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EDITORIALE  Tutti gli editoriali 

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In una lunga intervista pubblicata ieri dalla Civiltà Cattolica, papa Francesco parla del suo prossimo viaggio a Lund, per la commemorazione del 500esimo anniversario della nascita della riforma luterana. Alcune affermazioni su Lutero non mancheranno di creare dibattito. Ecco perché....

di Riccardo Cascioli

«Papa Francesco: Riforma e Scrittura, i cattolici imparino da Lutero»: così titolava ieri sera Repubblica.it, riproponendo il solito giochino del forzare le parole del Papa per far passare il messaggio voluto. L’oggetto dell’articolo in questo caso è la lunga intervista (clicca qui) a Papa Francesco pubblicata ieri da La Civiltà Cattolica online in vista della visita del 31 ottobre a Lund (Svezia) dove commemorerà con le autorità luterane il 500esimo anniversario della Riforma protestante. In realtà papa Francesco fa un ragionamento articolato -  che non viene rispecchiato affatto dal titolo di Repubblica - per rispondere alla domanda su cosa «la Chiesa cattolica potrebbe imparare dalla Riforma luterana».

Ma detto questo, non c’è però dubbio che nell’intervista alla Civiltà Cattolica ci sono diverse affermazioni del Papa che quanto meno sollevano delle domande, richiedono chiarimenti. Ne cito solo alcune.

La prima questione riguarda il Lutero “riformatore”. Il Papa lo aveva definito tale già lo scorso giugno nella conferenza stampa in aereo di ritorno dall’Armenia, e nell’intervista lo ribadisce: Lutero voleva riformare la Chiesa – una Chiesa che è sempre da riformare - «voleva porre rimedio a una situazione complessa», voleva iniziare un «processo» di riforma. Questioni politiche hanno fatto sì però che quelle intenzioni buone si trasformassero in uno «stato» di separazione.

Tale lettura però ci fa chiedere cosa si debba intendere per riforma nella Chiesa. Pur senza addentrarci in discorsi teologici che sono fuori dalla nostra portata, è evidente che non ogni desiderio di «porre rimedio» a storture può essere considerato una buona riforma. Del resto sappiamo che nella storia, anche recente, in nome della giustizia si sono consumati i peggiori bagni di sangue, ovvero ingiustizie ancora più grandi. 

Non si può invece dimenticare che parallelamente alla Riforma luterana si sviluppò una Riforma cattolica, che non può essere considerata una semplice reazione (Controriforma) al movimento luterano. La Riforma cattolica produsse un grande rinnovamento e una fioritura di santità nel XVI secolo (Sant’Ignazio di Loyola, san Filippo Neri, San Francesco di Sales, Santa Teresa d’Avila, San Camillo de Lellis, San Carlo Borromeo, solo per citarne alcuni) che condizionarono la vita della Chiesa per i secoli successivi. Non è stato proprio Francesco ad affermare più volte che i veri riformatori sono i santi?

In ogni caso le due riforme non possono essere considerate alla stessa stregua: se è dai frutti che si riconosce l’albero, bisogna dire che hanno dato frutti opposti, basta ripercorrere la storia.

A questo proposito c’è la seconda questione: il “Lutero delle buone intenzioni” a un certo punto dovrà fare i conti con il “Lutero della storia”. Il “contenuto” della Riforma di Lutero ben difficilmente può essere circoscritto alla correzione di alcune ingiustizie che venivano perpetrate nella Chiesa allora. Egli predica una dottrina ben diversa, vale a dire che crede in cose diverse: abolisce i sacramenti, elimina alcuni libri canonici, attacca violentemente il Papato, cambia la concezione della Grazia. A questo si aggiunga poi il Lutero “politico” (vedi intervista al professor Castellano che abbiamo pubblicato ieri) e anche il suo acceso antisemitismo, al punto che sono in molti a sostenere che l’Olocausto abbia delle radici luterane.

Non sono differenze di poco conto; è comprensibile che nella prospettiva di un cammino verso l’unità si parta da ciò che unisce – e qui il Papa parla di “ecumenismo del sangue” e di comune impegno per i poveri -, ma allo stesso tempo è ben difficile costruire un’unità che non sia fondata sulla verità.

Sulla “Scrittura”, papa Francesco dice che «Lutero ha fatto un grande passo per mettere la Parola di Dio nelle mani del popolo». Pur riconoscendo il positivo che da questo è venuto, non si può fare a meno di valutare anche la storia successiva, fino ai nostri giorni. La lettura “personale” della Bibbia – con conseguente differenza di interpretazioni -, unita alla mancanza di un’autorità riconosciuta da tutti, ha avuto come esito il moltiplicarsi di denominazioni protestanti, al punto che oggi sono alcune migliaia. Sicuro che questo possa essere un modello virtuoso?

 

 

  Quanti errori, Santità. E qualcuno da matita blu

A Francesco piace parlare a ruota libera, con tutti i rischi del caso. Ecco una rassegna dei suoi ultimi infortuni, una dozzina in quattro mesi. Il più clamoroso con la Cina 

di Sandro Magister




ROMA, 19 ottobre 2016 – Lo scorso giugno www.chiesa ha registrato e analizzato un certo numero di equivoci, gaffe, vuoti di memoria, errori nei discorsi di papa Francesco:

> Il papa non è infallibile. Eccone otto prove (13.6.2016)



Gli ultimi tre precedenti servizi di www.chiesa:

14.10.2016
> A Roma sì, a Firenze no. Ecco come "Amoris laetitia" divide la Chiesa
Nella diocesi del papa i divorziati risposati possono fare la comunione, in altre diocesi italiane no. Perché ogni vescovo decide come vuole. Un vademecum del cardinale Antonelli per i confessori che vogliono restare fedeli alla dottrina di sempre

11.10.2016
> Altro che buon esempio per il mondo. La Chiesa tedesca è un buco nero
Soldi, burocrazia, mondanità, scomuniche per chi non paga. Il tagliente atto d'accusa di Joseph Ratzinger contro il cattolicesimo di Germania. Lo stesso che gode dei favori di papa Francesco

6.10.2016
> La riforma della riforma "si farà". La vuole anche il papa
È ciò che Francesco ha detto in privato al cardinale Sarah, salvo poi sconfessare tutto con un comunicato. Ma il prefetto della liturgia la promette di nuovo, in un suo libro da oggi in vendita, dal titolo: "La forza del silenzio"

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Per altre notizie e commenti vedi il blog che Sandro Magister cura per i lettori di lingua italiana:

> SETTIMO CIELO





Ma a quale chiesa appartiene papa Bergoglio?

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(di Roberto de Mattei) Due ricorrenze si sovrappongono nel 2017: i 100 anni delle apparizioni di Fatima, avvenute tra il 13 maggio e il 13 ottobre 1917, e i 500 anni della rivolta di Lutero, iniziata a Wittenberg, in Germania, il 31 ottobre 1517. Ma cadono il prossimo anno anche altri due anniversari, di cui meno si parla: i trecento anni della fondazione ufficiale della massoneria (Londra, 24 giugno 1717) e i cento anni della Rivoluzione russa del 26 ottobre 1917 (calendario giuliano in uso nell’Impero russo: 8 novembre secondo il calendario gregoriano).

Eppure tra la Rivoluzione protestante e quella comunista, passando per la Rivoluzione francese, figlia della massoneria, corre un indissolubile filo rosso che Pio XII, nel celebre discorso Nel contemplare del 12 ottobre 1952, ha riassunto in tre fasi storiche, corrispondenti al protestantesimo, all’illuminismo e all’ateismo marxista: «Cristo sì, Chiesa no. Poi: Dio sì, Cristo no. Finalmente il grido empio: Dio è morto; anzi: Dio non è mai stato». Nelle prime negazioni del protestantesimo – ha osservato Plinio Corrêa de Oliveira – erano già impliciti gli aneliti anarchici del comunismo: «Se dal punto di vista della formazione esplicita Lutero era soltanto Lutero, tutte le tendenze, tutto lo stato d’animo, tutti gli elementi imponderabili dell’esplosione luterana portavano già in sé, in modo autentico e pieno, sebbene implicito, lo spirito di Voltaire e di Robespierre, di Marx e di Lenin» (Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Sugarco, Milano 2009, pp. 61-62).

Sotto questo aspetto gli errori che la Russia sovietica diffuse a partire dal 1917 furono una catena di aberrazioni ideologiche che da Marx e da Lenin risalivano ai primi eresiarchi protestanti. La Rivoluzione luterana del 1517 può essere dunque considerata uno degli eventi più nefasti della storia dell’umanità, al pari di quella massonica del 1789, e di quella comunista del 1917. E il messaggio di Fatima, che ha previsto la diffusione degli errori comunisti nel mondo, contiene implicitamente in sé il rifiuto degli errori del protestantesimo e della Rivoluzione francese.

L’inizio del centenario delle apparizioni di Fatima, il 13 ottobre 2016, è stato seppellito da una coltre di silenzio. Quello stesso giorno Papa Francesco ha ricevuto nell’aula Paolo VI un migliaio di “pellegrini” luterani e in Vaticano è stata onorata una statua di Martin Lutero, come appare dalle immagini che Antonio Socci, tra i primi, ha diffuso sulla sua pagina facebook.

Il prossimo 31 ottobre, inoltre, papa Francesco si recherà a Lund, in Svezia, dove parteciperà alla cerimonia congiunta luterano-cattolica per commemorare il 500° anniversario del protestantesimo. Come si legge nel comunicato redatto dalla Federazione Luterana Mondiale e dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, l’obiettivo dell’evento è «di esprimere i doni della Riforma e chiedere perdono per la divisione perpetuata dai cristiani delle due tradizioni».

Il teologo e pastore valdese Paolo Ricca, impegnato da decenni nel dialogo ecumenico, ha espresso la sua soddisfazione «perché è la prima volta che un papa commemora la Riforma. Ciò a mio avviso costituisce un passo avanti rispetto ai traguardi significativi che si sono raggiunti con il Concilio Vaticano II, il quale – includendo nei suoi testi e così valorizzando alcuni principi e temi fondamentali della Riforma – segnò una svolta decisiva nei rapporti tra cattolici e protestanti. Partecipare alla commemorazione, come si appresta a fare il sommo rappresentante della Chiesa cattolica, significa, a mio parere, considerare la Riforma un evento positivo nella storia della Chiesa che ha fatto bene anche al cattolicesimo. La partecipazione alla commemorazione è un gesto di grande rilevanza anche perché il papa si reca a Lund, in casa dei luterani; come fosse uno di famiglia. La mia impressione è che lui, in un modo che non saprei definire, si senta parte anche di quella porzione di cristianità che è nata dalla Riforma».

Secondo lo stesso Ricca, il principale contributo offerto da Papa Francesco è «il suo sforzo di reinventare il papato, ossia la ricerca di un modo nuovo e diverso di intendere e vivere il ministero del vescovo di Roma. Questa ricerca – supposto che la mia lettura colga almeno un poco nel segno – potrebbe portare molto lontano perché il papato – per il modo in cui è stato inteso e vissuto negli ultimi 1000 anni – è uno dei grandi ostacoli all’unità dei cristiani. Mi sembra che papa Francesco si stia muovendo verso un modello di papato diverso da quello tradizionale, rispetto al quale le altre Chiese cristiane potrebbero assumere posizioni nuove. Se così fosse, questo tema potrebbe essere completamente ripensato in ambito ecumenico». Il fatto che l’intervista sia stata pubblicata, il 9 ottobre da Vatican Insider, considerato un sito semi-ufficioso del Vaticano, fa ritenere che questa interpretazioni del viaggio di Lund e delle intenzioni pontificie, sia autorizzata e gradita a papa Francesco.

Nel corso dell’udienza ai luterani del 13 ottobre, papa Bergoglio ha anche detto che il proselitismo, è «il veleno più forte» contro l’ecumenismo. «I più grandi riformatori sono i santi – ha aggiunto – e la Chiesa va sempre riformata». Queste parole contengono allo stesso tempo, come è frequente nei suoi discorsi, una verità e un inganno. La verità è che i santi, da san Gregorio VII a san Pio X, sono stati i più grandi riformatori.

L’inganno consiste nell’insinuare che gli pseudo-riformatori, come Lutero, siano da considerarsi santi. L’affermazione secondo cui il proselitismo, ovvero lo spirito missionario, è «il veleno più forte contro l’ecumenismo» deve essere invece capovolta: l’ecumenismo, come oggi lo si intende, è il veleno più forte contro lo spirito missionario della Chiesa. I santi sono sempre stati mossi da questo spirito, a cominciare da quei gesuiti che nel XVI secolo approdavano in Brasile, in Congo e nelle Indie, mentre i loro confratelli Diego Lainez, Alfonso Salmeron e Pietro Canisio, riuniti nel Concilio di Trento combattevano gli errori del luteranesimo e del calvinismo. Ma per papa Francesco chi è al di fuori della Chiesa cattolica non deve essere convertito. Nell’udienza del 13 ottobre, rispondendo a braccio alle domande di alcuni giovani ha detto: «A me piacciono tanto i luterani buoni, i luterani che seguono veramente la fede di Gesù Cristo. Invece non mi piacciono i cattolici tiepidi e i luterani tiepidi». Con un’altra deformazione del linguaggio papa Bergoglio definisce “luterani buoni” quei protestanti che non seguono la fede di Gesù Cristo, ma una sua deformazione e “cattolici tiepidi” quei figli della Chiesa ferventi che rifiutano l’equiparazione tra la verità della religione cattolica e l’errore del luteranesimo

Tutto questo porta a chiedersi che cosa accadrà a Lund il 31 ottobre. Sappiamo che la commemorazione comprenderà una celebrazione comune fondata sulla guida liturgica cattolico-luterana Common Prayer (Preghiera Comune), elaborata sulla base del documento Dal conflitto alla comunione. Commemorazione comune luterano-cattolica della Riforma nel 2017, redatto dalla Commissione cattolico-luterana romana per l’unità dei cristiani. C’è chi giustamente paventa una “intercomunione” tra cattolici e luterani, che sarebbe sacrilega, perché i luterani non credono nella  transustansazione. Ma soprattutto si dirà che Lutero non è un eresiarca, ma un riformatore ingiustamente perseguitato, e che la Chiesa deve recuperare i “doni della riforma”. Chi si ostina a considerare giusta la condanna di Lutero e a considerare eretici e scismatici i suoi seguaci deve essere duramente riprovato e escluso dalla chiesa di papa Francesco. Ma a quale chiesa appartiene dunque Jorge Mario Bergoglio? (Roberto de Mattei)





Paolo VI: Lutero fu un falso riformatore

 Montini: Lutero falso riformatore;
la sua è la religiosità dell’uomo cieco sui misteri di Dio

 Dalla prefazione di mons. Giovanni Battista Montini al libro di Jacques Maritain Tre Riformatori. Lutero, Cartesio, Rousseau(Morcelliana, 1928)

 

«Il libro […] rintraccia le origini del soggettivismo contemporaneo, in cui si vuole dai più ravvisare quel peculiare carattere che costituisce la modernità del pensiero, e che una esperienza altrettanto dolorosamente moderna denuncia come causa delle tre grandi rivoluzioni, eufemisticamente chiamate riforme – religiosa con Lutero, filosofica con Cartesio, sociale con Rousseau –, di cui soffre l’anima e il secolo nostro, e di cui, infatuata com’è di quei dogmi riformatori, l’età nostra non riesce a scoprire né rimedio, né scampo.

Così che se coloro i quali della modernità si gloriano, come della propria ragione di vivere e di pensare, potessero persuadersi non essere tale modernità svincolata da una esorbitante influenza del passato, […] sarebbero indotti a riconoscere nel relativismo individualista, prodotto dal soggettivismo, non già una fonte ed una veste di libera personalità, ma un abbandono inavvertito e spesso servile all’opprimente gioco delle condizioni esteriori in cui essi hanno cominciato a studiare e a pensare.

[…] la triplice riforma, la quale voleva non solo mutare, ma addirittura abbattere il principio della tradizione con il principio individualista, non [ha] fatto altro che inaugurare un’altra tradizione, a cui non il dogma del vero oggettivo è sostegno, ma il dogma arbitrario e asseverante del riformatore.

[…] quando il seguace dei riformatori, ch’è il figlio del nostro mondo attuale, dopo d’essersi riconosciuto discepolo, passi a riconoscere il valore dei maestri suoi, e possa accorgersi che ad essi una sola cosa mancò – quella propria ch’è da tutti invece loro attribuita come eminentemente illustrata e vissuta, e per la quale divennero celebri -, da quale stupore, da quale disillusione e forse da quale umile e benefico desiderio di novità antica, non dovrà sentirsi sorpreso?

Poiché a Lutero mancò la religione, a Cartesio la ragione, a Rousseau la moralità sociale, non già perché rispettivamente essi abbiano verbalmente negato tale campo di loro competenza, o in esso non abbiano prodotto grandissime opere e causato durevolissime conseguenze, ma perché, riformatori volendo essere, e radicali, in realtà o in genere, negarono il principio delle cose prese a riformare; così che da Lutero ai nostri giorni, la religione piegò in religiosità, rimanendo senza altro contenuto che l’emozione dell’uomo rifatto cieco sui misteri di Dio; dopo Cartesio la filosofia si umiliò nel dubbio, fino a disperare del vero, e restar paga delle proprie esperienze immanentistiche; e la società, che in Rousseau vide il sistematore nuovo, tumultuò e perdette il primitivo amore che l’unificava, e decadde così, lottando e soccombendo travagliata da furori sovversivi e anarchici.

Perciò se la sapienza di queste limpide pagine potesse convincere qualche giovane che s’ha da esser cauti a parlar di riforme, cioè ad inventare sistemi nuovi e mai prima scoperti, e a procedere nel pensiero e nella vita con la spavalda e avventurosa libertà degli egoisti e dei rivoluzionari, credo che sarebbe raggiunto scopo sufficiente e opportuno anche per i nostri tempi e per il nostro paese».

 

Da: http://www.iltimone.org/35222,News.html 



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LUTERO MON AMOUR. FEBBRE ECUMENICA, MA I CATTOLICI HANNO DOVUTO SUDARE PER AVERE LA MESSA COL PAPA.

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Marco Tosatti

Hanno dovuto strillare un po’, i cattolici scandinavi per ottenere una messa con il Papa. Inizialmente infatti nel viaggio ecumenico a Lund, che ha sollevato – e continuerà a sollevare – un dibattito di grande ampiezza, per la celebrazione dei 500 anni dalla riforma luterana, un incontro di qualsiasi tipo con i cattolici non era previsto.

E c’è voluto non poco tempo, e non pochi sforzi e insistenza da parte dei vescovi del piccolo gregge (circa 115mila fedeli, in gran parte immigrati; ma ci sono molte conversioni “locali” ogni anno) presso la Segreteria di Stato per ottenere quella che sembrava una cosa naturale, e cioè l’incontro del Vicario di Cristo con il suo gregge. Un gregge che vive da secoli in condizioni di discriminazione. Forse attenuate oggi, ma comunque sempre presenti.

E alla fine c’è scappata una messa. In uno stadio, concesso senza troppo entusiasmo, a quello che ci si dice, anzi, in una parte di stadio. Infatti bisogna stare attenti a non guastare il tappeto verde, e alla messa è riservato un settore sul quale è stato possibile adottare misure di protezione e copertura.

Di questa messa “strappata” il Pontefice parla in una lunga intervista concessa a padre Ulf Jonsson S.J., direttore della gesuita svedese “Signum”.

Il Pontefice dice: “Non si può essere cattolici e settari. Bisogna tendere a stare insieme agli altri. ‘Cattolico’ e ‘settario’ sono due parole in contraddizione. Per questo all’inizio non prevedevo di celebrare una Messa per i cattolici in questo viaggio: volevo insistere su una testimonianza ecumenica. Poi ho riflettuto bene sul mio ruolo di pastore di un gregge cattolico che arriverà anche da altri Paesi vicini, come la Norvegia e la Danimarca. Allora, rispondendo alla fervida richiesta della comunità cattolica, ho deciso di celebrare una Messa, allungando il viaggio di un giorno.

Infatti volevo che la Messa fosse celebrata non nello stesso giorno e non nello stesso luogo dell’incontro ecumenico per evitare di confondere i piani. L’incontro ecumenico va preservato nel suo significato profondo secondo uno spirito di unità, che è il mio. Questo ha creato problemi organizzativi, lo so, perché sarò in Svezia anche nel giorno dei Santi, che qui a Roma è importante. Ma pur di evitare fraintendimenti, ho voluto che fosse così”.

Il presule di Stoccolma mons. Anders Arborelius, (nella foto) primo presule di etnia svedese dall’inizio della Riforma luterana, parla delle conversioni:

“Ogni anno si registrano nuove conversioni dalla Chiesa di Svezia, e alcuni di questi nuovi cattolici sono ex ministri del culto, maschi o femmine. Ultimamente, però, un buon numero di convertiti provengono dalle Chiese libere. Sono spinti da diversi motivi. Alcuni sono attratti dalla spiritualità cattolica, dalla fedeltà alla tradizione, dalla dottrina sociale, dal carattere universale della Chiesa. Sono un centinaio, più o meno, le conversioni ogni anno”.

L’intervista è stata pubblicata da Zenit.



Scalfari portavoce del Papa, ormai è un fatto
di Riccardo Cascioli

12-11-2016
Eugenio Scalfari

Questo vale anche per le ultime uscite, le conferenze stampa in aereo e i colloqui con il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari, l’ultimo dei quali ieri veniva riportato in due paginoni del quotidiano romano. 

Eppure è difficile sfuggire a una sensazione di disagio, perfino di amarezza, nel leggere il resoconto di questi colloqui trasformati in intervista. Quando a pochi mesi dall’inizio del pontificato uscì la prima (clicca qui), fu facile prendersela con uno “scorretto” Scalfari che pubblicò come intervista quello che era stato un lungo colloquio privato. Lo stesso anziano giornalista fu poi costretto ad ammettere che aveva trascritto a memoria, non avendo né registrato né preso appunti: più o meno quelli erano gli argomenti, più o meno era il senso, ma magari le parole non erano proprio quelle.

Il “fattaccio” si ripeté qualche mese più tardi, un colloquio privato con Scalfari trasformato in intervista da vendere su Repubblica (clicca qui). Da allora ogni tanto Scalfari ci spiega che il Papa lo chiama al telefono per spiegargli questo o quello. Ora, dopo tre anni, bisogna ammettere – pur restando le scorrettezze di Scalfari – che quello di papa Francesco è un modus operandi. Come ha dimostrato in queste settimane - prima con l’incontro con i luterani a Lund e poi ora con i movimenti popolari in Vaticano – ha preso l’abitudine di telefonare o incontrare Scalfari in occasioni di incontri importanti del suo pontificato per spiegargli il significato dell’evento e il suo progetto globale, ben cosciente che il fondatore di Repubblica lo riporterà sul suo giornale.

Il disagio non sta nella familiarità che il Papa ha instaurato con uno dei campioni italiani del laicismo, anzi: in sé è bella questa capacità di instaurare rapporti umani con chi è lontano. Ma è quantomeno curioso, per non dire fastidioso, che i fedeli debbano leggere da Scalfari ciò che il Papa pensa della Chiesa e quale sia la sua visione del cristianesimo. 

A questo si aggiunge poi il contenuto di queste “spiegazioni”, a dir poco problematico. Nell’articolo del 30 ottobre, alla vigilia della cerimonia di Lund (clicca qui), Scalfari riferiva di una telefonata ricevuta tre giorni prima in cui papa Francesco gli spiegava che il suo obiettivo è l’affratellamento di tutte le religioni visto che tutte credono in un unico Dio; e l’unificazione delle chiese cristiane. Quanto alla misericordia poi, riferisce sempre Scalfari, papa Francesco «adotta il punto centrale della Riforma luterana quando supera l’intermediazione dei sacerdoti tra i fedeli e Dio». 

Nell’intervista di ieri (clicca qui) scopriamo invece che «Cristo ha parlato di una società dove i poveri, i deboli, gli esclusi, siano loro a decidere», per non parlare di teorie già note come il denaro radice di tutti i mali e la disuguglianza «il male maggiore che esiste al mondo».

Quanto è citato alla lettera da Francesco, quanto è una approssimazione di Scalfari non è dato sapere, ma ciò che lascia a disagio è il fatto che il moltiplicarsi di interviste, dichiarazioni, conferenze stampa sta creando un Magistero di fatto che si afferma grazie alla grancassa offerta dalla grande stampa.

E questo diventa motivo di scandalo, nel senso letterale del termine: disorienta e confonde molti cattolici, anche perché spesso si tratta di frasi che vengono poi usate e abusate da chi se ne serve per i sui scopi di distruzione della Chiesa. Basti pensare cosa Scalfari deduce dalle parole del Papa e come la stessa Repubblica tratta le vicende ecclesiali.




[Modificato da Caterina63 12/11/2016 17:42]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)