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Il Santo Padre Francesco: ascoltare Vangelo non telenovele, Gesù è speranza





 

03/02/2015 

La contemplazione quotidiana del Vangelo ci aiuta ad avere la vera speranza. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha nuovamente esortato i fedeli a prendere il Vangelo ogni giorno, anche solo 10 minuti, per dialogare con il Signore, piuttosto che perdere tempo guardando una telenovela o ascoltando le chiacchiere del vicino. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Qual è il nocciolo della speranza? Tenere “fisso lo sguardo su Gesù”. Francesco ha svolto la sua omelia muovendo dal passo della Lettera agli Ebrei che si sofferma proprio sulla speranza. Il Papa ha sottolineato che senza ascoltare il Signore possiamo forse “avere ottimismo, essere positivi”, ma la speranza “si impara guardando Gesù”. Di qui, ha incentrato la sua riflessione sulla “preghiera di contemplazione”. Francesco ha osservato che “è buono pregare il Rosario tutti i giorni”, parlare “col Signore, quando ho una difficoltà, o con la Madonna o con i Santi..”. Ma, ha soggiunto, è importante fare la “preghiera di contemplazione” e questa si può fare solo “col Vangelo in mano”:

La preghiera di contemplazione
“‘Come faccio la contemplazione col Vangelo di oggi? Vedo che Gesù era in mezzo alla folla, attorno a lui era molta folla. Cinque volte dice questo brano la parola ‘folla’. Ma Gesù non si riposava? Io posso pensare: 'Sempre con la folla...'. Ma la maggior parte della vita di Gesù è passata sulla strada, con la folla. Ma non riposava? Sì, una volta, dice il Vangelo, che dormiva sulla barca ma è venuta la tempesta e i discepoli lo hanno svegliato. Gesù era continuamente tra la gente. E si guarda Gesù così, contemplo Gesù così, mi immagino Gesù così. E dico a Gesù quello che mi viene in mente di dirgli”.

Gesù, ha detto ancora volgendo lo sguardo al Vangelo odierno, si accorge di una donna malata che in mezzo alla folla lo ha toccato. Gesù, ha detto il Papa, “non solo capisce la folla, sente la folla”, “sente il battere del cuore di ognuno di noi, di ognuno. Ha cura di tutti e di ciascuno, sempre!” Lo stesso, ha soggiunto, quando il capo della sinagoga va “a raccontargli della figliuola ammalata gravemente: e Lui lascia tutto e si occupa di questo”. Francesco ha continuato a immaginare quanto succede in quei momenti: Gesù arriva nella casa, le donne piangono perché la bambina è morta, ma il Signore dice loro di stare tranquille e la gente lo deride. Qui, ha detto il Papa, si vede “la pazienza di Gesù”. E poi dopo la resurrezione della bambina, Gesù invece di dire “Forza Iddio!”, dice loro: “Per favore datele da mangiare”. “Gesù – ha annotato il Pontefice – ha sempre i piccoli dettagli davanti a Lui”. “Quello che io ho fatto, con questo Vangelo - è stata la riflessione del Papa - è proprio la preghiera di contemplazione: prendere il Vangelo, leggere e immaginarmi nella scena, immaginarmi cosa succede e parlare con Gesù, come mi viene dal cuore":

Tenere fisso lo sguardo su Gesù
"E con questo noi facciamo crescere la speranza, perché abbiamo fisso, teniamo fisso lo sguardo su Gesù. Fate questa preghiera di contemplazione. ‘Ma ho tanto da fare!’. ‘Ma a casa tua, 15 minuti, prendi il Vangelo, un brano piccolo, immagina cosa è successo e parla con Gesù di quello. Così il tuo sguardo sarà fisso su Gesù e non tanto sulla telenovela, per esempio. Il tuo udito sarà fisso sulle parole di Gesù e non tanto sulle chiacchiere del vicino, della vicina…”.

“E così – ha ribadito – la preghiera di contemplazione ci aiuta nella speranza. Vivere della sostanza del Vangelo. Pregare sempre!”. Francesco ha invitato a “pregare le preghiere, pregare il Rosario, parlare col Signore, ma anche fare questa preghiera di contemplazione per tenere il nostro sguardo fisso su Gesù”. Da questa preghiera, ha ripreso, “viene la speranza”. E così “la nostra vita cristiana si muove in quella cornice, fra memoria e speranza”:

Memoria e speranza
“Memoria di tutto il cammino passato, memoria di tante grazie ricevute dal Signore. E speranza, guardando il Signore, che è l’unico che può darmi la speranza. E per guardare il Signore, per conoscere il Signore, prendiamo il Vangelo e facciamo questa preghiera di contemplazione. Oggi, per esempio, cercate 10 minuti – 15, non di più – leggete il Vangelo, immaginate e dite qualcosa a Gesù. E niente di più. E così la vostra conoscenza di Gesù sarà più grande e la vostra speranza crescerà. Non dimenticate, tenendo fisso lo sguardo su Gesù. E per questo la preghiera di contemplazione”.




 

Papa: Chiesa povera, Vangelo non è teologia della prosperità

Papa Francesco a S. Marta - OSS_ROM

05/02/2015 

La Chiesa deve annunciare il Vangelo “in povertà” e chi lo annuncia deve avere come unico obiettivo quello di alleviare le miserie dei più poveri, senza mai dimenticare che questo servizio è opera dello Spirito Santo e non di forze umane. È il pensiero di fondo dell’omelia che Papa Francesco ha tenuto nella Messa celebrata in Casa Santa Marta. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Guarire. Rialzare. Liberare. Cacciare via i demoni. E poi riconoscere con sobrietà: sono stato un semplice “operaio del Regno”. È questo che deve fare, e deve dire di sé, un ministro di Cristo quando passa a curare i tanti “feriti” che attendono nelle corsie della Chiesa “ospedale da campo”. Il concetto caro a Francesco ritorna nella sua riflessione del mattino, dettata dal passo del Vangelo del giorno in cui Gesù invia i discepoli a due a due nei villaggi a predicare, guarire i malati e scacciare gli “spiriti impuri”.

Guarite le ferite del cuore
Lo sguardo del Papa è attirato dalla descrizione che Gesù fa dello stile che devono assumere i suoi inviati al popolo: persone che siano prive di sfarzo – non portate “né pane, né sacca, né denaro nella cintura”, dice loro – e questo perché il Vangelo, sostiene Francesco, “dev’essere annunciato in povertà”, perché “la salvezza non è una teologia della prosperità”. È solo, e null’altro, il “lieto annuncio” di liberazione portato a ogni oppresso:

“Questa è la missione della Chiesa: la Chiesa che guarisce, che cura. Alcune volte, io ho parlato della Chiesa come di un ospedale da campo. È vero: quanti feriti ci sono, quanti feriti! Quanta gente che ha bisogno che le sue ferite siano guarite! Questa è la missione della Chiesa: guarire le ferite del cuore, aprire porte, liberare, dire che Dio è buono, che Dio perdona tutto, che Dio è padre, che Dio è tenero, che Dio ci aspetta sempre…”.

Zelo apostolico, non impegno da ong
Deviare dall’essenzialità di questo annuncio apre al rischio – tante volte avvertito da Papa Francesco – di travisare la missione della Chiesa, per cui l’impegno profuso per alleviare le varie forme di miseria si svuota dell’unica cosa che conta: portare Cristo ai poveri, ai ciechi, ai prigionieri:

“E’ vero, noi dobbiamo prendere aiuto e fare organizzazioni che aiutino in questo: quello sì, perché il Signore ci dà i doni per questo. Ma quando dimentichiamo questa missione, dimentichiamo la povertà, dimentichiamo lo zelo apostolico e mettiamo la speranza in questi mezzi, la Chiesa lentamente scivola in una ong e diviene una bella organizzazione: potente, ma non evangelica, perché manca quello spirito, quella povertà, quella forza di guarire”.

Discepoli “lavoratori del Regno”
I discepoli tornano “felici” dalla loro missione e il Papa ricorda che Gesù li prende con sé e li porta “a riposarsi un po’”. Tuttavia, sottolinea Francesco…

“…non dice loro: ‘Ma, voi siete grandi, alla prossima uscita adesso organizzate meglio le cose…’. Soltanto: ‘Quando avete fatto tutto questo che dovete fare, dite a voi stessi: ‘Servi inutili siamo’. Questo è l’apostolo. E quale sarebbe la lode più bella per un apostolo? ‘È stato un operaio del Regno, un lavoratore del Regno’. Questa è la lode più grande, perché va su questa strada dell’annuncio di Gesù: va a guarire, a custodire, a proclamare questo lieto annuncio e questo anno di grazia. A fare che il popolo ritrovi il Padre, a fare la pace nei cuori della gente”.



Francesco: oggi tanti i cristiani vittime di chi odia Gesù

Papa Francesco tiene l'omelia a Casa S. Marta - OSS_ROM

06/02/2015 

Il martirio dei cristiani non è una cosa del passato, ma tanti di loro sono vittime anche oggi “di gente che odia Gesù Cristo”. È la sofferta constatazione di Papa Francesco all’omelia della Messa del mattino in Casa Santa Marta, al termine di un’intensa meditazione sulla vita e la morte di Giovanni Battista. Il servizio di Alessandro De Carolis:

La parabola del “Grande Giovanni” in primo piano e, appena dietro, il dolore acuto per i tanti cristiani ancora oggi condotti al macello, perché la loro vita annuncia quella di un Dio che altri odiano. È una delle omelie di Santa Marta più toccanti quella che il Papa propone seguendo la pagina del Vangelo di Marco, che racconta la fine tragica di Giovanni Battista. Lui – sottolinea Francesco – che “mai ha tradito la sua vocazione”, “cosciente che il suo dovere era soltanto annunziare” la “prossimità del Messia” – consapevole di essere “la voce soltanto”, perché “la Parola era un Altro” – “finisce la sua vita come il Signore, col martirio”.

Giovanni vittima di un re corrotto
È soprattutto quando finisce in carcere per mano di Erode Antipa che “l’uomo più grande nato da donna” diventa, osserva Francesco, “piccolo, piccolo, piccolo”, prima colpito dalla prova del “buio dell’anima” – quando dubita che Gesù sia colui al quale ha preparato la strada – poi quando per lui arriva il momento della fine, ordinata da un re affascinato e insieme perplesso da Giovanni. Una fine che il Papa si ferma a considerare con realismo:

“Alla fine, dopo questa purificazione, dopo questo calare continuo nell’annientamento, facendo strada all’annientamento di Gesù, finisce la sua vita. Quel re perplesso diventa capace di una decisione, ma non perché il suo cuore sia stato convertito, ma perché il vino gli ha dato coraggio. E così Giovanni finisce la sua vita sotto l’autorità di un re mediocre, ubriaco e corrotto, per il capriccio di una ballerina e per l’odio vendicativo di un’adultera. Così finisce il Grande, l’uomo più grande nato da donna”.

Cristiani odiati anche oggi
“Quando io leggo questo brano – afferma a questo punto il Papa – vi confesso mi commuovo” e penso sempre “a due cose”:

“Primo, penso ai nostri martiri, ai martiri dei nostri giorni, quegli uomini, donne, bambini che sono perseguitati, odiati, cacciati via dalle case, torturati, massacrati. E questa non è una cosa del passato: oggi succede questo. I nostri martiri, che finiscono la loro vita sotto l’autorità corrotta di gente che odia Gesù Cristo. Ci farà bene pensare ai nostri martiri. Oggi pensiamo a Paolo Miki, ma quello è successo nel 1600. Pensiamo a quelli di oggi! Del 2015”.

Nessuno ha la vita "comprata"
Inoltre, prosegue il Papa, questo diminuire di Giovanni il Grande “continuamente fino al nulla” mi fa pensare, dice, “che siamo su questa strada e andiamo verso la terra, dove tutti finiremo”. Mi fa pensare a “me stesso”:

“Anche io finirò. Tutti noi finiremo. Nessuno ha la vita ‘comprata’. Anche noi, volendo o non volendo, andiamo sulla strada dell’annientamento esistenziale della vita, e questo, almeno a me, fa pregare che questo annientamento assomigli il più possibile a Gesù Cristo, al suo annientamento”. 



[Modificato da Caterina63 06/02/2015 11:06]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)