00 04/09/2015 21:35
 RIPRENDONO LE OMELIE A SANTA MARTA


Papa: il conforto cristiano è in Gesù non nelle chiacchiere

Papa Francesco nella cappella di Casa S. Marta - OSS_ROM

Papa Francesco nella cappella di Casa S. Marta - OSS_ROM

01/09/2015 

La speranza nell’incontro finale con Cristo va rafforzata tra i cristiani grazie al “conforto” vicendevole fatto di “buone parole e buone opere” e non di “chiacchiere” inutili. Lo ha affermato Papa Francesco durante l’omelia della Messa del mattino a Casa S. Marta, la cui celebrazione è ripresa oggi pubblicamente dopo la pausa estiva. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Una fede certa nell'incontro finale con Cristo più forte del dubbio e così salda da rallegrare ogni giornata non si radica a suon di chiacchiere e futilità, ma nel “conforto” che i cristiani sanno darsi “a vicenda” in Gesù. Papa Francesco considera il comportamento dell’antica comunità di Tessalonica che emerge dal brano della lettera di San Paolo proposto dalla liturgia. Una comunità “inquieta”, che si chiedeva e domandava all’Apostolo il “come” e il “quando” del ritorno di Cristo, quale sorte toccasse ai morti e alla quale addirittura era stato necessario dire: “Chi non lavora, neppure mangi”.

Le chiacchiere non confortano
San Paolo, nota Francesco, afferma che il “giorno del Signore” arriverà all’improvviso “come un ladro”, ma aggiunge pure che Gesù verrà a portare la salvezza a chi crede in Lui. E conclude: “Confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni agli altri”. Èd è proprio questo conforto, ribadisce il Papa, "che dà la speranza”:

“Questo è il consiglio: ‘Confortatevi’. Confortatevi a vicenda. Parlare di questo: ma io vi domando: noi parliamo di questo, che il Signore verrà, che noi incontreremo Lui? O parliamo di tante cose, anche di teologie, di cose di Chiesa, di preti, di suore, di monsignori, tutto questo? E il nostro conforto è questa speranza? ‘Confortatevi a vicenda’: confortatevi in comunità. Nelle nostre comunità, nelle nostre parrocchie, si parla di questo, che siamo in attesa del Signore che viene? O si chiacchiera di questo, di quello, di quella, per passare un po’ il tempo e non annoiarsi troppo?”.

Il Giudizio e l’abbraccio
Nel Salmo responsoriale, soggiunge Francesco, “abbiamo ripetuto: ‘Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi’. Ma tu – domanda il Papa – hai quella certezza di contemplare il Signore?”. L’esempio da imitare è Giobbe, che nonostante le sue sventure affermava reciso: “Io so che Dio è vivo e io lo vedrò, e lo vedrò con questi occhi”:

“E’ vero, Lui verrà a giudicare e quando andiamo alla Sistina vediamo quella bella scena del Giudizio finale, è vero. Ma pensiamo anche che Lui verrà a trovarmi perché io lo veda con questi occhi, lo abbracci e sia sempre con Lui. Questa è la speranza che l’Apostolo Pietro ci dice di spiegare con la nostra vita agli altri, di dare testimonianza di speranza. Questo è il vero conforto, questa è la vera certezza: “Sono certo di contemplare la bontà del Signore’”.

Il conforto di buone parole e opere
Come San Paolo ai cristiani di ieri, Papa Francesco ne riecheggia il consiglio a quelli della Chiesa di oggi: “Confortatevi a vicenda con le buone opere e siate d’aiuto gli uni agli altri. E così andremo avanti”:

“Chiediamo al Signore questa grazia: che quel seme di speranza che ha seminato nel nostro cuore si sviluppi, cresca fino all’incontro definitivo con Lui. “Io sono certo che vedrò il Signore’. ‘Io sono certo che il Signore vive’. ‘Io sono certo che il Signore verrà a trovarmi’: e questo è l’orizzonte della nostra vita. Chiediamo questa grazia al Signore e confortiamoci gli uni gli altri con le buone opere e le buone parole, su questa strada”.




Francesco: umiltà e stupore aprono il cuore all'incontro con Gesù

Il Papa durante la Messa a Santa Marta - OSS_ROM

Il Papa durante la Messa a Santa Marta - OSS_ROM

03/09/2015 

La capacità di riconoscerci peccatori ci apre allo stupore dell’incontro con Gesù: è quanto ha detto il Papa durante la Messa del mattino a Casa Santa Marta nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria di San Gregorio Magno, Papa e Dottore della Chiesa. Ce ne parla Sergio Centofanti:

Ci sono due modi per incontrare Gesù
Commentando il Vangelo del giorno sulla pesca miracolosa, con Pietro che getta le reti fidandosi di Gesù anche dopo una notte trascorsa senza aver preso nulla, il Papa parla della fede come incontro con il Signore. Innanzitutto – ha affermato – “a me piace pensare che la maggior parte del suo tempo” Gesù “lo passava sulle strade, con la gente; poi in tarda serata se ne andava da solo a pregare”, ma “incontrava la gente, cercava la gente”. Da parte nostra, abbiamo due modi di incontrare il Signore. Il primo è quello di Pietro, degli apostoli, del popolo:

“Il Vangelo usa la stessa parola per questa gente, per il popolo, per gli apostoli, per Pietro, sono rimasti ‘stupiti’: ‘Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli’. Quando viene questo sentimento di stupore… E il popolo sentiva Gesù e sentiva questo stupore, e cosa diceva: ‘Ma questo parla con autorità. Mai un uomo ha parlato con questo’. Un altro gruppo che incontrava Gesù non lasciava che entrasse nel loro cuore lo stupore, sentiva Gesù, faceva i suoi calcoli, i dottori della legge: ‘Ma è intelligente, è un uomo che dice le cose vere, ma a noi non convengono queste cose, no, eh!’. Facevano i calcoli, prendevano distanza”.

Anche i demoni sanno che Gesù è il Figlio di Dio
Gli stessi demoni – osserva il Papa – confessavano, cioè proclamavano che Gesù era il “Figlio di Dio”, ma come i dottori della legge e i cattivi farisei “non avevano la capacità dello stupore, erano chiusi nella loro sufficienza, nella loro superbia. Pietro riconosce che Gesù è il Messia ma confessa anche di essere un peccatore:

“I demoni arrivano a dire la verità su di Lui, ma su di loro non dicono nulla. Non possono: la superbia è tanto grande che gli impedisce di dirlo. I dottori della legge dicono: ‘Ma questo è intelligente, è un rabbino capace, fa dei miracoli, eh!’. Ma non dicono: ‘Noi siamo superbi, noi siamo sufficienti, noi siamo peccatori’. L’incapacità di riconoscerci peccatori ci allontana dalla vera confessione di Gesù Cristo. E questa è la differenza”.

Facile dire che Gesù è il Signore, difficile riconoscersi peccatori
E’ la differenza che c’è tra l’umiltà del pubblicano che si riconosce peccatore e la superbia del fariseo che parla bene di se stesso:

“Questa capacità di dire che siamo peccatori ci apre allo stupore dell’incontro di Gesù Cristo, il vero incontro. Anche nelle nostre parrocchie, nelle nostre società, anche tra le persone consacrate: quante persone sono capaci di dire che Gesù è il Signore? Tante! Ma che difficile è dire sinceramente: ‘Sono un peccatore, sono una peccatrice’. E’ più facile dirlo degli altri, eh? Quando si chiacchiera, eh? ‘Questo, quello, questo sì…’. Tutti siamo dottori in questo, vero? Per arrivare a un vero incontro con Gesù è necessaria la doppia confessione: ‘Tu sei il Figlio di Dio e io sono un peccatore’, ma non in teoria: per questo, per questo, per questo e per questo…”.

La grazia di incontrare Gesù e lasciarsi incontrare da Lui
Pietro – sottolinea il Papa - poi dimentica lo stupore dell’incontro e rinnega il Signore: ma poiché “è umile, si lascia incontrare dal Signore e quando i loro sguardi si incontrano, lui piange, torna alla confessione: ‘Sono peccatore’”. E il Papa conclude: “Il Signore ci dia la grazia di incontrarlo ma anche di lasciarci incontrare da Lui. Ci dia la grazia, tanto bella, di questo stupore dell’incontro. E ci dia la grazia di avere la doppia confessione nella nostra vita: ‘Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivo, credo. E io sono un peccatore, credo’”.








Francesco: nella Chiesa c'è una malattia, seminare divisione

Il Papa nella Cappella di Casa Santa Marta - OSS_ROM


Il Papa nella Cappella di Casa Santa Marta - OSS_ROM

04/09/2015 

Nella Chiesa c’è una malattia: quella di seminare divisione e zizzania. I cristiani, invece, sono chiamati a pacificare e riconciliare, come ha fatto Gesù: è quanto ha detto il Papa nell’omelia della Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti:

Semino pace o zizzania?
Nella Lettera ai Colossesi San Paolo mostra la carta d’identità di Gesù, che è il primogenito di Dio - ed è Dio stesso - e il Padre lo ha inviato per “riconciliare e pacificare”  l’umanità con Dio dopo il peccato. “La pace è opera di Gesù” – ha detto il Papa - di quel suo “abbassarsi per obbedire fino alla morte e morte di Croce". “E quando noi parliamo di pace o di riconciliazione, piccole paci, piccole riconciliazioni, dobbiamo pensare alla grande pace e alla grande riconciliazione” che “ha fatto Gesù. Senza di Lui non è possibile la pace. Senza di Lui non è possibile la riconciliazione”. “Il compito nostro” – ha sottolineato Papa Francesco – in mezzo alle “notizie di guerre, di odio, anche nelle famiglie” – è essere “uomini e donne di pace, uomini e donne di riconciliazione”:

“E ci farà bene domandarci: ‘Io semino pace? Per esempio, con la mia lingua, semino pace o semino zizzania?’. Quante volte abbiamo sentito dire di una persona: ‘Ma ha una lingua di serpente!’, perché sempre fa quello che ha fatto il serpente con Adamo ed Eva, ha distrutto la pace. E questo è un male, questa è una malattia nella nostra Chiesa: seminare la divisione, seminare l’odio, seminare non la pace. Ma questa è una domanda che tutti i giorni fa bene che noi ce la facciamo: ‘Io oggi ho seminato pace o ho seminato zizzania?’. ‘Ma, alle volte, si devono dire le cose perché quello e quella…’: con questo atteggiamento cosa semini tu?”.

Chi porta pace è santo, chi "chiacchiera" è come un terrorista
I cristiani, dunque, sono chiamati ad essere come Gesù, che “è venuto da noi per pacificare, per riconciliare”:

“Se una persona, durante la sua vita, non fa altra cosa che riconciliare e pacificare la si può canonizzare: quella persona è santa. Ma dobbiamo crescere in questo, dobbiamo convertirci: mai una parola che sia per dividere, mai, mai una parola che porti guerra, piccole guerre, mai le chiacchiere. Io penso: cosa sono le chiacchiere? Eh, niente, dire una parolina contro un altro o dire una storia: ‘Questo ha fatto…’. No! Fare chiacchiere è terrorismo perché quello che chiacchiera è come un terrorista che butta la bomba e se ne va, distrugge: con la lingua distrugge, non fa la pace. Ma è furbo, eh? Non è un terrorista suicida, no, no, lui si custodisce bene”.

Mordersi la lingua
Papa Francesco ripete una piccola esortazione:

“Ogni volta che mi viene in bocca di dire una cosa che è seminare zizzania e divisione e sparlare di un altro… Mordersi la lingua! Io vi assicuro, eh? Che se voi fate questo esercizio di mordersi la lingua invece di seminare zizzania, i primi tempi si gonfierà così la lingua, ferita, perché il diavolo ci aiuta a questo perché è il suo lavoro, è il suo mestiere: dividere”.

Quindi, la preghiera finale: “Signore tu hai dato la tua vita, dammi la grazia di pacificare, di riconciliare. Tu hai versato il tuo sangue, ma che non mi importi che si gonfi un po’ la lingua se mi mordo prima di sparlare di altri”.






[Modificato da Caterina63 04/09/2015 21:37]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)