00 13/06/2015 17:02






  interessante riflessione di Padre Angelo Bellon O.P. cliccare qui per la risposta integrale



.... la trasmissione della vita umana avviene non solo attraverso un atto personale, ma anche attraverso un atto cosciente.
Vale a dire attraverso un atto in cui la persona è consapevole di quello che fa, si esprime in maniera libera e responsabile, fà dono di se stessa.

Questo richiede la presenza della persona e non semplicemente di un suo gamete. Il gamete non s’identifica con la persona. Nel gamete non c’è la persona, ma un frutto della persona.
Mai una persona potrebbe dire: io sono quelle cellule.

Il dono di sé è sempre indissolubilmente congiunto con la presenza della persona che lo esprime, con la totalità dell’anima e del corpo.

Pertanto l’azione personale mediante la quale i coniugi si donano in totalità e nel modo ora descritto li rende aperti alla vita attraverso una cooperazione simultanea, e cioè con la presenza personale di tutti e due e non semplicemente con qualcosa di biologico, e attraverso una cooperazione immediata, e cioè senza mediazione di terzi.

Questo principio era stato espresso da Pio XII, il quale aveva affermato che l’azione fecondante dei coniugi esige una cooperazione simultanea e immediata(Discorso alle ostetriche, 29.10.1951.

6. Dal momento che la persona umana ha dignità di fine, si richiede che essa sia rispettata come tale fin dall’inizio, dal suo sorgere.

La generazione di una persona avviene da persona a persona.

Il figlio non è “il prodotto di un intervento di tecniche mediche e biologiche: ciò equivarrebbe a ridurlo a diventare l’oggetto di una tecnologia scientifica” (DV II,4,b).

È nel loro corpo e per mezzo del loro corpo che gli sposi consumano il matrimonio e possono diventare padre e madre (Istruzione Donum vitae, II,4,b). E questo è quanto dire: “È nella loro persona e per mezzo della loro persona”.

7. Potrebbe sembrare un principio solo astratto, teorico. Ma quante conseguenze sul figlio proprio perché non viene rispettato come persona fin dall’inizio.

È il caso di dire con Davide nel salmo 119: “Di ogni cosa perfetta ho visto il limite, solo la tua legge non ha confini” (Sal 119,96).

Anche la scienza e la tecnica hanno i loro limiti. Le scoperte successive lo manifestano.
Ora quando si deroga dalla natura questi limiti si fanno sentire in maniera pesante e, purtroppo, si fanno sentire sui figli, come ho accennato al punto 2.

8. Il matrimonio non dà diritto ad avere un figlio, che rimane sempre un dono, ma a compiere gli atti che di loro natura sono ordinati alla procreaizone.
L’aveva ricordato già Pio XII: “Il contratto matrimoniale… non ha per oggetto la prole, ma gli atti naturali capaci di generare una nuova vita e a questo scopo ordinati” (19.5.1956).

L’Istruzione Donum vitae scrive: “Il matrimonio non conferisce agli sposi il diritto ad avere un figlio, ma soltanto il diritto a porre quegli atti che di per sé sono ordinati alla procreazione.

Un vero e proprio diritto al figlio sarebbe contrario alla sua dignità e alla sua natura. Il figlio non è un qualche cosa di dovuto e non può essere considerato come oggetto di proprietà: è piuttosto un dono, ‘il più grande’ (GS 50) e il più gratuito del matrimonio, ed è testimonianza vivente della donazione reciproca dei suoi genitori”(DV II,8)1.

Il desiderio del figlio è una cosa ottima, è nella logica del matrimonio, è il desiderio di una benedizione del Signore.
Ma questo desiderio non può essere attuato a tutti i costi, a scapito di altre vite umane, a scapito della dignità della persona del figlio e dei suoi diritti.






[Modificato da Caterina63 13/06/2015 17:37]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)