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Titolo III


LA DISCIPLINA
DA OSSERVARSI NEI TRIBUNALI

Capitolo I

L'ufficio dei giudici
e degli altri officiali del tribunale


Art. 65 – § 1. Il giudice, prima di accettare la causa ed ogniqualvolta intraveda una speranza di buon esito, faccia ricorso a mezzi pastorali, per indurre i coniugi, se è possibile, a convalidare eventualmente il matrimonio e a ristabilire la convivenza coniugale (can. 1676).

§ 2. Se ciò non è possibile, il giudice esorti i coniugi perché, posposto ogni personale desiderio, collaborino sinceramente, adoperandosi per la verità ed in spirito di carità, all'accertamento della verità oggettiva, così come è richiesto dalla natura stessa della causa matrimoniale.

§ 3. Se poi il giudice avverte che i coniugi nutrono reciproca ostilità, li esorti caldamente perché nel corso del processo mettano da parte ogni rancore e si ispirino vicendevolmente alla disponibilità, alla correttezza ed alla carità.

Art. 66 – § 1. Chi è intervenuto in una causa come giudice non può in seguito validamente decidere la stessa causa in una istanza successiva, o ricoprirvi l'incarico di assessore (cf. can. 1447).

§ 2. Chi è intervenuto in una causa come difensore del vincolo, promotore di giustizia, procuratore, avvocato, teste o perito, non può validamente decidere la stessa causa come giudice nella medesima istanza o in un'istanza successiva, o ricoprirvi l'incarico di assessore (cf. can. 1447).

Art. 67 – § 1. Il giudice non accetti di giudicare una causa, che in qualche modo lo riguarda in ragione di vincoli di consanguineità o di affinità in qualsiasi grado della linea retta o fino al quarto grado nella linea collaterale, o in ragione di tutela e di curatela, di stretta consuetudine di vita, di grave inimicizia, oppure a scopo di guadagno o per evitare un danno, o nella quale possa essere oggetto di qualsiasi altro fondato sospetto di preferenza personale (cf. can. 1448, § 1).

§ 2. Nelle stesse circostanze debbono astenersi dal loro ufficio il difensore del vincolo, il promotore di giustizia, l'assessore, l'uditore e gli altri addetti del tribunale (cf. can. 1448, § 2).

Art. 68 – § 1. Nei casi di cui all'art. 67, se il giudice, il difensore del vincolo, il promotore di giustizia o gli altri addetti del tribunale non si astengono, la parte li può ricusare (cf. can. 1449, § 1).

§ 2. Sulla ricusazione di un giudice decide il Vicario giudiziale; se è lui stesso ad essere ricusato, decide il Vescovo Moderatore (cf. can. 1449, § 2).

§ 3. Se il Vescovo stesso è giudice e contro di lui va la ricusazione si astenga dal giudicare.

§ 4. Se la ricusazione è proposta contro il difensore del vincolo, il promotore di giustizia o gli altri addetti del tribunale, su tale eccezione giudica il presidente nel tribunale collegiale, o il giudice stesso se è unico (cf. can. 1449, § 4).

§ 5. Fermo restando l'art. 67, non può essere considerata fondata la ricusazione proposta contro atti compiuti in conformità alla legge da un giudice o da un altro officiale del tribunale.

Art. 69 – § 1. Ammessa la ricusazione le persone devono essere sostituite, ma non cambia il grado di giudizio (can. 1450).

§ 2. Se il tribunale non può trattare la causa per mancanza di personale e non vi sia un altro tribunale competente, la questione deve essere deferita alla Segnatura Apostolica, affinché questa designi un altro tribunale per la trattazione della causa.

Art. 70 – § 1. La questione della ricusazione deve essere definita con la massima sollecitudine (expeditissime), udite le parti, nonché il difensore del vincolo e il promotore di giustizia, se questi è intervenuto nel giudizio, purché non siano stati ricusati essi stessi (cf. can. 1451, § 1).

§ 2. Gli atti posti dal giudice prima di essere ricusato sono validi; quelli posti dopo che ne fu proposta la ricusazione debbono essere rescissi, se la parte lo chiede entro i dieci giorni successivi all'ammissione della ricusazione stessa (cf. can. 1451, § 2).

Art. 71 – § 1. Una volta che la causa di nullità di matrimonio è stata legittimamente introdotta, il giudice può e deve procedere non soltanto su richiesta di parte ma anche d'ufficio (cf. can. 1452, § 1).

§ 2. Pertanto, il giudice può e deve supplire alla negligenza delle parti nell'addurre prove e nell'opporre eccezioni, ogni qual volta lo ritenga necessario per evitare di emettere una sentenza ingiusta, ferme restando le disposizioni dell'art. 239 (cf. can. 1452, § 2).

Art. 72 – Giudici e tribunali provvedano affinché, salva la giustizia, tutte le cause si concludano al più presto, di modo che non si protraggano più di un anno nel tribunale di prima istanza, e non più di sei mesi nel tribunale di seconda istanza (can. 1453).

Art. 73 – § 1. I giudici e gli altri addetti e collaboratori del tribunale sono tenuti a osservare il segreto d'ufficio (cf. can. 1455, § 1).

§ 2. I giudici sono specialmente tenuti a osservare il segreto in ordine alla discussione che ha luogo nel tribunale collegiale prima di emettere la sentenza, e così pure in ordine ai voti e ai pareri esposti in tale circostanza, fermo restando il disposto dell'art. 248, § 4 (cf. can. 1455, § 2).

§ 3. Allorquando la natura della causa o delle prove è tale per cui l'altrui reputazione sia messa in pericolo dalla divulgazione degli atti o delle risultanze istruttorie, o questa dia occasione a dissidi, o ne derivino scandalo o altri simili inconvenienti, il giudice può vincolare i testi, i periti, le parti e i loro avvocati e procuratori all'osservanza del segreto con uno specifico giuramento, o, se del caso, almeno con una promessa, salvi gli artt. 159, 229-230 (cf. can. 1455, § 3).

Art. 74 – Al giudice e a tutti gli officiali del tribunale è proibito accettare qualunque regalo in occasione dello svolgimento del giudizio (can. 1456).

Art. 75 – § 1. I giudici e gli altri addetti e collaboratori del tribunale che commettono un atto illecito contro l'incarico loro affidato, siano puniti a norma di legge (cf. cann. 1386; 1389; 1391; 1457; 1470, § 2).

§ 2. Dove la retta amministrazione della giustizia sia impedita da negligenza, imperizia o abusi, il Vescovo Moderatore del Tribunale o la Conferenza episcopale debbono porvi rimedio con mezzi idonei, non esclusa, quando ne sia il caso, la rimozione dall'ufficio.

§ 3. Chiunque illegittimamente con un atto giuridico, anzi con qualsiasi altro atto posto con dolo o con colpa, arreca un danno ad un altro, è tenuto all'obbligo di riparare il danno arrecato (can. 128).

Capitolo II

L'ordine della trattazione delle cause

Art. 76 – § 1. Le cause debbono essere trattate nell'ordine secondo il quale sono state proposte e iscritte nell'elenco (cf. can. 1458).

§ 2. Se una causa esige una trattazione più rapida rispetto alle altre, ciò deve essere stabilito con un apposito decreto motivato (cf. can. 1458).

Art. 77 – § 1. I vizi per i quali si può avere la nullità della sentenza, possono essere eccepiti e anche dichiarati d'ufficio dal giudice in qualunque stadio o grado del giudizio (can. 1459, § 1).

§ 2. Oltre i casi di cui al § 1, le eccezioni dilatorie, soprattutto quelle che riguardano le persone e le modalità del giudizio, debbono essere proposte prima della determinazione della formula del dubbio, a meno che non siano emerse a formula già stabilita, e la decisione su di esse debba essere presa al più presto (cf. can. 1459, § 2).

Art. 78 – § 1. Se è proposta un'eccezione contro la competenza del tribunale, su di essa deve pronunciarsi il collegio, salvo l'art. 30, § 3 (cf. can. 1460, § 1).

§ 2. Quando è stata eccepita l'incompetenza relativa, se il collegio si dichiara competente la sua decisione non ammette appello, ma non sono escluse la querela di nullità, di cui agli artt. 269-278, o la restituito in integrum, di cui ai cann. 1645- 1648 (cf. can. 1460, § 2).

§ 3. Se invece il collegio si dichiara incompetente, la parte che si ritiene gravata da tale decisione può ricorrere al tribunale di appello entro il termine di quindici giorni utili (cf. can. 1460, § 3).

Art. 79 – Il tribunale che in qualunque fase di giudizio si riconosca assolutamente incompetente, deve dichiarare la propria incompetenza (cf. can. 1461).

Art. 80 – Le questioni relative alla cauzione da dare per le spese giudiziali o alla concessione del gratuito patrocinio, del quale fin dall'inizio della causa sia stata fatta richiesta, e altre simili, di regola debbono essere decise prima che sia fissata la formula del dubbio (cf. can. 1464).

Capitolo III

I termini e le dilazioni

Art. 81 – § 1. I cosiddetti fatalia legis, ossia quelli che la legge stabilisce per la perenzione dei diritti, sono improrogabili, e non possono essere validamente ridotti se non su richiesta delle parti (can. 1465, § 1).

§ 2. I termini giudiziali e convenzionali invece, cioè quelli fissati dal giudice per propria iniziativa o con il consenso delle parti, possono essere prorogati prima della loro scadenza dallo stesso giudice, per giusto motivo, udite le parti o su loro richiesta; non possono mai essere validamente ridotti senza il consenso delle parti (cf. can. 1465, § 2).

§ 3. Il giudice, tuttavia, provveda affinché per effetto della proroga la trattazione della causa non si protragga troppo a lungo (cf. can. 1465, § 3).

Art. 82 – Dove la legge non fissa termini per il compimento degli atti processuali, li deve stabilire il giudice, tenuto conto della natura di ciascun atto (can. 1466).

Art. 83 – Se nel giorno notificato per un atto processuale il tribunale non abbia lavorato, il termine si intende prorogato al primo giorno non festivo seguente (can. 1467).

Capitolo IV

Il luogo in cui si svolge il giudizio

Art. 84 – Ciascun tribunale abbia una sede, per quanto è possibile stabile, che sia aperta ad ore stabilite (can. 1468).

Art. 85 – § 1. Il giudice espulso con la violenza dal suo territorio o impedito di esercitare in esso la giurisdizione, può esercitare la sua giurisdizione fuori dal territorio ed emanare sentenze, dopo aver tuttavia informato il Vescovo diocesano (can. 1469, § 1).

§ 2. Oltre al caso di cui nel § 1, il giudice, per giusta causa e dopo aver udite le parti, può anche recarsi fuori del proprio territorio per acquisire le prove, su licenza tuttavia del Vescovo diocesano del luogo dove intende andare e nella sede designata dal medesimo (can. 1469, § 2).

Capitolo V

Le persone da ammettere nell'aula del tribunale
e il modo di redigere e conservare gli atti

Art. 86 – Durante la trattazione delle cause davanti al tribunale, nell'aula debbono essere presenti soltanto coloro la cui partecipazione è disposta dalla legge o dal giudice come necessaria per lo svolgimento del processo (cf. can. 1470, § 1).

Art. 87 – Il giudice può richiamare al loro dovere tutti coloro che nell'assistere al giudizio contravvengono gravemente al rispetto e all'obbedienza dovuta al tribunale, e può anche sospendere gli avvocati e i procuratori dall'esercizio del loro incarico nella causa (cf. can. 1470, § 2).

Art. 88 – § 1. Gli atti giudiziari, sia quelli relativi al merito della questione o atti di causa, sia quelli attinenti alla procedura o atti del processo, devono essere redatti per scritto (can. 1472, § 1).

§ 2. Le singole pagine degli atti siano numerate e autenticate (can. 1472, § 2).

Art. 89 – Ogniqualvolta negli atti giudiziari è richiesta la firma delle parti o dei testimoni, se una parte o un testimone non può e non vuole sottoscrivere, lo si annoti negli atti stessi, e nello stesso tempo giudice e notaio facciano fede che l'atto stesso fu letto parola per parola alla parte o al testimone e che questi non poterono o non vollero firmare (can. 1473).

Art. 90 – § 1. Se la causa deve essere giudicata dal tribunale di appello, un esemplare degli atti, della cui autenticità ed integrità abbia fatto fede il notaio, sia inviato al tribunale superiore (cf. can. 1474, § 1).

§ 2. Se gli atti furono scritti in una lingua sconosciuta al tribunale superiore, siano tradotti in lingua nota al medesimo usando le dovute cautele affinché consti che la traduzione è fedele (can. 1474, § 2).

Art. 91 – § 1. Terminato il giudizio, i documenti di proprietà dei privati debbono essere loro restituiti, trattenendone però il tribunale una copia munita del sigillo di autenticità da parte del notaio (cf. can. 1475, § 1).

§ 2. Al capo della cancelleria e ai notai è fatto divieto di rilasciare senza ordine del giudice copia degli atti giudiziari e dei documenti acquisiti al processo (cf. can. 1475, § 2).





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)