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  II. PRINCIPIO DELLA NOSTRA RISPOSTA


      17. Quando parliamo della Chiesa, ricorriamo ad un certo modo di esprimerci per indicare la realtà che è oggetto della nostra conoscenza. Ora, è legge della psicologia umana che si nominino le cose non per come sono nella realtà, ma per come le si conoscono, poiché le parole sono connesse direttamente non alla realtà ma ai concetti che nella nostra mente la rappresentano[19]. Vi è dunque una grande differenza tra il modo di conoscere e di esprimersi, da un lato, e il modo di essere reale, dall’altro[20]. Così, per indicare gli accidenti, che hanno l’essere solo nella e per la sostanza in cui si trovano, si impiegano espressioni che fanno riferimento ad un modo di essere sostanziale: si parla di «quantità», «qualità», «relazione» per indicare ciò che in realtà non è la sostanza propriamente detta, ma la sostanza in quanto è quantificata, qualificata, relativa.
Il nostro modo di concepire e di nominare non è dunque adeguato al modo di essere. Per quale ragione? Appunto perché la nostra intelligenza è fatta per apprendere l’essere anzitutto nel suo senso primo di sostanza. L’accidente è essere solo in senso analogo. Non è esattamente essere, come la sostanza, ma dell’essere, e ci riesce difficile concepirlo se non in dipendenza della sostanza in cui si trova. Inoltre, tanto più l’essere di cui parliamo si distanzia analogicamente dalla sostanza, quanto più il nostro modo di parlare si distanzia dal modo in cui questo essere realmente sussiste; quanto più, dunque, si corre il rischio di sbagliarci, se non teniamo conto di tale distanza. Dobbiamo essere assai vigili, per non restare vittime delle parole che noi stessi utilizziamo.

        18. Tutto ciò va applicato nel modo più rigoroso quando si parla della Chiesa: essa si definisce società, e società si ricollega al predicamento o modo di essere della relazione, che è quello in cui l’essere si dice in un senso molto tenue e altrettanto meno percettibile. Quando si parla di Chiesa, ed anche di Chiesa visibile, Chiesa ufficiale, Chiesa cattolica o Chiesa conciliare,  ci esprimiamo come se indicassimo una sostanza, e dimentichiamo troppo facilmente che la realtà così indicata non corrisponde al modo con cui la indichiamo. La Chiesa non è una sostanza, bensì un ordine di relazioni che uniscono i suoi membri per il fatto che essi compiono la stessa operazione sotto la stessa autorità e in vista degli stessi fini. Dunque la Chiesa è formalmente il triplice legame dell’unità di fede, di culto e di governo.
E questo legame esiste come tale soltanto nelle e per le sostanze che sono le persone umane concrete, membri della società. Di conseguenza, quando si dice essere o non essere nella Chiesa, questa espressione va intesa non di un essere secondo il luogo, ma, evidentemente, di un essere secondo la relazione. Ciò significa che colui che è nella Chiesa, è in relazione con gli altri membri della società, come pure col suo capo, nel perseguimento di uno stesso fine, attraverso la professione di una stessa fede e di uno stesso culto e l’obbedienza ad uno stesso governo.

        19. Nella misura in cui si è prodotto un «cambio di orientamento»[21] a partire dal Concilio Vaticano II, si parla di Chiesa conciliare. Con tale espressione non si intende indicare una cosa o una sostanza distinta da un’altra e neppure una società distinta da un’altra, bensì uno spirito nuovo, che si è introdotto nella Chiesa contestualmente al Concilio Vaticano II ed ostacola il fine della Chiesa, cioè la Tradizione della sua fede e della sua morale. E quando si dice che questa corrente avversa agisce nella Chiesa, si intende che coloro i quali si uniscono nella ricerca di un fine contrario a quello della Chiesa non hanno manifestamente rotto la relazione che li lega agli altri membri e al loro capo, nella inclinazione di principio al vero bene comune. Nel caso particolare del Papa che partecipi egli stesso a questa corrente ostile, si intende che egli non ha manifestamente cessato di essere Papa. Anche se, agendo in un certo modo, ostacola il fine della Chiesa e impedisce la Tradizione, il suo potere resta di per sé inclinato verso questo fine e questa Tradizione.


        20. Non vi sono, quindi, due Chiese; vi è solamente, nel seno della Chiesa, una tendenza antagonista che combatte la Chiesa dall’interno, che cerca di neutralizzarla a suo vantaggio, impedendo il compimento del suo fine. Per chiarire tale concetto, si può istituire un paragone col peccato, che impedisce il compimento della natura moltiplicando gli ostacoli alla realizzazione del suo fine, senza però mai distruggere la natura nella sua radicale inclinazione a questo fine. È così che il Dottore Angelico spiega in qual senso si possa dire che il male non può distruggere totalmente il bene[22]. Certo, il male è una mancanza, cioè una privazione di bene.  Tuttavia, non bisogna dimenticare che esistono due tipi di privazione: la prima consiste in uno stato di privazione totale, che non lascia nulla, ma toglie ogni cosa: tali sono la cecità rispetto alla vista, l’oscurità completa rispetto alla luce, la morte rispetto alla vita.
Vi è poi un secondo tipo di privazione, che resta sempre parziale e limitata, senza mai togliere tutto: così il peccato priva l’uomo del suo fine e della sua perfezione, non nel senso che la renda definitivamente impossibile, ma nel senso che ne allontana l’uomo accumulando sempre più ostacoli. Questa privazione lascia sussistere qualche cosa, che è appunto l’attitudine e l’inclinazione fondamentale dell’uomo rispetto al suo fine. «Perciò – conclude S. Tommaso – può esserci una terza possibilità, e come un termine intermedio tra il bene e la sua totale scomparsa». Applicando tali principi all’ecclesiologia, diremo che una concezione strettamente dualistica (sic et non) non rende sufficientemente conto dell’attuale situazione nella Chiesa. Vi è in effetti come un terzo termine tra il bene della Chiesa e il male totale, rappresentato dalla sua scomparsa e sostituzione con una setta o un’altra Chiesa totalmente differente.

Tale soluzione intermedia è appunto quella indicata con l’espressione Chiesa conciliare.
Essa equivale al peccato dell’ideologia liberale e modernista che ha penetrato gli spiriti all’interno della Chiesa, peccato che diminuisce e corrompe il bene della Chiesa nel senso che le impedisce di ottenere il suo fine, ma che, ciononostante, lascia intatta l’inclinazione fondamentale della Chiesa rispetto a tale fine. Ora, la diminuzione di questo bene – spiega ancora S. Tommaso[23] – non deve essere concepita come una sottrazione, come avviene della quantità, ma come un indebolimento o declino progressivo di un’attitudine. E l’indebolimento di questa attitudine si deve concepire come il contrario della rispettiva intensificazione. L’attitudine, infatti, viene ad essere intensificata per mezzo delle disposizioni che preparano sempre meglio il soggetto a ricevere la sua perfezione, fino al momento in cui la riceve. Viene invece a indebolirsi a causa delle disposizioni contrarie, che, quanto più si moltiplicano e più sono intense, tanto più impediscono al soggetto di ricevere la sua perfezione.

Se le disposizioni contrarie si possono moltiplicare all’indefinito, l’attitudine fondamentale del soggetto a ricevere la sua perfezione diminuirà e si indebolirà all’indefinito. Tuttavia, non verrà mai ad essere del tutto eliminata, perché resta nella sua radice, che è la sostanza del soggetto. Per esempio, se si interponessero tra il sole e l’aria infiniti corpi opachi, si diminuirebbe all’indefinito l’attitudine dell’aria alla luce, ma non si eliminerebbe totalmente, perché l’aria è trasparente per natura. Allo stesso modo si può verificare un’addizione nei peccati, per cui l’attitudine dell’anima alla grazia viene sempre più a diminuire; i quali peccati sono come degli ostacoli interposti tra Dio e noi.

E tuttavia non viene distrutta completamente nell’anima la predetta attitudine, perché deriva dalla sua stessa natura. Dunque la realtà della Chiesa conciliare è quella di una falsa concezione della Chiesa che si è impadronita degli spiriti degli uomini di Chiesa. Una simile concezione genera cronicamente un contro-governo che paralizza o intralcia il normale funzionamento della società cattolica, impedendo che la Chiesa realizzi il proprio fine. In tal modo, essa interpone degli ostacoli tra la Chiesa e il suo bene, senza però eliminare l’inclinazione radicale della Chiesa a questo bene.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)