00 08/05/2015 18:48
  di quale Misericordia parliamo e parla il Papa? QUI LA PRIMA PARTE DELL'ARTICOLO



qui a seguire la seconda parte che ci interessa più direttamente:

Di quale misericordia parla Kasper?

Kasper e Benedetto XVI. lL Papa ora Emerito, durante il suo pontificato, lo aveva mandato "in pensione". E forse era meglio così...

Kasper e Benedetto XVI. lL Papa ora Emerito, durante il suo pontificato, lo aveva mandato “in pensione”. E forse era meglio così…

E qui veniamo al vero problema di Kasper e di tutta la disputa sollevata, al cuore dell’errore. Kasper ha un concetto errato della “Misericordia”.

Scrivono  gli Autori di questo libro:«Credere nella carne di Cristo (cfr. 2 Gv 7) esige quindi che si creda nella grazia del sacramento del matrimonio come unione indissolubile; si tratta di un’espressione di grazia e non di un problema per il quale è necessario trovare delle eccezioni. Probabilmente, la secolarizzazione del matrimonio è stata il peggior attacco alla natura stessa di questa unione. E’ iniziato con la negazione di Lutero del suo significato sacramentale ed è continuato con l’ “invenzione” di un matrimonio civile senza nessun riferimento alla trascendenza, istituzione diversa e opposta al matrimonio naturale».

E ragionevolmente ci si domanda: perché il matrimonio può essere indissolubile come ha detto Gesù Cristo se l’amore è soggetto a tante variazioni? Che significato ha l’indissolubilità quando l’ “amore è morto”?

“L’ “amore romantico” è quello che può morire, e di fatto muore in tante occasioni, ma questo non ha niente a che vedere con la permanenza dell’amore coniugale che è il segno della sua verità. E’ necessario curare le persone dalla debolezza dell’amore romantico perché possano scoprire l’amore come una fonte nella quale rigenerare le relazioni…”

E dunque, come si esplica la vera Misericordia divina? L’autentico dono della misericordia divina è quella cura (Mt.19,11) – alla durezza di cuore – dei coniugi e che li rende capaci di vivere in Cristo il loro matrimonio.

Un'immagine naif che rende bene, tuttavia, l'essenza del Sacramento del Matrimonio.

Un’immagine naif che rende bene, tuttavia, l’essenza del Sacramento del Matrimonio.

Anche questo significa “rifarsi” una vita, ma partendo dalla verità della propria esistenza e situazione, perché chi “ne sposa un’altra, commette adulterio” (Mt 19,9). Si tratta della “vita nascosta con Cristo in Dio” (Col 3,3), quel “farsi eunuchi per il regno dei cieli”, una vita secondo il dono della grazia che partecipa alla fedeltà di Cristo di fronte all’infedeltà degli uomini. Ed è questa che rende possibile vivere la autentica fedeltà in situazioni difficili, anche all’interno del matrimonio, come nel caso di una continenza prolungata a causa di una malattia.

In sostanza, la proibizione di una nuova unione, e quella possibilità di vivere la fedeltà perchè guidati dalla grazia elargita dal Sacramento, è la vera ed unica testimonianza di una fedeltà nuova che solo Cristo rende possibile. Questa è la vera misericordia e non la soluzione di una toppa su un vestito lacerato, quale sarebbe la proposta di Kasper.

La carità e la stessa misericordia non sta nel mettere le toppe ad una veste lacerata, ma riportare le trame sdrucite da una cultura sbagliata, al loro originale splendore. Questo ha fatto il Cristo nella disputa con i farisei in Matteo 19  quando dice loro: “all’inizio non era così”, riportando il Matrimonio alla sua origine senza metterci delle toppe; per questo i discepoli comprendendo la portata della risposta del Maestro ribattono: “se le cose stanno così, meglio non sposarsi” avviandosi in tal modo alla comprensione del valore della continenza senza dimenticare noi oggi, appunto, che la castità è un dogma della dottrina proclamata ed insegnata da Gesù Cristo.

Perché il Sacro Cuore di Gesù dice che…

"Gesù e l'adultera", min. (sec. XV). Parigi, Biblioteca Nazionale. Ma Gesù non ha detto all'adultera "va e non peccare più?".

“Gesù e l’adultera”, min. (sec. XV). Parigi, Biblioteca Nazionale.
Ma Gesù non ha detto all’adultera “va e non peccare più?”.

Qui sarebbe fondamentale andarsi a rileggere la vera dottrina sulla devozione al Sacro Cuore di Gesù perché, in definitiva e come è spiegato nel libro, è il cuore misericordioso di Cristo a sconfiggere la durezza del cuore dell’uomo che causa il peccato, la divisione, l’adulterio che etimologicamente significa “falsificazione”. Le Sue azioni misericordiose, che mostrano innanzitutto l’affetto più profondo del suo cuore, sono liberatrici rispetto al peccatore. E’ qui che si compie la profezia di Osea di una nuova unione con Dio: “voglio la misericordia e non il sacrificio” (Os 6,6), che Cristo assume per manifestare la sua missione. La misericordia è la chiave per vivere la verità definitiva dell’essere uomo, che unifica il suo valore come creatura, prende in considerazione la sua condizione di peccatore e la sconfigge con la forza della grazia redentrice: “va e non peccare più”, come dice all’adultera. La vera misericordia entra così attraverso il perdono che, nel caso che stiamo trattando, diventa il vincolo della fedeltà tra i coniugi i quali, concedendosi l’uno all’altra, applicano la legge del perdono, un donarsi reciproco atto a superare le difficoltà e a viverle cercando di sanarle attraverso la grazia, il Cristo stesso. Se le difficoltà sono insanabili ci sono solo due vie d’uscita che scaturiscono dalla vera misericordia divina: o il ricorso alla Sacra Rota, o la continenza.

Dipinto di Chagall. "L’indissolubilità del matrimonio è una delle ricche verità della divina rivelazione" (Card. Pell)

Dipinto di Chagall.
“L’indissolubilità del matrimonio è una delle ricche verità della divina rivelazione” (Card. Pell)

Furbescamente Kasper, da una parte, parla di una dottrina immutabile, ma dall’altra insinua il suo cambiamento quando dice che «esiste uno sviluppo della dottrina che va sempre tenuto in considerazione, e cioè l’evidenza che essa non è una laguna stagnante quanto un fiume che scorre, una tradizione che vive insomma, occorre anche distinguere bene fra ciò che è dottrina e ciò che invece è disciplina…».

Ma “sviluppo di una dottrina” è un andare avanti partendo sempre da quello che la dottrina dice e mai modificandone il contenuto. È vero che la disciplina della Chiesa è suscettibile alle esigenze del tempo che vive, ma non certo ai cambiamenti di rotta a seconda delle mode del tempo così come ci rammenta San Paolo: «Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie» (2Tim.4,3); dunque che la disciplina sia suscettibile a variazioni sempre in progressione alla legge di Dio è compito della Chiesa, mutare invece una disciplina per scavalcare la dottrina o mutarla, allora no, non ci siamo proprio.

Lo ribadisce lo stesso cardinale Pell laddove sottolinea: “La misericordia è diversa da gran parte delle forme di tolleranza, che è uno degli aspetti più encomiabili delle nostre società pluralistiche. Alcune forme di tolleranza definiscono il peccato come qualcosa che sta al di fuori dell’esistenza, ma le libertà degli adulti e le inevitabili differenze non devono necessariamente fondarsi su un assoluto relativismo. L’indissolubilità del matrimonio è una delle ricche verità della divina rivelazione. (..) Per i credenti, riconoscere la loro incapacità di partecipare appieno all’Eucaristia è indubbiamente un sacrificio, una forma imperfetta ma reale di amore sacrificale. Il cristianesimo, e in particolare il cattolicesimo, costituisce una realtà storica in cui si preserva la tradizione apostolica di fede e di morale, di preghiera e di culto, le dottrine di Cristo sono la nostra pietra angolare…”

Lasciamo stare il Codice di Diritto Canonico, per favore!

Self-service

Self-service

Veniamo alla conclusione di queste brevi riflessioni citando il Diritto Canonico, quello “nuovo” del 1983, firmato da san Giovanni Paolo II perchè il cardinale Kasper è giunto a stravolgere anche questo.

Che cosa è cambiato con il nuovo Codice del Diritto Canonico? Secondo Kasper ci sarebbe stata un’evoluzione-sviluppo sulla dottrina dei divorziati risposati. È davvero così? No!

Il (nuovo) Codice di Diritto Canonico stabilisce che: «Non siano ammessi alla sacra Comunione gli scomunicati e gli interdetti, dopo l’irrogazione o la dichiarazione della pena e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto» (can. 915)

Il 7 luglio del 2000 Giovanni Paolo II faceva pubblicare sull’Osservatore Romano la spiegazione di come questo articolo riguardasse anche i divorziati risposati.

Ecco alcuni passi del testo magisteriale: «Negli ultimi anni alcuni autori hanno sostenuto, sulla base di diverse argomentazioni, che questo canone non sarebbe applicabile ai fedeli divorziati risposati. Viene riconosciuto che l’Esortazione Apostolica Familiaris consortio del 1981 aveva ribadito, al n. 84, tale divieto in termini inequivocabili, e che esso è stato più volte riaffermato in maniera espressa, specialmente nel 1992 dal Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1650, e nel 1994 dalla Lettera Annus internationalis Familiae della Congregazione per la Dottrina della Fede. Ciò nonostante, i predetti autori offrono varie interpretazioni del citato canone che concordano nell’escludere da esso in pratica la situazione dei divorziati risposati. (…) Qualunque interpretazione del can. 915 che si opponga al suo contenuto sostanziale, dichiarato ininterrottamente dal Magistero e dalla disciplina della Chiesa nei secoli, è chiaramente fuorviante. Non si può confondere il rispetto delle parole della legge (cfr. can. 17) con l’uso improprio delle stesse parole come strumenti per relativizzare o svuotare la sostanza dei precetti.

liturgia

Eucaristia: si può dare a chi si trova in peccato grave e senza il proposito di pentimento?

La formula «e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto» è chiara e va compresa in un modo che non deformi il suo senso, rendendo la norma inapplicabile. Le tre condizioni richieste sono:

- il peccato grave, inteso oggettivamente, perché dell’imputabilità soggettiva il ministro della Comunione non potrebbe giudicare;

- l’ostinata perseveranza, che significa l’esistenza di una situazione oggettiva di peccato che dura nel tempo e a cui la volontà del fedele non mette fine, non essendo necessari altri requisiti (atteggiamento di sfida, ammonizione previa, ecc.) perché si verifichi la situazione nella sua fondamentale gravità ecclesiale;

- il carattere manifesto della situazione di peccato grave abituale.

Non si trovano invece in situazione di peccato grave abituale i fedeli divorziati risposati che, non potendo per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – «soddisfare l’obbligo della separazione, assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi» (Familiaris consortio, n. 84), e che sulla base di tale proposito hanno ricevuto il sacramento della Penitenza. Poiché il fatto che tali fedeli non vivono more uxorio è di per sé occulto, mentre la loro condizione di divorziati risposati è di per sé manifesta, essi potranno accedere alla Comunione eucaristica solo remoto scandalo. » (5)

O è dottrina da tenersi definitivamente o è “tana liberi tutti”…

Ecco come da molti viene percepito il Sinodo.

Ecco come da molti viene percepito il Sinodo.

Come fa allora il cardinale Kasper a parlare di “sviluppo” della dottrina, nella sua erronea interpretazione, affermando un cambiamento di rotta al nuovo Codice di Diritto Canonico sui divorziati risposati? L’unico cambiamento che c’è stato è di aver inserito i “divorziati risposati” in un contesto più ampio. Il Documento qui sopra appena riportato, del 2000, sottolineava già all’epoca la strumentalizzazione delle parole del canone a vantaggio di un’imposizione volta a modificare la dottrina sul chi debba ricevere la Comunione.

Il Sinodo quindi non potrà evitare di prendere e difendere la posizione dottrinale di fronte a questo squarcio generato dalla squadra progressista di Kasper, perché se non lo farà rischierà davvero di ufficializzare un grave scisma,  e noi non possiamo che rispondere – con Pell, Caffarra ed altri cardinali e vescovi, compreso lo stesso Prefetto della CdF Muller – con queste parole: la formula è tecnica, come rispondeva a suo tempo san Giovanni Paolo II, “dottrina da tenersi definitivamente” vuol dire che su questo non è più ammessa la discussione fra i teologi e il dubbio tra i fedeli.

E, se preferite, includere anche le parole di Papa Francesco per l’Omelia alla Messa di apertura di questo difficile Sinodo in questo 5 ottobre:

"Noi possiamo “frustrare” il sogno di Dio se non ci lasciamo guidare dallo Spirito Santo" (Papa Francesco)

“Noi possiamo “frustrare” il sogno di Dio se non ci lasciamo guidare dallo Spirito Santo” (Papa Francesco) 

“Anche noi, nel Sinodo dei Vescovi,siamo chiamati a lavorare per la vigna del Signore. Le Assemblee sinodali non servono per discutere idee belle e originali… Servono per coltivare e custodire meglio la vigna del Signore, per cooperare al suo sogno, al suo progetto d’amore sul suo popolo. (..) anche per noi ci può essere la tentazione di “impadronirci” della vigna, a causa della cupidigia che non manca mai in noi esseri umani. Il sogno di Dio si scontra sempre con l’ipocrisia di alcuni suoi servitori. Noi possiamo “frustrare” il sogno di Dio se non ci lasciamo guidare dallo Spirito Santo. Lo Spirito ci dona la saggezza”

O quelle altrettanto chiare di Pio XII: «Il vincolo del matrimonio cristiano è così forte, che, se esso ha raggiunto la sua piena stabilità con l’uso dei diritti coniugali, nessuna potestà al mondo, nemmeno la Nostra, quella cioè del Vicario di Cristo, vale a rescinderlo»

 Note

  1. cardinale George Pell nella Presentazione del libro “Il Vangelo della Famiglia nel dibattito sinodale. Oltre la proposta del cardinal Kasper”
  2. Benedetto XVI alla Conferenza Episcopale Francese
  3. Papa Francesco intervista sull’aereo dal Brasile 28 luglio 2013
  4. Cardinale Caffarra “Da Bologna con amore: fermatevi”, in Il Foglio (14-III-2014).
  5. DICHIARAZIONE circa l’ammissibilità alla Santa Comunione dei divorziati risposati daL’Osservatore Romano, 7 luglio 2000, p. 1; Communicationes, 32 [2000], pp.
  6. qui la Familiaris Consortio e qui la Sacramentum Caritatis citati nell’articolo: ricordiamo che sono entrambe Esortazioni Apostoliche come la Evangelii gaudium di Papa Francesco e quindi tutte vincolanti, necessarie per la comunione ecclesiale, e che l’una non può contraddire l’altra, tutte queste, insieme alla enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, vanno interpretate in un unico senso dottrinale vincolante diversamente, ossia se una sola Esortazione o Enciclica o altro testo anche sinodale, contraddicesse oggi quello dei predecessori, sarebbe lo scisma.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)