00 21/04/2016 21:42

Non dobbiamo fuggire dalla Croce

San Pelagiberg

(di Maike Hickson) A San Pelagiberg, un piccolo sito di pellegrinaggio mariano vicino a San Gallo in Svizzera, e un pò oltre sul sentiero della collina verso la Chiesa, c’è una croce di campo modestamente adornata, proprio all’incrocio fra due sentieri di montagna. Sotto la croce riparata del Cristo Crocifisso una placca con queste parole penetranti: «Das tat ich für DichWas tust Du für Mich?» (Questo è ciò che ho fatto per te. Cosa fai tu per me?) Da quando ho visto quest’iscrizione in gotico, non ho più smesso di pensarci. Ora, nell’attuale situazione storica della Chiesa, potremmo voler considerare e riflettere su quest’iscrizione antica e profondamente toccante. Cosa vuole Dio che facciamo per Lui ora? E come vorrebbe che lo facessimo?

Scrivo quest’articolo ispirata ed incoraggiata dalle recenti parole del professor de Mattei: «Se il testo Amoris Lætitia è catastrofico, più catastrofico ancora è il fatto che sia stato firmato dal Vicario di Cristo. Ma per chi ama Cristo e la sua Chiesa, questa è una buona ragione per parlare, non per tacere». Alla data storica dell’8 aprile 2016 è come se l’intera Verità di Cristo fosse stata inchiodata sulla Croce.

Il nostro stesso Salvatore potrebbe ora, in modo mistico, venir nuovamente crocifisso nella Sua Chiesa. Proprio come Erode, che cercò di far tacere la Verità di Dio decapitando il Suo Messaggero san Giovanni Battista, adesso è il Suo proprio Vicario in terra, il Papa Francesco, che cerca di far tacere o glissare ambiguamente su quella stessa Verità, insinuando in un documento papale ufficiale che la Verità di Cristo non è più interamente applicabile nelle mutate circostanze dell’oggi e che poiché la situazione è mutata, quella dottrina può in effetti essere ignorata.

Se il Suo Vicario sulla terra permette ora – anche se all’inizio solo in pochi casi – l’accesso ai Sacramenti per i divorziati “risposati” che vivono oggettivamente in una situazione che contraddice l’insegnamento di Cristo, allora quel documento attenua e pregiudica dall’interno quell’insegnamento e quella Verità.

L’assoluto morale è stato infranto, come il professor de Mattei ha sinteticamente affermato. E con probabili gravi conseguenze per la salvezza delle anime. Come de Mattei ha ancora detto: il dato di fatto è questo: la proibizione di accostarsi alla comunione per i divorziati risposati non è più assoluta. Il Papa non autorizza, come regola generale, la comunione ai divorziati, ma neanche la proibisce. Poco prima della pubblicazione dell’Esortazione Apostolica Amoris Lætitia, il cardinale Gerhard Müller, capo della Congregazione della Dottrina della Fede, ha precisato che la Comunione per i divorziati “risposati” è possibile solo se essi vivono «come fratello e sorella».

Il cardinale Walter Brandmüller ha fatto una dichiarazione simile, due giorni prima della pubblicazione ufficiale del documento papale. Ecco le parole chiare del cardinale Brandmüller (nella mia versione e con le citazioni originali): «colui che, nonostante il legame matrimoniale esistente, contrae una nuova unione civile dopo un divorzio, commette un adulterio» – e che finché quella persona non intende porre fine a tale situazione – essa «non può ricevere l’assoluzione in Confessione né l’Eucarestia (la Santa Comunione)». Ogni altra via è «destinata a fallire» a causa della sua intrinseca mancanza di Verità. E prosegue: «Ciò vale anche per quanto riguarda il tentativo di integrare nella Chiesa coloro che vivono un “secondo matrimonio” non valido ammettendoli alle funzioni liturgiche, catechetiche ed altre. Un cammino che secondo lui condurrebbe a “conflitti” ed “imbarazzi”, compromettendo il sacro dettato della Chiesa».

Eppure, quanti di noi cattolici ci allontaniamo da questa Verità Crocifissa, fingendo persino che non esista? Quanti di noi cattolici – sia laici che del clero – avremo il coraggio di resistere a questa tentazione, così ben nota a san Pietro ed agli Apostoli (tranne che a san Giovanni, forse) e poi sopportare la sofferenza che viene di sicuro se si è leali a Cristo? È possibile solo immaginare come sia stato stare davanti alla Croce, con la folla intorno che esultava e bestemmiava, con solo i pochi fedeli discepoli rimasti, guardare Cristo venir crocifisso, sanguinare e morire? Almeno Maria era lì, con quei pochi discepoli ancora rimasti. E lei è sempre con noi, cercando la nostra difesa di Suo Figlio, ed una lealtà che perduri. Sappiamo che la Sua piena Verità nella Sua Chiesa risorgerà di nuovo. La Sua Verità ed il Suo insegnamento saranno ristabiliti, nel Suo tempo, nel Suo momento più opportuno.

Papa Francesco non avrebbe potuto fare niente di quest’opera che pregiudica e indebolisce la Sua Verità, se non fosse stata alla fine consentita da Lui. Gesù aveva detto: «Tu non avresti su di me alcun potere, se non ti fosse stato dato dall’alto». Come mi ha detto di recente un prelato d’Europa: «Dio trarrà un bene più grande da questa situazione».

Tuttavia siamo tutti chiamati alla fedeltà, in modo cooperativo. L’atteggiamento passivo non ha posto qui, e ancor meno l’indifferentismo o l’accidia. Siamo chiamati a resistere, ciascuno a modo nostro, al nostro posto, con la nostra propria vocazione. Non dobbiamo ignorare questa specifica vocazione sacrificale, altrimenti lo rimpiangeremo poi amaramente, come san Pietro. Sono tedesca.

La storia della Germania del ventesimo secolo è un racconto di crudeli perfidie e rivoluzioni, e non una sola. La mia famiglia, da parte di entrambi i genitori, ha patito per restare con Cristo e contro Hitler. Uno dei miei parenti ne ha dato testimonianza ed è morto. Quanto sono grata alla mia famiglia per aver fatto la giusta scelta. Sono rimasti leali a Cristo, a costo della possibile perdita della sicurezza, dei mezzi di sussistenza, ed anche della vita! La nostra famiglia non ha sfuggito per vergogna alla domanda: «Perché hai dovuto sottoporti ad un così vile compromesso allora? Perché invece non hai resistito?» Non fu una cosa facile.

Dobbiamo ricordarci, nel giudicare i tedeschi di quell’epoca, che rischiavano l’arresto, e peggio, se avessero alzato la voce. Ma oggi? Saremmo forse arrestati se parlassimo in modo educato ma deciso contro Papa Francesco ed il suo ambiguo insegnamento di una Misericordia più conciliante contro la Verità? Siamo di fronte ad una colpevolezza potenziale molto maggiore che presto potrà incombere su di noi, perché non abbiamo neanche da temere per la nostra sicurezza o la vita. Avevo anche dei parenti nella Germania orientale comunista. Studiando quell’epoca terribile di 40 anni di terrore comunista, ho capito che la realizzazione della rivoluzione comunista nella Germania orientale è avvenuta grazie alla molle acquiescenza ed al silenzio di tanti socialdemocratici e cristiani conservatori in buona fede.

Molti di loro credettero che ciò che era rudimentale non si sarebbe rivelato dopo tutto così cattivo. Tanti credettero alla propaganda e non resistettero in tempo alle manipolazioni e distorsioni. Aspettarono troppo a lungo, pensando di poter ancora fare qualcosa di buono nel nuovo sistema. E poi si svegliarono, ma troppo tardi il più delle volte. Quanti prelati adesso pensano nello stesso modo, e si dicono: «Posso far meglio se resto nella mia posizione d’influenza, senza che mi venga chiesto di andarmene, o andando via da me per protesta». Ma così facendo aiutano il consolidamento della rivoluzione progressiva, perché non la considerano in modo adeguato e non le resistono.

Per il fatto di non parlare forte, sottoscrivono ed sostengono implicitamente la rivoluzione. Anche loro potrebbero svegliarsi e guardare il cielo con occhi trafitti e addolorati dicendo: «Dio mio, perdonami perché ti ho dimenticato! ». Potrebbero svegliarsi rimossi, isolati, ignorati, malgrado i tentativi di restare leali al Papa. È giunto il momento di alzarsi e resistere. La Rivoluzione di Francesco è ormai andata avanti per tre anni. Una goccia dopo l’altra, questo Papa ha di fatto negato o silenziosamente emarginato degli elementi della Verità: no, non bisogna più fare proseliti; sì, anche gli atei vanno in cielo; i Protestanti possono fare la Comunione se la coscienza glielo dice; potete usare i contraccettivi a certe condizioni; e così via. Un altro chiodo è stato confitto nella Verità di Cristo sulla Croce.

Il punto critico della nostra tolleranza è stato raggiunto. O la rana salta fuori dalla pentola sempre più bollente, oppure morirà presto. La rivoluzione dell’occupazione è ufficiale, è compiuta. Ciononostante continuo a dire i miei Ave Maria ed il Rosario – specialmente per i preti veramente cattolici – affinché noi, nel Corpo Mistico di Cristo in tutti i suoi umani elementi, possiamo mostrarci degni dei tanti doni e grazie che abbiamo con misericordia e cumulativamente ricevuti. «Questo è ciò che ho fatto per te. Cosa fai tu per Me?», «Das tat ich für Dich. Was tust Du für mich?» (Maike Hickson)


E GESÙ RIMPROVERÒ PIETRO: MI SEI DI SCANDALO, PERCHÉ NON PENSI SECONDO DIO MA SECONDO GLI UOMINI

E Gesù rimproverò Pietro: mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini

di padre Basilio Martin

 

[...] nel brano evangelico di Matteo (16,21-27) si narra del rimprovero che l’apostolo Pietro fece a Gesù, a causa della sua decisione di voler “andare a Gerusalemme e lì soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso per poi risorgere il terzo giorno”. “Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai”. Nello stesso tempo l’Evangelista descrive la reazione di Gesù nei confronti di Pietro e di quanti nel corso dei secoli si comportano in egual maniera, cercando di deviare e mistificare le scelte per gli uomini. “Pietro, va' dietro a me”; cammina dietro di me. Non sei tu che devi indicarmi la strada che devo percorrere per realizzare la volontà del Padre mio. Cerca piuttosto tu di metterti in sintonia con i pensieri di Dio che non sempre corrispondono a quelli degli uomini.

A questo punto è lecito chiedersi: i cristiani hanno sempre tenuto in considerazione questo rimprovero di Gesù a Pietro, cioè di seguire i suoi passi e non di ostacolare il percorso previsto da Dio? Di osservare i suoi insegnamenti e non di stravolgerli per accondiscendere alle mode del tempo?

1) Gesù ci ha insegnato che esiste il paradiso, quello che ha promesso al buon ladrone: “Oggi sarai con me in paradiso” (Lc 23,43), luogo dove le anime vivranno beate alla presenza di Dio; ma ci ha insegnato anche che esiste l’inferno, luogo creato “per il diavolo e i suoi seguaci” (Mt 25,41). Come mai oggi nella predicazione non si parla mai della possibilità per gli uomini che rifiutano consapevolmente Dio e le sue direttive, di divenire dannati per l’eternità ed espiare le pene dell’inferno? A cosa serve addolcire gli ammonimenti del Vangelo se non per ingannare e illudere quanti potrebbero invece prendere sul serio gli insegnamenti di Gesù?

2) Oggi nella predicazione si parla, con molta enfasi, solo della Misericordia di Dio, ignorando quasi volutamente la Giustizia con cui renderà a ciascuno il premio o il castigo secondo le proprie opere: “Il Figlio dell’uomo, verrà nella gloria del Padre suo con i suoi araldi e allora renderà a ciascuno secondo le sue opere” (Mt 16,27; Rom. 2,6; 2Tm 4,14; Ap 22,12). Nella parabola del figlio prodigo (Lc. 15,11-24), non risulta che il padre sia uscito di casa a rincorrere il figlio ridotto in miseria per trascinarlo con la forza verso la casa paterna, ma che si mise in paziente attesa affinché il figlio si decidesse di ritornarvi. Non si capisce perché Dio debba obbligare gli uomini ad andare a vivere da Lui, dato che sono stati creati liberi di decidere il loro destino eterno. Tutti siamo chiamati alla vita eterna, ma tocca ad ognuno di noi aderirvi.

3) Gesù è venuto al mondo per indicarci, attraverso i suoi insegnamenti e la sua testimonianza, la strada da percorrere per riavere quell’immagine di Dio deturpata dalle scelte errate dei nostri progenitori all’origine dell’umanità. Il suo invito è: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,48); “E siccome Colui che vi ha chiamati è santo - esorta san Pietro nella sua prima lettera - voi pure dovete essere santi in tutta la vostra condotta, come sta scritto: Sarete santi, perché io, il Signore, sono santo (1Pt 1,15). Non si capisce perché, oggi, nei confronti di una cultura omosessuale imperante e ossessionante la predicazione non solo tace, ma sembra quasi, che con quel “chi sono io per giudicare un gay…”, la giustifichi, quando invece san Paolo, di fronte a tale problema presente nella sua società non lascia spazio ad ambiguità: “Quelle donne che hanno cambiato il rapporto naturale in quello che è contro natura… e gli uomini pure che hanno abbandonato l’uso naturale della donna, commettendo turpitudini maschi con maschi, ricevendo in se stessi la mercede meritata del loro pervertimento, Dio li ha abbandonati.” (Rom 2,26-27). Il cardinale G. Biffi si domanda a proposito:
Questa lettera di san Paolo “è una pagina del libro ispirato, che nessuna autorità terrena può costringere a censurare.
E neppure ci è consentita, se vogliamo essere fedeli alla parola di Dio, la pusillanimità di passarla sotto silenzio per la preoccupazione di apparire non “politicamente corretti”. Domando in particolare ai teologi, ai biblisti e ai pastoralisti. Perché mai in questo clima di esaltazione quasi ossessiva della Sacra Scrittura il passo paolino Rom 1,21-32 non è mai citato da nessuno? Come mai non ci si preoccupa un po’ di più di farlo conoscere e ai credenti e ai non credenti, nonostante la sua evidente attualità? (“Memorie e disgressioni di un italiano cardinale”, di Giacomo Biffi Ed. Cantagalli p.610-612). Che sia chiaro. Gesù non ha giudicato la peccatrice adultera, però l’ha ammonita: “Va', e d’ora in poi non peccare più” (Giov 8,11). È vero che nessuno di noi ha il diritto di giudicare un fratello gay, ma ha il dovere di ricordargli che è tenuto anche lui ad adeguarsi alla statura di Cristo, se intende vivere la fede cristiana (Ef 4,13). Se non lo si fa, gli si manca di carità.

4) Nel vangelo di Matteo si viene a conoscenza della disputa avvenuta tra Gesù e i farisei. Quest’ultimi sostenevano la validità del divorzio concesso da Mosè su richiesta del popolo, mentre Gesù ribadiva con forza che quella concessione fatta da Mosè fu semplicemente un abuso, concesso senza il volere divino. “Perciò io vi dico - ribadì -: chi rimanda la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio, e chi sposa la ripudiata commette adulterio. L’uomo non può dividere ciò che Dio ha unito” (Mt 19,1-9). Va fatto presente che Gesù si rivolgeva a una società che aveva legalizzato da tempo il divorzio, ritenuto quasi una concessione divina. Si rimane perplessi sentire ai nostri giorni un alto prelato dichiarare a un giornale tedesco che “È vero che Gesù ha dichiarato il dovere di non dividere quel che Dio ha unito, però è sempre possibile interpretare” (cfr. “Questo papa piace troppo” di Gnocchi & Palmaro,  Piemme. pag. 27). Cioè, secondo questo prelato, ai nostri giorni è possibile correggere una direttiva divina solo perché la gente manifesta con i fatti l’incapacità di osservarla. Lui, come Pietro ieri, si sente autorizzato a consigliare al Maestro divino quale strada si debba percorrere. Va ricordato a questo prelato che purtroppo, oggi, forse a causa della scarsa testimonianza data dai discepoli di Cristo, molti fedeli hanno preferito adeguarsi alla mentalità del mondo piuttosto che a quella di Dio. Pietro, forse per eccesso di amore, cercò di dissuadere il Signore dal compiere la sua vocazione, ma Gesù non tenne conto di questo sentimento e lo ammonì severamente, ordinandogli di mettersi dietro di Lui, cioè di attenersi alla volontà divina, a pensare secondo la mente di Dio e non secondo quella degli uomini.

A Dio non interessano le piazze ripiene di gente esaltata che grida unanime: “Osanna al figlio di David!” (cfr Mt 21,9). A Lui interessano dei figli che lo riconoscano come loro Padre divino e si rendano disponibili a compiere la sua volontà: “Non chi mi dice: “Signore, Signore!” entrerà nel regno dei cieli; ma solo colui che compirà la volontà del Padre mio, che è nei cieli” (Mt 7,21). Dopo aver rimproverato Pietro, Gesù disse ai suoi discepoli: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. La dottrina di Cristo non la si interpreta, caro prelato, ma la si carica sulle proprie spalle e, con essa, ci si incammina dietro a Cristo, nostro Signore. 

 






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Si può commettere adulterio in alcuni circostanze?

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La rete televisiva cattolica EWTN pone importanti interrogativi sull’Amoris laetitia a cui nessuno ha voluto rispondere.

Venerdì 22 aprile 2016 — La scorsa settimana Raymond Arroyo, direttore di EWTN, il potente network fondato da Madre Angelica, in una delle trasmissioni live più seguite del canale televisivo cattolico americano, ha affrontato il tema dell’esortazione Amoris laetitia. Per l’occasione ha convocato in studio un affermato canonista, P. Gerlard Murray, e Robert Reale, presidente del Faith and Reason Institute e noto opinionista. La discussione in studio, pur rispettosa, non ha esitato ad affrontare gli aspetti più problematici del testo post-sinodale.

youtu.be-E5Avd7bCiV0Sul paragrafo 3, quello che parla di soluzioni non preconfezionate ma da cercare “in ogni paese o regione” in modo da inculturarle con attenzione alle diverse “tradizioni e alle sfide locali”, Murray ha detto: “È un’affermazione pericolosa, soprattutto perché si sta parlando della legge universale della Chiesa sull’amministrazione dei Sacramenti”. Pensare che l’inculturazione fatta in Germania possa essere diversa da quella fatta in Polonia o in Africa “è veramente inquietante, perché i Sacramenti non sono un possesso di alcuna cultura”.

Raymond Arroyo fa notare che il linguaggio dell’Esortazione Apostolica è piuttosto impreciso e questo può generare problemi. P. Murray riconosce che questo è certamente un problema; occorre perciò precisare che “la ragione per cui la Chiesa non permette che si dia la Comunione a coloro che vivono un secondo matrimonio illegittimo è perché il secondo matrimonio implica atti di adulterio; il problema sta nella natura pubblica della questione”. Chi si trova in questa situazione “vive pubblicamente in un modo che offende l’insegnamento di Nostro Signore. Perciò non c’è un giudizio sulla coscienza delle persone, ma ciò che possiamo dire alle persone è che le tue azioni contraddicono l’insegnamento del Signore e la Chiesa non vuole contribuire ulteriormente a farti del male spiritualmente permettendoti di ricevere la Comunione o scandalizzando i fedeli lasciando che tu riceva la Comunione mentre stai vivendo un secondo matrimonio invalido. Ciò è molto serio e di questo sono molto preoccupato”.

Di seguito altri passaggi importanti della discussione in studio su alcuni passaggi importanti di Amoris laetitia.

Sul paragrafo 298: “Il Papa utilizza l’espressione ‘le persone che vivono in un secondo matrimonio si trovano in questa situazione’. No, esse si mettono in questa situazione e continuano a vivere in questa situazione”. La Chiesa riconosce tutte le situazioni che rendono sconveniente la separazione, “ma occorre interrompere gli atti di adulterio e vivere come fratello e sorella. Questo è presente nella prima parte del documento, ma qui non è riportato. E non si può dire: ‘Non posso smettere di commettere adulterio perché andrei a commettere un altro peccato. No. Smetti di commettere adulterio e poi cerca di porre rimedio alle altre situazioni”. Secondo Murray il linguaggio finisce per deresponsabilizzare le persone nelle loro scelte, mentre il linguaggio della Chiesa è sempre stato questo: “tu stai agendo liberamente, tu sei responsabile delle tue decisioni morali e le scelte hanno un impatto pubblico e sono regolate dal Diritto Canonico perché è implicato anche il bene degli altri”.

Sul paragrafo 308: Anche in questo caso “il linguaggio è molto problematico. Per me il matrimonio cristiano non è un ideale; è una norma, una realtà, un sacramento, un modo di vivere…” che Dio ha voluto fin dalle origini e che rende possibile per tutti. Su altri temi, quali la povertà e l’immigrazione, il Papa usa un linguaggio molto forte “per scuotere le coscienze” e fare in modo che ciascuno assuma la responsabilità delle proprie azioni. Per le persone divorziate risposate, il meglio che la Chiesa può dire è: “smettete di peccare, ponete fine ad un modo di vivere che dispiace al Signore e per questo siate disposti ad ogni sacrificio”. L’affermazione del Papa che non bisogna più presumere che coloro che vivono in situazioni irregolari vivano in peccato “è problematica”. La Chiesa presume che quando si conosce il Vangelo e lo si accetta “allorché lo si contraddice liberamente, questo è uno stato di peccato”. Anche in questo contesto di liberalizzazione e rivoluzione sessuale “le parole del Signore hanno un significato e quando Egli dice che quando desideri una donna nel tuo cuore, commetti adulterio contro di lei” non possiamo cercare scuse o diminuzioni di responsabilità

Sui paragrafi 304-305: Secondo Murray, è vero che molto spesso occorre andar piano con le persone per cercare di persuaderle, “ma alla fine le persone devono ascoltare l’insegnamento non perché sono state convinte dalla mia spiegazione, ma perché credono in ciò che Cristo ha detto”. Le indicazioni di Cristo nel Vangelo sull’adulterio “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei” non sono riduttive “e chi non è d’accordo con questo, chi lo rifiuto è in un a situazione problematica e dev’essere scosso”.

Sulle note a piè di pagina che aprono ai sacramenti: il riferimento all’apertura ai sacramenti ritorna due volte nelle note. “Il fatto è che il Papa desidera che le persone, in casi particolari… abbiano l’opportunità di ricevere la Comunione e ciò è in diretta contraddizione con ciò che Giovanni Paolo affermava in Familiaris Consortio ed altri documenti, come il Catechismo della Chiesa Cattolica”. Questo è il vero problema: “Qui abbiamo qualcosa che non è in accordo con quanto la Chiesa ha insegnato fino ad ora”. Questa apertura, secondo P. Murray, sarebbe una “falsa misericordia”, perché non si possono illudere le persone di poter ricevere l’Eucaristia mentre commettono adulterio: “occorre smettere di commettere adulterio, entrare in sintonia con l’insegnamento del Signore e quindi ricevere la Comunione”.

Sebbene questa Esortazione Apostolica non cambi la dottrina, “perché la dottrina non può essere cambiata, resta però il problema “degli effetti sociali del cambiamento di questa prassi”. “È tutto molto allarmante. Non si può cambiare l’insegnamento della Chiesa ma si può causare una prassi problematica”. (L.S.)

FONTE: sinodo2015.lanuovabq.it







[Modificato da Caterina63 23/04/2016 00:32]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)