutto dall'interno il cristianesimo in occidente e l'ha reso privo di qualsiasi attrattiva, incapace di parlare alla mente e al cuore; ha ucciso la missione cristiana e ha dato spazio a tutte le false religioni. La violenza di questi tempi è solo l'ultimo tragico frutto dell'opera massonica.

    Non sarà la religione massonica, ma il vero Cattolicesimo, quello autentico, quello della Tradizione, che ci salverà; e questa salvezza passerà ancora per il sangue dei martiri, di quei cristiani che muoiono pregando Gesù Cristo Salvatore. Sarà il Cattolicesimo pieno di Dio a salvarci. Il Cattolicesimo che usa la ragione, non per mettere al centro l'uomo ma per riaffermare la centralità di Dio.

    Solo la Tradizione ridonerà dignità al Cattolicesimo di fronte al mondo neo-pagano di oggi e anche di fronte all'Islam; gli ridarà la sua dignità, liberandolo dalla servitù allo spirito massonico.

    Protector Sanctae Ecclesiae ora pro nobis.

    Sì, San Giuseppe, prega per noi, per la Chiesa d'Occidente, perché ritrovi la via della fede certa e semplice, quella di sempre, la sola capace di missione.












    [Modificato da Caterina63 03/03/2015 21:10]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 11/03/2015 00:35
    La fede è conoscere la verità e aderirvi (cfr 1 Tm 2,4); 
    la carità è «camminare» nella verità (cfr Ef 4,15). 
    Con la fede si entra nell'amicizia con il Signore; 
    con la carità si vive e si coltiva questa amicizia (cfr Gv 15,14s). 
    La fede ci fa accogliere il comandamento del Signore e Maestro; 
    la carità ci dona la beatitudine di metterlo in pratica (cfr Gv 13,13-17). 
    Nella fede siamo generati come figli di Dio (cfr Gv 1,12s); 
    la carità ci fa perseverare concretamente nella figliolanza divina 
    portando il frutto dello Spirito Santo (cfr Gal 5,22).
    La fede ci fa riconoscere i doni che il Dio buono e generoso ci affida; 
    la carità li fa fruttificare (cfr Mt25,14-30). 






     

    ANGELUS

    Piazza San Pietro
    IV Domenica di Quaresima, 15 marzo 2015

    [Multimedia]



     

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno

    il Vangelo di oggi ci ripropone le parole rivolte da Gesù a Nicodemo: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito» (Gv 3,16). Ascoltando questa parola, rivolgiamo lo sguardo del nostro cuore a Gesù Crocifisso e sentiamo dentro di noi che Dio ci ama, ci ama davvero, e ci ama così tanto! Ecco l’espressione più semplice che riassume tutto il Vangelo, tutta la fede, tutta la teologia: Dio ci ama di amore gratuito e sconfinato.

    Così ci ama Dio e questo amore Dio lo dimostra anzitutto nella creazione, come proclama la liturgia, nella Preghiera eucaristica IV: «Hai dato origine all’universo per effondere il tuo amore su tutte le tue creature e allietarle con gli splendori della tua luce». All’origine del mondo c’è solo l’amore libero e gratuito del Padre. Sant’Ireneo un santo dei primi secoli scrive: «Dio non creò Adamo perché aveva bisogno dell’uomo, ma per avere qualcuno a cui donare i suoi benefici» (Adversus haereses, IV, 14, 1). È così, l'amore di Dio è così.

    Così prosegue la Preghiera eucaristica IV: «E quando, per la sua disobbedienza, l’uomo perse la tua amicizia, tu non l’hai abbandonato in potere della morte, ma nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro». È venuto con la sua misericordia. Come nella creazione, anche nelle tappe successive della storia della salvezza risalta la gratuità dell’amore di Dio: il Signore sceglie il suo popolo non perché se lo meriti, ma perché è il più piccolo tra tutti i popoli, come egli dice. E quando venne “la pienezza del tempo”, nonostante gli uomini avessero più volte infranto l’alleanza, Dio, anziché abbandonarli, ha stretto con loro un vincolo nuovo, nel sangue di Gesù – il vincolo della nuova ed eterna alleanza – un vincolo che nulla potrà mai spezzare.

    San Paolo ci ricorda: «Dio, ricco di misericordia, – mai dimenticarlo è ricco di misericordia – per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo» (Ef 2,4). La Croce di Cristo è la prova suprema della misericordia e dell’amore di Dio per noi: Gesù ci ha amati «sino alla fine» (Gv 13,1), cioè non solo fino all’ultimo istante della sua vita terrena, ma fino all’estremo limite dell’amore. Se nella creazione il Padre ci ha dato la prova del suo immenso amore donandoci la vita, nella passione e nella morte del suo Figlio ci ha dato la prova delle prove: è venuto a soffrire e morire per noi. Così grande è la misericordia di Dio: Egli ci ama, ci perdona; Dio perdona tutto e Dio perdona sempre.

    Maria, che è Madre di misericordia, ci ponga nel cuore la certezza che siamo amati da Dio. Ci stia vicino nei momenti di difficoltà e ci doni i sentimenti del suo Figlio, perché il nostro itinerario quaresimale sia esperienza di perdono, di accoglienza e di carità.


    Dopo l'Angelus:

    Cari fratelli e sorelle,

    Con dolore, con molto dolore, ho appreso degli attentati terroristici di oggi contro due chiese nella città Lahore in Pakistan, che hanno provocato numerosi morti e feriti. Sono chiese cristiane. I cristiani sono perseguitati. I nostri fratelli versano il sangue soltanto perché sono cristiani. Mentre assicuro la mia preghiera per le vittime e per le loro famiglie, chiedo al Signore, imploro dal Signore, fonte di ogni bene, il dono della pace e della concordia per quel Paese. Che questa persecuzione contro i cristiani, che il mondo cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace.

    (..)

    Sono vicino alla popolazione di Vanuatu, nell’Oceano Pacifico, colpita da un forte ciclone. Prego per i defunti, per i feriti e i senza tetto. Ringrazio quanti si sono subito attivati per portare soccorsi e aiuti.

    A tutti voi auguro una buona domenica. Per favore non dimenticate di pregare per me.









    ANGELUS

    Piazza San Pietro
    V Domenica di Quaresima, 22 marzo 2015

    [Multimedia]


     

    Cari fratelli e sorelle,

    in questa Quinta Domenica di Quaresima, l’evangelista Giovanni attira la nostra attenzione con un particolare curioso: alcuni “greci”, di religione ebraica, venuti a Gerusalemme per la festa di Pasqua, si rivolgono all’apostolo Filippo e gli dicono: «Vogliamo vedere Gesù» (Gv 12,21). Nella città santa, dove Gesù si è recato per l’ultima volta, c’è molta gente. Ci sono i piccoli e i semplici, che hanno accolto festosamente il profeta di Nazaret riconoscendo in Lui l’Inviato del Signore. Ci sono i sommi sacerdoti e i capi del popolo, che lo vogliono eliminare perché lo considerano eretico e pericoloso. Ci sono anche persone, come quei “greci”, che sono curiose di vederlo e saperne di più sulla sua persona e sulle opere da Lui compiute, l’ultima delle quali – la risurrezione di Lazzaro – ha fatto molto scalpore.

    «Vogliamo vedere Gesù»: queste parole, come tante altre nei Vangeli, vanno al di là dell’episodio particolare ed esprimono qualcosa di universale; rivelano un desiderio che attraversa le epoche e le culture, un desiderio presente nel cuore di tante persone che hanno sentito parlare di Cristo, ma non lo hanno ancora incontrato. “Io desidero vedere Gesù”, così sente il cuore di questa Gente.

    Rispondendo indirettamente, in modo profetico, a quella richiesta di poterlo vedere, Gesù pronuncia una profezia che svela la sua identità e indica il cammino per conoscerlo veramente: «E’ giunta l’ora che il figlio dell’uomo sia glorificato» (Gv 12,23). È l’ora della Croce! È l’ora della sconfitta di Satana, principe del male, e del trionfo definitivo dell’amore misericordioso di Dio. Cristo dichiara che sarà «innalzato da terra» (v. 32), un’espressione dal doppio significato: “innalzato” perché crocifisso, e “innalzato” perché esaltato dal Padre nella Risurrezione, per attirare tutti a sé e riconciliare gli uomini con Dio e tra di loro. L’ora della Croce, la più buia della storia, è anche la sorgente della salvezza per quanti credono in Lui.

    Proseguendo nella profezia sulla sua Pasqua ormai imminente, Gesù usa un’immagine semplice e suggestiva, quella del “chicco di grano” che, caduto in terra, muore per portare frutto (cfr v. 24). In questa immagine troviamo un altro aspetto della Croce di Cristo: quello della fecondità. La croce di Cristo è feconda. La morte di Gesù, infatti, è una fonte inesauribile di vita nuova, perché porta in sé la forza rigeneratrice dell’amore di Dio. Immersi in questo amore per il Battesimo, i cristiani possono diventare “chicchi di grano” e portare molto frutto se, come Gesù, “perdono la propria vita” per amore di Dio e dei fratelli (cfr v. 25).

    Per questo, a coloro che anche oggi “vogliono vedere Gesù”, a quanti sono alla ricerca del volto di Dio; a chi ha ricevuto una catechesi da piccolo e poi non l’ha più approfondita e forse ha perso la fede; a tanti che non hanno ancora incontrato Gesù personalmente…; a tutte queste persone possiamo offrire tre cose: il Vangeloil crocifisso e la testimonianza della nostra fede, povera, ma sincera. Il Vangelo: lì possiamo incontrare Gesù, ascoltarlo, conoscerlo. Il crocifisso: segno dell’amore di Gesù che ha dato sé stesso per noi. E poi una fede che si traduce in gesti semplici di carità fraterna. Ma principalmente nella coerenza di vita tra quello che diciamo e quello che viviamo, coerenza tra la nostra fede e la nostra vita, tra le nostre parole e le nostre azioni. Vangelo, crocifisso, testimonianza. Che la Madonna ci aiuti a portare queste tre cose.


    Dopo l'Angelus:

     

    Ed ora ripeteremo un gesto già compiuto l’anno scorso: secondo l’antica tradizione della Chiesa, durante la Quaresima si consegna il Vangelo a coloro che si preparano al Battesimo; così io oggi offro a voi che siete in Piazza un regalo, un Vangelo tascabile. Vi sarà distribuito gratuitamente da alcune persone senza fissa dimora che vivono a Roma. Anche in questo vediamo un gesto molto bello, che piace a Gesù: i più bisognosi sono coloro che ci regalano la parola di Dio. Prendetelo e portatelo con voi, per leggerlo spesso, ogni giorno portarlo nella borsa, in tasca e leggerne spesso un passo ogni giorno. La Parola di Dio è luce per il nostro cammino! Vi farà bene fatelo!

    Auguro a tutti una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me.












    [Modificato da Caterina63 22/03/2015 15:23]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 28/03/2015 12:26


    Questo è il Crocefisso dal quale Padre Pio ricevette le stimmate.
    Buona settimana Santa di Passione a tutti.




    IL CASO
     

    Akash Bashir, pakistano, neanche diciannovenne. Era cristiano, aveva studiato dai salesiani e la domenica faceva la  guardia davanti alla chiesa St. John a Lahore per permettere agli altri cristiani di sentire messa. Quando è arrivato il kamikaze, Akash l’ha abbracciato, esplodendo con lui e salvando un sacco di gente.

    di Rino Cammilleri


    Nel suo immortale capolavoro, Le lettere di Berlicche, Clive S. Lewis metteva in bocca al diavolo protagonista un singolare ammonimento nei confronti del nipote Malacoda, diavolo apprendista. Quest’ultimo si affannava a suscitare guerre tra gli uomini, ma il suo maestro lo sferzava dicendogli che non aveva capito niente: è con la pace che, dal punto di vista dei diavoli, si raccolgono i maggiori frutti. 

    Nella guerra e, in generale, in situazioni di estremo pericolo,emerge quel che di autentico c’è dentro ogni uomo. Sono tali situazioni a provocare slanci di vero eroismo, solidarietà, magnanimità, abnegazione. In alcuni, certo, mentre in altri avviene il contrario. Ma la calma piatta è, per Berlicche, consigliabile perché è nell’ozio e nello stato di benessere che la tentazione opera meglio e miete maggior raccolto. Quando la coscienza è rilassata, non quando è vigile. Infatti, è nell’Occidente infiacchito, «sazio e disperato», che certe male piante mentali sono nate e serpeggiano. In un precedente articolo abbiamo parlato degli “ideali” ridicoli e vanesi che vengono additati ai nostri giovani, condannati a fare i “ragazzi” anche alle soglie della mezza età. Il ragazzo-immagine, la cubista, il cantante debosciato, il toy-boy. Ogni altra prospettiva, purché sana e morale, è scoraggiata, vituperata e ostacolata sempre più spesso, addirittura, con la forza della legge. 

    In altre situazioni, fuori dall’Occidente malato (mentale), proprio l’assenza di “pace” fa sì che lanatura, non più artificialmente impedita, riprenda il suo corso e la forza stessa delle cose riporti in auge i veri ideali umani, quelli di sempre. È il caso di Akash Bashir, pakistano, lui sì realmente “ragazzo” perché neanche diciannovenne. Molto probabilmente le discoteche in vita sua le aveva viste solo in televisione (con antenna parabolica) e l’unica palestra che aveva conosciuto era l’oratorio salesiano. Infatti, Akash era cristiano e aveva studiato dai salesiani di Lahore, nell’istituto tecnico del quartiere di Yuhannabad. Ma dalle sue parti non c’è la “pace”, e un cristiano deve dormire con un occhio solo, altro che sballi notturni e danze attorno al palo. Niente febbre del sabato sera per Akash, solo quella della domenica, a far la guardia davanti alla chiesa per permettere agli altri cristiani di sentire messa in relativa, e guardinga, tranquillità. Era infatti di guardia, con un coetaneo, alla porta della chiesa di St. John a Lahore domenica 15 marzo. A un certo punto è arrivato uno, anzi, si è scagliato. I due hanno cercato di fermarlo, perché era chiaro che non si trattava di un fedele ritardatario. Era, infatti, un talebano. 

    Ne è nata una colluttazione, nel corso della quale Akash si è accorto che quello portava addosso sotto la giacchetta una cintura esplosiva. Un kamikaze islamico. L’uomo aveva già attivato l’innesco e Akash non ci ha pensato due volte. Lo ha abbracciato stretto, esplodendo con lui. Facendo scudo col suo corpo ha salvato un sacco di gente. Solo nove morti nella chiesa che difendeva. Sarebbero stati molti di più senza il suo sacrificio, perché la chiesa era colma. Guardate la sua faccia di (vero) ragazzino nella foto diffusa dall’agenzia di informazioni salesiane, Ans. Ma era già un uomo, un vero uomo, forgiato come tale da un ambiente ostile. Berlicche, ottimo teologo come tutti i diavoli, conosce bene la pretesa del cristianesimo: fare di ogni uomo (o donna) un eroe (o un santo, è lo stesso) liberando tutte le sue potenzialità positive. Malacoda deve fare il contrario, affinché ogni uomo (o donna) marcisca nello squallore della sua componente zoologica. 



    ***************************


    Per quanto riguarda la velatura delle immagini il Messale Romano dice quanto segue:

    Per la quinta Domenica di Quaresima:
    “.... Le croci rimangono coperte fino alla fine della Celebrazione della Passione del Signore
    il Venerdì Santo, ma le immagini rimangono coperte fino all’inizio della Veglia pasquale”.












         





    [Modificato da Caterina63 30/03/2015 17:22]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 28/03/2015 20:14
    [SM=g1740717] Ascoltiamo dalla viva voce San Padre Pio,, i suoi consigli, preghiamo con lui e chiediamogli aiuto....

    www.youtube.com/watch?v=gGGErBCq_HA&feature=youtu.be


    a seguire: Dal libro di Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, in audio la bellissima riflessione sulla presenza di Maria ai piedi della Croce.

    www.youtube.com/watch?v=KqW-xteXM8A


    e: I due riferimenti dell'allora cardinale Ratzinger sulla sporcizia nella Chiesa. Dalla nona Stazione della Via Crucis 2005 alla Omelia della Messa Pro eligendo Pontefice del 18 aprile 2005.

    www.youtube.com/watch?v=E2fIGA5Yx6M














    [SM=g1740733]


    Buon Lunedì dell'Angelo! Sanctissimus Pius XII cantat Praefatio Paschalis
    Ricordiamo, insieme ad un caro amico:
    Gli Angeli hanno vegliato sulla Tomba che custodiva il Corpo Martoriato di Cristo. Un Angelo è rimasto nel Santo Sepolcro ad annunciare la sua Resurrezione! Oggi festeggiamo quell'Angelo che sempre custodisce la nostra fede nella Resurrezione e nelle Redenzione operata dal Verbo Incarnato. Allelluja! Buon lunedì dell'Angelo!
    E rimaniamo nel clima spirituale di stupore e gioia della Santa Pasqua con questo prezioso documento da non perdere. Il Sommo Pontefice che rubricat et cantat nella lingua della Chiesa Universale.

    Vere dignum et iustum est, aequum et salutare: Te quidem, Domine, omni tempore, sed in hoc potissimum die gloriosius praedicare, cum Pascha nostrum immolatus est Christus.
    Ipse enim verus est Agnus, qui abstulit peccata mundi. Qui mortem nostram moriendo destruxit et vitam resurgendo reparavit.Et ideo cum Angelis et Archangelis, cum Thronis et Dominationibus, cumque omni militia caelestis exercitus, hymnum gloriae tuae canimus, sine fine dicentes.


    www.youtube.com/watch?t=31&v=0YsaaORa7SA





    [SM=g1740733]

    [Modificato da Caterina63 06/04/2015 12:26]
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    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 06/04/2015 14:24

    REGINA COELI

    Piazza San Pietro
    Lunedì dell'Angelo, 6 aprile 2015

    [Multimedia]



     

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno e ancora buona Pasqua!

    In questo Lunedì dopo Pasqua il Vangelo (cfr Mt 28,8-15) ci presenta il racconto delle donne che, recatesi al sepolcro di Gesù, lo trovano vuoto e vedono un Angelo che annuncia loro che Egli è risorto. E mentre esse corrono per portare la notizia ai discepoli, incontrano Gesù stesso che dice loro: «Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno» (v. 10). La Galilea è la “periferia” dove Gesù aveva iniziato la sua predicazione; e di là ripartirà il Vangelo della Risurrezione, perché sia annunciato a tutti, e ognuno possa incontrare Lui, il Risorto, presente e operante nella storia. Anche oggi Lui è con noi, qui in piazza.

    Questo dunque è l’annuncio che la Chiesa ripete fin dal primo giorno: “Cristo è risorto!”. E, in Lui, per il Battesimo, anche noi siamo risorti, siamo passati dalla morte alla vita, dalla schiavitù del peccato alla libertà dell’amore. Ecco la buona notizia che siamo chiamati a portare agli altri e in ogni ambiente, animati dallo Spirito Santo. La fede nella risurrezione di Gesù e la speranza che Egli ci ha portato è il dono più bello che il cristiano può e deve offrire ai fratelli. A tutti e a ciascuno, dunque, non stanchiamoci di ripetere: Cristo è risorto! Ripetiamolo tutti insieme, oggi qui in piazza: Cristo è risorto! Ripetiamolo con le parole, ma soprattutto con la testimonianza della nostra vita. La lieta notizia della Risurrezione dovrebbe trasparire sul nostro volto, nei nostri sentimenti e atteggiamenti, nel modo in cui trattiamo gli altri.

    Noi annunciamo la risurrezione di Cristo quando la sua luce rischiara i momenti bui della nostra esistenza e possiamo condividerla con gli altri; quando sappiamo sorridere con chi sorride e piangere con chi piange; quando camminiamo accanto a chi è triste e rischia di perdere la speranza; quando raccontiamo la nostra esperienza di fede a chi è alla ricerca di senso e di felicità. Con il nostro atteggiamento, con la nostra testimonianza, con la nostra vita, diciamo: Gesù è risorto! Lo diciamo con tutta l’anima.

    Siamo nei giorni dell’Ottava di Pasqua, durante i quali ci accompagna il clima gioioso della Risurrezione. È curioso: la Liturgia considera l’intera Ottava come un unico giorno, per aiutarci ad entrare nel mistero, perché la sua grazia si imprima nel nostro cuore e nella nostra vita. La Pasqua è l’evento che ha portato la novità radicale per ogni essere umano, per la storia e per il mondo: è trionfo della vita sulla morte; è festa di risveglio e di rigenerazione. Lasciamo che la nostra esistenza sia conquistata e trasformata dalla Risurrezione!

    Domandiamo alla Vergine Madre, silenziosa testimone della morte e risurrezione del suo Figlio, di accrescere in noi la gioia pasquale. Lo faremo ora con la recita del Regina Caeli, che nel tempo pasquale sostituisce la preghiera dell’Angelus. In questa preghiera, scandita dall’alleluia, ci rivolgiamo a Maria invitandola a rallegrarsi, perché Colui che ha portato in grembo è risorto come aveva promesso, e ci affidiamo alla sua intercessione. In realtà, la nostra gioia è un riflesso della gioia di Maria, perché è Lei che ha custodito e custodisce con fede gli eventi di Gesù. Recitiamo dunque questa preghiera con la commozione dei figli che sono felici perché la loro Madre è felice.


    Dopo il Regina Coeli:

    In questo bel clima pasquale, saluto cordialmente tutti voi, cari pellegrini venuti dall’Italia e da varie parti del mondo per partecipare a questo momento di preghiera. In particolare, sono lieto di accogliere la delegazione del Movimento Shalom, che è arrivata all’ultima tappa della staffetta solidale per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle persecuzioni dei cristiani nel mondo. Il vostro itinerario sulle strade è finito, ma deve continuare da parte di tutti il cammino spirituale di preghiera intensa, di partecipazione concreta e di aiuto tangibile in difesa e protezione dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, perseguitati, esiliati, uccisi, decapitati per il solo fatto di essere cristiani. Loro sono i nostri martiri di oggi, e sono tanti, possiamo dire che sono più numerosi che nei primi secoli. Auspico che la Comunità Internazionale non assista muta e inerte di fronte a tale inaccettabile crimine, che costituisce una preoccupante deriva dei diritti umani più elementari. Auspico veramente che la Comunità Internazionale non volga lo sguardo dall’altra parte.

    A ciascuno di voi, auguro di trascorrere nella gioia e nella serenità questa Settimana in cui si prolunga la gioia della Risurrezione di Cristo. Per vivere più intensamente questo periodo - e torno sempre sullo stesso argomento - ci farà bene leggere ogni giorno un brano del Vangelo in cui si parla dell’evento della Risurrezione. Ogni giorno un piccolo passo.

    Buona e Santa Pasqua a tutti! Per favore, non dimenticate di pregare per me.



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 12/04/2015 18:39
    [SM=g1740720] Misericordiae Vultus

    Brani tratti dalla Bolla di indizione per l'Anno Santo straordinario della Misericordia.

    Non fuggiamo da questa opportunità, non sprechiamola!
    Santa Faustina Kowalska riporta nel suo Diario come Gesù le abbia spiegato che questo dono della Misericordia è l'ultima opportunità che Dio da agli uomini e tutti i Papi, specialmente gli ultimi di questi nostri tempi difficili e gravi, hanno fatto ricorso a questi appelli misericordiosi di Gesù anche, per esempio, attraverso i fatti legati a Fatima le cui Apparizioni ricorderemo per il Centenario del 2017.

    Oggi il Santo Padre Francesco ci sollecita ancora una volta a prendere questa Divina Misericordia per farla nostra, per sfruttarla quale sostegno della nostra conversione a Cristo.
    Come Domenicani, per giunta, che proprio in questo Anno di grazia festeggeremo l'ottavo Centenario dalla Fondazione dell'Ordine, non possiamo restare a "guardare passivamente" questi eventi, piuttosto abbiamo il dovere di farli nostri ed insieme rendere un servizio anche al prossimo.

    L'Anno Santo inizierà nella solennità dell'Immacolata: quale occasione più eccelsa affinchè possiamo prendere il Santo Rosario ed usarlo quale - come dice la Supplica di Pompei del Beato Bartolo Longo - catena dolce che ci rannodi a Dio, vincolo di pace negli assalti dell'inferno, noi non ti lasceremo mai più.....
    e il Papa nella Bolla ci richiama alla preghiera della Salve Regina quale implorazione, supplica a Colei che è Madre della Misericordia incarnata e che aiuta noi "in questa valle di lacrime"....

    gloria.tv/media/JtH4Am5Wqxo

    www.youtube.com/watch?v=77uZG_ZQn6c&feature=youtu.be

    Ave Maria

    Movimento Domenicano del Rosario





    [SM=g1740738] [SM=g1740750] [SM=g1740752]

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 13/04/2015 13:26

      Nuovo popolo cercasi


     


    Riprendo da La scure di EliaVi invito a leggere attentamente anche la conclusione. In fondo è quel che diciamo da tempo. Ora a dirlo è un sacerdote...


    Questo si scriva per la generazione futura:
    e un popolo nuovo darà lode al Signore

    (Sal 102 [101], 19).

    Lo so bene: le geremiadi non piacciono a nessuno. Il fatto è che il povero Geremia aveva ragione; ma la sua singolare vocazione fu di parlare per non essere ascoltato – nemmeno dopo la catastrofe. Ciononostante, egli rimase fedelmente con il rimasuglio di Israele disfatto ed errabondo, pur di non abbandonarlo al suo destino, e con il suo popolo cocciuto, nonostante il contrario responso divino, emigrò in Egitto, dove si persero le sue tracce (ma non le sue parole, rimaste monito prezioso per il futuro, sempre che si voglia intenderle). Come egli stesso aveva profetizzato, alcuni anni dopo Nabucodonosor arrivò fin là: la spontanea sottomissione predicata da Geremia e ostinatamente rifiutata dai suoi compatrioti, alla fine, fu imposta con la forza. Probabilmente sarebbe convenuto a tutti dargli retta fin da principio…

    Quale interesse possono avere per noi queste antiche storie bibliche? Quello che ha tutta la storia sacra: la nostra salvezza eterna. Più di chiunque altri, un ministro della Chiesa deve interrogarsi su ciò che tale storia gli insegna per prendere le proprie decisioni. Che ne sarà del popolo errante e ribelle, se i ministri di Dio decisi a fare la Sua volontà lo abbandonano? Se così avessero fatto Mosè, Elia o Geremia, come sarebbe sopravvissuto il popolo eletto?… e dove si sarebbe incarnato il Figlio di Dio?… e da dove sarebbe germogliata la Chiesa? Di contro, però, la Parola divina ci invita pure ad uscire dall’accampamento portando, dietro Gesù, il suo obbrobrio (cf. Eb 13, 13). Come egli ha consumato il Suo sacrificio redentore fuori della Città santa, che lo aveva respinto quale Messia, così anche chi lo segue fedelmente dovrebbe dissociarsi espressamente da quel mondo ecclesiale che lo rinnega a fatti e a parole. Ma come continuare, poi, a guidare e sostenere i cattolici fedeli e quelli che, oggi pur così refrattari, cercheranno aiuto quando arriverà il castigo?

    Il grosso della Chiesa terrena si è reciso dalle radici e, come accadrebbe a qualsiasi albero, è seccato. Attanagliato dal senso di vuoto e dalla nostalgia lacerante di qualcosa – e di Qualcuno – che i più giovani non hanno mai conosciuto, questo popolo disorientato e confuso si sforza in tutti i modi di convincersi da sé di quel che non sa più e di animarsi autonomamente di una vita che gli manca… perché, in realtà, ha perduto la sorgente della grazia.
    Non serve a nulla, a questo punto, insistere ottusamente a irrigare l’albero secco e privo di radici con acque derivate in modo autarchico e velleitario. All’organismo vivente che ci era stato trasmesso hanno sostituito un sistema artificiale che ha spento la fede e con il quale è impossibile suscitarla di nuovo, come mi ha fatto intuire, la notte di Pasqua, un episodio tanto fortuito quanto simbolico: non riuscendo in alcun modo ad accendere il nuovo cero pasquale in pura paraffina (che avrebbe bruciato con sgradevole odore e abbondante fumo nero), dopo aver recitato mentalmente un’Ave Maria mi è venuto in mente di mandare a prendere il vecchio cero del fonte battesimale (in pura cera d’api), che si è acceso immediatamente e ha poi brillato nella buia navata spandendo il buon profumo di Cristo.

    Senza di esso, non so proprio come avrei potuto iniziare la Veglia pasquale… Senza un recupero della Tradizione, non vedo come possa rinascere la Chiesa, uccisa da un rito che non è più percepito come il Santo Sacrificio della nostra redenzione, ma come mero intrattenimento di natura socio-religiosa, di cui esistono oltretutto, in pratica, tante varianti quanti sono i ministri che lo celebrano. Una liturgia adattabile a tutti i gusti e a tutte le circostanze ha ingenerato la convinzione che l’uomo non debba conformarsi a Dio, ma piuttosto piegare l’idea di Dio ai propri capricci; così ora ci si pone in ascolto della Parola – come amano tanto dire – non per conoscere ciò che Egli vuole e obbedire a Lui nella propria condotta con l’aiuto della Sua grazia, ma per disquisire se quanto udito corrisponde o meno al codice morale personale (che è gioco-forza del tutto relativo).
    Il fedele si è trasformato in severo censore della verità rivelata, giudicata in modo insindacabile sulla base delle massime mondane del momento… C’è poi da meravigliarsi che nessuno si confessi più – o, se lo fa, sia convinto di non avere alcun peccato e ne approfitti, eventualmente, per denunciare i peccati di altri: marito, suocera, figli, parenti, colleghi e via dicendo?
     
    Ma che importa? Se è assente la vita di grazia (locuzione ormai indecifrabile) e dilaga il peccato mortale, la piaga infetta e non curata è dissimulata con fiumi di parole; se la vera fede è morta, ci si dimena in attività aggregative che non la richiedono affatto; se non si prega più, si corre da un santuario all’altro – basta che in albergo si mangi bene. Se la Chiesa ha tradito il suo Signore, si può sempre osannare il líder máximo, che sta fondando una nuova religione in cui, finalmente, saremo tutti uguali, cattolici e non, cristiani e non, credenti e non…
    Era ora che finisse quell’odioso mondo di discriminazioni che faceva distinzione addirittura tra maschi e femmine, giovani e vecchi, onesti e disonesti…! Questo mondo di oggi, effettivamente, tra poco finirà, implodendo sul proprio vuoto spinto. Bisogna quindi preparare fin d’ora la generazione futura che sopravvivrà alla catastrofe, quel popolo nuovo che darà lode al Signore con la verità del proprio essere e operare.
     
    Ecco dunque la risposta alla domanda formulata all’inizio: bisogna rimanere dentro, ma in modo diverso; sarà la qualità della presenza ad attirare chi cerca Dio. Ciò da cui bisogna uscire è la struttura mortifera, gestita da vescovi increduli, in cui la Chiesa si è rinchiusa e soffocata, per creare in alternativa ambienti vitali – non necessariamente riconosciuti, ma nemmeno in stato di rottura – in cui si possa realmente respirare lo Spirito Santo e crescere nella vita soprannaturale. Quale sia la soluzione concreta per attuare questo programma, non mi è stato ancora indicato dall’alto; ho un’idea sulla possibile guida. Invito perciò i lettori ad offrire preghiere e sacrifici per questa intenzione e a rimanere in contatto. Credo che vi abbiamo tutti interesse – un interesse supremo.

    Al popolo che nascerà diranno: «Ecco l’opera del Signore!» (Sal 22 [21], 32).




    19 aprile 2015










    10.mo elezione Benedetto XVI. Ouellet: crescono frutti del suo Pontificato

    Benedetto XVI

    19/04/2015

    “Un umile lavoratore nella Vigna del Signore”. Il 19 aprile di 10 anni fa il cardinale Joseph Ratzinger veniva eletto Pontefice. Per una riflessione sui frutti del Pontificato di Benedetto XVI in questo 10.mo anniversario,Alessandro Gisotti ha intervistato uno dei più stretti collaboratori del Papa emerito, il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi:

    R. – Io vedo soprattutto dei frutti a lunga scadenza e, come primo frutto, mi sembra che il Pontificato di Benedetto XVI sia stato una chance per l’Europa. Il Papa, col suo nome e col suo pensiero, ha ricordato le radici cristiane dell’Europa e la stima dovuta al suo patrimonio spirituale e culturale. I suoi viaggi e discorsi – per esempio a Parigi, Londra e Berlino – rimarranno dei punti fermi per il futuro dell’Europa. Un altro frutto importante è il contributo specifico di Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, sui rapporti tra la fede e la ragione, nelle sue grandi encicliche. Inoltre, il Papa Benedetto ha – direi – avvicinato l’esegesi e la teologia nella teoria e nella pratica, con l’Esortazione apostolica “Verbum Domini” e soprattutto col suo libro su Gesù di Nazaret. Un terzo frutto è il tesoro delle sue omelie mistagogiche, che ci ha lasciato in eredità, una scuola di predicazione. Molte di queste omelie saranno lette nei secoli.

    D. – Papa Benedetto ha affrontato con fermezza questioni dolorose come la pedofilia nella Chiesa e la trasparenza nella gestione dei beni. Si può dire che su questi fronti Francesco raccolga i frutti di un grande lavoro iniziato con coraggio dal suo predecessore?

    R. – Certamente. Io vedo una grande continuità tra i due Pontefici. La più bella continuità tra i due Papi è la loro differenza di stile e di carisma. C’è grande continuità sulla riforma della Chiesa, sulla lotta alla pedofilia, sulla trasparenza finanziaria, anche sulle questioni della famiglia, che sono state molto care a Benedetto, e si va avanti con grande continuità nella riflessione sulla nuova evangelizzazione e anche sull’interpretazione del Concilio.

    D. – Da due anni, dopo la rinuncia al ministero petrino, Papa Benedetto si è ritirato in preghiera lontano dal mondo. Il suo contributo alla Chiesa, però, continua in modo diverso…

    R. – Benedetto XVI si è ritirato nel silenzio con un grande gesto di umiltà e coraggio, un gesto rivoluzionario, che ha aperto anche la strada alla novità di Papa Francesco. Credo che l’autorità morale di Papa Benedetto ne risulti ancora più grande e sono convinto che la sua preghiera sia un potente aiuto per il suo successore.

    D. – Lei è stato uno dei più stretti collaboratori di Benedetto XVI, personalmente qual è il dono più grande che ha ricevuto dall’essere vicino ad un uomo e un pastore così grande come Joseph Ratzinger?

    R. – Conservo molti ricordi personali degli incontri di lavoro con lui, soprattutto sulle nomine dei vescovi, e ho ammirato la sua prudenza, la sua saggezza. Ma forse ciò che più mi ha colpito, nei momenti difficili e critici che lui ha dovuto vivere, è stata la sua umiltà e la sua pazienza: con i collaboratori, con i traditori, con tutte le difficoltà, anche le critiche dei media. Credo abbia saputo prendere la sua croce e seguire nostro Signore. Benedetto rimane per me un maestro di vita - non solo un dottore della Chiesa, ma un maestro di vita - un uomo buono, colto, che ha guadagnato l’affetto profondo e durevole di tanti fedeli. 


     

     








     





    [Modificato da Caterina63 19/04/2015 12:24]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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    00 30/04/2015 11:10
    [SM=g1740758] primo maggio Festa dei lavoratori..... ma anche e soprattutto di San Giuseppe artigiano....

    riscopriamo questa Festa....



    DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO PP. XII
    IN OCCASIONE DELLA SOLENNITÀ
    DI SAN GIUSEPPE ARTIGIANO*



    Piazza San Pietro - Domenica, 1° maggio 1955



    Poco più di dieci anni or sono, l'11 marzo 1945, in un momento delicato della storia della Nazione italiana, e specialmente della classe lavoratrice, Noi ricevemmo per la prima volta in Udienza le Acli. Sappiamo, diletti figli e figlie, che voi tenete in grande onore quel giorno, in cui aveste il pubblico riconoscimento della Chiesa, la quale, nel lungo corso della sua storia, è sempre stata premurosa di corrispondere alle necessità dei tempi, ispirando ai fedeli il pensiero e il proposito di unirsi in particolari Associazioni a tale scopo. Così le Acli entrarono in scena, con l'approvazione e la benedizione del Vicario di Cristo.

    Fin dalle origini Noi mettemmo le vostre Associazioni sotto il potente patrocinio di S. Giuseppe. Non vi potrebbe essere infatti miglior protettore per aiutarvi a far penetrare nella vostra vita lo spirito del Vangelo. Come invero allora dicemmo (cfr. Discorsi e Radiomessaggi, vol. VII, pag. 10), dal Cuore dell'Uomo-Dio, Salvatore del mondo, questo spirito affluisce in voi e in tutti gli uomini; ma è pur certo che nessun lavoratore ne fu mai tanto perfettamente e profondamente penetrato quanto il Padre putativo di Gesù, che visse con Lui nella più stretta intimità e comunanza di famiglia e di lavoro. Così, se voi volete essere vicini a Cristo, Noi anche oggi vi ripetiamo « Ite ad Ioseph »: Andate da Giuseppe! (Gen. 41, 55).

    Le Acli dunque debbono far sentire la presenza di Cristo ai loro propri membri, alle loro famiglie e a tutti quelli che vivono nel mondo del lavoro. Non vogliate mai dimenticare che la vostra prima cura è di conservare e di accrescere la vita cristiana nel lavoratore. A tal fine non basta che soddisfacciate e esortiate a soddisfare gli obblighi religiosi; occorre anche che approfondiate la vostra conoscenza della dottrina della fede, e che comprendiate sempre meglio ciò che importa l'ordine morale del mondo, stabilito da Dio, insegnato e interpretato dalla Chiesa, in ciò che concerne i diritti e i doveri del lavoratore di oggi.

    Noi quindi benediciamo questi vostri sforzi, e specialmente i corsi e le lezioni che opportunamente organizzate, non meno che i sacerdoti e i laici che vi prestano l'opera loro come insegnanti. Non si farà mai abbastanza in questo campo; tanto grande è il bisogno di una formazione metodica, attraente e sempre adattata alle circostanze locali. Si eviti con ogni premura che il felice esito del lavoro generoso, speso per stabilire ed estendere il regno di Dio, venga intralciato o fatto naufragare col cedere ad ambizioni personali o a rivalità di gruppi particolari. Sappiano le Acli che avranno sempre il Nostro appoggio, finchè si atterranno a queste norme e daranno alle altre organizzazioni l'esempio di uno zelo disinteressato nel servizio della causa cattolica.

    Da lungo tempo pur troppo il nemico di Cristo semina zizzania nel popolo italiano, senza incontrare sempre e dappertutto una sufficiente resistenza da parte dei cattolici. Specialmente nel ceto dei lavoratori esso ha fatto e fa di tutto per diffondere false idee sull'uomo e il mondo, sulla storia, sulla struttura della società e della economia. Non è raro il caso in cui l'operaio cattolico, per mancanza di una solida formazione religiosa, si trova disarmato, quando gli si propongono simili teorie; non è capace di rispondere, e talvolta persino si lascia contaminare dal veleno dell'errore.

    Questa formazione le Acli debbono dunque sempre più migliorare, persuase come sono che esercitano in tal guisa quell'apostolato del lavoratore fra i lavoratori, che il Nostro Predecessore Pio XI di f. m. auspicava nella sua Enciclica « Quadragesimo anno » (cfr. Acta Ap. Sedis, vol. XXIII pag. 226).
    w2.vatican.va/content/pius-xi/it/encyclicals/documents/hf_p-xi_enc_19310515_quadragesimo-a...

    La formazione religiosa del cristiano, e specialmente del lavoratore, è uno degli offici principali dell'azione pastorale moderna. Come gl'interessi vitali della Chiesa e delle anime hanno imposto la istituzione di scuole cattoliche per i fanciulli cattolici, così anche la vera e profonda istruzione religiosa degli adulti è una necessità di primo ordine. In tal modo voi siete sulla buona via; continuate con coraggio e perseveranza, e non lasciatevi sviare da erronei principi.

    Poichè questi erronei principi sono all'opera! — Quante volte Noi abbiamo affermato e spiegato l'amore della Chiesa verso gli operai! Eppure si propaga largamente l'atroce calunnia che « la Chiesa è alleata del capitalismo contro i lavoratori »! Essa, madre e maestra di tutti, è sempre particolarmente sollecita verso i figli che si trovano in più difficili condizioni, e anche di fatto ha validamente contribuito al conseguimento degli onesti progressi già ottenuti da varie categorie di lavoratori.

    Noi stessi nel Radiomessaggio natalizio del 1942 dicevamo: « Mossa sempre da motivi religiosi, la Chiesa condannò i vari sistemi del socialismo marxista, e li condanna anche oggi, com'è suo dovere e diritto permanente di preservare gli uomini da correnti e influssi, che ne mettono a repentaglio la salvezza eterna. Ma la Chiesa non può ignorare o non vedere che l'operaio, nello sforzo di migliorare la sua condizione, si urta contro qualche congegno, che, lungi dall'essere conforme alla natura, contrasta con l'ordine di Dio e con lo scopo che Egli ha assegnato per i beni terreni. Per quanto fossero e siano false, condannabili e pericolose le vie, che si seguirono; chi, e soprattutto qual sacerdote o cristiano, potrebbe restar sordo al grido, che si solleva dal profondo, e il quale in un inondo di un Dio giusto invoca giustizia e spirito di fratellanza? » (Discorsi e Radiomessaggi, vol. IV pag. 336- 337).
    w2.vatican.va/content/pius-xii/it/speeches/1942/documents/hf_p-xii_spe_19421224_radiomessage-christ...


    Gesù Cristo non attende che Gli si apra il cammino per penetrare le realtà sociali, con sistemi che non derivano da Lui, si chiamino essi « umanesimo laico » a « socialismo purgato dal materialismo ». Il suo regno divino di verità e di giustizia è presente anche nelle regioni ove l'opposizione fra le classi minaccia incessantemente di avere il sopravvento. Perciò la Chiesa non si restringe ad invocare questo più giusto ordine sociale, ma ne indica i principi fondamentali, sollecitando i reggitori dei popoli, i legislatori, i datori di lavoro e i direttori delle imprese di metterli ad esecuzione.

    Ma il Nostro discorso si volge ora particolarmente ai cosiddetti «, delusi » fra i cattolici italiani. Non mancano essi infatti, soprattutto fra giovani anche di ottime intenzioni, i quali avrebbero aspettato di più dall'azione delle forze cattoliche nella vita pubblica del Paese.

    Noi non parliamo qui di coloro, il cui entusiasmo non è sempre accompagnato da un calmo e sicuro senso pratico riguardo a fatti presenti e futuri e alle debolezze dell'uomo comune. Ci riferiamo piuttosto a quelli, i quali riconoscono bensì i notevoli progressi conseguiti nonostante la difficile condizione del Paese, ma risentono dolorosamente che le loro possibilità e capacità, di cui hanno piena consapevolezza, non trovano campo per essere messe in valore. Senza dubbio essi avrebbero una risposta al loro lamento, se leggessero attentamente il programma delle Acli, che esige la partecipazione effettiva del lavoro subordinato nella elaborazione della vita economica e sociale della Nazione e chiede che nell'interno delle imprese ognuno sia realmente riconosciuto come un vero collaboratore.

    Non abbiamo bisogno d'insistere su questo argomento, da Noi stessi già sufficientemente trattato in altre occasioni. Ma vorremmo richiamare l'attenzione di quei delusi sul fatto che né nuove leggi né nuove istituzioni sono bastevoli per dare al singolo la sicurezza di essere al riparo da ogni costrizione abusiva e di potersi liberamente evolvere nella società. Tutto sarà vano, se l'uomo comune vive nel timore di subire l'arbitrio e non perviene ad affrancarsi dai sentimento che egli sia soggetto al buono o cattivo volere di coloro che applicano le leggi o che come pubblici ufficiali dirigono le istituzioni e le organizzazioni; se Si accorge che nella vita quotidiana tutto dipende da relazioni, che egli forse non ha, a differenza di altri; se sospetta che, dietro la facciata di quel che si chiama Stato, si cela il giuoco di potenti gruppi organizzati.

    L'azione delle forze cristiane nella vita pubblica importa dunque certamente che si promuova la promulgazione di buone leggi e la formazione di istituzioni adatte ai tempi; ma significa anche più che si bandisca il dominio delle frasi vuote e delle parole ingannatrici, e che l'uomo comune si senta appoggiato e sostenuto nelle sue legittime esigenze ed attese. Occorre formare una opinione pubblica che, senza cercare lo scandalo, indichi con franchezza e coraggio le persone e le circostanze, che non sono conformi alle giuste leggi ed istituzioni, o che nascondono slealmente ciò che è vero. Non basta per procurare l'influsso al semplice cittadino il mettergli in mano la scheda di voto o altri simili mezzi. Se egli vuol essere associato alle classi dirigenti, se vuole, per il bene di tutti, porre talvolta rimedio alla mancanza di idee proficue e vincere l'egoismo invadente, deve possedere egli stesso le intime energie necessarie e la fervida volontà di contribuire ad infondere una sana morale in tutto l'ordinamento pubblico.

    Ecco il fondamento della speranza che Noi esprimevamo alle Acli or sono dieci anni e che ripetiamo oggi con raddoppiata fiducia dinanzi a voi. Nel movimento operaio possono subire reali delusioni soltanto coloro, che dirigono il loro sguardo unicamente all'aspetto politico immediato, al giuoco delle maggioranze. L'opera vostra si svolge nello stadio preparatorio — e così essenziale — della politica. Per voi si tratta di educare ed avviare il vero lavoratore cristiano mediante la vostra « formazione sociale» alla vita sindacale e politica e di sostenere e facilitare tutta la sua condotta per mezzo della vostra « azione sociale » e del vostro « servizio sociale ». Continuate dunque senza debolezze l'opera finora prestata; in tal guisa aprirete a Cristo un adito immediato nel mondo operaio, e mediatamente poi anche negli altri gruppi sociali. È questa l'« apertura » fondamentale, senza la quale ogni altra « apertura » in qualunque senso non sarebbe che una capitolazione delle forze che si dicono cristiane.

    Diletti figli e figlie, presenti in questa sacra Piazza; e voi lavoratori e lavoratrici del mondo tutto, che Noi teneramente abbracciamo con paterno affetto, simile a quello con cui Gesù avvinceva a sè le moltitudini fameliche di verità e di giustizia; siate certi che in ogni occorrenza avrete al vostro fianco una guida, un difensore, un Padre.

    DiteCi apertamente, sotto questo libero cielo di Roma: Saprete voi riconoscere, tra tante voci discordi e ammalianti a voi rivolte da varie parti, alcune per insidiare le vostre anime, altre per umiliarvi come uomini, o per defraudarvi dei legittimi vostri diritti come lavoratori, saprete riconoscere chi è e sarà sempre la vostra sicura guida, chi il fedele vostro difensore, chi il sincero vostro Padre?

    Si, diletti lavoratori; il Papa e la Chiesa non possono sottrarsi alla divina missione di guidare, proteggere, amare soprattutto i sofferenti, tanto più cari, quanto più bisognosi di difesa e di aiuto, siano essi operai o altri figli del popolo.

    Questo dovere ed Impegno Noi, Vicario di Cristo, desideriamo di altamente riaffermare, qui, in questo giorno del 1° maggio, che il mondo del lavoro ha aggiudicato a sé, come propria festa, con l'intento che da tutti si riconosca la dignità del lavoro, e che questa ispiri la vita sociale e le leggi, fondate sull'equa ripartizione di diritti e di doveri.

    In tal modo accolto dai lavoratori cristiani, e quasi ricevendo il crisma cristiano, il 1° maggio, ben lungi dall'essere risveglio di discordie, di odio e di violenza, è e sarà un ricorrente invito alla moderna società per compiere ciò che ancora manca alla pace sociale. Festa cristiana, dunque; cioè, giorno di giubilo per il concreto e progressivo trionfo degli ideali cristiani della grande famiglie del lavoro.

    Affinchè vi sia presente questo significato, e in certo modo quale immediato contraccambio per i numerosi e preziosi doni, arrecatici da ogni regione d'Italia, amiamo di annunziarvi la Nostra determinazione d'istituire — come di fatto istituiamo — la festa liturgica di S. Giuseppe artigiano, assegnando ad essa precisamente il giorno 1° maggio. Gradite, diletti lavoratori e lavoratrici, questo Nostro dono? Siamo certi che sì, perchè l'umile artigiano di Nazareth non solo impersona presso Dio e la S. Chiesa la dignità del lavoratore del braccio, ma è anche sempre il provvido custode vostro e delle vostre famiglie.

    Con tale augurio sulle labbra e nel cuore, diletti figli e figlie, e con la certezza che ricorderete questa giornata così densa di santi propositi, così fulgida di buone speranze, così promettente per quanto è stato compiuto, invochiamo dall'Altissimo le più elette benedizioni su di voi, sui vostri congiunti, sui degenti negli ospedali e nei sanatori, sui campi e le officine, sulle vostre Acli e sulla loro grande e nobile attività, sui datori di lavoro, sulla diletta Italia e sul mondo tutto del lavoro, a Noi sempre caro. Discenda dai cieli sulla terra, da voi lavorata e fecondata in ossequio al primordiale divino precetto, la Nostra paterna Apostolica Benedizione!

    *Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XVII,
    Diciassettesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1955 - 1° marzo 1956, pp. 71 - 76
    Tipografia Poliglotta Vaticana

    www.youtube.com/watch?v=ReTmk01tCsE&feature=youtu.be







    [SM=g1740717]
    [Modificato da Caterina63 30/04/2015 11:20]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 01/05/2015 13:11
      strepitoso Discorso del Papa ai Cursillos di Cristianità, clicca qui il testo integrale










    I martiri non piacevano al dialogo

    Editoriale "Radicati nella fede" - Anno VIII n° 5 - Maggio 2015


    E siamo di nuovo in tempo di Martirio.

      Ciò che sta accadendo ai cristiani in Asia e in Africa ha riportato prepotentemente sulle nostre labbra la parola “martirio”. Cristiani uccisi, e in massa, nelle maniere più orrende, semplicemente perché cristiani; tutto questo ci fa dire che è tornata l'era dei martiri.
     
      Per la verità la Chiesa non è mai uscita dal tempo del martirio. Gli studi pubblicati in occasione dell'ultimo anno santo, quello del 2000, ci avevano già ricordato che il numero dei martiri, in venti secoli di cristianesimo, è enorme: circa 80 milioni! e dato ancora più impressionante, di questi 80 milioni, circa la metà appartiene all'ultimo secolo concluso, il '900!
     
      Nonostante questi dati, noi cristiani pasciuti d'occidente facciamo fatica, tanta fatica, a credere che la Chiesa sia in perenne stato di martirio. Siamo stati abituati, dalla scuola e dalla cultura laica, a pensare, piuttosto, che la Chiesa debba chiedere perdono del suo passato violento e impositivo: è la leggenda nera che dipinge la Sposa di Cristo come strumento di potere. Per questo resistiamo nel vedere invece la verità, e cioè che i cristiani nel mondo hanno sofferto e hanno continuato a versare il proprio sangue per la fede.

    A questo lavoro di disinformazione fatto dalla cultura laicista, tendente a minimizzare se non a negare il martirio dei cristiani, si è affiancata, in questi ultimi decenni, la più grande impresa di depistaggio intellettuale, operata, dentro la Chiesa, dai cattolici stessi. Dopo il Concilio Vaticano II, la dittatura del Dialogo ha imposto il silenzio sul fenomeno del Martirio: la Chiesa deve riconciliarsi col mondo moderno e per questo non deve più parlare di chi muore per la fede. I Martiri costituivano il più grande ingombro e inciampo per quest'opera di trasformazione della Chiesa, che si è voluta mondanizzare a tutti i costi .

    Il concetto di martirio, secondo questi emancipati cattolici moderni, appartiene a un passato ormai superato; appartiene all'epoca della contrapposizione con il mondo, e questo passato non deve tornare più. Secondo questi, e sono tanti, c'è un modo più efficace per lavorare nel mondo come cristiani, più efficace che quello di dare la vita unendo il proprio sangue a quello di Cristo: c'è l'arma del comprendere le ragioni dell'avversario, del parlare con lui, del dialogare con lui, per scoprire infine che, in fondo, la si pensa allo stesso modo. 
    Tutto questo triste lavoro di rifiuto del martirio e di sostituzione con l'ideologia del dialogo, ebbe tragiche conseguenze negli anni '60 e '70: mentre i cristiani dell'Est venivano eliminati o condotti ai lavori forzati nei gulag, la Santa Sede privilegiava con la Ostpolitik i buoni rapporti con le dittature marxiste, ricercando con esse un accordo possibile, ritenendo erroneamente che il Comunismo fosse eterno. Fa parte di questa vergogna la mancata condanna del Comunismo durante il Concilio stesso: la storia arriverà a giudicare severamente questo meschino cedimento ereticale.
      Negli ultimi anni, l'imposizione del silenzio sul fenomeno del martirio è stata comandata dall'altrettanto dogmatico dialogo interreligioso: occorre stare in pace con le altre religioni, non fare proselitismo, e dunque occorre tacere sui cristiani uccisi.  Ma i fatti parlano oggi in nome di Dio.

      Si voleva una nuova era per la Chiesa, l'era della serenità con il mondo a 360°, ed ecco che, invece, il sangue dei cristiani crocifissi, sgozzati, bruciati, fucilati, impiccati e lapidati è venuto a rompere l'ingannevole idillio.

      Tutto questo dolore dei nostri fratelli - per i quali non dobbiamo smettere di pregare, affinché questa terribile prova sia loro abbreviata - è un potente richiamo per noi cristiani, immersi nella più grande falsa ideologia della storia, quella della Modernità.

      La modernità, che rifiuta come stoltezza Cristo crocifisso, ha portato dentro la Chiesa la mortale illusione di poter separare la Resurrezione dalla Croce.
    Si è voluto fare un nuovo cristianesimo che pone l'accento sulla Vita nuova in Cristo, dimenticando la sua Passione e Morte.

      È vero, Cristo ha vinto la morte, è risorto; è costituito Signore di tutto. È vero che questa vittoria del Risorto è partecipata alla Chiesa e ai santi, ma occorre stare attenti: questa vittoria, come spiega il grande père Calmel, “lungi dal sopprimere la Croce e renderla inutile, si realizza soltanto attraverso la Croce. Dicite in nationibus quia Deus regnavit a ligno”. (R.T. Calmel, Per una teologia della storia, Borla 1967, pag. 44).

      E' proprio questa coscienza che è mancata nella Chiesa degli ultimi tempi. Si è vissuto l'inganno di pensare la Resurrezione come superante la Croce. Così si è fatta una nuova chiesa che parla di vita e non di martirio; che parla di aspirazioni umane e non di martirio; di dialogo col mondo e non di martirio; di pace universale e non di martirio; di costruzione della società terrena e non di martirio...

      Anche per questo la presenza della Chiesa si è sgretolata, e la vita dei cristiani è scivolata nell'infedeltà profonda.

      È stata una mortale illusione, demoniaca. Un “sogno talvolta infantile e tenero, ma forse più spesso vile e odioso, che fa sperare per la vita del cristiano una fedeltà a Cristo senza tribolazioni e per l'avvenire della Chiesa un fervore di santità che non dovrebbe più subire dall'esterno le persecuzioni del mondo, né all'interno i tradimenti dei falsi fratelli e talvolta del clero e dei prelati” (ibid. pag.44)

      Da questa illusione ci sta svegliando Dio con il dono di nuovi martiri, quelli del secolo XXI. Sono loro che ci ricordano che fino all'ultimo giorno “possiamo rendere testimonianza a Gesù soltanto immergendo la nostra veste nel sangue di quell'Agnello Divino che ci ha amati e ci ha riscattati dai nostri peccati. Non andremo a Lui senza attraversare il torrente della grande tribolazione” (ibid. pag. 44)

      Allora, non protestiamo soltanto delle persecuzioni, come fanno i politici del mondo, ma lasciamoci educare da Dio alla grazia del martirio.







    REGINA COELI

    Piazza San Pietro
    Domenica, 3 maggio 2015

    [Multimedia]


     

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Il Vangelo di oggi ci presenta Gesù durante l’Ultima Cena, nel momento in cui sa che la morte è ormai vicina. E’ giunta la sua “ora”. Per l’ultima volta Egli sta con i suoi discepoli, e allora vuole imprimere bene nella loro mente una verità fondamentale: anche quando Lui non sarà più fisicamente in mezzo a loro, essi potranno restare ancora uniti a Lui in un modo nuovo, e così portare molto frutto. Tutti possiamo essere uniti a Gesù in un modo nuovo. Se al contrario uno perdesse questa unione con Lui, questa comunione con Lui, diventerebbe sterile, anzi, dannoso per la comunità. E per esprimere questa realtà, questo modo nuovo di essere uniti a Lui, Gesù usa l’immagine della vite e dei tralci e dice così: «Come il tralcio non può portare frutto da sé stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci» (Gv 15, 4-5). Con questa figura ci insegna come rimanere in Lui, essere uniti a Lui, benché Lui non sia fisicamente presente.

    Gesù è la vite, e attraverso di Lui – come la linfa nell’albero – passa ai tralci l’amore stesso di Dio, lo Spirito Santo. Ecco: noi siamo i tralci, e attraverso questa parabola Gesù vuole farci capire l’importanza di rimanere uniti a Lui. I tralci non sono autosufficienti, ma dipendono totalmente dalla vite, in cui si trova la sorgente della loro vita. Così è per noi cristiani. Innestati con il Battesimo in Cristo, abbiamo ricevuto da Lui gratuitamente il dono della vita nuova; e possiamo restare in comunione vitale con Cristo. Occorre mantenersi fedeli al Battesimo, e crescere nell’amicizia con il Signore mediante la preghiera, la preghiera di tutti i giorni, l’ascolto e la docilità alla sua Parola - leggere il Vangelo -, la partecipazione ai Sacramenti, specialmente all’Eucaristia e alla Riconciliazione.

    Se uno è intimamente unito a Gesù, gode dei doni dello Spirito Santo, che – come ci dice san Paolo – sono «amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22); e di conseguenza fa tanto bene al prossimo e alla società, è una persona cristiana. Da questi atteggiamenti, infatti, si riconosce se uno è un vero cristiano, come dai frutti si riconosce l’albero. I frutti di questa unione profonda con Gesù sono meravigliosi: tutta la nostra persona viene trasformata dalla grazia dello Spirito: anima, intelligenza, volontà, affetti, e anche il corpo, perché noi siamo unità di spirito e corpo. Riceviamo un nuovo modo di essere, la vita di Cristo diventa nostra: possiamo pensare come Lui, agire come Lui, vedere il mondo e le cose con gli occhi di Gesù. Di conseguenza, possiamo amare i nostri fratelli, a partire dai più poveri e sofferenti, come ha fatto Lui, e amarli con il suo cuore e portare così nel mondo frutti di bontà, di carità e di pace.

    Ciascuno di noi è un tralcio dell’unica vite; e tutti insieme siamo chiamati a portare i frutti di questa comune appartenenza a Cristo e alla Chiesa. Affidiamoci all’intercessione della Vergine Maria, affinché possiamo essere tralci vivi nella Chiesa e testimoniare in modo coerente la nostra fede - coerenza proprio di vita e di pensiero, di vita e di fede -, consapevoli che tutti, a seconda delle nostre vocazioni particolari, partecipiamo all’unica missione salvifica di Cristo.


    Dopo il Regina Coeli:

    Cari fratelli e sorelle,

    provenienti dall’Italia e da tante parti del mondo, a tutti e a ciascuno rivolgo un cordiale saluto!

    Ieri a Torino è stato proclamato Beato Luigi Bordino, laico consacrato della Congregazione dei Fratelli di San Giuseppe Benedetto Cottolengo. Egli ha dedicato la sua vita alle persone malate e sofferenti, e si è speso senza sosta in favore dei più poveri, medicando e lavando le loro piaghe. Ringraziamo il Signore per questo suo umile e generoso discepolo.

    Un saluto speciale va oggi all’Associazione Méter, nella Giornata dei bambini vittime della violenza. Vi ringrazio per l’impegno con cui cercate di prevenire questi crimini. Tutti dobbiamo impegnarci affinché ogni persona umana, e specialmente i bambini, sia sempre difesa e protetta.

    Saluto con affetto tutti i pellegrini oggi presenti, davvero troppi per nominare ogni gruppo! Ma almeno spero che il Coro San Biagio canti un po’. Saluto quelli provenienti da Amsterdam, Zagabria, Litija (in Slovenia), Madrid, e Lugo, pure in Spagna. Accolgo con gioia i tantissimi italiani: le parrocchie, le associazioni e le scuole. Un pensiero particolare per i ragazzi e le ragazze che hanno ricevuto o riceveranno la Cresima.

    A tutti auguro una buona domenica. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me.

     





    Con queste parole il Papa smentisce tutte quelle presunte rivelazioni attraverso le quali si dice che ci sarà una manifestazione del Cristo INTERMEDIA.
    Ecco, non è così, noi lo diciamo da tempo e il Papa lo conferma: nessuna rivelazione intermedia, ogni momento è e sarà definitivo. Non sappiamo ne il giorno ne l'ora, ma la venuta del Cristo sarà definitiva.
    La Madonna a Fatima ha invece dato un aiuto per comprendere questi "tempi", il trionfo del suo Cuore Immacolato, è un'aiuto che la Madre di Dio e nostra ci sta dando e ci ha voluto dare affinchè non perdiamo tempo e ci convertiamo al Cristo.
    Così spiegò anche Gesù a Santa Faustina Kowalska e da lei riportato nel suo Diario: il Cuore Immacolato della Madre e la sua Misericordia sgorgante dal fianco squarciato, sono l'ultima opportunità che il Cielo ci dona per la conversione; quando Gesù verrà, spiega Santa Faustina, sarà per il giudizio e chi avrà rigettato questa misericordia, subirà un giudizio pesante.






         



    [Modificato da Caterina63 04/05/2015 21:46]
    Fraternamente CaterinaLD

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    00 08/05/2015 23:04
    [SM=g1740758] Cari Amici nel secondo Angelus del 29 ottobre 1978, San Giovanni Paolo II aprì il suo cuore a tutti noi confidandoci - attraverso espressioni semplici e genuine - la sua predilezione al Rosario di Maria definendola la sua preghiera "consueta e prediletta". Attraverso la sua voce vibrante, riascoltiamo quelle parole in questo audio originale, parole di un Pontefice canonizzato dalla Chiesa, per metterle in pratica anche noi.

    Movimento Domenicano del Rosario

    www.youtube.com/watch?v=lc98XCQkVQQ







    [SM=g1740750] [SM=g1740752]

    Fraternamente CaterinaLD

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    00 10/05/2015 20:47

    REGINA COELI


    Piazza San Pietro
    Domenica, 10 maggio 2015

    [Multimedia]



     

    Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

    Il Vangelo di oggi – Giovanni, capitolo 15 – ci riporta nel Cenacolo, dove ascoltiamo il comandamento nuovo di Gesù. Dice così: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi» (v. 12). E, pensando al sacrificio della croce ormai imminente, aggiunge: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando» (vv.13-14). Queste parole, pronunciate durante l’Ultima Cena, riassumono tutto il messaggio di Gesù; anzi, riassumono tutto ciò che Lui ha fatto: Gesù ha dato la vita per i suoi amici. Amici che non lo avevano capito, che nel momento cruciale lo hanno abbandonato, tradito e rinnegato. Questo ci dice che Egli ci ama pur non essendo noi meritevoli del suo amore: così ci ama Gesù!

    In questo modo, Gesù ci mostra la strada per seguirlo, la strada dell’amore. Il suo comandamento non è un semplice precetto, che rimane sempre qualcosa di astratto o di esteriore rispetto alla vita. Il comandamento di Cristo è nuovo perché Lui per primo lo ha realizzato, gli ha dato carne, e così la legge dell’amore è scritta una volta per sempre nel cuore dell’uomo (cfr Ger 31,33). E come è scritta? E’ scritta con il fuoco dello Spirito Santo. E con questo stesso Spirito, che Gesù ci dona, possiamo camminare anche noi su questa strada!

    E’ una strada concreta, una strada che ci porta ad uscire da noi stessi per andare verso gli altri. Gesù ci ha mostrato che l’amore di Dio si attua nell’amore del prossimo. Tutti e due vanno insieme. Le pagine del Vangelo sono piene di questo amore: adulti e bambini, colti e ignoranti, ricchi e poveri, giusti e peccatori hanno avuto accoglienza nel cuore di Cristo.

    Dunque, questa Parola del Signore ci chiama ad amarci gli uni gli altri, anche se non sempre ci capiamo, non sempre andiamo d’accordo… ma è proprio lì che si vede l’amore cristiano. Un amore che si manifesta anche se ci sono differenze di opinione o di carattere, ma l’amore è più grande di queste differenze! E’ questo l’amore che ci ha insegnato Gesù. E’ un amore nuovo perché rinnovato da Gesù e dal suo Spirito. E’ un amore redento, liberato dall’egoismo. Un amore che dona al nostro cuore la gioia, come dice Gesù stesso: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (v.11).

    È proprio l’amore di Cristo, che lo Spirito Santo riversa nei nostri cuori, a compiere ogni giorno prodigi nella Chiesa e nel mondo. Sono tanti piccoli e grandi gesti che obbediscono al comandamento del Signore: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” (cfrGv 15,12). Gesti piccoli, di tutti i giorni, gesti di vicinanza a un anziano, a un bambino, a un ammalato, a una persona sola e in difficoltà, senza casa, senza lavoro, immigrata, rifugiata… Grazie alla forza di questa Parola di Cristo, ognuno di noi può farsi prossimo verso il fratello e la sorella che incontra. Gesti di vicinanza, di prossimità. In questi gesti si manifesta l’amore che Cristo ci ha insegnato.

    Ci aiuti in questo la nostra Madre Santissima, perché nella vita quotidiana di ognuno di noi l’amore di Dio e l’amore del prossimo siano sempre uniti.


    Dopo il Regina Coeli:

    Cari fratelli e sorelle!

    Saluto tutti voi, famiglie, ..... (..) ; e quanti hanno preso parte all’iniziativa per la vita svoltasi questa mattina a Roma: è importante collaborare insieme per difendere e promuovere la vita.

    E, parlando di vita, oggi in tanti Paesi si celebra la festa della mamma: ricordiamo con gratitudine e affetto tutte le mamme. Ora mi rivolgo alle mamme che stanno qui in Piazza: ce ne sono? Sì? Ce ne sono, mamme? Un applauso per loro, per le mamme che sono in Piazza … E questo applauso abbracci tutte le mamme, tutte le nostre care mamme: quelle che vivono con noi fisicamente, ma anche quelle che vivono con noi spiritualmente. Il Signore le benedica tutte, e la Madonna, alla quale questo mese è dedicato, le custodisca. 

    A tutti auguro una buona domenica – un po’ calda… -. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me.



    https://www.facebook.com/marciaperlavita?fref=photo 

     





    200.mo Madonna Misericordia. Francesco: protegga il Giubileo

    La Madonna della Misericordia di Savona - RV

    10/05/2015

    Mentre ci avviciniamo all’Anno Santo Straordinario in tutta la Chiesa si approfondisca e si diffonda l’affidamento alla Madre della Misericordia. Così il Papa in un messaggio inviato al vescovo di Savona Noli, mons. Vittorio Lupi  in occasione, oggi,  del 200.mo anniversario  dell’incoronazione della Madonna della Misericordia da parte di Papa Pio VII, avvenuta nel 1815 e ricordata questo pomeriggio con una solenne celebrazione.  Francesco affida alla protezione della Madonna il prossimo Giubileo della Misericordia. Dino Frambati:

    “Misericordia non giustizia”. Lo disse la Madonna al contadino savonese Antonio Botta nel luogo dove ora sorge il santuario della Madonna della Misericordia della quale si è celebrato oggi il duecentesimo dell'incoronazione da Pio VII, con una messa del cardinale Calcagno.

    Frase ricordata nel messaggio inviato per l'occasione al vescovo di Savona- Noli, monsignor Vittorio Lupi, da Papa Francesco definendola “esortazione più che mai attuale per il nostro tempo, in modo particolare di misericordia”.

    Il Papa nel messaggio ricorda la visita al santuario di Benedetto XVI e come “la risposta unanime del popolo savonese all'appello della Madonna attirò una vera “cascata” di grazie dal cielo e diede origine a numerose opere caritative e sociali, a testimoniare che misericordia spirituale e corporale sono inseparabili”.

    E come, in momento drammatico per l'Europa, Pio VII, rapito da Napoleone e imprigionato a Savona, ottenne di recarsi al santuario facendo voto, quando liberato, di tornare per incoronarla. Avvenne il 10 maggio 1815 ed il 24 istituì la festa di Maria Santissima “Aiuto dei cristiani”.

    “In effetti – conclude Francesco - la Madre della Misericordia è sempre vicina e soccorre i suoi figli che si trovano nel pericolo e, come tanti ai nostri giorni, soffrono discriminazioni e persecuzioni”.


    ***************

    i Papi e il Rosario






    [Modificato da Caterina63 11/05/2015 11:54]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 17/05/2015 12:12



      LE NUOVE SANTE....  del 17 maggio 2015
    Santa Messa e Canonizzazione delle Beate:
    - Giovanna Emilia De Villeneuve
    - Maria Cristina dell’Immacolata Concezione Brando
    - Maria Alfonsina Danil Ghattas
    - Maria di Gesù Crocifisso Baouardy





    Giovanna Emilia de Villeneuve

    “È per Dio che vi lascio, voglio servire i poveri, perché dobbiamo andare là dove la voce dei poveri ci chiama”. Così Emilia nel 1836, a soli 25 anni, si congedò da suo padre, il marchese Louis de Villeneuve, per fondare assieme ad altre due ragazze una nuova Congregazione consacrata all’Immacolata Concezione. Le chiameranno le “suore azzurre”, perché tale era l’abito che vestivano, un segno della protezione del manto di Maria che la fondatrice volle fosse anche visibile, in un’epoca in cui tutte le monache vestivano di nero. L’amore per gli altri e la spinta alle attività sociali le aveva imparate proprio dal padre, che in seno alla sua industria per la lavorazione del cuoio aveva creato una società di mutuo soccorso e promuoveva corsi di alfabetizzazione per i giovani, ma furono la morte prematura della madre e della sorella a farla avvicinare alla Vergine, che presto divenne la sua compagna di viaggio. L’esperienza della morte le insegnò che la vita non è l’unica cosa importante su questa terra, ma “si deve vedere Dio in tutte le cose e tutte le cose in Dio, ascoltarne la Parola, raccogliersi in momenti di preghiera profondi per imparare a guardare il mondo con gli occhi di Gesù”. Con le sue nuove sorelle visse accanto agli ammalati, ai carcerati e alle prostitute per dimostrare loro che Dio li ama, fino alla morte per colera sopraggiunta nel 1853.


     




    Maria di Gesù Crocifisso
    Veniva da Nazareth e portava il nome di Mariam come la Vergine e Maria di Gesù Crocifisso si chiamò anche dopo aver pronunciato i voti presso il Carmelo di Pau, in Francia, la seconda Beata che sarà canonizzata, al secolo Mariam Baouardy.
    “Una piccola araba obbediente fino al miracolo”, la definiva la sua madre superiora che le fu vicino quando i mistici doni di cui era ricca cominciarono a manifestarsi. Umile e illetterata, Maria inizialmente nascose le stimmate che le sanguinavano nel giorno della Passione di Cristo, credendo di aver contratto la lebbra e non raccontò subito le esperienze dell’estasi e della bilocazione che attribuiva alla propria incapacità di restare sveglia mentre pregava. Poi, quando si trovò a comporre di getto salmi che il suo analfabetismo le avrebbe reso impossibili, capì: “A chi somiglio io, Signore? Agli uccelletti implumi nel loro nido. Se il padre e la madre non portano loro il cibo, muoioni di fame. Così è l’anima mia senza di Te: non ha sostegno, non può vivere”. Attraverso di lei il Signore volle che fosse costruito un Carmelo a Betlemme, dove presto si trasferì, e poi uno Nazareth, in Terrasanta. Oltre al continuo dialogo con lo Spirito Santo, Mariam iniziò a ricevere anche le visite del maligno che la percuoteva e la ossessionava, ma più la tormentava, più lei si avvicinava a Dio, a cui alla fine, esausta, chiese: “Chiamami a te!”. Fu esaudita nel 1878 e seppellita nel convento carmelitano di Betlemme, dove tutti già la chiamavano “kedise”, la “Santa”.

     


    Maria Alfonsina Danil Ghattas
    Palestinese era anche Sultaneh, la quindicenne figlia di Danil Ghattas che con la vestizione religiosa sul Santo Calvario, entrò a far parte delle Suore di San Giuseppe dell’Apparizione con il nome di Maria Alfonsina. Ma non era questo il suo destino. La Vergine le apparve per la prima volta il giorno dell’Epifania del 1874 e poi di nuovo nel mese a lei consacrato, maggio, ispirandole la fondazione di una nuova congregazione: le Suore del Santissimo Rosario di Gerusalemme, la prima interamente femminile presente in Terrasanta. Era questa la missione della Beata: promuovere il ruolo della donna nella sua amata patria terrena; un compito difficilissimo anche per chi, come lei, aveva una fiducia sconfinata nella divina Provvidenza. Iniziò con nove sorelle, occupandosi dell’insegnamento religioso per vincere l’analfabetismo imperante,ma presto la congregazione si diffuse, tanto che oggi è considerata il braccio destro del Patriarcato latino nei Paesi arabi, in cui si occupa di scuole, parrocchie e altre istituzioni diocesane. Silenziosa e umile fino a sparire dentro la preghiera del Santo Rosario, rimise l’anima al Padre proprio mentre recitava i 15 misteri, nella notte del 25 marzo 1927.

     

    Mons. Twal: due religiose canonizzate, segni per la Terra Santa

    Il patriarca Fouad Twal - EPA

    24/03/2015 

    “Le nostre due nuove sante sono lampade per i nostri passi. Attraverso il loro amore e la loro fede illuminano le loro famiglie religiose e i fedeli della Terra Santa, del Medio Oriente e del mondo intero”. E’ quanto scrive ai fedeli in un messaggio dal titolo “Nel percorso della santità” il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal in vista dell’imminente canonizzazione, il 17 maggio a Roma, di madre Maria Alfonsina e di suor Maria di Gesù Crocifisso, religiose della Terra Santa, fondatrice della congregazione delle Suore del Rosario la prima, e monaca carmelitana la seconda, fondatrice del Carmelo di Betlemme.

    Canonizzazione segno di fede e speranza in Cristo
    Per il patriarca la canonizzazione delle due religiose è un segno che ridona fede e speranza in Cristo. “Il Signore vuole riconfortare i nostri Paesi lacerati dai conflitti e dalle guerre e le nostre popolazioni che soffrono continue ingiustizie – scrive il patriarca Twal – le nostre due sante, attraverso la loro vita esemplare, il loro silenzio eloquente e il loro raccoglimento, la loro fedeltà malgrado la sofferenza e la loro abnegazione eroica nei sacrifici, ci donano una lezione magnifica”.

    Le due future sante modelli da imitare ciascuno nel proprio stato di vita
    Nel messaggio si ricorda poi che i santi sono modelli di cui imitare le virtù, le opere, ma anche la saggezza, che la santità consiste nel cercare la volontà di Dio, che essa è frutto non solo di sforzi umani ma anche della grazia divina e che la via per giungervi consiste nel rispondere alla propria vocazione, ciascuno nel proprio stato di vita. “Essere sano è semplicemente essere fedele alla propria vocazione cristiana” aggiunge il patriarca latino di Gerusalemme che sottolinea inoltre il fondamento sulla carità della santità. Infine il patriarca Twal esorta ad invocare l’intercessione di madre Maria Alfonsina e di suor Maria di Gesù Crocifisso, ad imitare la loro vita perché Dio conceda alla Terra Santa laici impegnati, ispirati da una fede viva, cosciente ed efficace, fede che possa rischiarare tutti i settori della vita, pubblici e privati, al fine di essere testimoni di Cristo nell’ambito familiare, professionale, politico, economico, culturale e sociale. (T.C.)


     



    SANTA MESSA E CANONIZZAZIONE DELLE BEATE:
    - GIOVANNA EMILIA DE VILLENEUVE
    - MARIA CRISTINA DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE BRANDO
    - MARIA ALFONSINA DANIL GHATTAS
    - MARIA DI GESÙ CROCIFISSO BAOUARDY

    OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

    Piazza San Pietro
     VII Domenica di Pasqua, 17 maggio 2015

    [Multimedia]



     

    Gli Atti degli Apostoli ci hanno presentato la Chiesa nascente nel momento in cui elegge colui che Dio ha chiamato a prendere il posto di Giuda nel collegio degli Apostoli. Non si tratta di assumere una carica, ma un servizio. E infatti Mattia, sul quale cade la scelta, riceve una missione che Pietro definisce così: «Bisogna che […] uno divenga, insieme a noi, testimone della sua risurrezione» - della risurrezione di Cristo (At 1,21-22). Con queste parole egli riassume cosa significa far parte dei Dodici: significa essere testimone della risurrezione di Gesù. Il fatto che dica “insieme a noi” fa capire che la missione di annunciare Cristo risorto non è un compito individuale: è da vivere in modo comunitario, con il collegio apostolico e con la comunità. Gli Apostoli hanno fatto l’esperienza diretta e stupenda della Risurrezione; sono testimoni oculari di tale evento. Grazie alla loro autorevole testimonianza, in molti hanno creduto; e dalla fede nel Cristo risorto sono nate e nascono continuamente le comunità cristiane. Anche noi, oggi, fondiamo la nostra fede nel Signore risorto sulla testimonianza degli Apostoli giunta fino a noi mediante la missione della Chiesa. La nostra fede è legata saldamente alla loro testimonianza come ad una catena ininterrotta dispiegata nel corso dei secoli non solo dai successori degli Apostoli, ma da generazioni e generazioni di cristiani. A imitazione degli Apostoli, infatti, ogni discepolo di Cristo è chiamato a diventare testimone della sua risurrezione, soprattutto in quegli ambienti umani dove più forte è l’oblio di Dio e lo smarrimento dell’uomo.

    Perché questo si realizzi, bisogna rimanere in Cristo risorto e nel suo amore, come ci ha ricordato la Prima Lettera di Giovanni: «Chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (1 Gv 4,16). Gesù lo aveva ripetuto con insistenza ai suoi discepoli: «Rimanete in me … Rimanete nel mio amore» (Gv 15,4.9). Questo è il segreto dei santi: dimorare in Cristo, uniti a Lui come i tralci alla vite, per portare molto frutto (cfr Gv 15,1-8). E questo frutto non è altro che l’amore. Questo amore risplende nella testimonianza di suor Giovanna Emilia de Villeneuve, che ha consacrato la sua vita a Dio e ai poveri, ai malati, ai carcerati, agli sfruttati, diventando per essi e per tutti segno concreto dell’amore misericordioso del Signore.

    La relazione con Gesù Risorto è – per così dire - l’“atmosfera” in cui vive il cristiano e nella quale trova la forza di restare fedele al Vangelo, anche in mezzo agli ostacoli e alle incomprensioni. “Rimanere nell’amore”: questo ha fatto anche suor Maria Cristina Brando. Ella fu completamente conquistata dall’amore ardente per il Signore; e dalla preghiera, dall’incontro cuore a cuore con Gesù risorto, presente nell’Eucaristia, riceveva la forza per sopportare le sofferenze e donarsi come pane spezzato a tante persone lontane da Dio e affamate di amore autentico.

    Un aspetto essenziale della testimonianza da rendere al Signore risorto è l’unità tra di noi, suoi discepoli, ad immagine di quella che sussiste tra Lui e il Padre. E’ risuonata anche oggi nel Vangelo la preghiera di Gesù nella vigilia della Passione: «Siano una sola cosa, come noi» (Gv 17,11). Da questo amore eterno tra il Padre e il Figlio, che si effonde in noi per mezzo dello Spirito Santo (cfr Rm 5,5), prendono forza la nostra missione e la nostra comunione fraterna; da esso scaturisce sempre nuovamente la gioia di seguire il Signore nella via della sua povertà, della sua verginità e della sua obbedienza; e quello stesso amore chiama a coltivare la preghiera contemplativa. Lo ha sperimentato in modo eminente suor Maria Baouardy che, umile e illetterata, seppe dare consigli e spiegazioni teologiche con estrema chiarezza, frutto del dialogo continuo con lo Spirito Santo. La docilità allo Spirito Santo l’ha resa anche strumento di incontro e di comunione con il mondo musulmano. Così pure suor Maria Alfonsina Danil Ghattas ha ben compreso che cosa significa irradiare l’amore di Dio nell’apostolato, diventando testimone di mitezza e di unità. Ella ci offre un chiaro esempio di quanto sia importante renderci gli uni responsabili degli altri, di vivere l’uno al servizio dell’altro.

    Rimanere in Dio e nel suo amore, per annunciare con la parola e con la vita la risurrezione di Gesù, testimoniando l’unità fra di noi e la carità verso tutti. Questo hanno fatto le quattro Sante oggi proclamate. Il loro luminoso esempio interpella anche la nostra vita cristiana: come io sono testimone di Cristo risorto? E’ una domanda che dobbiamo farci. Come rimango in Lui, come dimoro nel suo amore? Sono capace di “seminare” in famiglia, nell’ambiente di lavoro, nella mia comunità, il seme di quella unità che Lui ci ha donato partecipandola a noi dalla vita trinitaria?

    Tornando oggi a casa, portiamo con noi la gioia di quest’incontro con il Signore risorto; coltiviamo nel cuore l’impegno a dimorare nell’amore di Dio, rimanendo uniti a Lui e tra di noi, e seguendo le orme di queste quattro donne, modelli di santità, che la Chiesa ci invita ad imitare.

       


    REGINA COELI

    Piazza San Pietro
    Domenica, 17 maggio 2015

    [Multimedia]


     

    Al termine di questa celebrazione, desidero salutare tutti voi che siete venuti a rendere omaggio alle nuove Sante, in modo particolare le Delegazioni ufficiali di Palestina, Francia, Italia, Israele e Giordania. Saluto con affetto i Cardinali, i Vescovi, i sacerdoti, come pure le figlie spirituali delle quattro Sante. Per loro intercessione, il Signore conceda un nuovo impulso missionario ai rispettivi Paesi di origine. Ispirandosi al loro esempio di misericordia, di carità e di riconciliazione, i cristiani di queste terre guardino con speranza al futuro, proseguendo nel cammino della solidarietà e della convivenza fraterna.

    Estendo il mio saluto alle famiglie, ai gruppi parrocchiali, alle associazioni e alle scuole presenti, in particolare ai cresimandi dell’Arcidiocesi di Genova. Un pensiero speciale rivolgo ai fedeli della Repubblica Ceca, riuniti nel santuario di Svaty Kopećek, presso Olomuc, che oggi ricordano il ventennale della visita di san Giovanni Paolo II.

    Ieri, a Venezia è stato proclamato Beato il sacerdote Luigi Caburlotto, parroco, educatore e fondatore delle Figlie di San Giuseppe. Rendiamo grazie a Dio per questo esemplare Pastore, che condusse un’intensa vita spirituale e apostolica, tutto dedito al bene delle anime.

    Vorrei anche invitare a pregare per il caro popolo del Burundi, che sta vivendo un momento delicato: il Signore aiuti tutti a fuggire la violenza e ad agire responsabilmente per il bene del Paese.

    Con amore filiale ci rivolgiamo ora alla Vergine Maria, Madre della Chiesa, Regina dei Santi e modello di tutti i cristiani.

     




    [Modificato da Caterina63 17/05/2015 14:08]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 20/05/2015 10:37
    douglas bazi priest from bagdad





     






    In questo momento, a quest'ora. Ogni minuto. Tutti i giorni. Che ci faccia più o meno orrore, in questo istante nel mondo ci sono 38 milioni di persone – quasi l'intera popolazione della Spagna – che stanno fuggendo.

    38 milioni di persone perseguitate in tutto il mondo, e l'escalation mette i brividi perché ogni anno sono di più. Solo in Iraq e solo l'anno scorso, più di 2,2 milioni di persone si sono visti costretti ad abbandonare le proprie case.

    Ci sono persone, però, che diffondono speranza con il loro esempio. Persone che non fuggono, che restano per alleviare le pene, la fatica, la paura e la mancanza di speranza di quanti devono fuggire. Gente ammirevole.

    Una di queste persone è padre Douglas Bazi, parroco della chiesa di Sant'Elia ad Erbil, nel Kurdistan iracheno.

    A padre Douglas hanno lanciato cinque colpi di mortaio mentre celebrava la Messa. In seguito hanno bombardato la sua chiesa. Un'altra volta gli hanno sparato due volte alla gamba. Hanno cercato di ucciderlo due volte con le bombe, e alla fine l'hanno sequestrato. È stato 9 lunghi giorni senza cibo né acqua. Gli hanno rotto varie costole, e anche il naso. Gli hanno messo un martello in bocca.

    Durante il giorno i suoi sequestratori gli chiedevano pareri sui loro problemi personali, e faceva loro anche da consigliere spirituale; la notte lo torturavano. “È arrivato un momento in cui ho pensato: a pensarci bene, morire per Cristo non è un brutto modo per morire”.

    “I rosari più belli della mia vita sono stati quelli che ho recitato con le catene che mi avevano messo i miei sequestratori”, ha confessato.

    Oggi padre Douglas è parroco della parrocchia di Sant'Elia ad Erbil, e in quella località del Kurdistan accoglie varie famiglie irachene rifugiate fuggite dai terroristi dell'ISIS.

    Il sacerdote, grazie a istituzioni come Aiuto alla Chiesa che Soffre, dà loro alloggio, cibo, acqua...

    Aiuta gli adulti a cercare un lavoro, e ha anche organizzato un'aula di formazione, un'altra di musica e una biblioteca perché i più piccoli dimentichino gli orrori vissuti e ripongano fiducia in un futuro di speranza.

    Offre a tutti consolazione, la stessa che ha trovato in Cristo e che gli dà la forza per non andarsene.

    Di recente, padre Douglas è stato in Spagna per partecipare alla V Giornata della Libertà Religiosa: “Un Medio Oriente senza cristiani?”

    A suo avviso, i cristiani vengono attaccati perché sono l'ultimo gruppo colto ed educato che resta in Iraq.

    “Ci vogliono distruggere”, ha ricordato. “Stiamo vivendo un Venerdì Santo costante”. Come si può arrivare alla Domenica di Resurrezione?


    Sabato scorso padre Douglas ha ricevuto il Premio per la Difesa della Libertà Religiosa 2015.




    [Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]
    sources: CADENA COPE



    Pio XII. Preghiera per i cristiani perseguitati

     
    La preghiera è del Papa Pio XII per la « Chiesa del silenzio ». Ma possiamo estenderla ai nostri Fratelli del Medio Oriente e di ogni parte del mondo, compreso il nostro Occidente non più cristiano, in cui anche noi sembriamo votati a divenire « Chiesa del silenzio ».

    Papa Pio XII - Preghiera per i cristiani perseguitati 

    O Signore Gesù, Re dei martiri,
    conforto degli afflitti, appoggio e sostegno
    di quanti soffrono per amor tuo
    e per la loro fedeltà alla tua Sposa,
    la Santa Madre Chiesa,
    ascolta benigno le nostre fervide preghiere
    per i nostri fratelli della « Chiesa del silenzio », affinché non solo non vengano mai meno nella lotta,
    né vacillino nella fede,
    ma valgano anzi a sperimentare la dolcezza delle
    consolazioni da Te riservate alle anime, che Ti degni chiamare
    ad essere tue compagne nell’alto della croce.
    Per coloro che debbono sopportare
    tormenti e violenze, fame e fatiche,
    sii Tu fortezza incrollabile,
    che li avvalori nei cimenti
    e infonda loro la certezza dei premi promessi 
    a chi persevererà sino alla fine.
    Per coloro che sono sottoposti a costrizioni morali,
    molte volte tanto più pericolose quanto più subdole,
    sii Tu luce che ne illumini le intelligenze,
    affinché vedano chiaramente
    il retto cammino della verità,
    e forza che sorregga le loro volontà,
    superando ogni crisi,
    ogni tentennamento e stanchezza.
    Per coloro che sono nella impossibilità
    di professare apertamente la loro fede,
    di praticare regolarmente la vita cristiana,
    di ricevere frequentemente i Santi Sacramenti,
    d’intrattenersi filialmente con le loro guide spirituali,
    sii Tu stesso ara occulta, tempio invisibile,
    grazia sovrabbondante e voce paterna,
    che li aiuti, li animi, sani gli spiriti dolenti
    e doni loro gaudio e pace.
    Possa la nostra fervorosa orazione
    essere loro di soccorso;
    faccia la nostra fraterna solidarietà
    sentir loro che non sono soli;
    sia il loro esempio di edificazione per tutta la Chiesa,
    e specialmente per noi
    che con tanto affetto li ricordiamo.
    Concedi, o Signore,
    che siano abbreviati i giorni della prova
    e che ben presto tutti
    - insieme coi loro oppressori convertiti -
    possano liberamente servire e adorare Te,
    che col Padre e con lo Spirito Santo,
    vivi e regni per tutti i secoli dei secoli.
    Amen.

       




    [Modificato da Caterina63 21/05/2015 11:13]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 31/05/2015 00:20









    ATTENZIONE, per una maggior semplificazione della lettura del thread apriamo una nuova sezione

    CLICCARE QUI: MEDITAZIONI QUOTIDIANE PER IL 2015 MESE PER MESE (2)


    grazie.





    [Modificato da Caterina63 31/05/2015 13:44]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)