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08 libro papa 2

LA BERGOGLIONATA ALL’INCONTRARIO DI PAPA FRANCESCO


Una bergoglionata  all’incontrario che ci è davvero piaciuta, se le cose stanno come riferisce Introvigne…

Onestà di cuore e di mente vuole che quando dobbiamo parlare per spiegare i fatti come sono, non ci si chiuda mai in uno stato di prevenzione mentale e di pregiudizio, ma che si colga – come insegna San Paolo – tutto ciò che è buono per fare un sano discernimento e dare così il vero contributo alla causa del Vangelo.

È il caso che andiamo ad analizzare sottolineando che a noi non è mai piaciuto il doppio gioco di Andrea Tornielli in questi ultimi anni, non ci piace il suo giornalaccio on-line che è al pari dei giornali a servizio della massoneria dell’Ottocento, non ci piace il suo catto-progressismo, non ci piace la sua cortigianeria nel quartiere romano di santa Marta, non ci piace la sua falsità narrativa di vaticanista senza scrupoli e senza sostanza nel riportare i fatti.

9788856653144_51b745299200d2ec851abc2402753e3aPremesso tutto ciò e affidandoci alla presentazione del suo ultimo libro fatta da La Nuova Bussola Quotidiana da Massimo Introvigne(suo degno compare), non possiamo tuttavia non intravvedere e non segnalare che, questo libro, potrebbe (condizionale d’obbligo) contenere una vera bergoglionata a chi sta usando il Papa Francesco dalla sua elezione per abbattere la Chiesa e la sua dottrina.

Naturalmente noi il libro non lo abbiamo ancora letto, ma ciò che riporta Introvigne è davvero interessante e non sarebbe onesto se noi facessimo finta di nulla. E non vogliamo neppure pensare lontanamente che Introvigne abbia inventato il contenuto dottrinale del libro e del Papa sulla vera Misericordia e sul valore pestilenziale del peccato.

Peccatori sì, ma non accettare lo stato di corruzione

Già Avvenire riportava, dall’analisi del libro che è un colloquio con il Papa, quanto il santo Padre Francesco torna a riflettere sulla distinzione tra peccato e corruzione. Quest’ultima, si osserva nel libro, “è il peccato che invece di essere riconosciuto come tale e di renderci umili, viene elevato a sistema, diventa un abito mentale, un modo di vivere”. “Il peccatore pentito, che poi cade e ricade nel peccato a motivo della sua debolezza – ribadisce – trova nuovamente perdono, se si riconosce bisognoso di misericordia. Il corrotto, invece, è colui che pecca e non si pente, colui che pecca e finge di essere cristiano, e con la sua doppia vita dà scandalo”. “Non bisogna accettare lo stato di corruzione come se fosse soltanto un peccato in più – è il monito del Pontefice – anche se spesso si identifica la corruzione con il peccato, in realtà si tratta di due realtà distinte seppur legate tra loro”. “Uno – constata – può essere un grande peccatore e ciononostante può non essere caduto nella corruzione”. Francesco fa l’esempio di alcune figure come Zaccheo, Matteo, la Samaritana, Nicodemo e il buon ladrone. “Nel loro cuore peccatore – afferma – tutti avevano qualcosa che li salvava dalla corruzione. Erano aperti al perdono, il loro cuore avvertiva la propria debolezza, e questo è stato lo spiraglio che ha fatto entrare la forza di Dio”.

Anche nell’analisi fatta da Introvigne su La Nuova BQ, si torna ad avere come perno centrale di questo colloquio il riconoscimento del peccato, lo stato del peccatore e l’autentico valore della Misericordia che non può essere data se la persona non si riconosce come peccatore e se non è davvero pentito del proprio peccato.

Intendiamoci, non è una rivoluzione! Il Papa non sta dicendo cose nuove e il libro non contiene alcuna novità.

C’è piuttosto un onesto e timido ritorno a quella dottrina che da tre anni a questa parte, proprio l’autore del libro – che fu tra quelli che strumentalizzarono la pastorale senza dottrina del Papa –  fa ritornare alla ribalta come se niente fosse, anzi, quasi fosse una novità…

La definiamo così una bergoglionata che davvero ci piace, questa del Papa gesuita! Perché è come se avesse accolto l’appello di non pochi alti prelati che lo hanno invitato più volte ad essere più chiaro nelle sue affermazioni.

Ci viene a mente l’episodio accaduto a San Padre Pio quando rispondendo ad un Bolletino Diocesano del vescovo di Padova che aveva fatto una affermazione che “puzzava di eresia” (così disse proprio Padre Pio), il prelato mandò a dire al Santo che era stato frainteso, che aveva capito male, e l’umile frate rispose: “No, io ho capito bene. Lui ha scritto male!”.

Dunque, la sostanza di questo libro ci sembra essere, sempre secondo la presentazione fatta da Introvigne, una sorta di chiarimento alle sue passate affermazioni suonate e risultate stonate in campo dottrinale cattolico, come se il peccato avesse preso delle ferie prolungate e come se la misericordia fosse data come un piatto di pastasciutta ad una delle tante mense della Caritas.

E no! Fa capire ora il Papa. L’invito ai confessori alla misericordia non significa che debbano assolvere sempre. Ci sono casi in cui l’assoluzione non si può dare. Ma in questi casi, «se il confessore non può assolvere, che spieghi il perché ma dia comunque una benedizione, anche senza assoluzione sacramentale» e non interrompa il dialogo con il penitente.

«La Chiesa condanna il peccato perché deve dire la verità: questo è un peccato. Ma allo stesso tempo abbraccia il peccatore che si riconosce tale, lo avvicina, gli parla della misericordia infinita di Dio». Parola di Papa Francesco! Senza riconoscere il proprio peccato non si può incontrare la misericordia. «La misericordia c’è, ma se tu non vuoi riceverla… Se non ti riconosci peccatore vuol dire che non la vuoi ricevere, vuol dire che non ne senti il bisogno».

Il santo Padre Francesco insiste anche su Santa Faustina Kowalska, l’apostola della Divina Misericordia, la cui devozione unisce San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e l’attuale Pontefice. Egli cita pure un’impegnativa affermazione teologica del Papa teologo, Benedetto XVI: «La misericordia è in realtà il nucleo centrale del messaggio evangelico, è il nome stesso di Dio, il volto con il quale Egli si è rivelato nell’antica Alleanza e pienamente in Gesù Cristo, incarnazione dell’Amore creatore e redentore».

Ma per ricevere questa Misericordia, chiarisce finalmente El gesuita diventato papa, il peccatore deve chiarire a se stesso il proprio stato di peccatore, deve imparare ad avere vergogna del proprio peccato e deve ripudiarlo, deve andarsi a confessare… confessare il proprio stato di peccato e cambiare vita.

Ciò che sconcerta è che tutto ciò – insegnato dalla Chiesa in questi duemila anni – sia spacciato oggi come una novitàperché in questi ultimi tre anni non si è fatto altro che usare, delle parole di Bergoglio, una illusione mentendo (ma non ha mentito il Papa) sulla dottrina della Chiesa.

Il relativismo porta a perdere il senso del peccato. Il venerabile Pio XII, ricorda Papa Francesco, «più di mezzo secolo fa, aveva detto che il dramma della nostra epoca era l’aver smarrito il senso del peccato, la coscienza del peccato. A questo si aggiunge oggi anche il dramma di considerare il nostro male, il nostro peccato, come incurabile, come qualcosa che non può essere guarito e perdonato». Non si crede più al peccato, dunque non ci si confessa, ma si cercano gli aiuti più bizzarri nelle nuove religioni e nell’occultismo.

Papa Francesco ricorda pure di avere appreso dal cardinale Giacomo Biffi questa citazione dello scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton: «Chi non crede in Dio, non è vero che non crede in niente, perché comincia a credere a tutto». E commenta: «Una volta ho sentito una persona dire: ai tempi di mia nonna bastava il confessore, oggi tante persone si rivolgono ai chiromanti… Oggi si cerca salvezza dove si può».

È ovvio che in quel «Oggi si cerca salvezza dove si può», il Papa stesso sa benissimo che l’unico posto dove questa salvezza si attiva è il confessionale e che è qui che bisogna far ritornare la gente. Non basta dire, ricorda il Papa, che riconosco il mio peccato e me ne pento davanti a Dio. «Ma è importante che io vada al confessionale, che metta me stesso di fronte a un sacerdote che impersona Gesù, che mi inginocchi di fronte alla Madre Chiesa chiamata a dispensare la misericordia di Dio. C’è un’oggettività in questo gesto, nel mio genuflettermi di fronte al prete, che in quel momento è il tramite della grazia che mi raggiunge e mi guarisce». Il Papa ricorda e spiega le sue immagini usate in omelie a Santa Marta secondo cui il confessionale non è né «una tintoria» né «una stanza delle torture». Quella della tintoria, spiega, era «un’immagine per far capire l’ipocrisia di quanti credono che il peccato sia una macchia, soltanto una macchia, che basta andare in tintoria perché te lavino a secco e tutto torni come prima». È l’atteggiamento di tanti che continuano a commettere lo stesso peccato, pensando che tanto poi se ne confesseranno.

Ci sembra di comprendere che in questo colloquio, ridotto a libro, il Papa Francesco abbia voluto mettere un po’ di ordine ai suoi tanti pensieri sparsi qua e là e spesso fraintesi o strumentalizzati come sul famoso «chi sono io per giudicare» riferito alle persone omosessuali, Papa Francesco qui nel libro spiega che «avevo detto in quella occasione: se una persona è gay, cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? Avevo parafrasato a memoria il Catechismo della Chiesa cattolica, dove si spiega che queste persone vanno trattate con delicatezza e non si devono emarginare. Innanzitutto mi piace che si parli di “persone omosessuali”: prima c’è la persona, nella sua interezza e dignità. E la persona non è definita soltanto dalla sua tendenza sessuale: non dimentichiamoci che siamo tutti creature amate da Dio, destinatarie del suo infinito amore. Io preferisco che le persone omosessuali vengano a confessarsi».

Sbaglia chi oppone la misericordia alla verità o alla dottrina, spiega il Papa e sottolinea: «la misericordia è vera, è il primo attributo di Dio. Poi si possono fare delle riflessioni teologiche su dottrina e misericordia, ma senza dimenticare che la misericordia è dottrina».

Ci sembra così che questo libro possa offrire davvero dei chiarimenti a molte espressioni ambigue usate dal Papa e ci auguriamo che serva in primo luogo proprio all’autore del testo che da anni – strumentalizzando le parole del Papa – ha gettato nella rete molta confusione attraverso il suo giornalaccio on-line con ambiguità interpretativa…

Dal canto nostro non possiamo che far nostre queste parole del Papa, tratte sempre da questo libro: «Bisogna entrare nel buio, nella notte che attraversano tanti nostri fratelli. Essere capaci di entrare in contatto con loro, di far sentire la nostra vicinanza, senza lasciarci avvolgere e condizionare da quel buio. Andare verso gli emarginati, verso i peccatori, non significa permettere ai lupi di entrare nel gregge».


 



La “cosa” fa ben sperare, con la speranza che non si tramuti in un Alien    mi rifaccio anche all’articolo di Magister….

http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/01/12/istruzioni-per-il-confessore-e-per-il-penitente-firmate-francesco/



 


IL LIBRO DEL PAPA
 

La misericordia di Dio non è a buon mercato. Il Papa, nel suo libro Il nome di Dio è misericordia, ci dice che la misericordia di Dio non può essere disgiunta dalla giustizia, che comporta il castigo per il malvagio e il premio per chi opera il bene, e dalla veritàlche esige che il male venga riconosciuto come male.

di Tommaso Scandroglio
La copertina del libro di papa Francesco: Il nome di Dio è misericordia


La misericordia di Dio è a buon mercato? Vi sono alcuni passaggi del libro intervista del Papa Il nome di Dio è misericordia che ci fanno capire che la misericordia di Dio non può essere disgiunta dalla giustizia – la quale richiede che chi opera il bene riceva un premio e chi compie il male sia punito – e dalla verità – la quale invece esige che il male venga riconosciuto come male. Andrea Tornielli, che ha intervistato il Pontefice, ad esempio, ricorda una sua omelia a Santa Marta in cui Francesco, spiegando l’incontro di Gesù con l’adultera che stava per essere lapidata, rammenta che Cristo «difende il peccatore da una condanna giusta». Il Papa, quindi, ci dice che il peccato merita una condanna che, per giustizia, non può che essere proporzionalmente severa tanto quanto la gravità del peccato.

Un peccato che non è solo, nella visione pauperista della dottrina, di carattere sociale ed economico, ma soprattutto di carattere intellettuale, aspetto che più da vicino interessa l’ortodossia: «E non ci sono soltanto le malattie sociali e le persone ferite dalla povertà, dall’esclusione sociale, dalle tante schiavitù del terzo millennio. Anche il relativismo ferisce tanto le persone: tutto sembra uguale, tutto sembra lo stesso». Il Pontefice, poi, chiarisce che ci devono essere due atteggiamenti affinché la grazia di Dio possa operare, cioè affinché il nostro peccato sia perdonato. L’ammissione sincera e dispiaciuta del proprio errore e l’emenda, cioè la volontà di cambiare, di non peccare più. Sul primo atteggiamento Francesco afferma che se non c’è coscienza del peccato ovviamente non ci può essere perdono. 

É la ferita forse più profonda del momento storico in cui viviamo, spiega il Pontefice ricordando che Pio XII «più di mezzo secolo fa, aveva detto che il dramma della nostra epoca era l’aver smarrito il senso del peccato, la coscienza del peccato». Poi aggiunge, riferendosi appunto alla condizione interiore che porta a provare dolore per i peccati commessi, che «quando uno sente la misericordia di Dio, ha una grande vergogna di se stesso, del proprio peccato. […] La vergogna è una delle grazie che Sant’ignazio fa chiedere nella confessione dei peccati davanti al Cristo crocefisso. […] Colui che si confessa è bene che si vergogni del proprio peccato: la vergogna è una grazia da chiedere, è un fattore buono, positivo che ci fa umili». Poi, citando Sant’Agostino, aggiunge: «Quando pecchiamo dobbiamo provare dispiacere di noi stessi, perché i peccati dispiacciono a Dio». I Padri della Chiesa – e queste ritornano a essere le parole del Papa – «insegnano che questo cuore a pezzi è l’offerta più gradita a Dio. È il segno che siamo coscienti del nostro peccato, del male compiuto». 

Francesco, inoltre, illustra che per confessarsi con le disposizioni adeguate occorre che il penitente «sappia guardare con sincerità a se stesso e al suo peccato. E che si senta peccatore. […] La misericordia c’è, ma se tu non vuoi riceverla…. Se non ti riconosci peccatore vuol dire che non la vuoi ricevere, vuol dire che non ne senti il bisogno». Dunque, l’amore di Dio per noi non può essere disgiunto dal riconoscere con verità il male che abbiamo commesso. Così il Papa: «La Chiesa condanna il peccato perché deve dire la verità: questo è un peccato». A seguire il Pontefice esplicita questo pensiero riferendosi ad un caso particolare: l’omosessualità. «Io preferisco che le persone omosessuali vengano a confessarsi. […] Puoi consigliare loro la preghiera, la buona volontà, indicare la strada». Se le condotte omosessuali non fossero scelte peccaminose, perché il Papa dovrebbe consigliare alle persone omosessuali di confessarsi e di tentare di cambiare strada? 

La mancanza di questa condizione del foro interno chiamata contrizione (dolore del peccato in sé perché così ho offeso Dio) o attrizione (dolore per il peccato commesso perché sono timoroso del castigo di Dio) non può portare alla remissione dei peccati. Questo è ben evidenziato quando il Papa spiega che alcune volte il confessore non può assolvere e si dovrà limitare a una benedizione del fedele. In merito al secondo atteggiamento che chiede l’impegno per una conversione seria e profonda della propria vita, Francesco mette in guardia i fedeli dall’intendere la confessione come una tintoria: uno entra in confessionale, dice i suoi peccati e automaticamente questi vengono lavati via. Ciò non accade se non c’è un proposito di radicale di abbandonare la via del male.

Più in particolare il Papa fa un distinguo importante: c’è chi cade e si rialza e cade nuovamente ma non abbandona la lotta spirituale. E poi c’è chi – il “corrotto” - si sente a posto e quindi non si pente dei propri peccati e dunque non vuole convertirsi: «Il corrotto […] è colui che pecca e non si pente, colui che pecca e finge di essere cristiano e con la sua doppia vita dà scandalo». Costui si sottrae volontariamente alla misericordia di Dio.














[Modificato da Caterina63 17/01/2016 13:04]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)