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B. 
FECONDAZIONE ARTIFICIALE OMOLOGA

Dichiarata inaccettabile la fecondazione artificiale eterologa, ci si chiede come valutare moralmente i procedimenti di fecondazione artificiale omologa: FIVET e inseminazione artificiale fra gli sposi. Occorre chiarire preliminarmente una questione di principio.

4. Quale legame è richiesto dal punto di vista morale tra procreazione e atto coniugale?

a) L'insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla procreazione umana afferma la "connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l'uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell'atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo. Infatti per la sua intima struttura, l'atto coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nell'essere stesso dell'uomo e della donna"(38).

Questo principio, fondato sulla natura del matrimonio e sull'intima connessione dei suoi beni, comporta delle conseguenze ben note sul piano della paternità e maternità responsabili. "Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l'atto coniugale conserva integralmente il senso del mutuo e vero amore ed il suo ordinamento all'altissima vocazione dell'uomo alla paternità"(39). La medesima dottrina relativa al legame esistente fra i significati dell'atto coniugale e fra i beni del matrimonio chiarisce il problema morale della fecondazione artificiale omologa, poiché "non è mai permesso separare questi diversi aspetti al punto da escludere positivamente o l'intenzione procreativa o il rapporto coniugale"(40). La contraccezione priva intenzionalmente l'atto coniugale della sua apertura alla procreazione e opera in tal modo una dissociazione volontaria delle finalità del matrimonio.

La fecondazione artificiale omologa, perseguendo una procreazione che non è frutto dì un atto specifico di unione coniugale, opera obiettivamente una separazione analoga tra i beni e i significati del matrimonio. Pertanto la fecondazione è voluta lecitamente quando è il termine di un "atto coniugale per sé idoneo alla generazione della prole, al quale il matrimonio è ordinato per sua natura e per la quale i coniugi divengono una sola carne"(41). Ma la procreazione è privata dal punto di vista morale della sua perfezione propria quando non è voluta come il frutto dell'atto coniugale, e cioè del gesto specifico dell'unione degli sposi. b) Il valore morale dell'intimo legame esistente fra i beni del matrimonio e fra i significati dell'atto coniugale si fonda sull'unità dell'essere umano, unità risultante di corpo e anima spirituale(42). Gli sposi si esprimono reciprocamente il loro amore personale nel "linguaggio del corpo", che comporta chiaramente "significati sponsali" e parentali insieme(43). L'atto coniugale, con il quale gli sposi si manifestano reciprocamente il dono di sé, esprime simultaneamente l'apertura al dono della vita: è un atto inscindibilmente corporale e spirituale. È nel loro corpo e per mezzo del loro corpo che gli sposi consumano il matrimonio e possono diventare padre e madre. Per rispettare il linguaggio dei corpi e la loro naturale generosità, l'unione coniugale deve avvenire nel rispetto dell'apertura alla procreazione, e la procreazione di una persona deve essere il frutto e il termine dell'amore sponsale.

L'origine dell'essere umano risulta così da una procreazione "legata all'unione non solamente biologica ma anche spirituale dei genitori uniti dal vincolo del matrimonio"(44). Una fecondazione ottenuta fuori del corpo degli sposi rimane per ciò stesso privata dei significati e dei valori che si esprimono nel linguaggio del corpo e nell'unione delle persone umane. c) Soltanto il rispetto del legame, che esiste fra i significati dell'atto coniugale, e il rispetto dell'unità dell'essere umano consente una procreazione conforme alla dignità della persona. Nella sua origine unica e irripetibile il figlio dovrà essere rispettato e riconosciuto come uguale in dignità personale a coloro che gli donano la vita. La persona umana dev'essere accolta nel gesto di unione e di amore dei suoi genitori; la generazione di un figlio dovrà perciò essere il frutto della donazione reciproca(45) che si realizza nell'atto coniugale in cui gli sposi cooperano come servitori e non come padroni, all'opera dell'Amore Creatore(46). L'origine di una persona umana è in realtà il risultato di una donazione. Il concepito dovrà essere il frutto dell'amore dei suoi genitori. Non può essere voluto né concepito come il prodotto di un intervento di tecniche mediche e biologiche: ciò equivarrebbe a ridurlo a diventare l'oggetto di una tecnologia scientifica.

Nessuno può sottoporre la venuta al mondo di un bambino a delle condizioni di efficienza tecnica valutabili secondo parametri di controllo e di dominio. La rilevanza morale del legame esistente tra i significati dell'atto coniugale e tra i beni del matrimonio, l'unità dell'essere umano e la dignità della sua origine esigono che la procreazione di una persona umana debba essere perseguita come il frutto dell'atto coniugale specifico dell'amore fra gli sposi. Il legame esistente fra procreazione e atto coniugale si rivela, perciò, di grande importanza sul piano antropologico e morale e chiarisce le posizioni del Magistero a proposito della fecondazione omologa.

5. La fecondazione omologa in vitro è moralmente lecita?

La risposta a questa domanda è strettamente dipendente dai principi ora ricordati. Non si possono certamente ignorare le legittime aspirazioni degli sposi sterili; per alcuni il ricorso alla FIVET omologa appare come l'unico mezzo per ottenere un figlio sinceramente desiderato: ci si domanda se in queste soluzioni la globalità della vita coniugale non basti ad assicurare la dignità confacente alla procreazione umana. Si riconosce che la FIVET certamente non può supplire all'assenza dei rapporti coniugali(47) e non può essere preferita, considerati i rischi che si possono verificare per il figlio e i disagi della procedura, agli atti specifici dell'unione coniugale. Ma ci si chiede se nell'impossibilità di rimediare in altro modo alla sterilità, che è causa di sofferenza, la fecondazione omologa in vitro non possa costituire un aiuto, se non addirittura una terapia, per cui ne potrebbe essere ammessa la liceità morale.

Il desiderio di un figlio - o quanto meno la disponibilità a trasmettere la vita - è un requisito necessario dal punto di vista morale per una procreazione umana responsabile. Ma questa intenzione buona non è sufficiente per dare una valutazione morale positiva della fecondazione in vitro tra gli sposi. Il procedimento della FIVET deve essere giudicato in se stesso, e non può mutuare la sua qualificazione morale definitiva né dall'insieme della vita coniugale nella quale esso si iscrive né dagli atti coniugali che possono precederlo o seguirlo(48). È già stato ricordato come, nelle circostanze in cui è abitualmente praticata, la FIVET implichi la distruzione di esseri umani, fatto questo che è contro la dottrina già richiamata sulla illiceità dell'aborto(49). Ma anche nel caso in cui si mettesse in atto ogni cautela per evitare la morte degli embrioni umani, la FIVET omologa, attua la dissociazione dei gesti che sono destinati alla fecondazione umana dall'atto coniugale. La natura propria della FIVET omologa, pertanto, dovrà anche essere considerata astraendo dal legame con l'aborto procurato.

La FIVET omologa è attuata al di fuori del corpo dei coniugi mediante gesti di terze persone la cui competenza e attività tecnica determinano il successo dell'intervento; essa affida la vita e l'identità dell'embrione al potere dei medici e dei biologi e instaura un dominio della tecnica sull'origine e sul destino della persona umana. Una siffatta relazione di dominio è in sé contraria alla dignità e all'uguaglianza che dev'essere comune a genitori e figli. Il concepimento in vitro è il risultato dell'azione tecnica che presiede alla fecondazione; essa non è né di fatto ottenuta né positivamente voluta come l'espressione e il frutto di un atto specifico dell'unione coniugale. Nella FIVET omologa, perciò, pur considerata nel contesto dei rapporti coniugali di fatto esistenti, la generazione della persona umana è oggettivamente privata della sua perfezione propria: quella di essere, cioè, il termine e il frutto di un atto coniugale in cui gli sposi possono farsi "cooperatori con Dio per il dono della vita a una nuova persona"(50). Queste ragioni permettono di comprendere perché l'atto di amore coniugale sia considerato nell'insegnamento della Chiesa come l'unico luogo degno della procreazione umana.

Per le stesse ragioni il cosiddetto "caso semplice", cioè una procedura di FIVET omologa, che sia purificata da ogni compromissione con la prassi abortiva della distruzione di embrioni e con la masturbazione, rimane una tecnica moralmente illecita perché priva la procreazione umana della dignità che le è propria e connaturale. Certamente la FIVET omologa non è gravata di tutta quella negatività etica che si riscontra nella procreazione extraconiugale; la famiglia e il matrimonio continuano a costituire l'ambito della nascita e dell'educazione dei figli. Tuttavia, in conformità con la dottrina tradizionale relativa ai beni del matrimonio e alla dignità della persona, la Chiesa rimane contraria, dal punto di vista morale, alla fecondazione omologa in vitro; questa è in se stessa illecita e contrastante con la dignità della procreazione e dell'unione coniugale, anche quando tutto sia messo in atto per evitare la morte dell'embrione umano. Pur non potendo essere approvata la modalità con cui viene ottenuto il concepimento umano nella FIVET, ogni bambino che viene al mondo dovrà comunque essere accolto come un dono vivente della Bontà divina e dovrà essere educato con amore.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)